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Questione di altezza - 2° parte


di LittleMargot
28.04.2015    |    1.107    |    2 9.8
"”, disse Aleja notando una vistosa chiazza bluastra sbiadita..."
Il viaggio durò appena una mezz’ora scarsa, non c’era traffico e, tra l’altro, si trattava di strade periferiche. Quando giunse nei pressi di una magnifica villa, abbastanza isolata (nel senso che la casa più vicina era ad almeno cento metri, si trattava di una zona tutta di ville con ampio giardino) prese un telecomando dal vano portaoggetti e premette un pulsante. Subito due luci gialle iniziarono a lampeggiare ed un grande cancello in ferro battuto cominciò a scorrere lentamente sulla sua cremagliera. Alejandro rimise in marcia il furgone, oltrepassò il cancello e si trovò sul vialetto in ghiaino che conduceva al ‘patio’ e all’ingresso principale della villa, davanti alla quale c’era un piccolo parcheggio dove facevano bella mostra due delle tre auto di Marc, una Ferrari ‘Testa Rossa’ ed una ‘Lincoln Continental’, mentre la ‘Cadillac’ che apparteneva a suo padre era rigorosamente custodita in garage. Fece una manovra ad ampio raggio e poi una breve retromarcia in modo che il retro del furgone fosse praticamente a contatto con la platea piastrellata. Spense il motore e scese giù, aprì il portellone, e la prima cosa che fece fu quella di mettere giù lo scivolo posteriore e prendere il ‘trans-pallets’ e la tavola di legno. Pose quegli oggetti su quel bel pavimento, quindi guardò Valery incappucciata e sorrise al pensiero del nome ‘trans-pallets’. Scosse la testa, quindi piazzò la tavola di legno su quella specie di ‘carretto’ e avvicinò l’insolito mezzo di trasporto allo scivolo in modo da mettervi sopra Valery nella posizione già corretta, la tavola di legno era lunga quasi un metro e ottanta, quindi al massimo sarebbero rimaste fuori solo le gambe dai polpacci in giù, zeppe e tacchi compresi. Manovrò meglio il ‘trans-pallets’ facendo toccare il bordo corto della tavola con il piano inclinato metallico dello scivolo, quindi premette la leva per il bloccaggio delle ruote dalla parte dei ‘comandi’ (tutti manuali) quindi salì sul furgone. Tolse il bavaglio a palla ed iniziò a sciogliere i primi nodi delle cinture di bloccaggio quando Valery cominciò ad emettere dei gemiti mentre tentava di contorcersi.
“.... chi siete, cosa volete da me?”, disse con voce flebile, Alejandro non rispose.
“...cosa vi ho fatto?.... dove mi avete portato?....aaahhh.... vi prego.....”. Alejandro rimaneva in silenzio, scese un momento per stare dietro alla testa di Valery, e sollevò un po’ il cappuccio giusto perché potesse prendere un po’ d’aria senza poter vedere all’esterno. Sembrava che volesse tentare di sciogliere le corde che le tenevano legate le mani, cercò di inarcarsi sulla schiena, ma Alejandro le ricalzò il cappuccio com’era prima e le premette con forza il petto, quindi Valery mosse ritmicamente le gambe, Alejandro sentì dentro di sé l’eccitazione che saliva, ma doveva controllarsi, questi erano i patti con Marc, quindi girò la testa verso il grande ingresso della villa, al piano superiore si vedeva una finestra debolmente illuminata, era quella del corridoio, mentre la stanza di arrivo era dalla parte opposta a quella dell’ingresso. Terminò di liberare Valery dalle corde e cinture che l’avevano tenuta salda alla struttura del furgone. Le sollevò il bacino quanto bastava per infilarci sotto dei pezzi cilindrici di manici di scopa, lunghi mezzo metro circa, ne mise altri due sotto la schiena e altri tre sotto le lunghe gambe. Quindi scese dal furgone e salì carponi sulla tavola di legno, pose le mani sotto le ascelle di Valery e, senza fare molto fatica, cominciò a trainarla sui rudimentali ‘rulli’ che aveva predisposto, doveva solo fare attenzione che non venisse giù troppo rapidamente. Quando le spalle di Valery poggiarono sulla tavola di legno, la parte più difficile era ormai fatta, Alejandro salì ancora sul furgone a prendere i rulli che lì non servivano più e li dispose sulla tavola di legno, a partire dalle spalle di Valery fino quasi alla parte opposta del ‘trans-pallets’, dove c’erano le leve di comando. In meno di un paio di minuti Valery giaceva legata e distesa sul nuovo mezzo di trasporto, Alejandro lasciò il furgone così com’era e iniziò a trainare l’insolito carico, sembrava leggero come una piuma. Giunto alla porta d’ingresso in legno massiccio blindato digitò il codice che Marc gli aveva detto per lo sblocco della serratura, lui lo cambiava una volta alla settimana, e poiché era domenica, ormai le 23, ma pur sempre ancora domenica, all’indomani lo avrebbe cambiato, e sarebbe tornato ad essere un codice segreto a tutti gli effetti, noto solo al proprietario della villa, cioè Marc, o a qualche persona di fiducia cui lo avrebbe rivelato per qualsiasi evenienza... o a qualcuna delle sue amiche che ogni tanto lo andavano a trovare alla villa oltre che in ufficio alla sera tardi. I 5 ‘bip’ del codice digitato echeggiarono sotto il portico con colonnato ed archi... “ma dove sono?”, gemette ancora Valery, “dove mi avete portato?...”, iniziò a contorcersi e a dimenare le gambe, Alejandro corse a prendere una corda, salì a cavalcioni su quelle lunghe gambe e la avvolse attorno a Valery nonché sotto le barre del ‘trans-pallets’ in modo da evitare che potesse cadere fuori della sagoma. Fatto ciò, Valery non disse più nulla, e Alejandro, preso dalla tasca un mazzo di chiavi, aprì la porta d’ingresso della villa di Marc. Stando sulla soglia accese la luce dell’ampio ingresso, tirò dentro Valery e richiuse la porta. C’era un silenzio assoluto, si sentiva soltanto il cigolio di quelle ruote metalliche. Dopo quasi una ventina di metri giunsero sul lato opposto all’ingresso, dove apparivano maestose le porte metalliche dell’ascensore ‘montacarichi’, che era come una protuberanza esterna alla casa, la cabina misurava all’interno poco più di 3,60 metri per 2,40 (circa 12 piedi per 8), più che sufficiente per farci entrare con comodità il ‘trans-pallets’ con annessi, connessi e conduttore. Marc l’aveva fatto costruire una decina di anni prima per poter portare meglio le attrezzature da palestra e, talvolta, i prototipi delle apparecchiature prodotte dalla sua azienda, diverse volte aveva voluto provarli in casa sua, c’era una bella stanza adibita a laboratorio, ma non era lui a condurre le operazioni, bensì i tecnici dell’azienda, a lui piaceva molto vederli all’opera anche in casa sua. Alejandro premette il pulsante, e le porte dell’ascensore si aprirono silenziose.... egli vi spinse dentro Valery con delicatezza. Premette il pulsante interno e la cabina iniziò a salire con un leggero fruscio; Alejandro si chinò e poggiò l’orecchio sul petto di Valery, sentiva forte il rimbombo interno delle pulsazioni. La cabina giunse di sopra, e le porte si aprirono su quel largo corridoio (circa cinque metri) debolmente illuminato dalla luce che filtrava attraverso la porta socchiusa della grande stanza adibita a palestra (e non solo a palestra). Portò il ‘trans-pallets’ fino quasi alla porta socchiusa e, come convenuto, sistemò un materassino da palestra (8 piedi per 4) al suo fianco per adagiarvi sopra Valery dopo averla liberata dalla corda avvolta sotto la struttura del ‘trans-pallets’. Fatto ciò, come convenuto con Marc, accese la luce del corridoio, in modo che fosse sufficientemente illuminato, fissò la telecamera portatile ad una mensola, e regolò l’inquadratura su Valery, in modo che apparisse completamente all’interno dell’obiettivo. Fatto ciò si avvicinò a Valery, che aveva di nuovo cominciato a tentare di divincolarsi, ovviamente senza riuscirci, la bloccò un istante e sistemò accuratamente allo scopo i nodi della corda che aveva attorno ai polsi, mentre lasciò stare quelli che tenevano la corda avvolta attorno al busto e alle braccia, Richard aveva fatto ben sei giri di corda! Quindi tornò alla telecamera portatile e premette il pulsante ‘Rec’. Guardò ancora per un istante Valery distesa supina su quel materasso, diede una rapida occhiata alla porta socchiusa della palestra dalla quale sentiva filtrare un certo rumore di passi cadenzati, quindi riprese il ‘trans-pallets’ e fece a ritroso tutta la strada fino al furgone, caricò quell’oggetto e la tavola di legno, notò che aveva dimenticato a bordo il bavaglio a palla, così lo prese con sé per portarlo a casa sua, ed infine tirò su lo scivolo e chiuse il portellone.
La porta della palestra si aprì lentamente. Valery guardò in quella direzione, e vide sulla soglia una figura che iniziò a muoversi lentamente nella sua direzione.
Alejandro, dal cortile, si girò per guardare la finestra del corridoio del primo piano e fece per salire al posto di guida del furgone... guardò ancora prima di chiudere la porta.... “... mah..., speriamo bene...”, disse tra sé e sé. Accese il motore del furgone, aprì il cancello col telecomando ed in un attimo fu fuori del recinto della villa. Era mezzanotte quando giunse nel parcheggio sotterraneo della ‘Gothelm Co’, parcheggiò il furgone al suo posto, riprese la sua auto e andò diretto a casa sua. Ivi giunto, si sentì come barcollare, non ce la faceva più a reggersi in piedi, mise sulla scrivania il bavaglio a palla e quindi si buttò sul letto vestito così com’era, tirò a sé una coperta che era lì piegata ai piedi del letto, e in pochi minuti il sonno lo fece suo, l’orario in cui sarebbe giunto in ufficio al mattino seguente era l’ultima cosa al mondo che lo preoccupasse.

Erano da poco passate le 11 quando Alejandro giunse alla ‘Gothelm Co.’, si sentiva abbastanza riposato quando giunse nel suo ufficio, vestito impeccabile come sempre. Fece per dirigersi verso l’ufficio di Marc. “Non c’è, deve ancora arrivare”, le disse Angela, una delle impiegate più brave, lavorava già alla ‘Gothelm Co.’ quando lui venne assunto. Alejandro guardò l’orologio, mancava poco all’ora di pranzo, e Marc non era ancora arrivato, la sua mente andò un attimo alla serata movimentata appena trascorsa, quindi giocherellò un attimo con la penna, la ripose sulla scrivania e spense il computer. Salutò e scese al ristorante. Dopo aver pranzato andò nel garage sotterraneo, e notò che non c’era nessuna delle auto di Marc. Riprese il suo lavoro poco prima delle 14. Non trascorse neanche mezz’ora quando Marc entrò, Alejandro lo osservò, era tutto raggiante e frizzante, pieno di energia, fece cenno ad Alejandro di seguirlo nel suo ufficio. Quindi egli chiuse la porta alle sue spalle. “Allora, ti è piaciuta la serata?”, chiese Alejandro.
“A meraviglia... eccezionale!!”, rispose Marc, “Mi sono divertito tantissimo, davvero... e i video, poi... una vera sciccheria... eccitanti... e i tuoi amici li hai sentiti per caso?”.
“Non ancora”, rispose Alejandro, “erano esausti per tutta quella lotta, ma soddisfatti per il compenso che hanno ricevuto...”.
“Mi fa piacere per loro... tutto sommato sono stati in gamba...”, disse Marc, “e... “, continuò sorridendo, “e domenica prossima, alla sera, ci sarà ancora Valery a casa mia... e non ci sarà bisogno di farla rapire!”.
“Hai la faccia delle grandi occasioni... dai, dimmi tutto...”, disse Alejandro incrociando le braccia e con sguardo fiero.
“Credo sarebbe molto interessante se venissi anche tu assieme a quella tua amica...”, disse Marc.
“Quella.... quella?...”, rispose Alejandro, “la ‘mistress’?”.
“Certo... lei, la ‘mistress’...”, riprese Marc, “porta con te tutto il necessario che sai e, se ritieni possa servire altro, vai pure a comprare quello che serve, poi ti rimborso... quanto al menù della cena, ci penso io in prima persona, so bene quali sono i tuoi gusti mangerecci”.
“Lo so, lo so...”, disse Alejandro sorridendo, “cerca però di ricordarti anche i suoi di lei...”.
“Ah ah ah ah ah....”, rise Marc, “sei una potenza!!”, e gli fece cenno che poteva andare.
Alejandro era molto stuzzicato dall’incontro che ci sarebbe stato la domenica successiva, certamente sarebbe stato molto frizzante e coinvolgente, e avrebbe dovuto preparare tutto a puntino, per lui era meraviglioso avere un titolare come Marc, un ricco e potente uomo d’affari con una dimensione umana, maliziosa e a tratti perversa, come era lui, tranne per ciò che riguardava la consistenza dei capitali monetari e, ovviamente, per il fisico. “Valery....”, mormorò tra sé e sé, “...rivedrò Valery.... e stavolta non sarò soltanto spettatore e fattorino... e vaiiii!!!”.

Il pomeriggio del giorno seguente Alejandro uscì dall’ufficio per fare certi acquisti, erano circa le 17.30 quando il suo cellulare squillò. “Pronto, ciao Richard, dimmi...”.
“Ciao Alejandro.... non potevo aspettare venerdì, volevo sapere se è poi andato tutto bene...”, disse Richard.
“Certo, tutto bene, non preoccuparti... quella persona è rimasta molto soddisfatta, e anche Valery”, rispose Alejandro.
“Ah, meno male.... sai, ci stavo pensando, e mi sentivo in colpa per quello che ho fatto a Valery insieme a Samuel, e così anche lui, ci siamo parlati oggi a pranzo... ma se mi dici così....”.
“Sì Richard, tutto a posto... e anche Valery è rimasta molto soddisfatta, te lo posso garantire col massimo della sicurezza”, rispose Alejandro.
“Ah, certo, immagino... a lei com’è andata... in quel senso?”, chiese Richard.
“In quale senso?”, rispose Alejandro fingendo di non capire.
“Come in quale senso?... Anche io e Samuel siamo rimasti soddisfatti... in quel senso... capisci?”, spiegò Richard.
“Ti dirò, questo non mi è stato dato di saperlo, ma visto che Valery tornerà di sua spontanea iniziativa... vuol dire che la serata l’ha molto soddisfatta, e in tutti i sensi...”, rispose Alejandro.
“D’accordo, dai..., forse sono troppo curioso, comunque mi fa piacere che poi sia andato tutto bene... mi sa che l’unico ad essere andato in ‘bianco’ sia stato tu”, disse Richard ridendo.
“Cosa ci vuoi fare?”, rispose Alejandro, “Beh, ti saluto... sto entrando in un negozio a fare delle spese per il mio capo”.
“O.K., ti saluto, allora, stammi bene, ciao...”.
“Va bene, ciao....”, e si chiuse così quella conversazione, mentre ad Alejandro stava per venire da ridere a più non posso.
Fatta la spesa, in un negozio a qualche isolato di distanza, erano già le 19 passate, ed Alejandro ritenne opportuno chiamare Marc per salutarlo e quindi prendere la macchina per andare diretto a casa. Si preparò una cena tutta a base di verdure, quindi si sedette comodamente in poltrona, prese la sua agenda e fece un’annotazione sulla giornata della domenica successiva: ‘20.00 casa Marc, Valery e mistress A.’. “Ottimo”, disse tra sé, “tra domani sera e giovedì sera organizzerò tutto per bene”. Andò in camera da letto, aprì l’anta sinistra del grande armadio, tutto era in ordine.

Quel venerdì, verso le 10.30, dopo che Marc ebbe terminato un incontro con due manager ospedalieri e l’avvocato di fiducia per una modifica al contratto di fornitura e assistenza post vendita, Alejandro bussò alla porta del suo ufficio. “Avanti”, disse Marc.
Alejandro entrò e lo vide che stava giocherellando con un rompicapo da costruire, “qualche minuto di distrazione ogni tanto debbo concedermelo... e non posso sempre giocare a minigolf qui dentro”, continuò Marc, “qualche novità?”, chiese sorridendo.
“Tutto a posto”, rispose Alejandro, “per l’incontro di domenica sera nessun problema, ci sarà la ‘mistress’ che ti piace molto... e che arriverà una mezz’oretta dopo di me...”.
“Certo...”, sorrise Marc, “molto bene.... molto bene....”.
“E Valery ci sarà con certezza?”, chiese Alejandro, “Credo che per la ‘mistress’ sarà un vero e proprio divertimento”.
“Se Valery si è divertita molto domenica scorsa, figuriamoci fra due giorni... tranquillo, non mancherà... ci sarà fin dal pomeriggio... mi sa che ti è piaciuta molto sul serio, vero?”, chiese Marc.
“Davvero, mi è piaciuta moltissimo, sarò felice di rivederla”, disse Alejandro.
“E vedrai che anche lei sarà felice di rivedere te... bene... e adesso, avanti con la routine... ah, martedì mattina viene il rappresentante sindacale, segnatelo in agenda, vorrei ci fossi anche tu all’incontro”.
“D’accordo”, disse Alejandro, “non sarà certo entusiasmante come...”.
“Su, su... bisogna pigliare gli eventi come vengono, e trarre ciò che è positivo”, disse Marc, quindi si salutarono con un gesto della mano e ripresero il loro lavoro.

Quella domenica pomeriggio il cielo era sul grigio, una leggera pioggerella accompagnava l’entusiasmo dei tifosi dei ‘Chicago Bears’, emozionati dalle prodezze del quarterback Jay Cutler che fino a pochi anni prima giocava con i ‘Denver Broncos’, un beniamino del pubblico, considerate anche le sue difficoltà. Sulla linea offensiva gli occhi erano puntati su Jermon Bushrod, con loro da un anno circa. La squadra ospite, i ‘Minnesota Vikings’, non era certo da sottovalutare, il match era tutt’altro che scontato. Alejandro non stava però seguendo il match, egli si stava preparando materialmente e psicologicamente all’incontro di quella sera, aveva già organizzato tutto alla perfezione; alle 19.45 in punto voleva essere a casa di Marc, meglio anticipare, visto che alle 20.30 sarebbe giunta puntuale la ‘mistress’, mentre Valery, ovviamente, doveva trovarsi già lì. Diede un altro controllo alla borsa da palestra e alla valigia, era tutto a posto, non mancava nulla. Decise di fare un pisolino, e puntò la sveglia (una comunissima sveglietta meccanica da pochi dollari che mal s’adattava a tutta la tecnologia di cui amava circondarsi) sulle 18.45... un’ora sarebbe stata ampiamente sufficiente anche per concedersi uno spuntino. Erano quasi le 18 quando squillò il telefono, era Richard che chiedeva se ci fossero in vista altre novità elettrizzanti. Alejandro gli disse sinceramente che per quella sera aveva un incontro a quattro.
“Però!”, disse Richard, “Ti incontri di nuovo con Valery assieme alla persona a cui gliel’hai portata quella notte e, in più, viene anche una mistress? E com’è questa?”.
“E’ piccola di corporatura, ma ha un caratterino... è un vulcano...”, rispose Alejandro.
“Vorrei poterci essere anch’io. Ce la farai conoscere?”, chiese Richard.
“Mah, io proverò a tastare il terreno com’è... non credo sia facile, ha anche lei molti impegni, e non fa la mistress come lavoro, cerca di capire”, spiegò Alejandro.
“Certo, capisco... fatti frustare anche per me e, sull’attenti, eh! Lingua sui tacchi... allora, e divertitevi “, riprese Richard.
“Di quello puoi starne certo, ci vediamo, ciao”, disse Alejandro per chiudere.
“Ciao allora”, lo salutò Richard, mentre Alejandro sorrise tra sé. Andò in bagno, si guardò bene se era ben curato nel viso, non voleva certo sfigurare a un incontro così, e comunque era stato prima in doccia per due ore, dalle 15 alle 17. Tornò ad appisolarsi sul divano, ma le 18.45 giunsero puntuali, un rapido spuntino, una perfetta lavata ai denti, e poco dopo il motore della sua Porsche rombò potente. Alle 19.40 circa varcò il cancello della casa di Marc, nel parcheggio esterno c’era soltanto la ‘Lincoln Continental’, quella che Marc usava come auto di rappresentanza, perfetta per Valery, tutto in grande, mentre la Ferrari era in un garage a fianco della Cadillac. Spense il motore, scese e prese la valigia ed il borsone da palestra, chiuse l’auto e guardò verso l’alto, si vedeva un’ombra molto alta stagliarsi dietro una tenda. Qualche secondo dopo udì il tipico ‘sclak’ di una serratura che viene sbloccata da un pulsante. Alejandro guardò il patio, il portone, e ripensò a certi recenti avvenimenti, aprì il massiccio portone ed entrò in casa, si sentiva della musica moderna, a volume moderato, provenire dal piano di sopra. Salì con l’ascensore, si vedeva della luce soffusa filtrare fuori dalla porta della stanza palestra assieme alla musica; come d’accordo non entrò, e si diresse verso un’altra camera con bagno a fianco, e quando poggiò i suoi bagagli erano le 19.44. Il tempo a disposizione era più che sufficiente per preparare tutto alla perfezione, estrasse dalla tasca il palmare e lo poggiò con cura sopra il comodino.

Erano le 20.29 quando nella stanza palestra una mano guantata di bianco premette un pulsante dello stereo, e partì una musica da discoteca anni ’80 il cui motivetto principale era ‘feel my body’, e tutti gli occhi vennero puntati verso la porta di quella stanza che, ad un certo momento, iniziò ad aprirsi piano piano, facendo così fare un ingresso trionfale a una ragazza di piccola statura e corporatura, mora con i capelli a caschetto, un rosso acceso sulle labbra di un sorriso smagliante e un contorno occhi azzurro da far fermare il respiro, a scendere un corsetto in pelle nero, baby-doll, minigonna nera in pelle a balze, cinturona con fibbia color oro e catenelle ai fianchi, autoreggenti velate nere con ricamati cuoricini e diavolette sexy, un paio di stivali neri in pelle al ginocchio con zeppa da due pollici, tacchi da 5 pollici e cerniera dorata esterna; a tutto facevano da cornice un paio di guanti in raso nero lunghi oltre il gomito con braccialetto d’argento e quarzo al polso sinistro mentre sul petto spiccava una collana a tre giri di perle bianche, su tutto svettava un cappello nero da sceriffo, con una stella dorata in mezzo. Una figura imponente e bionda, vestita con colore predominante il bianco, le andò incontro a passo sicuro ed elegante. Quando giunse ad un metro dalla piccola morettina, questa gigantessa si fermò mentre la piccola morettina porse in avanti il braccio destro. La gigantessa pose la sua mano destra col palmo rivolto verso l’alto sotto quella avanzata dalla piccola morettina, quindi s’inchinò ponendosi in ginocchio e teneramente baciò quella mano guantata di nero. Poi pose la testa con lo sguardo rivolto alla nuova entrata.
“Ben arrivata, spero di essere all’altezza per offrirle una serata degna della sua presenza, mia padrona, mistress... Aleja”, disse Valery con riverenza.
“Sono certa che entrambe avremo soddisfazione, mia Valery... siamo in due, ma contiamo per quattro”, rispose Aleja, “suvvia, esprimi la tua sottomissione, quindi alzati, e lasciati guidare da me”.
“Agli ordini, padrona...”, disse Valery ponendo la testa sul pavimento, mentre un istante dopo poteva sentire la suola dello stivale destro di Aleja che premeva con sublime dolcezza sulla sua bionda testa.
Terminata la cerimonia d’apertura dei giochi, Valery si alzò, e Aleja l’abbracciò stringendola forte ai fianchi. “Finalmente!”, disse Aleja, ma fu Valery a cambiare per un istante il programma abbracciando Aleja sollevandola fino alla pari con lei. Aleja osservava le sue zeppone libere di muoversi nell’aria, e avvinghiò il corpo di Valery. “Sei stupenda”, disse Aleja.
“E tu sei unica”, rispose Valery, mentre la musica da discoteca cominciava già a far emergere senso di erotismo, piacere ed eccitazione, e le luci divennero soffuse di colore blu e arancio, un attimo dopo Aleja e Valery stavano sedute sul grande materasso da palestra, vicino a tutte le altre attrezzature debitamente preparate da Valery. Quest’ultima si distese supina mentre Aleja, a cavalcioni sul suo petto, le legava i polsi con nastri di seta rossa, stuzzicandole i capezzoli prima di usare le mollettine.
Quindi si girò per legarle anche le gambe, le autoreggenti bianche era quasi come se non ci fossero, e Aleja per prima cosa cominciò a massaggiare quelle robuste cosce. “Ma questo cos’è, Marc?... oopsss cioè, Valery...”, disse Aleja notando una vistosa chiazza bluastra sbiadita.
“Oh, non è niente, è un ricordino di quella lotta movimentata con i tuoi due amici. Uno di loro, nel parapiglia, mi ha dato una bella ginocchiata sulla coscia destra... che dolore al momento, ma ci ho fatto l’abitudine quando giocavo a basket, non preoccuparti... e poi, la cara Jennifer che quella sera mi aspettava con impazienza in questa palestra, mi ha fatto un massaggio super prima di giocare con me, e meno male che avevi allentato i nodi, perché lei è più incline a legare piuttosto che a slegare”, rispose Valery (Marc).
“Ma, scherzi a parte...”, riprese Aleja che si era posta di nuovo a cavalcioni sul petto di Valery, guardandola in volto, “tu non mi hai detto nulla a riguardo se ti sei fatto... fatta male... quella notte, mi ha dato un dispiacere vederti soccombere così, e poi non ho resistito alla tentazione di fare la mistress toccandoti e premendoti mentre eri legata sul furgone...”.
“Ah ah ah ah ah..... tu mi hai dato semplicemente delle sensazioni piacevoli, poi con il trans-pallets, ah ah ah ah ah...”, rise Valery, “quanto ai tuoi amici, ho dovuto recitare la parte per soccombere e farla breve, con quei due avrei potuto farmi degli spazzoloni da pavimento, avrei potuto liquidarli in un paio di minuti se fosse stata un’aggressione vera nei miei confronti e non organizzata da noi due...”.
“Adesso ti sistemo io...”, replicò Aleja sorridendo e tuffandosi sopra Valery, abbracciandole la testa e cominciando a succhiarle il collo punzecchiandolo con abili tocchi di lingua, un qualcosa di irresistibile...
“Nooo..oh oh... ah ah... ti prego, Aleja, ti prego”, si dimenava Valery sotto di lei agitando le possenti gambe con quegli stessi alti stivali bianchi di quella notte, “stavolta non posso difendermi, anche se sei piccoletta... ho le mani legate... ah ah ah ah... ti supplico....”, e Aleja si fermò fissando il volto eccitato ed entusiasta di Valery che respirava velocemente, tanto che Aleja si sentiva vistosamente salire e scendere standole sopra.
“Ti eccito, eh?”, riprese Aleja cominciando a darle degli schiaffetti sulle guance, sempre più frequenti.
“Magari anche i tuoi amici, mentre ascoltavano tutto il discorso del tuo abbordaggio lungo la strada... che comica con la discussione sui soldi della mia.... ehm... prestazione”, fece Valery.
“Il giochino del microfono e della ricetrasmittente era necessario perché fossero convinti che si trattasse di una cosa vera....”..., continuò Aleja, “ma cosa mi fai dire?”, e riprese a schiaffeggiare Valery, “ma se è stata una tua idea, eh?”, e le schiacciò le guance in modo da far sembrare che stesse dando un bacio da porcellina. Valery stava ridendo, ma anche la risata le veniva male, così; provò a parlare, ma la piccola mano di Aleja comandava. E mentre dallo stereo salivano canzoni e musiche che contribuivano ad alimentare l’eccitazione di entrambe, le luci si fecero ancor più soffuse, sul rosso e a tratti azzurre.
Aleja si sollevò, e camminando con cadenza sensuale ed erotica (tanto che Valery si dibatteva nell’osservarla contando i secondi perché lei tornasse a deliziarla con le sue grazie) andò a prendere il frustino che stava lì vicino. Lo mise tra i denti, e si avvicinò lentamente a Valery, ancheggiando con le mani sui fianchi, Aleja notò il tipico gonfiore tra le gambe della sua ‘vittima’, passò giù una mano e sentì che anche il suo pacchetto non scherzava, anche la vaselina e i “Condom” erano quasi a portata di mano e di tempo. Un sibilo, un fruscio... e sciakkk, su una coscia “Ahhh....”, gemette Valery, e ancora sciakkk, altre due, tre, quattro volte di seguito, con i gemiti di Valery che non facevano altro che aumentare l’eccitazione sua e di Aleja, che dominava, con il corpo e con la mente, praticamente fin da quando si erano conosciute (come Marc e Alejandro) per la prima volta a New York. Aleja si pose in ginocchio a fianco di Valery, e preso un piccolo manubrio da palestra lo infilò sotto la schiena della sua amica gigantessa, tirò facendo leva da una parte e, ovviamente con la collaborazione di Valery, girò quest’ultima a pancia in giù.
“Eh eh eh...”, iniziò Aleja con una voce dal tono maligno quasi da strega, cosa che a Valery piaceva un sacco, “adesso sei in mio potere... in mio potere...”, continuò mettendosi a cavalcioni sulla sua schiena e afferrandole il collo tra le mani, quindi con agile mossa le si pose davanti, le mise il palmo della mano destra sotto il mento, sollevò la sua testa col dito medio fatto ad uncino, in segno di dominazione. Le si avvicinò faccia a faccia, e la guardò con fare cattivo, l’eccitazione era ormai tanta, quindi con leggerezza salì sulle sue spalle, guardandole le gambe, e partì un’altra serie di frustate sulle natiche, mentre i sussulti di Valery, benché forti, non potevano farle perdere l’equilibrio. Aleja si alzò in piedi, fece delle mosse sensuali davanti gli occhi di Valery, e riprese a giocare col frustino... sciakk, sciakk sciakkk....sciakkk, Valery agitava le gambe come per divincolarsi, ma non era sofferenza, era tutta eccitazione, e Aleja che ben lo sapeva, continuava. Poi pose il frustino e si sedette poco oltre le terga di Valery, con le punte degli stivali cominciò a stuzzicarle il viso e le orecchie, Valery cercava di raggiungerli con la lingua, ma Aleja li ritraeva sogghignando, era già un’ora che Valery stava godendo delle attenzioni della sua mistress, che ad un certo punto la rigirò a pancia in su e la cece alzare in piedi per condurla ad un lettino tipo da visita medica. Valery si distese supina, Aleja la slegò per legarla subito di nuovo ancorandola alla struttura di quel lettino (usato, normalmente, per i massaggi). Con balzo fulmineo Aleja salì sul ventre di Valery, e cominciò a spronare come se stesse correndo a cavallo, sentendo sempre forte quell’erezione sotto di lei. La schiaffeggiò ancora un po’, quindi si sollevò la minigonna di quanto bastò per poi sedersi sul suo viso, che lei cominciò a tormentare ad arte sia col gingillino bello duro e grosso che con l’uscita principale che mai e poi mai sarebbe stata utilizzata come ingresso di servizio. Poggiando le mani sulle sponde del lettino fece leva e scese giù, si girò per avvicinare la sua bocca tentatrice a quella di Valery che invano cercava di toccarla con la sua, dibattendosi e contorcendosi inutilmente, quindi le solleticò il viso con i capelli...
“Ah ah ah.... nooo... ti prego, ti supplico”, riprese Valery.
“A nulla servono le tue suppliche con me!”, rispose Aleja in tono deciso e soffiato, continuando quella sottile tortura. Meno male che il lettino era ben ancorato al pavimento (di cemento armato) altrimenti si sarebbe rovesciato per il vigoroso dibattersi di Valery. Poi Aleja si sedette ancora sul viso di Valery. “Vai di lingua, forza!, Schnell! Schnell! (= veloce, presto)”, e si muoveva sinuosamente sopra di lei, “Ohp, avanti con la linguetta!”, ordinò distendendosi un pochino indietro per schiaffeggiarle le cosce. La lingua calda di Valery contornava l’onore di Aleja, erano entrambe quasi al culmine.
Aleja si pose seduta su Valery, con le gambe fuori del lettino, e scese giù, slegò la sua ‘vittima’, e la fece scendere per condurla all’attrezzo speciale, l’ultimo del percorso. Legò ancora stretti i polsi di Valery, e con maestria le prese con la mano destra il turgido gingillino... “Avanti! Marsh!!”, ordinò Aleja in tono marziale, camminando davanti a lei. Sembrava di vedere un transatlantico di lusso trainato verso la banchina del porto da un grazioso rimorchiatore. La panca e la ‘cavallina’ erano state disposte ad arte, Aleja premette sulla schiena di Valery, la fece piegare ed accomodare prona, a pancia in giù. La legò bene con qualche giro di corda attorno al busto fissandola alla perfezione alla struttura di quell’insolito marchingegno da palestra ben saldo al pavimento. “Ottimo...”, disse Aleja battendole una mano sulla schiena, “quasi pronta per il sacrificio”... ed a seguire pizzicotti sulle natiche, mentre Valery gemeva di godimento. La mistress controllò che il gingillino della sua vittima fosse ancora bello turgido e libero di muoversi, sorrise con soddisfazione, e accarezzò quei testicoli premendoli un po’ quanto basta per far capire chi era lei. Quindi prese le lunghe gambe di Valery e le divaricò quanto bastava allo scopo, quegli alti stivali bianchi le facevano girare la testa solo a guardarli, quindi, usando corde di colore rosso, legò saldamente alle barre metalliche le caviglie di Valery che ebbe un fremito. “Buona... buona...”, disse Aleja dandole un paio di schiaffetti su una coscia. Fatto l’ultimo nodo, andò davanti a Valery facendo risuonare con forza i suoi tacchi sul pavimento. Le prese la faccia con una mano, stringendole le guance, “adesso sei mia!”, le mormorò in tono malizioso e sensuale, quindi lasciò la presa e andò alla mensola dove stavano il tubetto della vaselina medicale e la confezione dei “condon”. S’infilò un guanto sterile da chirurgo, si pose dietro a Valery, e iniziò a massaggiarle con delicatezza la sua ‘rosa’ con la vaselina, un senso di goduria pervase entrambe... c’era una pulizia perfetta, Valery si era fatta un clistere di due litri un’ora prima dell’incontro. Aleja avvicinò un alto sgabello su cui pose il tubetto di vaselina e la confezione di guanti sterili, assieme ai ‘condon’, quindi prese una panca corta per salirci sopra e porsi all’altezza adeguata. Avvicinò il dorso del suo sesso alla ‘rosa’ di Valery, si strusciò con arte un po’ di volte, mentre Valery sospirava, mise una mano di sotto, e vide che la sua partner era perfetta di cottura. Con abile mossa estrasse il primo ‘condon’ e lo infilò sul gingillino di Valery, quindi ne prese un altro e lo infilò sul suo. Si appoggiò a Valery, e sentiva un forte tumultuare.
“Aleja.... piano... nooo... mi raccomando... sai.....”, disse Valery.
“Le tue solite piccole lamentele....”, rispose Aleja, “ma come mi gusti... piccolina mia...”, e detto ciò, centimetro dopo centimetro Aleja si infilò dentro il corpo di Valery, mentre lei gemeva inarcandosi e tentando di divincolarsi da quella morsa dalla quale non avrebbe mai potuto liberarsi senza che Aleja lo avesse voluto, e questo sarebbe accaduto solo alla fine di quel gioco che le stava deliziando entrambe.
“Ahhhhh..... ahhhhh....”, gemeva Valery mentre Aleya, accomodata perfettamente su di lei, dominandola completamente, con la mano sinistra le teneva il gingillo grande e turgido.
“Ahhh... ooohhhh”, ebbe un gemito anche Aleja, che spingeva e si ritraeva stando sempre appiccicata alla sua Valery, mentre il ritmo della musica non faceva altro che alimentare l’immaginazione ed il desiderio di entrambe l’una per l’altra, erano iniziati gli ultimi dieci minuti magici, non c’era spazio per le parole, ma solo per i gemiti di goduria. Aleja sentiva gli scotimenti di Valery che ormai era la sua preda, e questo la faceva inebriare mentre l’eccitazione continuava.
“...noooohhhhhh......”, fece Valery tentando un inarcamento, ma le corde che la trattenevano erano state avvolte alla perfezione, ed erano robuste a sufficienza perché nemmeno una persona della forza di Valery potesse liberarsene rompendole, e questo era anche per la sicurezza di entrambe, guai se le corde avessero ceduto con caduta di entrambe, “....ooohhhhhh..... oooohhhhh”, iniziò Valery a tono sempre più alto, Aleja si stava controllando, ma anche per lei era difficile, la situazione aveva dell’eccitante pazzesco, chissà come sarebbe riuscito il video, “....sssììììììì..... sssììììììì...... ooohhhhhh..... aaaaahhhhhhh...... oooohhhhh.... sssìììììììì!!! Ssssìììììì!......sto per venireeeeee!....”, gridò Valery.
“...aahhhh.... anch’io...... aspetta un momentino...... aaahhhhh....”, disse Aleja che stava controllandio Valery con perfetta maestria..... E giunse l’attimo tanto atteso, con le goccioline di sudore che correvano lungo la schiena ad entrambe, e nel medesimo istante esplosero di goduria, furono attimi incontenibili, qualsiasi espressione era permessa. Aleja sentiva le pulsazioni di Valery che andavano a mille come le sue, e trascorsi quei pochi attimi così intensi a tutte due si esaurirono le energie, Valery si rilassò completamente, lasciando che il collo si rilassasse anch’esso, la testa era lasciata a sé, invece Aleja, lasciata la presa del gingillino di Valery, si distese completamente sulla sua schiena per qualche minuto. Quindi prese con le mani quelle larghe spalle e le fece un breve massaggio. “Tutto bene, Valery?”, chiese Aleja.
“Benissimo, super... indescrivibile...”, rispose Valery.
Quindi Aleja con cura srotolò il preservativo di Valery poggiandolo dentro una piccola vaschetta di plastica, quindi tolse anche il suo, scese dalla panca e andò a gettare via il risultato finale di tutto quell’incontro, per Valery il ritmico “toc-toc” dei tacchi degli stivali di Aleja era più di una musica eccitante. Aleja si pose davanti a Valery, le prese la testa tra le mani, una carezza al viso, alle ciglia, e un bacio delicato, quindi andò dietro di lei e sciolse le corde che tenevano bloccate le caviglie. Valery allargò un pochino le gambe, poi le mise unite, le muoveva lentamente mentre Aleja provvedeva all’accurata pulizia dei due sessi dell’amica con le salviettine detergenti. Si pulì anche lei, quindi liberò le mani di Valery e l’aiutò a scendere. Ora erano entrambe in piedi, e quella certa differenza si faceva notare, ma sarebbe stato solo per un paio di minuti. Valery strizzò l’occhio ad Aleja che intese benissimo quel desiderio e prese sottobraccio la sua gigantessa conducendola fino al materassone, dove Valery si sedette per mettersi subito dopo in posizione supina. Fatto ciò Aleja si mise a cavalcioni sul suo petto, le prese i polsi, quindi decise di distendersi lunga sopra di lei tenendosi col petto sollevato per meglio dominarla.
“Com’è stato?”, chiese Aleja.
“Te l’ho già detto, fantastico... unico....”, rispose Valery mentre Aleja le stuzzicava il collo e i capezzoli.
“Meriti questo e anche di più”, disse Aleja, “ma leggo nei tuoi occhi che c’è dell’altro, vero?”, chiese mentre con le punte dei piedi premeva le sue gambe, con delicatezza.
“In effetti sì...”, disse Valery, “sai, il video in cui mi dibatto per liberarmi dalle corde qui nel corridoio è piaciuto molto a Jennifer e a Samantha...”.
“Vorresti dirmi che gliel’hai fatto vedere? D'accordo che Jennifer sapeva delle telecamere ed è stata al gioco, ma cosa hanno detto poi di te? Sei matta... anzi, matto, in questo caso”, la rimproverò Aleja.
“Matta o matto non importa, in ogni caso sono piaciuto molto ad entrambe nella mia versione 'enfemme', Jennifer mi ha chiesto di organizzare un incontro multiplo, non vede l’ora di cavalcarmi di nuovo, così come sono vestito adesso... ma dal lato giusto, però...”, disse Valery.
“Vuoi forse farmi ingelosire?”, disse Aleja in tono provocante.
“No, anzi, ti stimolo ancora di più”, riprese Valery, “Jennifer è molto attiva e decisa, sarebbe anche lei una specie di ‘mistress’, e io al suo gioco ci starei, mentre Samantha, che è un po’ sul passivo, gradirebbe di certo le attenzioni di Aleja, da entrambe le parti”.
“Hai parlato di me con loro?”, chiese Aleja.
“Certamente no, ma ho prospettato un incontro a quattro, e non ne vedono l’ora... noi tre saremmo già d’accordo per sabato prossimo, tra sei giorni, verso le cinque del pomeriggio, con cena finale tra noi quattro ‘donne’, ovviamente qui alla villa e tutto offerto da me, un servizio di catering molto raffinato... e allora, che mi dici? Saremo in quattro, sì?”, chiese Valery.
“Certo che sì”, rispose Aleja che già si sentiva eccitata all’idea, “ma... dimmi una cosa, perché hai voluto chiamarti proprio Valery? Proprio non riesci a dimenticarla, vero?”.
“E’ più forte di me, lo sai”, spiegò Valery, “anni di vita passati assieme non si cancellano, e la sua immagine ed il suo corpo sono sempre nella mia mente... bionda, slanciata, alta... magari per te... quasi un metro e ottanta....”.
“Allora io non ti piaccio visto che sono piccola e moretta, eh?”, stuzzicò Aleja in modo scherzoso e accattivante allo stesso tempo.
“Tu sei la mia amante segreta”, rispose Valery in modo solenne, “e così sono certa anche di non scambiarti, neanche per sbaglio, con...ah ah ah ah.... ah ah.... ah... dai, no il solletico...”.
“Adesso ti combino io un bello scherzetto”, disse Aleja mentre Valery si lasciava dominare, era un gioco che la divertiva moltissimo, quindi Aleja si mise di nuovo a cavalcioni sul suo petto e la guardò fissa negli occhi, “ma non vuoi pensare ad un altro nome, almeno per tagliare nettamente i ponti con quella storia che ti ha fatto poi così male?”.
“Ma c’è stato anche tanto di quel bene che lo terrò sempre dentro di me, nonostante tutto”, disse Valery, “ma, nel caso volessi cambiare nome, cosa mi suggeriresti?”.
“Non saprei.... un nome che sia in qualche modo legato a te, alla tua persona, come lo è il mio”, iniziò Aleja, “....che ne dici di ‘Margot’? E’ un nome normale, ma contiene una parte di ‘Marc’ e anche di ‘Gothelm’... dai, cosa te ne sembra?”.
“...umhhh... no, dai, assolutamente no... preferisco essere Valery”, rispose lei.
“perché? Cosa c’è che non va nel nome ‘Margot’?”, chiese Aleja.
“E’ il modo in cui suona e l’immagine che mi da.... sai, sembra un nome d’altri tempi, quasi da Medioevo...., anzi, da strega medioevale...”, rispose Valery fingendo gli occhi allucinati, ad Aleja piacevano moltissimo le sue mimiche, anche durante il lavoro d’ufficio per stemperare la noia e anche le difficoltà del momento.
“E tu, così grande e grossa...., scusa, cioè, robusta... che sei, hai paura delle streghe?”, la incalzò Aleja.
“Non si sa mai... pensa se la strega Margot esistesse sul serio, poi... io non vorrei che mi lanciasse qualche diavoleria o anatema e mi ritrovassi piccolo così, dentro una gabbietta per ‘uccellini’, all’interno del suo tetro maniero...”, e scoppiarono entrambe dal ridere.
“Aleja!”, disse poi Valery.
“Sì, dimmi”, rispose lei.
“Che ne dici di un piccolo antipasto con aperitivo, cena a base di pesce, dessert con macedonia di frutta e dolce e poi un buon brindisi per chiudere questa nostra serata? E’ già tutto pronto, in fresco e anche in forno, ti va?”, propose Valery strizzandole l’occhio.
“Certo, mia dolce schiavetta”, rispose Aleja con tono accattivante, alzandosi e porgendo la mano a Valery per aiutarla.
Entrambe si guardarono e sorrisero, si presero a braccetto. Valery chiese ad Aleja se poteva occuparsi già da lunedì sera per l’organizzazione del prossimo incontro, quello con Jennifer e Samantha, mancavano sei giorni, ma era meglio iniziare già a preparare le idee, ed Aleja rispose dandole un pizzicotto sulla natica che equivaleva ad un sì.
Valery spense quindi lo stereo. Un attimo dopo uscirono dalla porta della stanza palestra, e si spensero le luci. C’era una magica penombra nel largo corridoio, e mentre si allontanavano a braccetto per andare nel grande soggiorno al piano di sotto usando le scale anziché l’ascensore, fischiettando a sprazzi ‘These boots are made for walking’, si sentiva nitido l’eco ed il rimbombo dei tacchi degli stivali che prevaleva su tutto il loro fischiettare e chiacchierare.

* * * F I N E * * *

Nota: pur essendo certi luoghi di ambientazione in un contesto reale, si fa presente che i nomi dei personaggi e di società, aziende e il settore merceologico sono di pura fantasia. Ogni riferimento a fatti realmente accaduti o persone omonime è puramente casuale.
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