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Il ritorno di Rubie


di pato3
29.02.2024    |    3.658    |    0 9.8
"Per un attimo pensai che se non avesse implorato sarei entrato..."
Ho già parlato di Rubie in passato. Anche questa storia è stata letta, supervisionata e integrata dalla mia amica speciale.

Rubie è tornata. La mia vergine indiana, innocente e curiosa, ora è una donna sposata, ancora vogliosa. Fortunatamente, nel corso degli anni, non abbiamo perso i rapporti e siamo rimasti in contatto nonostante i cambiamenti nelle nostre vite. Anche se vedersi di persona sembrava impossibile, continuare a giocare a distanza poteva ancora essere divertente. Online, era la mia schiava, una delle schiave che ho iniziato a possedere durante l’era covid. La più fedele, senza dubbio. Anche quando mi ha detto che stava per sposarsi, non ho temuto per un istante che avrei potuto perderla.

Paradossalmente, è stato proprio il suo matrimonio che ci ha permesso di riavvicinarci fisicamente.

“Penso che dovrò trasferirmi in Europa”, mi scrisse Rubie un giorno.
“Ottima notizia! Dove?”
“Amburgo”
“Perché?”
“Il lavoro di mio marito”
“Potrei trasferirmi ad Amburgo anche io”

Ovviamente, non mi trasferii, ma sei mesi dopo, andai ad Amburgo per vedere la mia amica, una moglie solitaria ed annoiata.

Ci incontrammo in un caffè perché non aveva mai tradito suo marito, perché non ci vedevamo da molto tempo e perché è più facile immergere un piede alla volta nell’acqua fredda. Aspettai qualche minuto prima di accennare al motivo per cui entrambi sapevamo che ero lì. Mentre parlavamo, seduti l’uno di fronte all’altro, le mandai una foto del cazzo sul telefono. Arrossì e sorrise. Sempre sul telefono, rispose: “Sei crudele”. Chiesi, “Perché?”. “Perché mi stai torturando! Lo voglio tanto”. “Non fingere che in meno di un’ora il mio cazzo non sarà tutto nella tua bocca”. La sua espressione cambiò leggermente; era eccitata e tremava un po’. Cercò di non guardarmi in faccia, ed ebbi l’impressione che volesse piangere. “Tutto bene?” chiesi ad alta voce. Rispose di sì e sorrise.

Andammo a fare una passeggiata. Le dissi che avevo pensato a tutto e che, dato che avevamo affrontato la questione da diverse prospettive, non sarebbe stato un vero tradimento. Nelle nostre varie comunicazioni deliranti, avevamo concordato su diverse definizioni di tradimento.

Prenderlo in bocca non è tradimento.
Se il cazzo non entra, non è un tradimento.
Se non sborro nella figa, non è tradimento.

Arrivati in albergo, le accarezzai la guancia e la guardai negli occhi. “Sei pronta?”. “Sì”. La carezza si trasformò in uno schiaffo non troppo violento e le ordinai di inginocchiarsi.

“Scusati per non avermi servito nell’ultimo anno”.
“Mi dispiace, signore”.
“Leccami le scarpe, troia!”
“Sì, signore”.
“Cosa dovrei fare con te adesso?”
“Non lo so, signore. Cosa vorresti fare?”
“Adesso che ti fai scopare da chiunque, sei una puttana da due soldi”
“Hai ragione, signore”.

La presi dai capelli e la portai davanti a letto.
“Ti meriti il letto? O sei solo una lurida troia da scopare a terra?”
“Sono solo una lurida troia da scopare a terra, signore.”
“Hai ragione. Devo legarti, lo sai vero?
“Sì, padrone. Certo, signore”
“Le manette sono nella valigia. È aperta, prendi le manette, ma usa solo la bocca. Vai a quattro zampe. Se usi le mani, sarai punita”.
“Sì, padrone”. Andò alla valigia, che era sistemata a terra, accanto al letto, e come una buona cagna ubbidiente, fece quello che le avevo detto. Riuscì a prendere le manette con la bocca e me le portò.
“Brava! Brava!”, le sfregai la testa e le strizzai una tetta, perché la mia puttana merita una ricompensa quando fa qualcosa di buono.

L’ultima volta in un albergo era stata scopata da me e da un altro uomo. Questa volta non avevo pianificato nulla di simile perché non sarebbe stata una sorpresa. E non mi piace ripetermi. Di certo, passare da vergine a scoparsi due uomini allo stesso tempo era stata una rivoluzione interiore non da poco. Ogni tanto, ricordando il passato, mi ringraziava per averla “liberata” dandole la possibilità di “esplorare il suo lato selvaggio”. Tornata in India, con tutte le difficoltà di vivere in una “società giudicante”, come la definisce lei, le possibilità di divertirsi in quella nuova maniera che aveva scoperto erano davvero poche. Però, mi racconta, per un periodo aveva frequentato un amico d’infanzia al quale succhiava il cazzo (non ho mai capito perché non si spingevano oltre) e all’università aveva baciato un ragazzo ad una festa (il che a quanto pare non capita tutti i giorni).

Questo era tutto. Praticamente la cosa più eccitante ero io. Ora era una donna sposata e fedele: ed io, ero l’unica eccezione che poteva permettersi; soprattutto perché ero arrivato prima e mi ero guadagnato il mio posto privilegiato.

Buttai un cuscino sul pavimento dove avrebbe potuto appoggiare la testa. La ammanettai con le mani davanti, le abbassai i pantaloni e le mutande alle ginocchia. Passai la cintura tra le cosce formando un otto e fissandola alle manette. Prima di rendersene conto, si ritrovò immobilizzata, in ginocchio, faccia a terra, e culo in aria.

“Dato che devi rimanere fedele, ti scopo il culo”.
“No”
“No?”
“No, padrone, ti prego. Puoi scoparmi la figa; se non vieni dentro non è tradimento, è quello che avevamo detto, vero?”
“Non lo so, voglio scoparti il culo”
“Per favore, padrone”
“Puoi masturbarti?”
Provò ad allungare le braccia per raggiungere la figa, ci riusciva.
“Sì, padrone”
“Bene, masturbati. Mi siederò qui a guardare”.

Mi levai le scarpe e i pantaloni. Avevo già il cazzo duro. Camminai intorno a lei, mi inginocchiai davanti al suo viso, la accarezzai di nuovo e tirai fuori dalle mutande il cazzo, da un lato. Glielo strofinai sul suo viso e sulle labbra bagnate.

“Ti fidi del tuo padrone?”
“Sì, padrone”
“Allora stai zitta altrimenti dovrò metterti le mie mutande in bocca”
“Ok, padrone”.

Mi alzai di nuovo e, camminando ancora lentamente intorno alla sua patetica figura di puttana immobilizzata che si masturbava, andai a sistemarmi dietro di lei. Spalmai dell’olio sui glutei e poi sul buco del culo, in superficie. Poi, strusciai il cazzo duro sulla figa. “Questo non è il buco che scoperò oggi”. Emise il suono di un lamento, in attesa. “Hai qualcosa da dire?”, chiesi. Non rispose. Continuava a masturbarsi. Posizionai la cappella sul suo buco del culo. Per un attimo pensai che se non avesse implorato sarei entrato. Ma non avevo mai rotto un patto con lei. “Il culo no” significa “il culo no”. Lo sapevo, e lei sapeva che avrei rispettato l’accordo. Era un gioco.

Sputai sul suo culo e continuai ad esercitare una leggera spinta sull’ano. Si lamentava con piacere. Respirò forte e il buco sembrò dilatarsi sotto la mia pressione. Spinsi verso l’alto, sfregando tutto il cazzo lungo la linea tra le chiappe, sempre premendo contro il culo. Andai avanti così per un po’, strusciandomi lungo la spaccatura tra le chiappe. Lei continuava a gemere, per piacere e perché era sollevata. La schiaffeggiai con forza sul culo, sempre più forte. Le piaceva. “Scopami, signore! Scopami, padrone!”.

Rubie ha dei capezzoli molto sensibili. Belli, grandi e molto spesso duri. Da quando la conosco so che è la parte del corpo con cui preferisce giocare. Le piaceva colpirsi le tette, mettersi delle mollette. Torturarle fino a quando non diventavano rosse. Come avevo fatto a dimenticarmi di giocare con le sue tette?

Visto che da quella posizione non riuscivo a toglierle la maglietta, la sollevai sopra la faccia, coprendogliela completamente. Andai a sedere sul cuscino e sistemai la sua testa tra le mie gambe.

“Non hai ancora capito che non devi indossare il reggiseno, vero?”

Era un reggiseno sportivo, quindi non mi sono disturbato troppo e ho tirato fuori le sue tettine senza toglierle il reggiseno.

“Vuoi schiaffeggiarle tu o devo farlo io?”
“Per favore fallo tu, signore. Sono stanca di farlo da solo. Voglio sentire la tua mano colpirmi forte”

Cazzo, dovreste davvero vedere quelle piccole tette da troia che ha. Le strizzai come se dovessi mungerla. Poi le schiaffeggiai per un po’. E un po’ più forte. Tirai le tette dai capezzoli verso il pavimento finché non sentii un lamento che mi implorava di fermarmi.

“Basta così?”
“No, signore, per favore. Ancora!”
“Così?”, diedi uno schiaffo leggero, dal basso verso l’alto, colpendo tutta la tetta a mano piena.
“Più forte!”
“Così?”, diedi lo stesso tipo di colpo, un po’ più forte.
“Più forte!”

Le presi la testa per liberarla dalla maglietta così da poterla tenere un po’ più su e colpire meglio. Mi inginocchiai, la feci piegare leggermente di lato e le ficcai il cazzo in bocca. Con una mano la tenevo dalla clavicola per prendere bene le misure e con l’altra mano mi preparavo a colpire. “Non mordere”, le dissi. Poi schiaffeggiai la tetta, forte, colpendola di striscio. Gemette come una cagna.

“Così?”, chiesi.
Annuì emettendo un verso, ingoiando ossigeno e saliva, con il mio cazzo saldamente in bocca.


Continuai a pizzicarle i capezzoli, a strizzare, colpire, tirare, palpeggiare le tette. Sempre con il cazzo in bocca. Era una sensazione bellissima avere quella bocca indiana, calda, attorno al cazzo e sentire il peso delle tette morbide tra le mie mani.

La figa era fradicia. Era il momento di scoparla. Sapevo cosa voleva e sapevo come lo voleva. Dovevo continuare a trattarla come la puttana sposata che era. Avrebbe dovuto sentire la vergogna della sua infedeltà mentre la scopavo. Ci volevamo bene e sapevamo di poterci spingere su quel sentiero. Cominciai a scoparla forte da subito e ad umiliarla sul serio.

“Sei sola una lurida e sporca puttana, lo sai?”, dissi mentre entravo.
“Sì, signore”
“Non vali nulla! La tua parola non vale nulla! Il tuo matrimonio non vale nulla! Dovrei togliermi il preservativo e metterti incinta, lurida troia”
“Sì, signore”, la sua voce veniva da un’altra dimensione. Probabilmente non mi stava neanche ascoltando, talmente presa dal piacere. In un anno di matrimonio, suo marito l’aveva scopata solo una volta, e per pochi secondi.
“Mi piacerebbe che tuo marito potesse vederci! Imparerebbe qualcosa”
“Sì, signore”
“Perché non lo chiami? Così può vedere quanto sei troia e cosa si può fare con una vacca del genere?”
“Sì, signore”
“Sì, signore? Mi stai almeno ascoltando, stupida troia?”
“Continua a dirmi quanto sono troia! Sto per venire, signore”
“Ed io dovrei venirti nella figa, cagna”

Cominciò a vibrare e tremare. Stava venendo. Amavo vederla contorcersi e fremere in quel modo. Continuai a scoparla più forte e la sua figa si strinse attorno al mio cazzo. Volevo prolungare il suo piacere più a lungo che potevo. Volevo ricordasse per il resto della sua vita quanto fosse bello avermi dentro.

Non avevo ancora finito con lei. La presi dai capelli, delicatamente, e la feci alzare. Le liberai le mani per spogliarla completamente. Era stanca. “Sei stanca?”, “No, padrone”. “Sei stata brava!”, le dissi, “ma io non ho finito. E farmi sborrare è il tuo unico scopo nella vita, lo sai?”. “Sì, padrone”. “Vuoi riposare?”. “Solo due minuti”.

Sempre tirandola dai capelli la portai dentro la doccia, aprii l’acqua e la spruzzai come fosse una prigioniera.

“Vuoi riposare la figa?”, chiesi avvicinando il soffione proprio lì. Il getto era quello che garantiva la pressione più alta.
“Sì, signore”
“Ecco, ti rinfresco la figa”

Ricominciò subito a godere. Sempre dai capelli la portai fuori dalla doccia, bagnata com’era e la buttai sul letto.

“Sto io sotto adesso”, dissi.

Lentamente si rimise il cazzo dentro la figa e istantaneamente si piegò su di me, la testa sul mio petto. Di nuovo prendendola per i capelli gliela alzai e le dissi di aprire la bocca. Le sputai in bocca e le dissi: “Da adesso sarai fedele!”. “Sì, signore”. “A chi dovrai essere fedele?”. “A te, padrone!”.

Avevo bisogno di aggrapparmi a lei per spingere più forte (stare sotto è bello per la vista, ma per la spinta non è il massimo) e così le misi una mano attorno al collo e una su una tetta. Col bacino la sollevai un po’ in modo da avere più spazio per spingere. Cominciai a martellare tenendola stretta. Adesso urlava di piacere. E diceva “Fuck! Fuck! Fuck! Fuck!” e “Uhhh, uhhh, uhhh”. Mi misi a schiaffeggiarla sulle tette e in faccia e a ogni schiaffo lei rispondeva “Thank you, sir”, oppure “Yes!”.

Ero pronto a venire. Le diedi un ultimo schiaffo e la feci girare. Sfilai il preservativo e le sborrai sul buco del culo. Con un dito ho spinto lo sperma dentro di lei. Gemette ancora. Cercai di inserire più sborra possibile e filmai la scena così da potergliela mandare e ricordarle che sarebbe per sempre stata di mia proprietà.
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