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Lui & Lei

GASP o normodotato?


di piccololord
27.10.2015    |    7.375    |    12 9.3
"Si chinò a baciarmi e prima che mi rendessi conto puntò la cappella alla porta del piacere fermandosi un attimo..."
Prima di iniziare il mio racconto – ovviamente reale – voglio ringraziare Zindo che con il suo scritto “ Sono come tu mi vuoi” mi ha dato un assist stupendo per la stesura di questo che mi frullava per la testa. Mi riferisco al suo cappello introduttivo che mi ha illuminato. Vi invito a leggerlo per capire meglio.

Sono Ugo. Sono un GASP-man. No, non è una bella cosa tipo “il mio nome è Bond, James Bond” ma una patologia dei genitali. Mi assilla. Mi intorbida la vita. NON LA VOGLIO eppure c'è. E' qui tra le mie gambe. Un mostro di 26 centimetri con 12 di diametro. In erezione somiglia più ad obelisco che ad un cazzo e se non bastasse soffro anche di priapismo. Evvai....
Il mio sogno è quello di entrare in una donna fino in fondo, sentire i miei coglioni che sbattono sul culo di lei. Entrare di prepotenza e cavalcare la mia giumenta senza freni. Avere un rapporto anale appagante per entrambi. Sentire lo sfintere allargarsi ed accogliermi. Sentire gli spasmi del suo godimento. Eiaculare spingendo il bacino contro il suo per godere appieno l'attimo di supremo piacere. Rimanere dentro la mia lei aspettando che il mio pene scivoli fuori da solo. NIENTE DI TUTTO QUESTO.
Il mio primo schock l'ho avuto da adolescente con mia sorella più grande di me di 5 anni. Mi ero spogliato in camera mia per andare a fare la doccia, non avevo ancora messo l'accappatoio che entra lei, come al solito, un uragano “Senti Ugo volevo dirti..... ooohmioddio... “ e si blocca sulla soglia con gli occhi fissi sul mio pene. La guardo anch'io stupito e le chiedo cosa abbia da guardare. “Ma ti rendi conto delle dimensioni del tuo pene?” ed io sempre più stupito non riesco a proferire parola. Mille pensieri mi frullavano per la testa ma nessuno era quello giusto. Si avvicina lentamente senza mai distogliere lo sguardo ed io imbarazzato non riesco a muovermi. “Fammelo toccare un attimo” mi dice con voce rauca e profonda. Allunga la mano ed inizia una dolce carezza. Che bella sensazione, mai nessuna mano aveva accarezzato il mio pene se non la mia. Un'erezione improvvisa e la sua mano piacevole su di me. Lei sempre con lo sguardo ipnotizzato continua sempre più sbalordita e con lo stesso tono di voce mi chiede
“la mamma lo sa?”
“...ma lo sa che cosa???”
“di questo arnese che hai tra le gambe”
“ma quale arnese...mi sembra la prima volta che ne vedi uno e si che i ragazzi non ti mancano”
“Si...ma così mai. Sei impressionante”
“ mi stai spaventando....che cos'ha il mio cazzo?”
“come che cos'ha...è...è enorme. Non ha nulla di normale”
“senti Elga se mi vuoi spaventare ci sei riuscita, ora togli la mano e vaffanculo da un'altra parte”
“ no, aspetta, ti prego, fammi vedere se la quantità di sborra è proporzionale alle dimensioni”
“ ma lasciami stare... - ma non ero davvero convinto di quello che dicevo – altrimenti lo dico io alla mamma che mi stai facendo una sega”
“non fare il cretino e goditela sta sega”
Non aveva terminato la frase che ho iniziato sborrare. Il primo fiotto sui jeans di lei ed il resto a seguire dove capitava. Le sue mani ne erano piene.
“Cazzo mi hai sporcato, vado a cambiarmi ma ti prego, non dire niente a nessuno”
“neanche tu....ma davvero è così grande?”
La sua risata mi raggelò “ grande?? io direi enorme fratellino mio. Fatti vedere. Una cosa del genere non me la farei certo entrare dentro. Mi spaccherebbe in due come un cocomero maturo”.
Cosa c'è di più brutto del tarlo del dubbio? Il tempo passava e i dubbi sul mio pene non si chiarivano. Ogni tanto in compagnia cercavo di saperne di più ma certo non potevo dire ad un amico “tiralo fuori che lo confronto con il mio” anche la timidezza di cui soffrivo mi bloccava in maniera totale. Un'adolescenza tranquilla in fondo, poche amicizie, qualche battuta di mia sorella che ogni tanto, scherzando, allungava le mani e finalmente la prima ragazza. Tralascio i battiti accelerati del cuore, le frenesie nel vederla, i vuoti di stomaco e i mal di pancia quando non riuscivo ad incontrarla – cose che abbiamo provato tutti almeno una volta nella vita – e arriviamo al primo appuntamento inteso come quello vero. Quello in cui si è da soli e non con tutta la compagnia. Quello in cui si quaglia qualcosa. Finalmente appartati le nostre mani iniziano la scoperta dei nostri corpi. Il suo seno morbido da accarezzare, i capezzoli da stringere tra le dita, i suoi respiri e sospiri. Le sue gambe appena coperte da una mini-mini gonna ed uno slip che non opponeva nessuna resistenza alle mie mani bramose di toccare il nido del piacere. Le nostre lingue che combattevano furiosamente una battaglia di piacere e le sue mani....morbide, lievi sul mio petto a torturare i capezzoli che lentamente scendono sulla pancia e poi si infilano nei pantaloni, dentro lo slip alla ricerca dell'uccello per il suo nido. Il cazzo duro e pronto a spiccare il suo primo volo. Il tocco delicato delle sue dita sulla cappella e poi.....” ooohmioddio...” Tutto si ferma come un fotogramma. Il tempo sospeso per un'eternità – almeno mi pareva- e poi lo sguardo di lei. Non saprei più come definirlo: stupore, curiosità, timore..... in silenzio mi apre i pantaloni e li fa scivolare giù con gli slip. Mi osserva a bocca aperta “...ma con una cosa del genere io che ci faccio?” mi dice ridendo. Per me fu come ricevere una coltellata. L'obelisco diventò una pelle di daino bagnata. “Scusa – mi disse – ma non... io non credo....non sei il primo ragazzo ma così non saprei...” Improvvisamente si voltò e corse via lasciandomi così, come un cretino mezzo nudo.
Come diceva una canzone: Ma una notizia un po' originale non ha bisogno di alcun giornale come una freccia dall'arco scocca vola veloce di bocca in bocca.
Nel giro di poco tempo ero diventato una specie di fenomeno da baraccone. La stronza aveva raccontato tutto alle amiche che in preda alla curiosità volevano vedere, toccare, provare. Alcune me lo chiedevano in modo allusivo altre invece in modo così diretto che diventavo rosso come un peperone. Non riuscivo neppure a rispondere. Passa ancora del tempo e vengo avvicinato in palestra da due ragazze, le strafighe che nessuno osava avvicinare da quanto sono belle. Pelle di pesca, coscia lunga, tette superbe, culo sfacciatamente imponente...insomma due dee venute tra noi mortali. Mi invitarono al bar chiedendomi di uscire quella sera. Rimasi basito e riuscii solo a balbettare “tutti e tre insieme?” Due sorrisi radiosi... “Certo che si – mi rispose Samantha – dicono che ce l'hai grande come due per cui con Jessica siamo in due anche noi” Ero al settimo cielo. La sera andai a prenderle a casa di Samantha – i genitori erano assenti – con il famoso buco allo stomaco. Suonai il citofono “Sali un momento che finiamo di prepararci” Terzo piano fatto di corsa, porta socchiusa, luci soffuse e le due dee sedute sul divano. Samantha in intimo nero, Jessica in bordeaux. Mancava poco allo svenimento.
Mi fecero accomodare tra di loro, ancora non riuscivo a connettere, “non ti muovere – mi disse Jessica - facciamo noi” Le loro mani su di me, le loro bocche che succhiavano i capezzoli, le loro lingue ad esplorare ogni centimetro di pelle. La mia eccitazione era la massimo. Si fermano poco prima che esplodessi. Mi spogliarono, rimasi completamente nudo... “ooohmioddio...” gridarono in coro “Ecco – pensai – ci risiamo” invece presero un gel e mi riempirono le mani “adesso tocca a te....credo ce ne sarà bisogno – disse Jessica guardando l'obelisco – per il tuo attrezzo” “Era nei nostri sogni – incalza Samantha – avere tra le mani e non solo, un cazzo così possente” Allungai le mani sulla figa di Samantha, le spalmai il gel e poi iniziai a vezzeggiarla, a penetrarla dolcemente con un dito, due dita mentre Jessica le accarezzava il seno, le succhiava i capezzoli e con due dita le stuzzicava il clitoride. L'eccitazione saliva lentamente ed inesorabilmente. La loro pelle luccicava di sudore alla luce dell'abat-jour. Non un filo di grasso, non una smagliatura, perfezione allo stato puro. I muscoli tonici guizzavano di volontà propria. Jessica accostò la figa alla bocca di Samantha che iniziò a leccarla. I respiri si fecero sempre più corti e veloci, le voci rauche. “Prendimi” sussurra Samantha aprendo le gambe in modo osceno mentre Jessica si posizionò accanto a me. Ero allo spasimo, puntai la cappella sulla vagina di Samantha ed iniziai a spingere, lentamente ma senza fermarmi un attimo. Centimetro dopo centimetro il mio cazzo venne inghiottito. Samantha strabuzzò gli occhi e reclinò la testa all'indietro. Sentii Jessica, come una voce lontana anni luce “che spettacolo magnifico, che bello.....dai...dai...che dopo tocca a me” Samantha gridò, dolore e piacere. Mi fermai un attimo tuttavia mi incitò a penetrarla ancora. Dentro a metà e ne voleva ancora. Spingo, grida, spingo ancora, mi urla basta.... adesso sapevo fin dove potevo arrivare ed iniziai la monta. Dentro e fuori....dentro e fuori.... si dimenava posseduta dal demone del piacere, io godevo. Con un colpo di reni si sfilò da me “Scusa, non ce la faccio più....” e venne rimpiazzata da Jessica che si posizionò carponi. Le entrai nella figa senza tanti preamboli, oramai la mia eccitazione era alle stelle e la sentii gridare “Cazzo...fai piano che mi sfondi....quello non è un uccello è un condor!” Mi fermai per farla respirare poi la cavalcai con dolcezza ma....porcaputtana.....non entrava più di metà, sentivo il suo utero che mi bloccava. Per sua fortuna dopo un paio di colpi iniziai ad eiaculare in modo spropositato. La inondai. Mi sfilai da lei ed il mio nettare tracimò copioso. Samantha sulla poltrona premeva le mani sulla vagina come per alleviare il bruciore, Jessica serrava le gambe quasi come difesa. Io ero interdetto. Non sapevo più che fare, che dire. Avevo scopato due dee, mi rivestii in fretta e con le lacrime agli occhi uscii di casa gettando un ultimo sguardo alle due ragazze che abbracciate si consolavano a vicenda scambiandosi le lingue. Ero affranto. Raggiunsi un piccolo parco e mi sedetti su una panchina al tepore della sera. Pensieroso. La mia era una maledizione che non sapevo come affrontare
“scusa, hai da accendere?” sentii una voce alle mie spalle e sobbalzai.
“non volevo spaventarti...” e rise. Guardai meglio e se Samantha e Jessica erano due strafighe questa invece è stratosferica. Non più giovanissima ma di una bellezza sfacciata. Camicetta leggermente aperta senza reggiseno e gonna poco sopra al ginocchio. Gambe chilometriche che accavallava con un'eleganza innata mentre si sedeva sulla panchina, Mani ben curate e dita affusolate. Una cascata di capelli sulle spalle e di rughe neanche l'ombra.
“cosa ti preoccupa? Sei un così bel ragazzo, alto, atletico e muscoloso, un bel sorriso. A quest'ora dovresti essere in buona compagnia non da solo su una panchina.” La guardai ed oltre ad essere una splendida creatura aveva uno sguardo rassicurante, dolce, che ispirava fiducia
“penso alla mia disgrazia” rispondo
“ Disgrazia??? dai, racconta, ho tutto il tempo che vuoi, tanta pazienza e mi piace ascoltare”
Non so quale sia stata la molla che mi spinse ad aprire il cuore e come un fiume in piena le raccontai tutto. Mi ascoltava interessata, ogni tanto chiedeva ma ascoltava. La sua mano prese la mia e la strinse incitandomi con brevi strette e dolci sorrisi a continuare il mio racconto. Alla fine esausto chinai il capo, stanco, sereno. Era scesa la notte, nera come la pece.
“adesso mio giovane adone fammi vedere la tua disgrazia”
Come un automa abbassai i pantaloni e gli slip lasciando libero il membro eccitato.
“complimenti, credo che potrei fare qualcosa per te” Mi fece sdraiare sulla panchina e sollevando la gonna si mise a cavalcioni. Non indossava biancheria intima. La sua figa era umida, glabra e le sue grandi labbra gonfie di desiderio. Si chinò a baciarmi e prima che mi rendessi conto puntò la cappella alla porta del piacere fermandosi un attimo. I suoi occhi fissi sui miei. Lentamente il mio cazzo scivolò dentro di lei. Fletteva le sue splendide gambe facendolo entrare sempre di più, senza fermarsi e ancora e ancora.... “Siiiiii....” la sentii gridare mentre spingeva fino fino in fondo. La sua figa era arrivata ai miei coglioni pronti ad esplodere. Non potevo crederci...finalmente....una sconosciuta, bella come il sole anche in piena notte, dolce e famelica che si era presa tutto il mio cazzo! Iniziò a cavalcarmi senza tregua, senza la minima esitazione. Godeva, le piaceva e godeva. Dopo pochi minuti sentii che stavo per esplodere. L'onda di piacere si formò in fondo ed arrivò come un uragano. Sbottai nella profondità della sua figa mentre le mie mani arpionavano i suoi capezzoli. Insieme sussultammo in un'estasi di piacere. Le sue contrazioni vaginali non facevano altro che aumentare il mio godimento. Mi rilassai completamente mentre lei si abbandonava sul mio petto sudato. I nostri cuori battevano come tamburi all'unisono.
“Non ti devi mai disperare mio giovane amante”. Furono le ultime parole che riuscii a percepire. Gli occhi si chiusero. Al risveglio, mentre albeggiava, mi ritrovai solo sulla panchina.
Tornai più volte in quel parco, più volte aspettai la notte seduto sulla panchina che mi aveva visto protagonista della mia più bella scopata e non solo.
Quella donna mi aveva rapito il cuore e la mente. Al solo pensiero una scossa elettrica attraversava il mio pene. Ero alla disperazione. Un giorno, uno dei tanti, tornai di nuovo in quel parco e su un sedile era accomodata una donna che parlava con un bambino dal sorriso radioso.
“Mi scusi signora – dissi – viene spesso in questo giardino?” alla sua risposta affermativa le spiegai il motivo della domanda, cercavo una donna, una bella donna che avevo incontrato per caso una notte. Gliela descrissi nei particolari. La donna si rabbuiò un istante e poi disse
“lei sta cercando una donna che non esiste, mi ha descritto Margherita che fu uccisa in questo parco alcuni anni fa dal marito convinto che lo tradisse per le dimensioni ridicole del suo pene”
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