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Mamma Nadia


di ringo00
09.08.2022    |    24.865    |    6 9.5
"“Mamma… mamma… mamma…” continuavo a mugolare, come un disco rotto..."
~ATTENZIONE ~ QUESTO RACCONTO È UN’OPERA DI FANTASIA ISPIRATA AD UNA STORIA VERA.

Domanda per i signori uomini del sito: quanti di voi, almeno per una volta, non hanno avuto fantasie sulla propria madre? Su la mano, siate sinceri… In fondo che c’è di male? È la donna della nostra vita, le dobbiamo tutto, per questo motivo merita tutto il nostro amore. Personalmente sono sempre stato attratto dalla mia mamma, Nadia, sin da piccolo: 47 anni, mora, un bel viso con una traccia di infantili lentiggini, un fisico morbido, seno abbondante leggermente appesantito dalle due gravidanze avute, fianchi larghi e un maestoso fondoschiena. Si, sono un amante delle formose, se ve lo state chiedendo, e la “colpa” di ciò e in parte sua. Comunque, quel giorno eravamo soli in casa, papà e mio fratello erano partiti per una gita in montagna, e come mia abitudine stavo aiutando mamma a fare i mestieri di casa. Mi piaceva la sua compagnia, avevamo interessi comuni e andavamo molto d’accordo. Sembrava una giornata uguale a tante altre, ma avrebbe cambiato le nostre vite per sempre… La lavatrice aveva appena completato il lavaggio del bucato, e armato di catino, lo portai in giardino per stenderlo al sole; recuperato un secondo carico, lo stavo mettendo a lavare, quando un particolare catturó la mia attenzione: in cima al mucchio di panni, spiccava un reggiseno di mamma, di pizzo, un tipico pezzo da signora. Come mosso da una forza aliena, presi tra le mani quel capo apparentemente innocuo che se ne stava lì buono buono, e lessi l’etichetta: sesta coppa c… Ora, non mi era molto chiaro il concetto di taglie di reggipetto, ma supponevo si parlasse di roba grossa, come nel caso di mamma; per un attimo mi persi nei miei pensieri, pensando al contenuto abituale di quel reggiseno: due cose grosse, morbide e calde, che più e più volte avevo succhiato, in un tempo lontano di cui non avevo memoria…
“Tesoro, sei giù in lavanderia?”
Quella frase interruppe bruscamente i miei sogni ad occhi aperti; “Sí, mamma, sono qui, sto mettendo il bucato a lavare!”
Frettolosamente infilai il contenuto del catino nella lavatrice, dedicando un ultimo sguardo al reggiseno, per poi chiudere l’oblò. Una serie di passi sulle scale annunciò l’arrivo di mamma: eccola, infatti, stagliata sulla soglia. “Hai già messo il detersivo?” , e al mio diniego disse “Lascia fare a me, che voi maschietti non siete buoni…” Si avvicinò alla lavatrice, cercando tra i flaconi di detersivo allineato lì accanto; mentre era voltata, sbirciai un secondo il suo sedere: ebbi un groppo allo stomaco a quella visione, mi era venuto il batticuore. Per un secondo la vidi nuda, intenta alle sue faccende, per scacciare quella perversa fantasia: era mia madre, che cavolo! Quando si girò mi chiese: “ Qualcosa non va? Sei rosso in faccia… Non avrai la febbre…?”
Farfugliai che stavo bene, e con una scusa sguscia via, recandomi in bagno, dove un po’ di acqua fredda mi schiarí le idee. Non avevo mai pensato a mamma in quel modo, posso capire l’adolescenza e tutto, ma qui si stava esagerando! Per il resto della mattinata cercai di evitarla, non riuscivo a guardarla negli occhi, non dopo quei pensieri sporchi. Suppongo avesse capito che ci fosse qualcosa di strano, credo che le madri abbiano una specie di sesto senso, ma non chiese nulla, forse per non mettermi in difficoltà. Anche durante il pranzo rimasi chiuso in un imbarazzato silenzio, mentre mamma era allegra come sempre, riempiendomi di domande alle quali rispondevo a monosillabi. Dopo aver lavato i piatti, mamma scese in lavanderia, per togliere i panni dalla lavatrice. Istintivamente la seguii, silenzioso come un ninja; era chinata sulla lavatrice, il vestito da casa di colore blu che indossava si era sollevato un pochino, mostrando il bianco delle mutandine e una bella parte di sedere. Ero ipnotizzato, non mi sentivo più padrone di me stesso: avevo la testa annebbiata, e nelle mutande un’erezione stava prendendo forma. Come uno zombie, mi avvicinai, e di slancio le abbracciai la vita, premendo contemporaneamente l’inguine sul suo sedere. Mamma sobbalzó: “Ihh! Caro, cosa ti prende? Lasciami!” Ma non volevo mollarla, la tenevo stretta, poteva pure arrabbiarsi, prendermi a schiaffi, non mi importava… Avevo troppo bisogno di lei in quel momento. “Ma cosa ti succede oggi…” mormorò, “mi fai preoccupare… Su, da bravo, lasciami…”
“Mamma…” mormorai; lei alzò lo sguardo, sorpresa, la vidi riflessa nello specchio sopra il lavandino. “Mamma… mamma… mamma…” continuavo a mugolare, come un disco rotto. Mi vergognavo come un ladro, e con uno sforzo tremendo alzai lo sguardo, e nello specchio vidi il riflesso di mamma, bella come non mai. Sorrideva: “Ora ho capito tutto… Ecco perché eri così strano. Scusami, tesoro, avrei dovuto capirlo.” Sarei voluto sprofondare dalla vergogna, ma non aveva ancora finito: “La mamma è tanto orgogliosa di te, tesoro…Stai diventando un ometto, però non dovresti fare queste cose con me, con tutte le belle ragazze che ci sono…”
“NO!” esclamai, forse più forte di quanto avrei voluto, visto che mamma si spaventò; “È te che voglio, mamma… Te e soltanto te…”
Mamma arrossì leggermente, mordicchiandosi le labbra: sembrava intenta a prendere una decisione, se cedere alle mie lusinghe oppure no. Dopo ciò che ai miei occhi fu un’eternità, disse: “E sia. Ma bada, solo questa volta, intesi?”
Non credevo alle mie orecchie: stavo forse sognando? “Di… dici sul serio, mamma???” chiesi, incredulo. Con il suo sorriso più dolce, mamma rispose “Ma certo, amore, sul serio…”
Ero al settimo cielo, ma ora? Non mi ero mai trovato in una situazione del genere, e stavo andando un po’ in panico. Per fortuna mamma era dotata di un certo savoir fair: percepita la mia insicurezza si voltò, e chinatasi, mi slacció i pantaloni , passando poi alle mutande; quando l’elastico scivolò giù la mia erezione si palesó ai suoi occhi, nei quali mi parve di leggere un balenio di orgoglio: sorridendo disse “Tesoro, vuoi tanto bene alla mamma, vero?” Sí, sì, tantissimo… Ti amo, mamma, avrei voluto urlare, ma mi uscì solo un flebile sì. Mamma si mise al lavandino, chinata leggermente in avanti; sollevò il dietro del vestito, scoprendo il sedere bianco, e con un morbido fruscio lasciò scivolare le mutandine alle caviglie. Ero estasiato da quella visione, non ne avrei mai avuto abbastanza: il sedere morbido che accarezzai timidamente, quel bel pertugio rosa e umido coronato da un folto triangolo nero… Tornai in me solo quando vidi mamma girata verso di me, con un’aria divertita: “ Scusa, mamma, mi ero perso un attimo…”
“Non c’è alcun problema, tesoro, prenditi tutto il tempo che ti occorre… È un giorno speciale, dopo tutto. “
Mi sentii più deciso dopo quelle parole: scappellai il mio cazzo adolescente e lo puntai all’imbocco della patata di mamma, che mi rivolse un cenno di assenso. Con la massima delicatezza scivolai dentro, lentamente, in modo da poter godere di ogni secondo. Mamma, con i gomiti puntati sul lavello, rilassó le spalle, chiuse gli occhi e mormorò “Come sono felice… Il mio bambino è tornato dentro di me…”
Anch’io ero fuori di me dalla gioia, ma nuovamente mi fermai, impacciato; fortuna vuole che mamma fosse molto paziente, e con molta dolcezza mi istruí: “ Adesso muovi i fianchi avanti e indietro, tesoro… Ecco, così, bravo… Mettimi le mani sui fianchi e spingi in modo regolare… Mmmm, si, esattamente così…”
Obbedivo ciecamente, visto che non ci sarebbe stata una seconda volta ero deciso a fare del mio meglio. Nello specchio vedevo che era rossa in viso, ma l’espressione era felice, i suoi occhi erano un pochino lucidi, credo fosse contenta, in qualche modo. Mentre la penetravo, occhieggiai con desiderio le sue grandi mammelle, che danzavano avanti e indietro, libere dal reggiseno; i capezzoli erano duri, formavano dei piccoli rilievi tondeggianti nel tessuto del vestito. Che voglia di affondare le mani in quelle meraviglie, ma decisi di trattenermi, meglio non esagerare. Per una manciata di indimenticabili minuti penetrai con sommo piacere la vagina dalla quale ero uscito quattordici anni prima, finché fui sul punto di esplodere: avvertii mamma, che mi disse di venire pure dentro di lei se lo desideravo: “Ormai non posso più avere bambini, tesoro… Non trattenerti, buttala fuori tutta.”
La accontentai: le sparai dentro alcuni schizzetti, ancora immaturi e liquidi, ma posso assicurare che avevo fatto del mio meglio. Mamma chiuse gli occhi, con un lungo sospiro: “Congratulazioni, tesoro. Sei diventato un uomo!” Aspettai ad uscire, volevo restare dentro di lei il più possibile e godere del suo avvolgente calore. Quando fu completamente ammosciato, a malincuore lo tirai fuori; mamma si asciugò con una salvietta che gettò poi nella cesta della biancheria da lavare. Nel tirarsi su le mutandine disse, guardandomi negli occhi: “Ascoltami bene, tesoro: la mamma ti vuole tantissimo bene, non dimenticarlo mai. Però ciò che è appena successo è stata un’eccezione, e non dovrà capitare più. Inoltre, non dovrai raccontarlo a nessuno, sarà per sempre il nostro piccolo segreto. “
Giurai che non avrei mai riferito nulla ad anima viva, e mamma si ritenne soddisfatta: “Bravo il mio tesoro” disse dandomi un bacio in fronte, “ora però rivestiti, papà e tuo fratello torneranno tra poco…” Mi tirai su i pantaloni, mentre mamma tornava alle sue faccende. Non successe mai più nulla fra di noi, e dal canto mio ho mantenuto la parola data, non ho mai svelato il mio segreto a nessuno. Solo oggi ho avuto il coraggio di raccontarlo a voi; mamma non c’è più, purtroppo, ma nella mia memoria è incisa a caratteri cubitali la data del giorno in cui la mia mamma mi rese uomo: era il 9 agosto del 1972.

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