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Gay & Bisex

L'attor giovine 6 Giulietta


di Ettoreschi
09.07.2009    |    5.518    |    0 7.2
"Ci separammo, lei mi accarezzò poi mi disse “Adesso devo tornare al lavoro..."
Aspettando le 18 e 30 di venerdì pensavo a quale dovesse essere il mio comportamento nei confronti di Max. Ricordavo la gioia che mi aveva fatto provare il nostro primo week end insieme, ma anche la profonda delusione che ne era seguita. I ragionamenti che avevamo fatto con Adele ed Andrea erano tutti veri ma razionalmente a freddo senza il contatto diretto è un conto, un altro è quando ci si trova nel vivo dell’azione travolti dalle emozioni e dai sentimenti. Poi mi resi conto di una cosa molto semplice: io ero Giulietta e dovevo comportarmi come avrebbe fatto lei con il suo Romeo-Max. Era una parte e cominciai a cercare di penetrarla, rivissi i momenti positivi con il mio anfitrione e costruii pian pianino il profilo sentimentale della donna che andavo a interpretare, ben sapendo che non dovevo essere troppo effeminato nel comportamento ma solo nei suoi confronti e nell’intimità. D’altra parte oggi le donne sono sempre più spesso aggressive e per niente remissive quindi in pubblico sarei stato un ragazzo sfrontato, mentre al contrario in privato la dolcezza si sarebbe unita alla disponibilità. Lavorai su questo ruolo cercando di farlo mio il più intimamente possibile. Mi feci la doccia scegliendo uno shampoo alla vaniglia, mi lubrificai un po’ il buchino (non si sa mai!), poi scelsi un abbigliamento sportivo e non molto impegnativo (jeans e polo) e quindi, tremebondo come doveva essere Giulietta prima di incontrare il suo Romeo, mi avviai con un certo anticipo all’appuntamento armato del mio zaino, riempito con la trousse, un cambio di abiti e di abbigliamento intimo e l’immancabile pomata lubrificante. Arrivai prima del previsto e continuai a pensare al ruolo che volevo interpretare entrando sempre più nella parte. Ero lì assorbito nei miei pensieri quando uno strombazzare mi distrasse, mi girai e lo vidi a bordo del suo coupé che mi faceva segno di salire. Corsi verso l’auto, gettai lo zaino dietro, entrai, lo baciai sulla guancia sorprendendolo per l’entusiasmo, poi mi allacciai la cintura e lo guardai sorridendo fiducioso: ero la sua Giulietta!
“Andiamo a fare un po’ di spese” mi anticipò Max e fu così che entrammo in un negozio di abbigliamento abbastanza centrale e di lusso. Fui molto sorpreso quando scoprii che Max cercava qualcosa ma per me. Imbarazzato anche dai prezzi che vedevo sui cartellini gli sussurrai all’orecchio “Max ma non ho tutti questi soldi! Andiamo via” e lui tranquillo “Non preoccuparti è il mio regalo perché sei stato scelto. Provati questi” Mi rasserenai e indossai i pantaloni che mi passava il mio regista nonché amante. Erano dei pantaloni chiari elasticizzati a vita bassa che mettevano in risalto tutte le mie forme, sia davanti che dietro. “Mmh qui ci vuole qualcosa di diverso da quei boxer. Pietro (era il nome del commesso che ci seguiva), portaci dei perizomi, ma non neri, bianchi o color carne” Fu così che, dopo essermi spogliato tante volte a teatro, lo dovetti fare ancora una volta nel camerino di quel negozio. Quando indossai nuovamente i pantaloni le mie chiappe era proprio belle in risalto e il pacco anteriore in mostra nel suo splendido riposo – pensai preoccupato a cosa sarebbe successo se mi fossi eccitato: correva il rischio di venir fuori!. Poi fu la volta della maglietta e Max scelse una molto attillata che mi disegnava bene il petto e lasciava anche scoperto un filo di pelle sopra la cintura dei pantaloni. Pietro chiese “Glieli incarto?” “No li indossa subito: tolga i cartellini” Fu così che mi ritrovai vestito di nuovo da capo a piedi. Mentre il commesso non ci vedeva mi avvicinai a Max e abbracciandolo lo baciai vicino all’orecchio sussurrandogli “Grazie Max!” con la voce più roca e sensuale che Giulietta potesse trovare. Lui sorridendo mi palpò le chiappe e disse “Non ti preoccupare e preparati perché adesso andiamo ad un happy hour da un tizio del giro teatro-cinema-tv. Ah, togliti l’elastico dai capelli e lasciali sciolti” Obbedii ma non gli nascosi la mia preoccupazione per l’ambiente che non conosceva. Max mi tranquillizzò e per tutto il percorso mi spiegò un po’ di trucchi e che genere di persone avrei trovato.
Ci saranno state una cinquantina di persone tutte accalcate con l’aperitivo in mano a chiacchierare mentre in sottofondo scorrevano le note degli ultimi successi, Max sembrava conoscere tutti e tutti mi guardavano con occhi spalancati ma solo alcuni vollero approfondire e fare la mia conoscenza. Il primo ad avvicinarsi fu un tizio vestito con un completo bianco a lustrini: sembrava lo stereotipo della checca. “Oh Max che bel ragazzo che ti sei scelto questa volta! Come si chiama questo bel bocconcino?” Così dicendo strofinava casualmente il dorso della mano sul mio pacco. Io non mi tirai indietro e lo guardai con uno sguardo sfrontato mentre Max faceva le presentazioni. Lui ci salutò con un sospiro e una raccomandazione “Beh quando volete fare un trenino io mi presto a fare l’ultima carrozza!” Depravato! Ora fu la volta di una bonazza che prima abbracciò e baciò Max anche sulla bocca, poi si dedicò a me Facendomi sentire le sue tette e sussurrandomi “Ragazzo mi sembri messo bene! Quando hai finito con Max …” e mi lanciò uno sguardo che era tutto un programma “O beh anche prima di finire !” risposi lanciandole il mio miglior sorriso. Infine fu la volta di un signore azzimato con giacca e cravatta che dopo le presentazioni, poggiò la mano noncurante sul mio culo e mi fa guardando in tono di sfida Max “Ma caro Giulio perché mai ti accontenti del cazzetto di Max e non vuoi assaggiare un vero uccello?” “Beh perché Max ha cervello e abbastanza sangue da farlo funzionare assieme al cazzo. E poi il suo cazzo mi riempie così bene che non desidero altro!” Max sorrise per la mia risposta e cazzeggiò ancora un po’ con il tizio. Io invece fui attratto dalla vista della famosa attrice Barbara ***, una delle preferite di mia madre. Dovevo conoscerla! Mi avvicinai a lei tenendo il mio bicchiere in mano e nuotando nella calca fino a giungere al suo cospetto. “Mi scusi signora Barbara, ma volevo conoscerla. Sono … “ Lei girandosi con un sorriso “Sì sei Giulio il nuovo attor giovine di Max! Benvenuto in questa gabbia di matti!” e dicendo così mi abbracciò e mi baciò facendo in modo che potessi assaporare il contatto con il suo seno prosperoso ma ancora sodo nonostante i cinquant’anni ben portati. Parlammo per un po’ come fossimo amici di vecchia data e me ne tornai da Max con la sensazione che se avessi provato a spingere con lei avrei ottenuto qualcosa.
Insomma ero carne fresca e tutti, uomini e donne, mi volevano assaggiare per davanti e per di dietro. Era una sensazione strana e anche un po’ intrigante. Passai un'altra ora vicino a Max e ascoltando i discorsi che faceva. Dopo un po’ si era concentrato con una discussione interessata assieme ad un produttore cinematografico e capii che stavano parlando del progetto di fare un film assieme. Terminati i discorsi di affari Max rimase ancora una decina di minuti a cazzeggiare con i presenti poi mi disse “Dai torniamo a casa ne ho le palle piene!”. Salutammo e guadagnammo la coupé dirigendoci a Monteverde. “E’ un ambientaccio hai visto? Solo che lì puoi trovare anche quelli che hanno i soldi e ti possono far fare le cose che vuoi tu. Comunque amici di qui amici di là, ma appena ti scopri ti azzannano alla gola e non lasciano neanche lo scheletro in giro” “Uah! Ma dimmi come me la sono cavata? Ti ho messo in difficoltà? “ “No anzi hai messo a tacere un paio di personaggi con la lingua lunga il che non è facile ti garantisco!” “Ma mi sono presentato con pochi ma tutti mi conoscevano” “Beh sai il nostro ambiente è come un paese un po’ pettegolo e quindi anche se tu eri chiuso nel teatro a provare quello che succedeva dentro era risaputo un secondo dopo che succedeva”.
Salimmo nel suo appartamento e quando entrammo fu come ritrovare un vecchio amico. Max si avvicinò alle mie spalle e cominciò a baciarmi sul collo. Io lasciai fare poi sospirando “Oh Max!” mi girai e lo baciai abbandonandomi tra le sue braccia. Lui si comportò come se stesse cercando di conquistare la sua donna ed io fui la sua Giulietta dolce, remissiva, pronta a donarsi ai suoi desideri. Mi accarezzò a lungo godendo di ogni centimetro del mio corpo poi mi prese per mano e mi condusse nella stanza da letto. Come due amici che hanno litigato ma dopo si sono rappacificati e corrono l’uno verso l’altro perché riconoscono che non possono fare a meno di questo legame, così anche noi ci avviammo a sancire la ritrovata sintonia. Volle essere lui a spogliarmi e a baciarmi dappertutto. Si comportava come la prima volta con cui avevamo fatto sesso: era dolce e paziente e percorse tutte le tappe di avvicinamento, ma, quando finalmente fu dentro di me, il gentiluomo lasciò spazio all’uomo infoiato e io, come giunco sbattuto dal vento, non opposi resistenza ma anzi lasciai che lui mi trascinasse. Fu una lenta scalata verso la cima della montagna del piacere o una discesa nella profondità della fossa delle Marianne della voluttà, ma il risultato fu che mi abbandonai a lui completamente e Max se ne accorse e volle premiarmi portandomi all’agognato orgasmo vibrando sotto i suoi possenti colpi di maglio nelle mie intimità. Alla fine, distesi l’uno di fianco all’altro lo carezzai fissandolo riconoscente. Passammo un week end di sesso sfrenato quasi volessimo recuperare quello che avevamo perso. Io mi misi a disposizione e lasciai che fosse il mio maestro ad insegnarmi tutto quello che dovevo fare e lui era veramente un grande docente! I nostri ruoli furono ben definiti e mai messi in discussione. Solo una volta, mentre eravamo immersi in un 69, mi resi conto che gli stavo trapanando con troppa foga e desiderio il culo, mentre lo omaggiavo con uno dei migliori bocchini nella breve carriera di amante.
“Non riesci proprio a fare a meno di voler fare l’uomo!” “Non è che voglio fare l’uomo! Voglio solo darti piacere come anch’io lo ricevo. Mi attiri e ti amo e, che tu voglia o no, sono anche un uomo e questa pulsione ce l’ho, ma solo per ricambiare l’amore che dai a me!” “Va bene. Vorrà dire che ti lascio libero alla pausa pranzo di scopare qualcuno …” “Beh vuoi mettere scopare Fernando rispetto a scopare con te?” Si mise a ridere e poi mi disse benevolo “Vorrà dire che se sei bravo come amante vedrò di concederti le mie grazie qualche volta ma solo se te lo dico io!” Mi gettai al collo e lo baciai di slancio, lui ridendo mi rovesciò sul letto e, messe le mie caviglie sulle sue spalle, si infilò nelle mie profondità accolto con un sospiro da parte mia. Quel week end mi sembrò di vivere una luna di miele dove io non ero lo sposo ma bensì la sposa e, a parte questo cambio di ruolo, confesso che fu piacevole essere circondato dalle attenzioni del mio amante. Lui voleva che mi istruissi per bene e cercò nella sua biblioteca una decina di libri che riteneva fondamentali per la mia formazione professionale. Passavamo molto tempo sul suo comodissimo divano a leggere, io uno dei libri assegnati, lui copioni e sceneggiature, poi discutevamo su quanto avevo letto ed era uno scambio piacevolissimo da cui mi accorgevo di imparare una quantità di cose enorme! Era non solo il mio amante ma anche il mio mentore. Una sera, prima di addormentarmi ripensai per un attimo alla determinazione che avevo preso quando ancora stavo al mio paesello a subire una esistenza che non mi piaceva e avevo deciso di fare qualsiasi cosa pur di affrancarmi da un destino già scritto di patimenti e duro lavoro senza gratificazione. Mi rividi nel cesso che timidamente cominciavo a stimolare la mia porta del paradiso e mi resi conto che non avrei mai immaginato allora come sarebbe finita, quante volte avrei fatto l’amore per interesse (ma non solo), come mi sarebbe piaciuto scopare con un altro uomo. Ripensai a queste ultime scopate con Andrea e con Max e mi resi conto che non erano state per convenienza ma perché avevo appreso un altro modo di comunicare e rapportarmi con gli esseri umani.
Il lunedì a teatro Max chiamò me ed Andrea e ci portò nel retro in un camerino libero. Lì trovammo una donnina moretta e grassottella con un sorriso simpatico, vestita di nero. Era Giannina la sarta della compagnia e doveva prendere le misure per i nostri abiti. Pur essendo simili come corporatura il vestito di Giulietta fu preso sulle mie dimensioni anche se lei promise di prendere dei provvedimenti perché potesse facilmente essere indossato anche da Andrea. Ci fu una lunga discussione tra Max e Giannina su come dovevo essere vestito per garantire l’effetto che lui voleva dare soprattutto alla scena del matrimonio. E mentre quelli parlavano io e Andrea rimanevamo lì come due pirla in mutande ad ascoltare l’animata discussione. Alla fine si convenne che io avrei indossato due giarrettiere del colore delle calze e del vestito, quindi un perizoma nero così da far immaginare al pubblico che fossi nudo sotto il vestito e quel nero che si vedeva fosse il ciuffo di peli della passera. Max si raccomandò poi che le tette fossero molto plausibili “Meglio se sobbalzano quando si muove” “Eh sì e dopo devo farle anche una operazione? Tanto valeva prendere una donna! Sono una sarta mica un santo” “Ma io so che sai fare miracoli!”. Giannina brontolò un po’ quindi disse “Beh allora mi lasciate lavorare?” Max uscì e anch’io e Andrea ci avviammo, quando lei ci fermò dicendo “Dove andate che vi devo prendere per bene le misure”. Ci fece spogliare completamente e, con fare professionale, prese a prendere misure su misure. Poi estrasse alcuni capi di intimo e ci fece indossare perizomi e reggiseno. Controllò come calzavano ad Andrea e fece alcuni segni sul reggipetto, poi gli disse “Puoi andare. A te prenderò dei perizomi color giallo o marroncino così che il pelo sembri castano. Ma che idee che ha il signor Massimiliano!” Ridemmo e salutai con affetto Andrea che si rivestì e mi lasciò nelle mani di Giannina. Lei prese un cartoncino dove era disegnato il torace di una figura maschile e cominciò a prendere un mucchio di misure segnando vari punti sul mio torace e sulla schiena con un pennarello e riportandone i numeri sul modello di cartone.
Quindi mi disse “Adesso proviamo perizoma e reggiseno, le misure dovrebbero essere queste” Infilai i campioni che mi aveva passato ma ebbi dei problemi con il perizoma tanto che lei esclamò “Eh sei ben dotato se ho sbagliato misura. Prova questi allora!” Andavano bene, intanto aveva segnato a pennarello sul reggipetto alcune misure per poterci lavorare sopra. “E adesso prendiamo le misure delle calze” Mi tolse il perizoma e cominciò a infilarmi una calza precedentemente arrotolata. La srotolava con lentezza quasi a voler godere del contatto con la pelle più tenera e sensibile della mia gamba. Questo provocò una reazione visibile del mio amico cui non si fece attendere l’intervento di Giannina che lo prese in mano e scostandolo mi disse “Dai che dobbiamo lavorare adesso!” Fattami indossare la calza prese una giarrettiera di stoffa del medesimo colore della calza e me la strinse fino a che la calza non si resse da sola. Dovetti camminare in quelle condizioni un po’ ma la calza non restava su, bensì mi scivolava continuamente. Giannina bestemmiò un po’ quindi mi disse di indossare un reggicalze color carne molto essenziale privo di merletti e pizzi, agganciò la calza e ricoprì il tutto con la giarrettiera. Mi guardò per davanti e dietro ad una distanza di 5 metri poi brontolò abbastanza soddisfatta. “Giovedì facciamo le prime prove poi le seconde o venerdì o lunedì prossimo a seconda di quanto mi vorrai far lavorare!”. Decisamente era simpatica e, anche a causa delle sollecitazioni che aveva dato al mio pisellino, la guardavo anche con occhio diverso, quasi a cercarci delle motivazioni a carattere sessuale. Mi rivestii e tornai alle prove. Quel lunedì volevo sdebitarmi con Fernando e gli chiesi se voleva pranzare con me e lui, con un sorriso dolce, disse che apprezzava “molto volentieri!”.
Quando fummo insieme durante la pausa gli esternai quanto ero contento della mano che mi aveva dato per conquistare i voti della compagnia, che volevo sdebitarmi e che poteva chiedermi quello che voleva e mi sarei impegnato per soddisfarlo. Lui mi strinse a sé e accarezzandomi il viso e i capelli dolcemente “Oh Giulio, vedere te e rivedermi è stato un tutt’uno e poi … avevo anch’io voglia di gustarmi un po’ di begli uccelloni quindi non è che ho fatto molta fatica a darti una mano” “Sì però hai dovuto farlo magari con persone che non ti piacciono molto … “ “Beh è vero che ho delle preferenze ma ho smesso di provare ad innamorarmi e tu faresti bene a non perdere la testa per Max perché lui ti farà star male, credimi” “Sei un amico! Ma non hai detto cosa vuoi …” “Beh di tutti gli uccelli che ho visto un paio mi piacciono di più: quello di Luca e il tuo, quindi se vuoi farmelo sentire dentro bello duro mi faresti impazzire …” Ero sconvolto da questo linguaggio così duro e realista ma al tempo stesso eccitato e lusingato e non potevo mancare di riconoscenza quindi cominciai a spogliarlo. Lui si lasciò fare abbandonandosi completamente nelle mie mani. Ripensai a quello che Max mi aveva fatto di più piacevole durante il week end e cercai di ridare a Fernando la stessa goduria che si era impossessata di me. Preparai con cura il buchino (anche se oramai potevo chiamarlo bucone!) massaggiandolo, allargandolo e lubrificandolo, poi lo feci mettere a pecora e mi posizionai alle sue spalle impugnando il mio attrezzo e puntandoglielo all’ingresso della porta del suo paradiso. Con un sospiro spinse il bacino verso di me e lo infilzai. Mi addentrai ancora e un po’ alla volta arrivai alla fine della corsa. Feci un po’ di su e giù poi mi infilai fino in fondo nuovamente e vi rimasi qualche istante facendo seguire dei movimenti rotatori del bacino. Continuai così svariate volte sentendolo sospirare più profondamente ogni volta di più. Cominciai una galoppata sferzando il suo culo con il mio randello che diventava sempre più duro poi mi fermai e ravanai a fondo con l’uccello incandescente le sue intimità, quindi ricominciai a fare andare su e giù per il condotto intestinale il mio pistone che non aveva altro desiderio che di concludere la sua corsa. Sentivo Fernando sospirare roco preso dal piacere che gli saliva dai lombi e dal profondo del suo essere e questo fu come un interruttore che veniva premuto e che mi fece partire con la mia corsa finale verso il meritato traguardo: “Ah Fernando sì, vengo, sì, sì !” “Oh, dai, più forte! Dai, più forte!” E mentre dal candelotto mi sgorgava il frutto del piacere avvertii l’irrigidimento dei tessuti del mio partner a indicare che anche lui aveva trovato la pace nell’orgasmo che gli avevo dato.
Dopo qualche minuto ci staccammo, lui mi ringraziò, io ribadii che quello era il mio tentativo di sdebitarmi e non chiusi la porta ad altre piacevoli pause pranzo con lui. Dopotutto Max continuava a recitare il ruolo del maschio, anche se lo sentivo, ogni volta di più, dare i primi cenni di cedimento, ma restava il fatto che poter sfogare le mie ambasce da maschio con qualcun altro non mi dispiaceva. Fui folgorato dal ricordo di Andrea e cominciai a pensare a come potevo fare per cercare di avere ancora una volta un rapporto con lui dato che era molto gettonato durante le pause pranzo. Quella settimana io e Max facemmo vita da sposini una volta tornati nella sua casa: cena, lettura poi sesso (prima bocchino con lubrificazione del canale poi penetrazione cambiando ogni sera posizione), quindi sonno e, al mattino seguente, prima della colazione, un po’ di coccole sotto il letto e magari anche un bel 69 ma senza concludere tanto per lasciare un po’ di adrenalina in corpo. E venne il giorno della seconda prova con Giannina. Questa volta si dedicò solo a me. Mi volle nudo ancora una volta e si soffermò a guardarmi il pacco che penzolava forse qualche istante di troppo, quindi cominciò a lavorare. Confesso che fisicamente cominciava ad attrarmi, quella mattina avevamo fatto solo giochetti con Max ma non avevamo concluso e quindi avevo un po’ di ormoni in circolo e quindi decisi di forzare la situazione. Quindi quando mi provò nuovamente le calze lasciai che la fantasia facesse il suo corso e, unita alla piacevole sensazione che il contatto con le sue mani mi dava, mi indurisse l’uccello. “Ecco cosa mi ha fatto Giannina! Come posso entrare nel perizoma dopo?” Lei mi guardò da sotto con un sorriso, me lo prese in mano e lo scostò “Dai che dobbiamo lavorare!” Però lo lasciò lì vicino alla sua guancia e inoltre si accostò di più cominciando a strusciare le tette contro le mie gambe. La questione si faceva interessante! Mi fece indossare poi una specie di reggiseno color carne che si infilava come una camicetta e che aveva sul davanti due sacchetti costruiti a partire da due aureole di tessuto più scuro con al centro un ingrossamento che faceva pensare proprio ad capezzolo. Mi disse che poi essa sarebbe stata riempita con una “protesi” che somigliava come peso e consistenza al tatto ad un seno. Mi legò poi un reggipetto bianco a balconcino e ne prese con attenzione le misure. Le chiesi intanto quale misura avevo conquistato e lei mi rispose che avrei avuto una terza scarsa. Mi fece anche una prova sui capelli per vedere come mi stavano con due trecce ed espresse un grugnito di soddisfazione. Ogni occasione era buona per lei per strusciarsi con le tette o toccarmi il bastone che non accennava a calmarsi, sembrava quasi che giocasse a tenerlo sulle spine. Mi fece infilare poi un vestito di seta celeste lungo fino quasi a terra, ma con uno spacco laterale fino al ginocchio, il vestito aveva una scollatura rettangolare sul davanti coperta però da un tulle trasparente. Capii allora che in tal modo si sarebbero viste le mie tette ma sarebbero rimasti nascosti eventuali trucchi costruttivi. Infine mi dette una specie di sandaletti con una fibbia per racchiuderli e un tacco di circa 4 o 5 centimetri. “Caro mio, devi imparare a sculettare, anche perché in scena dovrai portare delle ballerine che non aiutano e quindi più indossi queste meglio è!” Mi fece fare alcune passeggiate su e giù suggerendomi alcuni cambiamenti di postura quindi rimanemmo d’accordo che ci saremmo rivisti la prossima settimana per le prove, forse, finali dei vestiti. Volli salutarla dandole un bacio sulla guancia e questa fu occasione di un ulteriore strofinamento reciproco. era il mio pensiero ma quello che mi turbava in quel momento era che questi contatti avevano risvegliato in me la voglia del cacciatore, passai in rassegna la situazione e mi venne un’idea all’improvviso.
Poco prima del pranzo feci in modo da chiedere a Fernando, Luca e Andrea se mi facevano compagnia per un panino veloce e tutti mi dissero di sì. Quando ci trovammo seduti al tavolino del bar, esposi loro il mio desiderio. “Sentite io ho voglia di stare un pochino con Andrea –gli si illuminarono gli occhi – e avrei bisogno del vostro aiuto. Se Luca va con Andrea e io con Fernando, tutti penseranno al fatto che avete fatto valere la regola dell’attor giovine. Poi, se non vi dispiace, io e Luca ci scambiamo di posto e ci ridiamo tutti appuntamento ad un’ora fissata. Ci state?” Prima di rispondere Fernando e Luca si guardarono negli occhi che, quantomeno quelli del primo, si illuminarono e finalmente arrivò la tanto attesa risposta “D’accordo facciamo come dici!” Dopo neanche cinque minuti eravamo nelle nostre destinazioni, io e Andrea nel camerino di Luca, mentre gli altri due in quello di Fernando. Io e Andrea ci abbracciammo e gli dissi “Lo sai che mi manca la pensione di Adele, e anche tu, il fatto di potersi confidare di darsi una mano a vicenda” “Oh anche per me è lo stesso!” Un dolcissimo bacio suggellò questa rivelazione e costituì il primo passo verso un sano rapporto sessuale. Ci spogliammo con lentezza assaporando ogni singolo movimento, ogni centimetro della pelle dell’altro, il contatto con ogni muscolo e tutta la carne del partner. Sazi di baci passammo ai nostri rispettivi uccelli, leccandone l’asta, scappellando il prepuzio, succhiando le palle una alla volta. Mi tuffai in mezzo alle sue chiappe e fui assalito dall’afrore che saliva dal culo, mi piaceva e cominciai a leccarlo prima a succhiare poi e infine a penetrarlo con la lingua. Sentivo Andrea corrispondere al mio trattamento e allora decisi che era tempo di passare alla lubrificazione e alla preparazione del buchino. Il primo a essere assalito e sfiancato a lungo fu lo sfintere il cui anello venne sottoposto a ogni sorta di massaggio e penetrazione con le mie dita, il tutto finalizzato a favorire la successiva penetrazione. Ad un certo punto Andrea non ce la fece più e si rovesciò sulla schiena sollevando le gambe in modo che potessi mettermi le sue caviglie sulle spalle: voleva che mi infilassi in lui, non voleva attendere più. Non ci fu bisogno di parole, puntai la punta calda e dura all’ingresso e premetti leggermente quasi a chiedere permesso. Ed esso mi fu accordato da un breve movimento del bacino. Infilai la cappella oltre l’anello sfinterico e aspettai che si ricomponesse, poi scivolai fino in fondo riempiendo il condotto del mio collega con tutto l’amore di cui ero capace.
Assaporammo entrambi il piacere di questa posizione, io perché finalmente potevo svolgere un ruolo attivo con una persona che mi piaceva, Andrea perché si sentiva farcito completamente dal mio wurstel caldo. Ma anche questo non ci bastava e cominciammo il nostro su e giù, prima lentamente, poi sempre più velocemente. Vedevo lo sguardo di Andrea attraversato per un attimo dalla smorfia di dolore quando lo sfintere veniva violentato dai suoi compiti istituzionali di baluardo di difesa delle intimità, poi sciogliersi nel piacere quando il suo intestino trovava pace nella carne bollente che lo colmava pienamente. Avvertivo montare dentro di me la marea che porta alla galoppata finale quando le dighe del controllo cedono e lasciano che le acque della passione scorrano finalmente libere. Andrea avvertì questo mio desiderio e lo fece suo implorandomi con voce roca di sfondargli il culo, non attesi oltre e cominciai a pompare quasi volessi spegnere in un colpo solo l’incendio che divorava i miei lombi. Le contrazioni dell’orgasmo del mio amico si trasferirono al mio cazzo procurandone uno analogo anche a me. Ansanti ci fissammo negli occhi per poi placare i battiti e i fremiti del piacere, ricevuto e trasmesso reciprocamente, in una serie di baci dolci e amorevoli. Continuammo a farlo per minuti dopo che i nostri tessuti si erano ricomposti quasi a voler fare il pieno di coccole, di solidarietà, forse di amore. Ci raccontammo un po’ di novità personali mentre dalla stanza accanto giungevano i rumori sommessi dei nostri due complici che finalmente avevano deciso anche loro di dare sfogo ai loro desideri fisici. Poco prima dell’ora fissata ci rivestimmo e io raggiunsi il camerino vicino per scambiarmi ancora una volta con Luca. Incrociandolo mi lanciò uno sguardo di soddisfazione e di riconoscenza e rimasi sorpreso quando entrando nel locale trovai Fernando ancora steso nudo che si beava della pace dei sensi che evidentemente lo stava pervadendo. “Ehi è quasi l’ora! Ma cosa fai ancora nudo?” “Non sai che bel regalo mi hai fatto! Luca è proprio una bella persona, per bene. Un vero signore!” “Sono contento per te! Ma non è che ti stai innamorando?” “Magari!” Si rivestì e tornammo assieme alle prove.
Quel week end fu un’altra luna di miele tra me e Max, ma, questa volta, a sorpresa, fui ricompensato della mia dedizione sessuale la domenica mattina, al risveglio, lui mi concesse finalmente il suo agognato didietro. Avevo capito che la sua era più che altro una remora mentale ed ebbi cura di avvicinarmi alla preda ambita con la circospezione della pantera a caccia di prede. Lo preparai a lungo quasi stessi solo giocando e, solo quando lo sentii fremere sotto le mie dita, mi preparai alla penetrazione. Con dolcezza lo misi a pecorina con la testa giù sul cuscino. Lentamente spinsi fino a che non fu una sua contrazione a farmi entrare oltre la barriera sfinterica. Mi fermai e attesi che i tessuti si adattassero alla nuova situazione, gli impugnai con la mano la base dell’uccello e cominciai a segarlo lentamente con un movimento dolce che accompagnava anche la penetrazione del mio arnese nel suo orifizio. Quando sentii i coglioni sbattere contro i suoi mi arrestai assaporando il traguardo conquistato, poi iniziai un movimento rotatorio con il bacino, quasi volessi allargare tutto il condotto, dall’ingresso fino alla fine. Sapevo cosa stava provando Max, un misto piacevole tra il fastidio della forzatura dell’anello alla porta del suo paradiso e il solletico degli intestini che volevano sentirsi pieni mentre la prostata, sollecitata produceva in quantità significative il suo liquido. Continuai così, senza forzare, ma rispondendo solo alle sue sollecitazioni e alle sue preghiere quasi fosse lui a condurre il gioco pur essendo penetrato. Iniziò a muovere il bacino verso di me quasi a volersi impalare più a fondo oppure a placare l’insano formicolio che cominciava a crescergli all’interno delle viscere. Ed io risposi accelerando il mio movimento ma lasciando che fosse sempre lui a dettare il ritmo e così facendo ben presto lui decise di lanciarsi verso la conclusione naturale di questa sublime inculata. Scelsi di non mollare e rimasi fermo aspettando che fosse lui a muovere il bacino impalandosi sul mio randello o trovando soddisfazione nella mia mano impregnata dei suoi liquidi. Prese a mormorare quasi boccheggiando le frasi sconnesse che anch’io avevo urlato, mi implorò di finire, di sfondargli il culo, di sbatterlo senza pietà fino a condurlo all’apice che oramai intravedeva ad un passo. E io lo accontentai trovando in ciò anche il mio appagamento. Quando poi i nostri respiri si calmarono e ci separammo distendendoci l’uno accanto a loro, mi accostai a lui offrendogli le mie terga quasi a voler sottolineare la mia sottomissione. Max mi strinse a sé e mi baciò teneramente il lobo dell’orecchio. Da quella mattina almeno un paio di circostanze durante la settimana lo inculavo io, ma notavo pure come il suo desiderio di essere passivo crescesse ogni volta di più spingendolo a farlo in posizioni dove il godimento era superiore all’ipocrisia della superiorità.
Quando martedì mattina si presentò Giannina ero proprio curioso di vedere come sarebbe andata a finire e mi ero anche deciso di fare il tentativo fino in fondo. Volle che rimanessi nudo completamente, a parte le scarpette che oramai rappresentavano il mio tormento e la mia abitudine, e iniziò questa volta dal “seno”. Lo indossai come una camicia sorpreso del peso che portava, attaccai il piccolo cappio elastico ai capezzoli e poi fermai l’indumento con alcuni ganci posti in posizione strategica. “Guardati” disse Giannina e io alzai gli occhi verso il lungo specchio appoggiato alla parte a qualche metro da noi e rimasi stupito di vedere una persona con un uccello pendulo e due tette che scendevano come pere che si divaricavano: un lavoro eccezionale! Lei prese ancora qualche misura, fece un paio di correzioni, quindi mi fece indossare il reggiseno a balconcino e avvenne il miracolo! Le tette che prima scendevano libere ora si trovavano costrette in un reggiseno che le valorizzava facendole sembrare proprio vere. Un particolare veramente eccitante consisteva nel capezzolo e in metà areola che spuntavano provocatoriamente dal pizzo del reggipetto. Cominciavo quasi ad eccitarmi solo a guardarmi, una sensazione incredibile: stavo entrando a tal punto in una parte da diventare un’altra persona anche fisicamente! “Giannina sei bravissima!” esclamai e lei passando accanto al mio batocchio lo scostò avvisandomi “Tienilo calmo che dobbiamo lavorare prima !” Pensai allora che ci poteva essere anche un dopo. … Mi fissò il reggicalze color carne e quindi provocatoriamente mi chiese di infilarmi le calze. Io seguii la mia memoria e le arrotolai, quindi, accettando la provocazione, mi misi come avevo visto fare in molti film, con un piede sopra una sedia e, lentamente, srotolai il tessuto di seta lungo la mia gamba e la agganciai agli attacchi a slitta. Ripetei l’operazione con l’altra gamba e mi rimirai davanti allo specchio e ad una Giannina visibilmente soddisfatta, sia per il lavoro fatto che per l’erezione che ora dominava la scena del mio basso ventre. Mi venne vicino e accarezzandomi le gambe mi disse “Qui dobbiamo depilare tutto!” “Adesso?” “No prima proviamo il vestito” Mi fece indossare il perizoma ma decisamente non riusciva a coprire che una minima parte delle mie intimità.
Fu la volta del vestito celeste che indossai infilandolo dall’alto e che poi chiusi ai fianchi con alcune asole di broccato. Giannina, dopo avermi fatto sedere, mi preparò le trecce che legò ognuna con un fiocco azzurro così da far pendant con il drappeggio che mi avvolgeva. Poi mi distribuì un bel po’ di fondo tinta, mi stese un sottile velo di rossetto rosa, diede un po’ di colore alle guance e mi mise dell’ombretto sul verde alle palpebre ma molto leggero. A questo punto si staccò da me e mi chiese di alzarmi, poi mi fece fare due o tre volte dei giri, quindi, visibilmente soddisfatta, mi disse “Vai a trovare i tuoi compagni e poi torna che dobbiamo fare una certa operazione …”. Mi avviai verso il palco dove i colleghi stavano provando e rimasi stupito di vedere come era realistico il mio seno che si muoveva seguendo l’andamento della camminata ancheggiante proprio come se fosse vero. Lo palpeggiai e rimasi sorpreso della verosimiglianza che offriva al tatto: sembrava quasi di percepire la materia grassa e la ghiandola mammaria. Era quasi come una mia protuberanza perché l’elastico che legava i miei capezzoli li faceva vibrare ad ogni palpata. Quando entrai nel palco ancheggiando naturalmente grazie alle mie scarpette ci fu un attimo di silenzio come se fosse entrato un estraneo poi ci fu un’esplosione corale e fui circondato, toccato, ammirato. Guardai verso Max che mi gratificò di uno sguardo decisamente soddisfatto e che volgeva al libidinoso. Mi congedai e tornai dalla Giannina. Camminando avvertivo la seta che strusciava contro le mie carni e questo mi eccitava da morire. La mia torturatrice volle prima sapere come era andata e poi, soddisfatta del racconto, mi fece togliere il vestito e gli altri ammennicoli, quando giunse al mio nuovo seno e al suo reggipetto disse “Questo cerca di portarlo a lungo durante il giorno così ti abitui al peso e non cammini curvo”, poi mi fece distendere nudo su una dormeuse. Impugnò un depilatore elettrico e cominciò la sua opera. Mi rese lisce come la pelle di un bimbo tutte le mie cosce giù fino al ginocchio. Poi tornò su verso il mio membro e tolse tutti i peli che sarebbero stati visibili fuori del perizoma lasciandomi solo un triangolo di pelo sopra l’uccello. In questa operazione era stata delicata ma al tempo stesso ne approfittava sia per palpare che per strusciare il suo seno contro le parti più delicate del mio corpo. Una volta terminato il lavoro avevo il cazzo ancora in erezione e la guardai malizioso chiedendole “E adesso come facciamo con questo malanno?” Lei si avvicinò con un sorriso malizioso e me lo impugnò “Dobbiamo trovare una soluzione. Cosa proponi?” “Prima fammi sentire se le mie tette sono poco veritiere … “ Le posi le mani sulle coppe e cominciai a palpare quel seno sodo, bello e consistente, avvertendo i capezzoli che cominciavano a indurirsi per il piacere.
Mi chinai su di lei e la baciai mentre la sua mano assaggiava vorace la consistenza del palo di carne che si ergeva in mezzo alle mie gambe. La spogliai e, non appena scoprii i suoi seni mi gettai a baciarli e a succhiarle i capezzoli oramai di dimensioni notevoli a stringerli con una mano mentre l’altra frugava in mezzo alle sue intimità sorprendendosi a trovare l’apertura già lubrificata e gocciolante. Lei mugolava apprezzando visibilmente per il trattamento tanto che la rigirai sulla dormeuse, le salii sopra e mi infilai nella passera gocciolante. Ah era come tuffarsi nel mare d’estate, una sensazione di piacevole naturalezza e per un attimo ripensai invece alla faticata dell’inculata che richiedeva la dedizione e la pazienza di una scalata in montagna, la soddisfazione era forse maggiore ma quanto sforzo! Ero lì e nuotavo in quel mare umido e accogliente e il mio uccello ci sguazzava come fosse il suo habitat naturale. Mi piegavo a succhiarle i capezzoli, poi risalivo a baciarla, poi le mordicchiavo la spalla e il collo, quindi ritornavo a dedicarmi alle sue tette e nel frattempo le pompavo il mio pistone nella sua figa. Sentivo il piacere crescermi dentro i lombi e avvertivo che anche lei era giunta quasi all’apice della sua corsa. Avvolse le sue gambe carnose e tondeggianti attorno ai miei fianchi e così avvinghiati ci avviammo verso la felice conclusione, io che le tiravo fendenti sempre più frequenti e potenti, lei avvinghiata alla fonte del suo piacere. Me ne venni un istante prima che anche lei, con le contrazioni della sua topa, mi confermasse quello che mi stava urlando nelle orecchie con voce roca e distorta dal piacere, l’arrivo prepotente del suo orgasmo. Assaporai ancora per qualche istante l’accoglienza del suo antro e ripensai che era da quando avevo scopato con Adele che non mi concedevo un orgasmo “normale”. Ci separammo, lei mi accarezzò poi mi disse “Adesso devo tornare al lavoro. Tu ricordati di metterti la crema altrimenti la depilazione ti darà fastidio. Ci vediamo tra due giorni”. Quella sera Max mi trovò estremamente sexy con il mio triangolo di pelo sopra l’uccello e si eccitò prepotentemente tanto da non rispettare il classico cliché del sesso prima di dormire, ma mi prese alla missionaria sul tavolo della cucina e mi sussurrò “Quando sarà tutto pronto ti voglio scopare vestita da Giulietta!”

Di Ettoreschi [email protected]
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