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Gay & Bisex

cognati al mare 5


di ettoreschi
10.06.2008    |    17.484    |    0 8.5
"E tu come mai hai voluto provare la trasgressione?” e questa domanda fu seguita da uno sguardo dei suoi occhi neri che mi puntarono per penetrarmi l’anima..."
5 Giochi pericolosi

Quella sera non combinammo niente perché Barbara volle provare a dormire con me e il bambino. Appena a letto coccolai mia moglie perché lo volevo e non solo perché mi sentivo un po’ in colpa. Sentii che era tesa e attenta solo al respiro di nostro figlio, capii che la maternità le stava facendo vivere un periodo particolare ed io decisi di rispettarlo. Dormimmo come due fratelli e mi alzai a metà notte per la poppata delle 3, cambiai il pannolino, gli feci fare il ruttino e lo rimisi a letto. “Ma chi sono io?” pensavo guardandomi padre e marito premuroso e al tempo stesso ricordando l’assatanato che si era fatto possedere non più tardi di qualche ora sullo stesso letto.
L’indomani io e Guido non potemmo vederci per il riposino pomeridiano perché lui dovette accompagnare la moglie in centro (era l’unico momento di pace), così mi ritrovai, solo questa volta, sul letto che mi aveva visto protagonista e interprete di vari ruoli. Ora che il primo passo era stato fatto e che i muscoli e i tessuti si erano ricomposti, stava rinascendo in me il desiderio che mi aveva portato a percorrere le strade inesplorate dell’amore omosessuale. Ma questa volta aggiungevo una consapevolezza che non avevo prima e che rendeva se mai, il mio desiderio più concreto e deciso. Il pomeriggio, al mare, Guido mi accolse con liberazione e si appartò con me. “Ho convinto Brunella che non mi disturba affatto dormire con te, e siccome era lei che aveva spinto Barbara a usare la sua camera in pensione solo per riguardo di quello che avrei potuto –soffrire- io, questa notte saremo ancora insieme!” “Bene!” dissi io, aggiungendo un po’ a malincuore “Questa sera tocca a te prenderti il boccone del prete!” “Lascia stare che ho un’idea che forse ci accontenta entrambi!” “Cos’è?” curioso, “Eh no! Altrimenti dov’è la sorpresa? Però vestiti bene questa sera quando vieni a cena” mi rispose lui. “Certo che tu stronzo non smetti mai di esserlo!” risposi ridendo. Però il mistero mi incuriosiva e non vidi l’ora di lasciare la casa di mia moglie per recarmi alla pensione.
Quando fummo davanti alla porta della pensione Guido si fermò e mi disse “Vai a prendere la chiave e avvisa che farai tardi stanotte” Lo fissai interrogativo ma poi mi recai a fare quanto ordinatomi. “Dove stiamo andando?” “Ho pensato che siamo nella riviera romagnola ,patria del divertimento e della trasgressione e che è squallido chiudersi subito in camera ma che è bello conoscere un po’ di vita!” Lo guardai pensando “ma quante se ne inventa!” ma lo segui incuriosito di vedere quale locale avesse scelto per la nostra uscita.
Lasciammo la strada principale e sostammo davanti al “*****”, Guido mi disse “Se a casa ci chiedono qualcosa diciamo che siamo venuti in questo locale. Memorizza alcuni particolari come il buttafuori e l’atrio” Feci come mi aveva detto e poi andammo avanti per una strada laterale fino a giungere al “PRVLG”. Sembravamo due ragazzini che avevano bruciato a scuola! Una volta entrati fummo accolti da un’atmosfera chiassosa e divertita. Il locale si sviluppava su più piani, c’era la zona bancone del bar, due piazzole con i tavolini, una pista dove gente scatenata stava ballando latino americano, vari separé. Sostammo al bancone abituando gli occhi alle luci roteanti delle sale, bevendo un gin fizz e guardando la fauna che invadeva il locale.
Dopo un po’ mi resi conto che c’erano solo coppie delle stesso sesso e una miriade di singoli/e che volava come un ape da un fiore all’altro fino al formarsi di una nuova coppia. Le coppie ballavano, chiacchieravano ai tavoli o al bancone o si avviavano ai separé. Avvertivo come un odore di sesso, quello che c’era alle festine di noi adolescenti, quando gli ormoni riempivano l’aria. Respinsi le attenzioni di un paio di “vesponi”, mi misi d’accordo con Guido su quando rivederci, lui mi lasciò tre preservativi –perché non si sa mai- quindi cominciai ad aggirarmi per il locale. Le coppie sembravano infischiarsene degli altri attorno perché si baciavano apertamente, mimando al ritmo di salsa e merengue i gesti di un amplesso trattenuto solo dai tessuti. C’erano donne belle e meno belle, uomini che sembravano fotomodelli palestrati, commendatori grassottelli e maschi di ogni fattezza.
Ad un certo punto mi scontrai per caso con uno che si stava allontanando dalla zona tavolini. Borbottai uno “Scusami” Mi rispose “Scusa te, ma con questo casino!”, sorrise e … mi uccise. Una dentatura splendida e bianchissima da sembrare innaturale, che contrastava con la sua pelle quasi da mulatto. Credo che il mio stupore mi si leggesse sul viso perché lo sconosciuto mi rivolse un “Ci sono problemi?” Farfugliai un “No grazie” poi senza pensarci me ne uscii con “Ma ci siamo forse conosciuti da qualche parte?” “che scusa di merda per attaccare bottone!” “Oh no perché mi ricorderei senz’altro di un bell’uomo come te!” Credo di essere arrossito come una donna cui dicono che ha belle gambe. Lui, per evitare che la conversazione cadesse mi chiese “Non ti ho mai visto qui” “Non ci sono mai venuto ed in verità, non frequento molto locali di questo tipo” Mi prese il braccio e sorridendo - ma quanto bianchi sono quei denti! - e mi accompagnò verso il bancone “Vieni prendiamo qualcosa da bere e parliamo un po’” Lo seguii come un cane segue il padrone che gli deve dare la pappa e intanto lo rimirai. Era di poco più alto di me, dimostrava tra i trenta e i quarant’anni, spalle larghe e dritte. Non sembrava palestrato ma solo un uomo che si tiene in esercizio e cui l’età non aveva ancora ammorbidito le curve. I capelli neri e ricci erano tagliati corti e i suoi occhi erano neri come il carbone, la barba era ben rasata ma si capiva che ne doveva avere tanta.
Una volta riforniti di bevande – io optai per una birretta- ritornammo verso un tavolino libero da dove si dominava la pista da ballo. Facemmo cin cin con i nostri bicchieri e avvicinammo le teste per poter parlare un po’ “Ciao io sono Marco, vengo dalla Sicilia e lavoro a Bologna” “Io invece sono Paolo, vengo da Milano e sono appena diventato padre di un erede” “Che bello avere un figlio maschio cui dare il nome e trasmettere quello di buono che abbiamo imparato!” Rimasi colpito dalla profondità dell’osservazione di Marco che continuò “Io invece sono reduce da un matrimonio breve” “Mi dispiace” “Oh non ti devi dispiacere. Ci siamo sposati troppo presto spinti dai desideri del cazzo e della figa senza tenere conto della diversità di caratteri e di obiettivi nella vita. Così adesso me la sto passando. E tu come mai hai voluto provare la trasgressione?” e questa domanda fu seguita da uno sguardo dei suoi occhi neri che mi puntarono per penetrarmi l’anima. Dovevo rispondere e capivo che dalla risposta sarebbe dipeso il seguito o meno di una conoscenza che si annunciava piacevole.
“Soffro per la mancanza di sesso. Non voglio tradire mia moglie ma non posso neanche ritirarmi in clausura!” risposi guardandolo a fondo nei suoi carboni neri. Essi si incresparono in un sorriso e dopo un lungo sguardo passarono a controllare la sala. Chiacchierammo del più e del meno per qualche minuto fino a che le nostre bibite non finirono e allora lui mi propose “Andiamo a ballare?” “D’accordo ma sappi che non sono Fred Astaire!” Ridendo ci gettammo nella mischia. Suonavano un samba orecchiabile e lento. Ballavamo quasi a contatto perché la pista era piena ma, nonostante la calca, Marco si muoveva sinuosamente ed armoniosamente: era uno spettacolo vederlo. Più di una volta toccai il suo pacco e lui il mio e nessuno dei due si ritrasse. Poi lui cominciò un lento movimento cercando di portarsi prima ai miei fianchi e poi credo di dietro.
Era la manovra per capire chi dovesse essere attivo tra noi due. E qui scattò una molla, mi misi a ondeggiare il bacino avanti e indietro e al tempo stesso mi giravo per porgere il mio culo verso di lui. Pose le mani sui miei fianchi e anche lui mimò un atto sessuale strusciandosi contro le mie natiche. Sentivo caldo alle guance e credevo che sarei scoppiato perché una erezione cominciava a comparire nei miei calzoni. Qualcosa di più consistente stava invece abitando nelle mutande di Marco ed era un piacere sentirne il contatto davanti a tutti. Sembravamo due uccellini che fanno la danza di corteggiamento e confesso che mi piaceva molto essere corteggiato da un maschio affascinante come Marco. Sentivo il suo respiro sul mio collo, tutte le sue molecole mi trasmettevano il desiderio che provava per me ed io turbato volevo tanto lasciarmi andare e abbandonarmi al suo desiderio.
“Vieni, andiamo fuori di qui!” Lo seguii prendendolo per mano così da non perderlo nella calda e intanto me lo mangiavo con gli occhi. Fendeva deciso la calca ma senza tracotanza o prepotenza ma con una forza armoniosa dei gesti che incantava. Una volta fuori gli chiesi “Dove andiamo” “Qui allo stabilimento balneare *** dove ho una capanna. Mi strinse a lui e mi baciò con decisione. Rimasi sorpreso ma poi cedetti e mi lasciai frugare in tutta la bocca dalla sua lingua morbida e calda e intanto pensavo a cosa avrebbe leccato quella lingua fra poco e a come sarei stato frugato da qualcos’altro nelle mie intimità più profonde. Si diresse verso lo stabilimento e in un barlume di lucidità mi chiesi “ma che cazzo stai facendo? Vai in un posto deserto con uno che non conosci e che hai appena rimorchiato. E se ti rapina o ti violenta o ti uccide?”. Forse intuendo i miei dubbi Marco si girò e con un sorriso mi disse “Manca poco sai. Vorrei farti provare qualcosa di nuovo” Aprì la porta di una capanna di quelle grandi dove riesci a tenere un lettino aperto dentro per la pennichella. Io di rimando gli confessai “Beh forse proprio nuovo non del tutto!” Mi guardò sorridendo sorpreso “Però sei un novellino pieno di iniziative e di sorprese! Vediamo come te la cavi con i preliminari”.
Cominciammo a spogliarci a vicenda mentre le bocche riprendevano il profondo dialogo interrotto poco prima. Fummo nudi in un attimo uno davanti all’altro con i nostri cazzi in tiro che si strusciavano l’un l’altro. Marco mi baciò il lobo dell’orecchio, strappandomi così un sospiro profondo, mentre le sue mani percorrevano ad esplorare tutta la mia schiena giù fino alle chiappe. Io affondai il viso nell’incavo del collo a inebriarmi del suo profumo di maschio. Ora mi stava baciando dappertutto e avvertivo la sua caliente passione. Era qualcosa di differente dalla cieca libidine di Guido, era rispetto! Non durò a lungo perché ci lanciammo in un frenetico 69 sul lettino. Impugnavo il cazzo di Marco e cercavo con la bocca di conoscerne tutti i contorni e le caratteristiche anatomiche e quello che scoprivo mi affascinava e al tempo stesso mi inquietava. Forse era lungo quanto il mio ma mi sembrava decisamente più grosso, nodoso e pieno di nervature, con una cappella larga e rossa, ben marcata. La ingoiai e insalivai a fondo. Ora ero un esperto e mi lanciai a insalivare a fondo la prossima fonte del mio intimo piacere. Ci sollazzammo per qualche minuto i nostri uccelli.
Marco ad un certo punto prese le caviglie e le portò sulle sue spalle, mi disse di tenere le gambe sotto l’incavo del ginocchio, quindi si tuffò sul mio culo esposto ed aperto alla luce della luna. La sua lingua fu un brivido, mi prese e colpì, accarezzò, insalivò, girò in tondo, penetrò, si ritrasse, ammorbidì, il tutto alternando dolcezza e forza, decisione e sollecitudine. Era una posizione mai provata, mi sentivo più esposto, più aperto, più passivo. Alla fine il tormento finì e Marco mi mise a pecorina e puntò la cappella dura sul mio buco ormai stremato. Con un barlume di lucidità gli allungai un preservativo che lui indossò freneticamente. Ora il suo uccello premeva dolcemente ma con decisione e avanzava millimetro dopo millimetro senza fermarsi. Non sapevo cosa fare, ero in sua balia e mi sentivo il cuore in gola. Quando la cappella fu tutta dentro e l’anello si richiuse sul suo contorno Marco si arrestò e mi sorrise. “Fa male?” “Un po’. Non sono abituato a queste dimensioni” “Adesso lascia che ti riempia, e vedi di abituarti all’ospite!” Furono le parole o furono i tessuti del culo che cedettero, ma mi ritrovai tutta la sua nerchia dentro fino alle palle. Mi scappò un urlo di angoscia “è enorme come farò?”.
Si arrestò e si chinò su di me a baciarmi e accarezzarmi la schiena. Trovai la forza di godermi le sue coccole e questo mi distolse dal dolore che provavo. Dopo un minuto si ritrasse fino a metà e poi mi reinfilò. Ancora un tuffo al cuore, ma stavolta previsto e meno doloroso. Prese a pomparmi il culo così tirandolo fuori a metà, come se lo stessi cagando, e poi ricacciandomelo dentro. Mi sentivo spaccato a metà e avrei voluto aprire ancora di più le gambe per facilitare la penetrazione ma era una sensazione, non era un fatto fisico. Ogni colpo profondo era un tuffo al cuore, un urlo di dolore, ma ogni volta meno intenso, fino a che non divenne un sospiro di godimento. Sentivo che lui si stava sollazzando e mi stava scopando con esperienza e armoniosa sistematicità. Ripensai un attimo all’esperienza fatta con Guido e mi sembrò un secolo fa, fatta più con l’entusiasmo curioso di due adolescenti che con la consapevolezza e il controllo del piacere che aveva Marco.
Lui sapeva quando fermarsi, quando il mio ano squassato aveva bisogno di una tregua, quando era pronto ad accettare una nuova sfida e a farsi sfondare e dilatare come mai avrei pensato potesse succedere. Ma al contempo cresceva una consapevolezza nuova ed un piacere sconosciuto, cui l’esperienza di Marco mi stavano accompagnando passo a passo. Era sempre sul ciglio del burrone, spingendo i miei tessuti al limite della lacerazione dolorosa ma progressivamente ad abbandonarmi al piacere più intenso. Cominciai a muovere il bacino in sincronia con le sue spinte, impugnai il cazzo per segarmi e con l’altra mano mi carezzai e pizzicai il capezzolo. Marco allora si arrestò, mosse il bacino ruotandolo quasi a voler spanare ancora di più il mio buco del culo, poi mi disse con voce roca di desiderio “Voglio prenderti guardandoti in viso”. Non era una richiesta, era un ordine. Sfilò lentamente il suo cazzo durissimo - mi venne la vertigine quando se ne uscì- e mi distesi sul lettino.
Prese le mie caviglie e se le portò sulle spalle e mi ritrovai con il culo spalancato ed esposto in su. Non avevo alcun tipo di controllo, sarei stato passivo, completamente in balia del suo desiderio e del suo cazzo tozzo e grosso. Si rimpossessò dell’apertura infilandoci la cappella e mi guardò quasi a chiedere “Lo vuoi?” Contrassi gli intestini andandogli incontro e lui, lentamente si chinò verso di me a baciarmi e, al tempo stesso, a riempirmi tutto con il suo pistone di carne. Percorso da un brivido incredibile di piacere, risposi con passione al bacio e alla sua muta domanda con un “Sì!” languido e struggente. E lui cominciò allora a pomparmi il cazzo nel culo, lentamente prima, poi sempre più a fondo e sempre più frequentemente. Oramai camminavo come un ubriaco sull’orlo della voragine del mio orgasmo e impugnai il mio uccello e cominciai a segarlo lentamente ma più che altro a tenerlo stretto alla base. Quando vidi Marco che chiudeva gli occhi e, inarcando la schiena, si faceva cogliere dal frutto della passione, lasciai che anche l’abisso del piacere mi accogliesse e schizzai copiosamente sulla pancia. Percepii nettamente le contrazioni eiaculatorie del mio partner e ne godetti. Era stato un orgasmo che aveva avuto un epicentro diverso dal solito uccello, ma collocato lì, dentro il mio culo. Squassati dal piacere che ci eravamo dati reciprocamente, lasciammo che la frenesia del sovreccitamento lasciasse spazio alla calma.
Qualche minuto dopo, “cagai” fuori l’uccello di Marco oramai tornato a dimensioni più consone. “Ti è piaciuto?” Mi chiese stendendosi al mio fianco e accarezzandomi il viso. Io guardai quel sorriso incredibile e scelsi la strada della sincerità. Lasciando che la mia mano corresse lungo il suo splendido corpo coperto da una abbronzatura quasi integrale, gli risposi “Da impazzire! L’altra volta avevo solo imparato curiosamente a farlo ed era anche riuscita bene. Questa sera sono stato più consapevole e ho goduto a fondo con il mio culo accogliendoti in me e allargandomi fino a darti piacere” “Ma come è la tua seconda volta e vai in giro in certi postacci a rimorchiare? Ma sei pazzo!” “Beh, mi è andata bene perché ho trovato un tipaccio molto simpatico con la passione per l’insegnamento” Risposi ridendo e scherzando andai con il dito medio a titillargli il buchino. “Ehi! Lascia stare perché quello è il mio dono più profondo e non penso proprio di regalartelo!” Fummo interrotti dal mio cellulare. Era Guido che voce angosciata mi chiese di raggiungerlo subito nel parco dietro al locale.
Con Marco ci pulimmo alla bene e meglio, ci rivestimmo e andammo di corsa nel parco. Arrivati cominciai a chiamare “Guido, Guido, dove sei?” girando per il parco. Da dietro un cespuglio mi giunse la sua voce sommessa “Sono qui!”. Lo raggiungemmo e ci si presentò uno spettacolo inatteso. Guido era steso su barilotto con la pancia in giù e il culo per aria, visibilmente dilatato. “Cosa c’è?” gli chiesi “Erano in tre, e mi hanno preso uno dopo l’altro senza tanta attenzione. Mi fa un male cane” Marco gli chiese “C’era anche un tizio con la coda di cavallo e un gilet bianco con le borchie?” “Sì, perché li conosci?” “Li conoscono tutti da queste parti. Puntano uno nuovo, provano a turno a rimorchiarlo mentre gli altri due ballano tra loro, fino a che quello non ne sceglie uno e con lui va fuori. Ma in realtà appena hanno cominciato arrivano gli altri due e se violentano” “Cazzo se è vero quello che dici!” “Certo che siete un po’ matti a fare questi giochini pericolosi quando siete ancora dei principianti! Vieni adesso andiamo al Pronto Soccorso” “Ma io mi vergogno!” “Di cosa? A quest’ora ci sono solo persone che hanno il culo sfondato! Cosa credi di essere l’unico che vuol provare piaceri proibiti?” Era proprio così.
Dopo un paio d’ore Guido uscì dall’ambulatorio camminando a gambe larghe ma tutto sommato più sereno di quando era entrato. “Non c’è niente di rotto, ma mi ha consigliato qualche giorno di riposo! Proprio adesso che avevo trovato un nuovo svago!” “Vuol dire che sei stato troppo ingordo e hai fatto indigestione di marmellata!” “Non era marmellata, erano biscotti e anche belli grossi e senza il burro!” Scoppiammo a ridere e tornammo a casa. Salutai Marco. Stringendoci la mano ci fissammo negli occhi e capimmo che per entrambi questo incontro occasionale andava approfondito ulteriormente. Scambiammo il numero di cellulare e ci lasciammo. Con Guido studiammo la scusa da raccontare a casa per giustificare il suo camminare dinoccolato da cammello. Prima di addormentarmi però Guido mi disse “Mi han fatto un male cane perché non mi hanno ammorbidito il culo, ma ti assicurò che alla terza inculata ho cominciato a godere come una troia. Per fortuna che avevo la bocca impegnata da un uccello altrimenti avrebbero capito che stavo godendo” “Sei proprio un sessuomane incurabile!” “Ma io direi inculabile e anche inculato!”.

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