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incesto

Guido - seguito 2


di Discobolo
24.03.2023    |    3.412    |    0 9.2
"Ma il piacere era immenso, indescrivibile a parole..."
Capitolo 6 – Una meravigliosa vacanza.
Il giorno successivo, domenica, si alzarono tardi e solo perché appartenevano alla comitiva della ditta riuscirono a fare la prima colazione.
Poi fecero un giretto in città, tanto per conoscerla.
Rientrarono in hotel verso le 14. Non erano andati a pranzo, perché mentre gironzolavano avevano assaggiato alcune specialità locali in alcuni rosty-bar incontrati per via.
Andarono in camera loro a riposare una mezzora, poi Guido si alzò dal letto, indossò un accappatoio e, preso anche un asciugamano, “Io vado un poco alla sauna.” – disse, ed uscì dalla camera.
Su indicazione di una cameriera incontrata nel corridoio, Guido raggiunse la sauna, posta nel seminterrato dell’albergo. Non c’era nessuno. Appese l’accappatoio ad un apposito piolo e, cinti i fianchi con l’asciugamano, entrò e si sedette in un angolo a godersi il vapore bollente.
Il calore, il silenzio, l’immobilità gli conciliarono il sonno. Stava quasi addormentandosi quando qualcuno entrò nella sauna e venne a sedersi accanto a lui.
La sala era quasi al buio, per cui non fu in grado di distinguere nulla del nuovo arrivato, se non la sagoma. Gli sembrò quella di un uomo ben fatto, di oltre 1,80 di altezza, ma non poteva dire altro.
Trascorso qualche minuto, Guido sentì una leggera pressione sull’asciugamano, nel punto in cui gli copriva la coscia più vicina allo sconosciuto.
Intrigato, fece finta di nulla e lasciò fare. Lo sconosciuto, incoraggiato dalla sua immobilità, prese ad aumentare pian piano la pressione della mano, in attesa di una reazione del giovane, che non venne.
Si fece allora più ardito e la mano, prima appoggiata col dorso sul fianco della coscia, si sollevò e si posò lievemente, a palmo aperto, sulla coscia stessa.
Nessuna reazione di Guido.
La mano si fece pesante sulla coscia, ed ancora nessuna reazione.
La mano cominciò un leggerissimo movimento come di carezza sulla stoffa dell’asciugamano, prima nel verso stesso della coscia, poi in direzione laterale.
Quest’ultimo movimento provocò l’apertura e lo spostamento dell’asciugamano. La mano, che aveva prima sfiorato attraverso la stoffa il gonfiore che aveva provocato, si trovò a diretto contatto con un cazzo di tutto rispetto, nel pieno della sua erezione. Gradevolmente sorpreso, il vicino rivolse sottovoce un complimento al suo possessore e, per confermare la sua opinione, avvolse con la mano intera quel bastone di carne che tanto sollecitava il suo desiderio.
La mano stava ferma, ma il cazzo di Guido aveva cominciato a pulsare e lui aveva cominciato a dondolare il corpo avanti e indietro affinché la mano fosse costretta a scorrere in su ed in giù lungo l’asta di carne.
Ma lo sconosciuto non voleva fargli una sega. Senza una parola, si inginocchiò davanti a Guido e gli prese la cappella tra le labbra.
Guido, malgrado il calore della sauna, ebbe un brivido che gli percorse la schiena. Il piacere gli saliva dal coccige al cervello, da dove rifluiva per tutto il corpo, come un’onda di miele che gli attraversava tutti i vasi sanguigni.
Lo sconosciuto percepì l’effetto che aveva provocato, ma fece lo stesso la solita domanda stupida: “Ti piace?”
Per tutta risposta, Guido gli afferrò la testa, la diresse ancora verso il suo cazzo e, quando le labbra dello sconosciuto si posarono ancora sulla sua cappella, lo spinse violentemente contro di sé, costringendolo ad ingoiarlo tutto in un colpo solo.
Lo sconosciuto ebbe un accesso di tosse, ma si riprese subito e, vincendo la pressione delle mani di Guido, prese lui il comando delle operazioni.
La bella verga di Guido scivolava beata sopra la sua lingua umida, si faceva carezzare dall’interno di quelle gote e si strusciava deliziosamente contro il palato dello sconosciuto pompinaro.
Benché Guido si frenasse, cercando di far durare quanto più a lungo possibile quella beatitudine, ad un certo punto il suo membro cominciò a pulsare con più frequenza, indice della prossima eiaculazione.
Ma lo sconosciuto non era d’accordo che la cosa finisse così presto ed in quella maniera.
Staccò la bocca, a malincuore, da quella fonte di delizie e, con gesti eloquenti e la guida delle sue mani, comandò a Guido di metterglielo nel culo, mentre lui si era appoggiato al sedile, piegato in avanti quasi a 90 gradi.
Il giovane non si fece certo pregare.
Ormai, tutta la situazione era diventata per lui una specie di straordinaria fantasia. Essere l’oggetto della attenzione di uno sconosciuto, se da una parte gli forniva qualche punta di perplessità, dall’altra stimolava a dismisura tutta la sua sensibilità erotica, arrapandolo in una maniera che lui non ricordava di avere mai prima provato.
Sempre guidato dallo sconosciuto, che ne dettava il ritmo, stava sodomizzando un uomo del quale non sapeva neppure se fosse giovane o vecchio, bianco o nero, …. “Oddio”, – pensò ad un certo punto – potrebbe anche trattarsi di una donna!”, e istintivamente allungò le braccia e portò le mani sul petto dello sconosciuto.
No, non era una donna. Anzi, quel petto era duro, robusto e molto villoso. Lo accarezzò e quel gesto risvegliò anche il desiderio della sua parte femminile.
Allora scese con le mani verso il ventre dell’amico sconosciuto, e più giù trovò un cazzo eretto, anch’esso di rispettabili dimensioni e contornato da una folta riccia peluria. Lo afferrò con una mano, accarezzandolo dolcemente, mentre con l’altra mano si stringeva contro il culo dell’altro, affondando colpi sempre più energici.
Sentiva il piacere montargli dal basso, sapeva che non sarebbe potuto durare ancora molto a lungo, ma voleva gratificare l’amico, per cui accelerò la sega che gli stava praticando.
Questa attività, e l’andirivieni nel caldo budello posteriore dello sconosciuto, lo portarono al culmine del piacere e, mugolando un melodioso “Veeeeeennnngooo” esplose in una mastodontica sborrata nel culo dello sconosciuto, il quale, stimolato dalla sega di Guido ma ancor di più dai mugolii del giovane, venne anche lui in una violenta sborrata.
Rimasero qualche minuto immobili in quella posizione. Poi Guido si tirò indietro, con gran dispiacere dell’amico che si sentì di colpo svuotare le viscere da quel bel randello, e, recuperato l’asciugamano, si rimise a sedere.
Anche lo sconosciuto si ricompose e si pose a sedere al suo fianco, ma senza cercare un contatto.
Stettero immobili ed in silenzio per una ventina di minuti. Poi Guido si alzò e, con un semplice “Ciao, grazie…” si diresse all’uscita senza attendere risposta.



















Capitolo 7 – La distrazione di papà.
Recuperato l’accappatoio, Guido prese l’ascensore dal seminterrato e si diresse direttamente al terzo piano. Raggiunse la propria camera, ma rimase interdetto davanti alla porta: c’era il cartello “Non disturbare”.
Non riusciva a capire perché il padre avesse messo quel segnale di divieto. Ma subito pensò che anche papà poteva aver trovato qualche diversivo, così come era accaduto a lui nella sauna.
A quel punto, una violenta curiosità lo stava convincendo a tentare di entrare o, comunque, a bussare a quella porta e scoprire il mistero. Ma poi si disse che tra lui ed il padre era necessaria una grande discrezione, per la tranquillità di entrambi.
Non sapendo cosa fare e dove andare, nell’abbigliamento del momento, decise di tornare in sauna. Forse ci avrebbe ritrovato l’amico sconosciuto.
Così fece. Entrò, ma si rese conto subito di essere solo. “Bene,” – pensò – “così mi posso riposare un poco.”
Scelse una panca sul fondo della sala, proprio di fronte alla porta d’ingresso attraverso la quale filtrava la luce del corridoio esterno, in modo da essere completamente al buio. Stese l’asciugamano sulla panca e vi si sdraiò bocconi.
Non dormiva, ma era in una situazione di dormiveglia indotta dal suo completo rilassamento. Si godeva quel delizioso momento di riposo, dopo le fatiche che aveva dovuto affrontare fin dalla partenza da Roma.
Era forse trascorsa mezz’ora, quando la porta si aprì silenziosamente, ed una sagoma indistinta fece il suo ingresso. Si sedette nella prima panca, subito a destra, là dove la luce filtrante dalla porta vetrata dava il meglio di sé
Certamente il nuovo arrivato non si era accorto della silenziosa presenza di Guido, là sul fondo buio della sala. Si accomodò sulla panca e, nella certezza di essere solo, si tolse del tutto l’accappatoio che appoggiò sulla panca stessa, al suo fianco.
Adesso Guido ne poteva benissimo distinguere il profilo che si stagliava contro il bianco lattiginoso della porta. Ebbe un sussulto: quel profilo aveva due seni prominenti ed eretti, con capezzoli ben sviluppati e puntati verso l’alto. “Cazzo…” – si disse Guido – “ma che ci fa una donna nella sauna degli uomini?”
Dal suo punto di osservazione non si percepiva bene il resto della sagoma, per cui, al di là dell’essere donna, la nuova presenza non manifestava altre sue qualità, cioè se era ben fatta o sgorbia, se giovane o vecchia, se snella o cicciotta. L’unica cosa che Guido ricordava di avere notato era l’altezza, oltre il metro e ottanta sicuramente.
Fu la curiosità, stavolta, che ebbe il sopravvento, e Guido studiò a lungo uno stratagemma per avvicinarsi ed attaccare bottone con quella donna che certamente era ancora convinta di essere da sola nella sala della sauna.
Prima, con un lungo gemito di stiracchiamento, notificò alla sconosciuta la sua presenza. Pensava che lei si sarebbe subito coperta di nuovo con l’accappatoio. Invece nulla!
Allora si alzò, si cinse i fianchi con l’asciugamano, onde evitare di farsi giudicare uno sfacciato sporcaccione, e si diresse verso la porta di uscita. Doveva necessariamente passare davanti alla sconosciuta, ma scelse un itinerario molto vicino a lei, in modo da incespicare, come se fosse stato involontariamente, nelle sue gambe leggermente sdraiate in avanti.
Allora si profuse in mille scuse: “Oh, mi perdoni, non l’avevo proprio vista. Non l’ho fatto apposta.” Come tutti i turisti di primo pelo, istintivamente aveva parlato in italiano, come se fosse obbligatorio che gli altri dovessero capire la sua lingua.
La sconosciuta, però, rispose in perfetto italiano e senza alcuna inflessione regionale: “Oh, non si preoccupi, non è accaduto nulla di male. Mi scusi lei, piuttosto, avrei dovuto tenere le gambe più raccolte!”
Oddio, che bella voce calda, profonda, sensuale. Guido ne rimase piacevolmente colpito. Acchiappò al volo l’estro per attaccare discorso.
“Oh, che fortuna!, italiana anche lei?” e come se fosse la cosa più naturale del mondo, come se un istante prima non avesse fatto finta di volere uscire, si sedette al suo fianco.
“No, non sono italiana, sono brasiliana, ma conosco benissimo la sua lingua, perché ho trascorso diversi anni in giro per l’Italia.”
“Beh, io sono di Roma. Sono qui in vacanza in quanto sto accompagnando mio padre che è qui per un congresso di lavoro. Lei si fermerà molto in questo albergo?”
“Non lo so ancora. Dipende da come andranno i miei affari.” Poi continuò: “Conosco abbastanza bene Roma; ci ho trascorso, a vari intervalli, oltre otto mesi. Ho visto tante cose e mi piace immensamente.”
“Forse avrà fatto anche qualche amicizia, a Roma.”
“Sì, conosco un gruppo di persone di cui alcune sono italiane altre brasiliane, che formano una comitiva molto bene affiatata e che mi hanno sempre accolto molto cordialmente.”
“Bene, se avrà occasione di tornarci, potremmo anche incontrarci e conoscerci meglio.”
“Con immenso piacere. Vedo che è un bel ragazzo, molto simpatico, spigliato e cordiale. Penso che si troverebbe bene anche lei nella comitiva dei miei amici.”
“Per quel che riesco a vedere, anche lei è una bella ragazza assai ben fatta e cordialissima.”
“La ringrazio, ma non sia frettoloso a giudicare, ha solo visto vagamente la mia sagoma….” e rise sommessamente.
“Comunque, possiamo in certo senso rimediare…” – Guido pensò fosse il momento buono per lanciarsi, d’altra parte la vacanza non sarebbe durata in eterno, quindi prima si comincia e meglio è. “Proverò a capire qualcosa di più con le mani, se lei me lo permette:”
“Non crede di essere un po’ troppo frettoloso? Guardi che non ci conosciamo ancora, neppure di vista.!”
“Quel che ho visto e sentito finora mi incoraggia a considerarla di già una gradevole amica. Naturalmente non pretendo di imporre alcunché, se a lei non è gradito.”
“Senta, facciamo una cosa. Rivediamoci stasera e potremo conoscerci meglio, prima di avventurarci verso qualche passo imprudente. D’accordo?”
“Ok. Farò come lei dice, anche se sono impaziente di conoscerla molto più intimamente.”
Solo a quel punto Guido abbassò istintivamente lo sguardo verso le cosce della sconosciuta e si rese conto che lei aveva indosso una mutandina non molto chiara, abbastanza succinta, ma che nascondeva benissimo le sue parti intime.
Avrebbe avuto voglia di abbracciarla e cominciare a pomiciarla, ma aveva paura di essere considerato arrogante e violento e, quindi, di vedere sfumare quella bellissima occasione. Si rese conto che la pazienza avrebbe potuto meritare qualche premio insperato.
“D’accordo,” – riprese la sconosciuta – “il mio nome è Sonia, e stasera alle 20,30 sarò al bar dell’hotel.”
“Benissimo, io mi chiamo Guido, ed alle 20,30 ci sarò.”
A quel punto fu giocoforza alzarsi ed uscire. Ripreso l’accappatoio e guadagnato l’ascensore tornò al terzo piano che erano già quasi le 19,00. Sulla porta non c’era più il cartello. Fece per aprire la porta, ma la trovò chiusa. Allora bussò al campanello esterno. Dopo pochi secondi, Nunzio aprì la porta e lo fece entrare.
“Com’è andata, ti sei trovato bene nella sauna? – chiese non senza una punta di malizia Nunzio.
“Oh, per quello benissimo, pa’; ho fatto due incontri uno meglio dell’altro. Ma tu, levami una curiosità, cosa ci facevi col cartello «Non disturbare» attaccato all’esterno della porta?”
“Eh, eh,” - sghignazzò sornione Nunzio – “forse tu non hai notato la cameriera del piano! Io invece sì, l’ho chiamata con la scusa che mancava lo shampoo (che avevo nascosto di proposito) e quando è entrata ho attaccato bottone e siamo finiti a letto. È stata una scopata supersonica!”
“Bene, bene, congratulazioni! è così che ti comporti quando sei fuori casa per lavoro? Forse dovrei dirlo alla mamma…” – ma il sorriso aperto di Guido lasciava benissimo intendere che stava scherzando. – “Comunque, anch’io me la sono spassata: ho incontrato un tizio, del quale non so neppure il nome, il quale mi ha fato un pompino degno dell’alta scuola bolognese. E dopo, come se non bastasse, ho conosciuto una stangona brasiliana che mi ha dato appuntamento per stasera. Non ti dispiace, vero, se ti lascio solo stasera?”
“No, di certo,” – replicò Nunzio – “ti ho portato con me per farti divertire. Sono contento che hai trovato buona compagnia. D’altra parte, non preoccuparti per me, credo di potere rimediare anch’io la serata.” – e fece un altro sorriso assai misterioso.
“Bene, vado a prepararmi. Ci vediamo, se tutto va bene, domattina quando andrai al convegno. Salutami anche se dormo, ok?”
“Ok, Guido, divertiti.”












Capitolo 8 – La brasiliana
Guido impiegò utilmente quell’ora e mezza che lo separavano dall’appuntamento.
Prima che il padre uscisse, fece una telefonata a casa per rassicurare Gilda ed Anita che tutto stava procedendo bene e promettendo di richiamare nel tardo pomeriggio del giorno dopo.
Quindi fece una lunga doccia, dopo di che si sistemò per bene la sua fascinosa chioma castana; si rasò ben bene, si cosparse tutto il corpo del suo profumo preferito.
Scelse con cura il vestiario: slip celeste a rete munito di conchiglia che gli valorizzava il pacco anche in posizione di riposo, un pantalone di cotone color nocciola ed una t-shirt color verde pisello che ben si accoppiava; mocassini scamosciati marrone chiaro; braccialetto di Bulgari (regalo dei genitori per la maturità) e, al collo, un laccetto nero con medaglia in legno lavorato a mano rappresentante il Tao.
Alle otto e mezzo in punto arrivò al bar dell’hotel. Sonia non c’era ancora. Ordinò un long-drink e si sedette ad un alto sgabello.
Dopo circa cinque minuti, sentì una mano sulla spalla che lo fece girare: “Oh, bravo, vedo che sei puntuale. Non so se si tratta solo di buona educazione o se anche non sia un grande interesse per me.” – Sonia sorrideva divertita.
“Credo proprio che sia buona la seconda.” Guido voleva essere galante all’estremo. Voleva conquistarla subito e portarsela a letto quella stessa sera. – “Cosa bevi?”
“Gradirei un succo di pompelmo con una goccia di gin.”
Mentre il barman provvedeva, Guido ammirava l’eleganza ed il buon gusto di Sonia. Un abito fin sotto il ginocchio, con l’orlo irregolare, color malva, trasparente, copriva una cortissima gonna sottoveste, lasciando intravedere un paio di splendide gambe abbronzatissime. La scollatura generosa esponeva agli sguardi maschili quasi l’intera metà superiore di due seni superbi, forse quarta misura, fermandosi appena all’orlo delle areole intorno ai capezzoli che si indovinavano dalle puntute sporgenze subito sotto l’orlo del vestito. Certamente portava un reggiseno a balconcino che ne valorizzava la forma e la prestanza.
Una cintura intrecciata di vari colori ne stringeva la vita. Completavano la mise un pettine spagnolo arricchito da una miriade di pietre semipreziose che ne fermava la splendida capigliatura corvina ed un paio di scarpine da ballo, color oro, che invece di mortificarla ne esaltavano la vertiginosa statura.
Guido era felice di poter mostrare al suo fianco quella splendida creatura, dal viso scuro come fosse molto abbronzato, dalla meravigliosa bocca fornita di due splendide labbra tumide che, ad ogni sorriso, mostravano una doppia fila di perle bianchissime, dal profilo perfetto del naso, dalla morbidezza degli zigomi, dalle fantastiche forme del corpo, sinuose e morbide, da far arrapare il più santo degli eremiti.
Era veramente quella che si dice una bellissima figa.
Guido espresse la sua ignoranza in fatto di ristoranti del posto. Pregò quindi Sonia di fare lei da guida. Ella accettò di buon grado l’incarico e, senza por tempo in mezzo, si avvicinò alla reception chiedendo che facessero venire un taxi.
Dopo una scarrozzata di circa mezz’ora, si trovarono in una piccola piazzetta della zona vecchia della città. Ad un lato di questa si affacciava l’ingresso di quella che esibiva l’insegna “Hosterìa de las delicias”, un ristorantino di piccole dimensioni, una stanza stretta e lunga in cui i tavoli erano sistemati da un solo lato, rimanendo appena lo spazio per il transito di clienti e cameriere. Dal lato opposto alla porta si intravedeva la cucina, al di là di una specie di banco-bar.
Un omino sui sessanta, calvo e mellifluo, si fece loro incontro e li guidò fino ad un tavolino verso il centro di quella sala-corridoio. Si esprimeva velocemente in spagnolo (anzi, Guido pensò che parlava proprio in dialetto valenciano) al quale teneva benissimo testa la splendida Sonia, che poi andava traducendo, a vantaggio di Guido, in italiano.
Era una trattoria specializzata in pesce e frutti di mare. Guido ne fu felice: sapeva che tra i frutti di mare molti hanno proprietà afrodisiache, e contava sul loro aiuto per vincere le eventuali resistenze di Sonia.
Accompagnata da un freschissimo vinello bianco frizzante, consumarono una cena veramente squisita.
Ben fornito da Nunzio, alla fine Guido chiese il conto e rimase sbalordito quando il trattore gli chiese, senza portare carte scritte o cose del genere, quarantotto euro. “Caspita”, - pensò – “a Roma per una cena del genere, con tutto quel ben di dio di pesce, non me ne uscivo meno di ottanta-novanta euro.” E benedisse la propria buona fortuna, anzi approfittò del grande risparmio ottenuto per regalare alla Sonia una splendida orchidea che faceva bella mostra di sé nella vetrina del fioraio che stava accanto alla trattoria.
Sonia, per ringraziarlo della grande galanteria, lo gratificò con un bel bacio sulla guancia, trasmettendo alle sue narici una zaffata di un dolcissimo profumo (forse francese) che a Guido fece venire un brivido di piacere sensuale.
Uscirono dalla piazzetta ed, attraversato un vicolo, si trovarono su un immenso viale, all’angolo del quale sostavano i taxi.
Sonia propose: “Di domenica non c’è granché di locali di ritrovo, perché la gente al lunedì deve alzarsi presto per andare al lavoro. Sono del parere che il modo migliore per finire la serata sia quello di tornarcene in albergo e farsi una bella chiacchierata, magari in qualche angolino tranquillo….!”
La proposta era abbastanza esplicita, e pure un ragazzo inesperto come Guido la colse al volo, per cui espresse la sua incondizionata approvazione.
Già nel corso della cena avevano molto parlato di loro (soprattutto Guido, ché Sonia era molto riservata), dei loro familiari, dei loro amici, dei loro gusti, dei loro studi. Insomma avevano testato la loro affinità e sperimentato il loro star bene insieme.
Arrivati in albergo, Sonia propose: “Se ti va, visto che tu stai in camera con tuo padre, possiamo andare a chiacchierare in camera mia.”
“Sono perfettamente d’accordo.” – Guido non stava più nella pelle: ormai era fatta; quella sera si sarebbe conclusa con una indimenticabile scopata.
Salirono al quinto piano, stanza 516, una grande camera con letto matrimoniale, due comode poltrone, un vasto scrittoio, armadio a muro enorme, frigobar, grande tv al plasma ed una porta finestra che immetteva su un terrazzino dal quale la vista spaziava su un bel pezzo della città.
Si accomodarono sulle poltrone e Sonia offrì a Guido un drink molto forte. “È tequila – precisò – se non ti va te la cambio.”
Guido l’assaggiò. “È buonissima” – disse – “grazie.”
Dopo qualche minuto di silenzio, Sonia, in maniera imprevedibile, si alzò ed andò a sistemarsi sulle gambe di Guido. “Spero non ti dispiaccia.” – disse – “ho bisogno di un po’ di coccole.”
Guido, anche se non se lo aspettava, fu pronto a reagire positivamente. Abbracciò la ragazza, stringendosela sul petto, e le fece una lunga carezza sul viso.
“Veramente ti piaccio?” – Sonia chiede al ragazzo.
“Sì, mia bellissima. Sei uno schianto e mi hai conquistato del tutto. Per te farei qualunque cosa.”
“Ma sei sicuro di volermi? Intendo dire, di volere proprio me? O stavi cercando una qualunque ragazza, magari bella, che fosse disposta a far l’amore con te, punto e basta?”
“No, Sonia. Forse all’inizio era così. Ma adesso, dopo averti meglio conosciuta, sono certo che desidero te, mi piaci tu e voglio fare l’amore con te.”
“E se io non fossi una donna? Se fossi soltanto una transessuale?”
Guido rimase un attimo interdetto. Non si aspettava quella battuta. Poi si riprese. “Certo non posso dire di essermi innamorato di te. A questo punto, e per il desiderio che mi hai suscitato, non cambia nulla. Rimani comunque una bellissima femmina.”
“Grazie, caro. Avevo paura che ti saresti arrabbiato e mi avresti buttata via con disprezzo.”
“Ma no, Sonia, nella mia famiglia siamo stati educati alla più grande liberalità e tolleranza. Forse anche di più. In casa mia il sesso e tutto quello che lo concerne è argomento di abituali conversazioni, senza restrizioni, falsi pudori e tabù. Il nostro approccio con esso non conosce limiti od ostacoli. Tu mi piaci, mi ecciti, mi ispiri tantissima simpatia, oltre che stima ed ammirazione per la tua intelligenza e per il tuo savoir faire. Sono felice di averti conosciuta e di poterti tenere tra le braccia.” – Per confermare la frase, Guido attirò a sé il viso di Sonia, appoggiò le sue labbra a quelle di lei e la baciò molto, molto appassionatamente.
“Se credi, puoi constatarlo dalla mia erezione.” – concluse poi.
Sonia sorrise, portò una mano sotto il suo culo e constatò che il cazzo di Guido si era di molto ingrossato ed inturgidito.
Fu lei, stavolta, a chinarsi sulla sua bocca ed a baciarlo. Era un bacio stravolgente, le lingue intrecciate si risucchiavano a vicenda, le loro mani avevano preso a vagare su tutto il corpo dell’altro, finché Guido si ritrovò con la sua mano in mezzo alle cosce di Sonia.
Al di là della stoffa delle mutandine, Guido trovò un bel cazzo duro, imprigionato verso il basso, ma già abbastanza grosso. Disse: - Ma non ti fa male a tenerlo così prigioniero?”
“In effetti, sì.” – disse Sonia. Si alzò, lo prese per mano e lo guidò verso il letto. Lo fece sdraiare. Lo baciò ancora. Poi si sollevò e disse: - “Aspetta un istante, mi metto comoda. Se intanto vuoi metterti comodo anche tu…”
Lei si ritirò nel bagno. Guido, rimasto solo, pensò bene di liberarsi da scarpe, pantaloni e t-shirt, rimanendo con il solo slip, e tornò a sdraiarsi sul letto. La camera era in una gradevole semioscurità. Solo l’abat-jour di uno dei comodini era accesa.
La porta del bagno si aprì. In quella semioscurità Guido intravide il superbo corpo di Sonia, completamente nudo, languidamente appoggiato allo stipite. Lei lo guardava con una espressione piena di desiderio. Lui era come imbambolato, incapace di profferir parola.
Lei, molto lentamente, si avvicinò al letto, si inginocchiò su un lato di esso e si chinò a baciare Guido. Poi staccò la sua bocca e prese a baciargli il collo, la guancia, il lobo dell’orecchio, che introdusse tra le labbra, leccandolo e succhiandolo come fosse un ciucciotto.
Una grande sensazione di piacere partiva dalle parti basse di Guido, dalle palle, dal cazzo, dal culo, ed attraverso la spina dorsale, saliva fino al cervello, dove scoppiava in una miriade di scintille di dolcezza che si espandeva per tutto il suo corpo.
Il suo cazzo, duro e pulsante, sembrava volesse scoppiare e gli faceva quasi male. Le mani distese sul letto, le palme in giù, incapaci di assumere iniziative, lasciava fare a lei.
La bocca di Sonia, lievemente aperta, con la punta della lingua leggermente sporgente, stava percorrendo i punti sensibili del maschietto. Dal collo era scesa sul petto, solleticando i capezzoli, succhiandone le punte, schiacciandole con la lingua sulla morbidezza delle acerbe tettine di Guido, che a quel trattamento gemeva e si contorceva, beato.
Poi la lingua vellutata di Sonia trovò la strada del ventre, lo lambiva lascivamente, girando in cerchi sempre più ampi intorno all’ombelico. Ed allargandosi i cerchi, la lingua raggiunse la leggera peluria del pube. Le gote di Sonia accarezzavano il glande indurito di Guido che, a quelle carezze, inviava strali di piacevoli brividi a tutto il suo corpo.
Senza preavviso, Sonia prese tra le labbra la cappella del cazzone di Guido che, intanto, si era fatto grosso e lungo oltre ogni immaginazione di Sonia. La carezzò leggermente con la lingua, lasciandola umida, poi scese con le labbra e la lingua lungo l’asta, fino a trovare le turgide palle di Guido. Le prese in bocca, una alla volta, come se volesse mangiargliele. Le strinse leggermente tra lingua, palato e labbra, mentre a Guido arrivavano, sul fondo della schiena, lancinanti frecciate di piacere misto a paura.
Ma Sonia era di una delicatezza impressionante. Sembrava che tutto, di lei, fosse vellutato, morbido, ma consistente, capace di vellicare ma anche di stimolare con forza tutti i punti in cui le sue labbra, le sue mani, i suoi seni si poggiavano, si strofinavano, mandando in visibilio il giovane italiano.
Poi Sonia ruppe gli indugi: ingoiò completamente quel gran pezzo di cazzo e cominciò a succhiarlo, a carezzarlo con le labbra, col palato, con l’interno delle gote, a scavarlo tutto intorno con la lingua, girandola intorno al bordo del glande.
Guido non aveva mai sognato che si potesse godere in modo tanto violento, quasi da fastidio. Sentiva il suo cazzo che voleva sborrare, ma al tempo stesso qualcosa glielo impediva, forse l’eccesso di eccitazione. Era perennemente sull’orlo del precipizio, ed un orgasmo gigantesco sembrava dovesse sgorgare da un momento all’altro e precipitarsi, come una enorme cascata, su quella lingua, dentro quelle labbra, addosso a quella gola, a quelle gote.
Sonia, sembrava divertirsi a torturarlo in quel modo: quando sentiva che lui stava quasi eiaculando, si fermava e lo rabboniva, poi ricominciava da capo. Ma alla fine dovette arrendersi. Con una violenta accelerazione dei movimenti della lingua e delle labbra, con l’accentuazione del risucchio della cappella, in pochi istanti lo portò oltre il punto di non ritorno.
Guidò esplose come un vulcano inattivo da tempo: fumo, lava e lapilli fuoriuscirono con la violenza di un uragano da quel cazzo troppo a lungo sollecitato e violentemente bloccato.
Schizzò tanta sborra dentro la bocca di Sonia che questa, benché veterana del pompino, ebbe le sue belle difficoltà a non farsi fuoriuscire dalla bocca quel nettare che la deliziava. Per oltre dieci secondi di seguito quel cazzò eruttò sperma bollente, e lei beveva, succhiava, leccava, gustava, godeva.
Poi lei si fermò.
Lui era esausto; si sentiva svuotato del tutto; non aveva neppure la forza di sollevare la testa dal letto.
Lei lo lasciò in pace per circa una mezzoretta, sdraiandosi buona buona al suo fianco, accarezzandogli delicatamente la peluria del petto e le tonde tettine da adolescente.
Quando pensò che Guido avesse recuperato le sue energie, Sonia riprese a stuzzicarlo, ad accarezzargli le palle, il culo, la pancia, a strizzargli i lobi delle orecchie, finché riuscì a svegliarlo del tutto dal suo torpore. Il cazzo di Guido cominciò a riprendere vita.
Ma non era a quello che Sonia mirava.
Lo spinse delicatamente, ma con energia, su un fianco finché riuscì a girarlo sul letto ed a portarlo a pancia in giù.
Le sue mani esperte gli massaggiavano la schiena, dalla attaccatura del collo fin giù giù sulle natiche. Risalendo e ridiscendendo.
Poi si leccò il polpastrello del dito medio e con quello andò ad accarezzare il buchino al centro delle natiche di Guido.
Il ragazzo ebbe un violento fremito. Spinse il culo in su invitando implicitamente quel dito a farsi avanti. Il che, piano piano, avvenne. Ed il dito cominciò una dolce danza, avanti e indietro, dentro quello sfintere che ritmicamente si contraeva e si rilassava, che si stringeva e si allargava alternativamente, consentendo al dito di entrare sempre più in profondità.
Quando tutte e tre le falangi erano entrate, Sonia ritrasse il dito quasi completamente, tornò ad insalivare il polpastrello insieme a quello dell’anulare e riprese l’esplorazione dello sfintere. Non ci mise molto a raggiungere l’intera penetrazione di ambedue le dita, al che aggiunse anche l’indice.
Il culo di Guido si era del tutto rilassato e del tutto aperto a quella pressione. Le sue contrazioni erano appena percettibili, mentre la sua dilatazione era più che evidente.
Sonia capì che era il suo momento. Il suo cazzo si era fatto duro, lungo, grosso, pulsante. Lo puntò sul buco ormai dilatato di Guido e cominciò dolcemente a premere.
Aveva provveduto a spalmare la cappella con abbondante saliva, ed il cazzò scivolò dentro come se il culo di Guido ve lo avesse risucchiato. Nessun grido di dolore, anzi!, solo un mugolio di piacere, fu l’unico messaggio trasmesso da Guido al suo sodomizzatore. Stavano godendo entrambi.
Il coito durò un tempo interminabile; Sonia aveva adottato un ritmo lento che teneva tutti e due al limite del piacere, senza peraltro spingerli all’eiaculazione.
Che goduria!!!!! Era quello il paradiso, pensò Guido.
Ma finalmente Sonia non poté più ritenere la sua eccitazione. Accelerò i suoi movimenti. Spinse fino in fondo alcuni colpi d’ariete. Il suo respiro divenne affannoso. Affondava i colpi sbattendo con forza i coglioni sulle chiappe di Guido che si sentiva sfondato, riempito, posseduto, padroneggiato, amato, desiderato, nella pienezza della sua femminilità, quando un fiume in piena gli sconvolse le viscere e Sonia cominciò a sborrargli dentro una quantità inimmaginabile di sperma, caldo, bruciante, che gli solleticava a morte il budellone.
Il cazzo di Guido rispose alla sollecitazione e, senza alcuna carezza esterna, esplose anch’esso una lunga e copiosa sborrata sul lenzuolo.
Finalmente sazi, si alzarono, fecero una doccia insieme, ma senza riuscire più a far rizzare il cazzo.
Si asciugarono. Guido si rivestì, diede un bacio fugace sulle labbra di Sonia e se ne andò.
Erano le 2.00 esatte quando aprì la porta della sua camera.











Capitolo 9 – Le donne di casa
Mentre i maschietti se la spassavano a Valencia, le due femminucce di casa, Gilda e Anita, rimaste sole a casa, passarono i primi due giorni annoiandosi mortalmente.
Era periodo di ferie, ma Anita non aveva programmato nulla, essendo andata a monte una gita in Grecia che era stata progettata con alcune colleghe d’ufficio, una delle quali era stata colpita da un improvviso lutto, la morte della mamma, per cui le colleghe, in segno di solidarietà, avevano rinunciato alla gita. Ma non era stata possibile una soluzione alternativa.
La seconda sera in cui erano sole, Anita propose alla madre di andare a cinema. Gilda accettò la proposta. Uscirono verso le otto ma non sapevano quali film erano programmati e, quindi, scelsero a caso una sala, preoccupandosi solo che ci fosse in funzione l’aria climatizzata.
Entrate al buio, dato che la proiezione era appena iniziata, si sistemarono in una delle ultime file. La sala non era molto affollata, per cui si ritrovarono abbastanza isolate, distanti dagli altri spettatori.
Non avevano neppure controllato, prima di entrare, che il film era “rigorosamente vietato ai minori di 18 anni”. Dopo alcuni minuti di una proiezione abbastanza scialba, quasi da noia, i due protagonisti si esibirono in un lungo ed appassionato bacio, accompagnato da carezze, strusciamenti, mugolii, e tutti i contorni del caso.
Anita si sentì immediatamente salire il sangue alla testa ed un languore immenso al basso ventre. Fu per lei istintivo spostare la sua mano destra in mezzo alle cosce e cominciare a carezzarsi, lentamente, delicatamente, da sopra la leggerissima stoffa della gonna, le grandi labbra.
Ma la scena andava in crescendo. L’attore aveva già sfilato la camicetta alla sua partner, la quale esibiva un reggiseno a balconcino che ne valorizzava un paio di tette da sogno. La mano sinistra di Anita, con lento movimento, si spostò sopra uno dei suoi seni, strinse tra indice e medio la punta del capezzolo che nel frattempo si era sviluppato contro la sua camicetta, priva com’era di reggiseno, e pareva volesse bucarla.
Trascorse qualche minuto, ma ad un certo punto Anita non riuscì a trattenere un mugolio di godimento. La madre, che finora non si era accorta di nulla, si girò verso di lei curiosa e la vide con la testa abbandonata all’indietro e le mani che stavano lavorando attive sulla fica e sul seno.
Quella vista provocò in Gilda una grossa scossa di eccitazione. Un brivido di piacere le percorse l’intera spina dorsale, e nel suo basso ventre scariche di dolce goduria si inseguivano come onde di un laghetto sotto il vento.
La scena del film era diventata veramente spinta. I due attori, adesso completamente nudi, si stavano esibendo in una vigorosa scopata, in cui la donna sembrava scatenata e dominava completamente il suo maschio che ne subiva la violenta iniziativa.
Gilda si era quasi identificata nella protagonista ed aveva dapprima chiuso per un attimo gli occhi immaginando di stare cavalcando il suo adorato Nunzio. Ma il gemito di Anita glieli aveva fatto riaprire, e adesso, eccitata come una troia in calore, guardava allucinata, nella penombra della sala cinematografica, la figlia che si stava masturbando la figa e torturando il seno.
Non resistette più. Si girò verso Anita, le mise un braccio dietro le spalle, l’attirò a sé, si fiondò con la bocca sulla bocca della figlia in un bacio lascivo, incestuoso e conturbante; la sua mano destra corse tra le cosce di Anita, ne sollevò la leggerissima gonna, spostò il sottile cavallo del tanga ed immerse due dita in quella fica bagnata all’inverosimile, da cui sgorgava un fiume di umori che già colavano tra le cosce di Anita, fino al culo e sul sedile della poltrona.
Anita era così immersa nella sua goduria che non si rese neppure conto che sua madre la stava scopando con la mano mentre la baciava come nessuno dei suoi tanti amanti aveva mai fatto.
Una ondata di orgasmo la sconquassò. Rispose al bacio lussurioso della madre e andò a ricambiarne il massaggio tra le cosce di lei. Stavano cominciando a gemere ad alta voce e qualche spettatore aveva sentito e si girava incuriosito.
Quando se ne resero conto, Gilda ed Anita, di colpo, si ricomposero. Quindi Gilda esclamò: “Andiamocene a casa!”
L’eccitazione non le aveva abbandonate, ma Anita, per la sua energia data dalla giovane età, non ebbe ripercussioni sulla guida, mentre si affrettavano con la sua macchina verso casa.
Entrarono nel garage sotterraneo. Parcheggiarono la macchina e corsero all’ascensore. Lo trovarono presente, vi entrarono e schiacciarono il bottone del loro piano.
Mentre l’ascensore andava, i loro sguardi si incontrarono. Gilda non riuscì a frenarsi. Si gettò addosso alla figlia, abbracciandola, in un bacio caldo ed appassionato, facendo ballare la sarabanda alla lingua di ambedue nella bocca dell’altra. I loro corpi, aderendo, si strusciavano con energia, portando il ginocchio addosso alla fica dell’altra.
Stavano quasi godendo, quando l’ascensore si fermò con uno scossone.
Gilda si ricompose timorosa che qualche condomino potesse trovarsi sul pianerottolo in attesa dell’ascensore e respinse a malincuore la figlia. Le porte dell’ascensore si aprirono e Gilda ringraziò la sua prontezza di riflessi. Difatti davanti all’ascensore, sul pianerottolo, era in attesa la sua dirimpettaia, la signora Filippa, la lingua più lunga e più tagliente di tutto il condominio.
Malgrado le due donne si fossero completamente ricomposte, il loro respiro non proprio regolare ed un certo rossore del viso dovettero colpire la pettegola, che le scrutò con un suo particolare sguardo indagatore.
Gilda le rivolse un esagerato sorriso augurandole a gran voce la “Buona sera”, mentre Anita non riuscì a trattenere uno sbuffo di disappunto per quell’inatteso incontro.
Ma lo sconcerto della signora Filippa alla fine si risolse in senso positivo, perché quella rimase tanto stranita dalle espressioni di madre e figlia che non ebbe modo di attaccare bottone. Si infilò nel’ascensore e le porte si richiusero.
Per la seconda volta Anita sbuffò, e stavolta rumorosamente: “Uffa, questa rompi cazzi è sempre tra le palle nei moment più inopportuni….” E Gilda scoppiò in una sonora risata.
Entrarono in casa, ma l’incontro aveva raffreddato di molto i loro bollori. Tuttavia, Anita non si dava per vinta. Aveva un debito da saldare con tutta l’eccitazione che aveva accumulato al cinema, per la strada e in ascensore, per cui non perdette altro tempo e, appena chiusa la porta, si attaccò alle tette della mamma con ambedue le mani, tenendola abbracciata da dietro ed appoggiandosi languidamente con tutto il ventre contro il grosso mandolino di Gilda.
Anche alla mamma si risvegliarono presto le voglie, per cui si affrettarono nella camera da letto di Gilda e, senza neppure svestirsi o togliersi le scarpe, si buttarono sul lettone abbracciate, perse in un lungo bacio lascivo.
Fu Anita a prendere l’iniziativa delle azioni. Liberò Gilda dalla giacca e dalla gonna, lasciandola solo con addosso il reggiseno e lo slippino, e le si gettò sopra con la bocca aperta e la lingua tutta fuori con la quale cominciò a scorrere la pelle vellutata della mamma, partendo dalle orecchie e dal collo e poi sempre più giù, non trascurando neppure un centimetro quadrato del bellissimo corpo della mamma.
Questa si lasciò andare a godersi le attenzioni della figlia che già le provocavano ardenti brividi nel basso ventre, tra le cosce, scosse elettriche che partivano dalla vagina e dal culo e risalivano lungo la colonna vertebrale, arrivavano al cervelletto dove rimbalzavano verso il basso sminuzzandosi in tante particelle di dolcezza che si sparpagliavano per tutto il resto del corpo.
Anita leccava accanitamente e questo le provocava anche un progressivo aumento del desiderio e dell’eccitazione. La sua fica colava liquidi a più non posso. Ebbe un attimo di lucidità e pensò che stava rovinando la gonnellina che tanto le era cara.
Si sollevò per pochi attimi e, con l’agilità di una giovane pantera, riuscì a togliere t-shirt e gonna, rimanendo con il solo tanga, giacché non portava il reggiseno, come sua abitudine.
Prima di sdraiarsi nuovamente sul corpo della mamma, le tolse il reggiseno e le mutandine lasciando completamente nuda ed alla sua mercé l’intera forma statuaria di Gilda.
Si fermò un attimo a contemplarla, poi ributtandosi con ambo le mani sulle tette giunoniche di quella esclamò estasiata: “Mamma, che belle tette che hai!” E riprese a leccarla con lena raddoppiata.
La lingua di Anita pascolava lungo il ventre di sua madre, le girava intorno all’ombelico con centri concentrici sempre più stretti, finché non penetrò l’ombelico con la punta della sua lingua, quasi volesse farla godere in quel buco così perfetto da far invidia a qualsiasi produttore di tortellini.
Il gesto fece sorridere Gilda che apostrofò la figlia: “Guarda che mi fai il solletico, così.” E rise allegramente.
Anita riprese l’esplorazione del ventre materno con la superficie rugosa della sua lingua e presto venne a trovarsi proprio sui bordi delle grandi labbra che Gilda possedeva enormi e sporgenti, appetitose e dolci come grandi pesche mature.
Ormai Gilda aveva perso il controllo e gemeva languida di piacere. Dalla sua fica cominciavano a colare densi fluidi di piacere che Anita corse a raccogliere con le sue labbra, succhiandoli dentro la sua bocca.
“Come sai di buono, mamma!” e riprese a scorazzare con la lingua lungo quel ben di dio, strusciando l’interno della vulva con le labbra e con la lingua, mentre con la punta del naso accarezzava il clitoride di Gilda che si era proteso fuori dalle grandi labbra come un piccolo cazzo turgido ed eretto.
Prima che Anita se ne rendesse conto, Gilda ebbe una contrazione di tutto il busto, protese in avanti il bacino quasi a volere appoggiare ancor più i suoi genitali al viso della figlia ed esclamò a gran voce: “Oddio, veeeeeeeennngoooooo…!!!”
Uno spruzzo di liquidi raggiunse la bocca spalancata di Anita che cercò di raccoglierli per intero ingoiandoli con gusto immenso, ed al primo ne successero altri, molti altri, tanti che né Gilda né Anita riuscirono a contare.
Gilda non ricordava di avere mai provato prima un orgasmo tanto travolgente e sconvolgente. Si sentì di colpo svuotare le viscere ed i reni. I suoi muscoli persero tono e si accasciò spossata sul letto, incapace di fare una ulteriore mossa.
Anita la lasciò rilassare per qualche minuto, poi riprese ad accarezzarla delicatamente per tutto il corpo, evitando di insistere sulle zone più sensibili.
Pian piano Gilda si riprese. I suoi organi interni ripresero a reagire. Il suo utero mandò segnali di risveglio, stimolando il ripristino della sensibilità della vagina. Il desiderio tornava a svegliarsi e l’eccitazione si faceva sempre più palese.
Con sorprendente agilità, Gilda abbracciò la figlia e la rigirò di un sol colpo sotto di lei, ponendovisi completamente addosso. Adesso era il suo turno, e cominciò a stuzzicare il giovane corpo di Anita con tutte le arti sapienti che Gilda aveva appreso in una vita vissuta intensamente, grazie alle capacità erotiche, ma anche alla apertura mentale, del suo caro Nunzio, che certamente non le aveva mai vietato gradevoli avventure sia con qualche amico che con sconosciuti. Grandi scopatori, entrambi i coniugi, non avevano disdegnato alcuni piacevoli incontri con altre coppie disinibite, con giovani stalloni che avevano partecipato in diretta alla loro vita sessuale, ed anche con bellissime lesbiche e bisex che avevano trattato alla meglio il bel corpo di Gilda con grandi piaceri voyeristici per Nunzio. A Gilda non mancava, dunque, l’esperienza necessaria per sapere come portare al massimo del godimento un corpo di donna.
Sfilò ad Anita il minuscolo tanga, rimanendo qualche minuto in contemplazione della bianca fighetta della figlia, perfettamente depilata, da sembrare quella di una bambina sotto i dieci anni. Non riuscì a trattenersi dallo stampare sulle grandi labbra un bel bacio sonoro, quasi a complimentarsi, con la figlia e con se stessa, della perfezione di quella conchiglietta spaccata a metà da cui facevano capolino, quasi come una candida vongola, i bordi delle piccole labbra.
Fu subito lì che Gilda rivolse l’attenzione della sua turgida lingua, inserendola dentro quei dolci labbruzzi, appoggiando le sue tumide labbra tutt’intorno alla fighetta di Anita ed aspirando con energia risucchiandola interamente dentro la sua bocca, come fosse una ventosa.
Anita ebbe un sussulto: il piacere di quel risucchio era enorme, inaspettato, impensato, violento, dolcissimo, da estasi.
“Oh, mamma, quanto sei brava…..!”
Incoraggiata dalle parole della figlia, Gilda decise di superare se stessa. Voleva dare alla sua bambina quanto di più bello e di più gradevole riuscisse ad immaginare. Ed allora spinse la sua lingua verso il basso, mentre sollevava, portandole sulle sue spalle, le gambe di Anita.
La lingua di Gilda si trovò nel solco tra le chiappe di Anita. Lo accarezzò dal basso in alto, poi dall’alto in basso; poi si soffermò sul buchino e cominciò a titillarlo con la punta, come se volesse violentarlo con la lingua.
Anita gemeva. Non sapeva più cosa dire. Mugolava, emetteva versi di piacere, assorbiva nel suo giovane corpo tutte quelle meravigliose sensazioni che la mamma riusciva a provocarle. Incapace di reagire, la lasciava fare subendo con suo grande piacere il godimento che Gilda riusciva a crearle.
Dopo qualche minuto di questo trattamento, le mani di Gilda presero il posto della lingua tra le chiappe di Anita, mentre la lingua tornava ad occuparsi della fica, che già si era spontaneamente spalancata al desiderio e che poté essere facilmente penetrata fino in fondo da quella specie di cazzo orale che Gilda riusciva a creare contraendo la sua grande lingua a formare un cilindro. Le dita scolpivano l’ano di Anita, a volte un solo dito, poi due, ed anche tre, poi ancora due o uno. Lo sfintere, martoriato da quelle attenzioni, pulsava vivace, allentandosi e stringendosi, aprendosi alla penetrazione ed espellendo con delle contrazioni i corpi estranei. Ma il piacere era immenso, indescrivibile a parole.
Stimolata dalle sapienti arti amatorie della mamma, Anita non poté resistere a lungo e, malgrado cercasse di contenersi, scoppiò dopo qualche minuto in un gigantesco orgasmo con il quale allagò il viso, le mani della mamma, il lenzuolo, il materasso, una sborrata di tale abbondanza da sembrare una pisciata dopo aver preso una tripla dose di diuretico.
Anita si sentì letteralmente svuotata, di ogni liquido e di ogni energia. Rimase immobile, incapace di muovere il benché minimo muscolo del corpo. Gilda sorrideva soddisfatta.
Entrambe supine, tenendosi per mano, stavano godendosi il meritato relax dopo le immani fatiche dell’eros. I loro corpi avevano, ogni tanto, dei sussulti: le ultime contrazioni del loro utero che si riassestava dopo i laboriosi e violenti orgasmi.
Senza accorgersene presero sonno e dormirono beate fino a mattina inoltrata.
Erano forse le dieci o le undici quando Anita si riscosse. Ci volle qualche minuto per rendersi conto di dove si trovava. E perché. Poi, girando la testa, vide accanto a sé il corpo nudo di sua madre. Ricordò ogni cosa e sorrise compiaciuta.
Si rigirò su un fianco, rivolta verso Gilda che dormiva ancora. Ne ammirava le forme armoniche e sensuali, le grandi tette, ancora turgide ed erette malgrado l’età e due figli nutriti al seno, i fianchi ben torniti che disegnavano la forma di una anfora classica greca, le gambe dritte e ben affusolate, con cosce ben fatte, di grande consistenza, senza un filo di grasso né una sola smagliatura da cellulite.
“Che bella figa, mia mamma!” pensò Anita, soddisfatta e cosciente di avere da lei ereditata la sua bella siluette.
Le venne istintivo accarezzare molto leggermente un seno della madre. Questa, al tocco, seppur delicato, si svegliò e, subito cosciente della situazione, sorrise verso la figlia alla quale mandò un bacio schioccando le labbra.
Anita si chinò sul viso di sua mamma, appoggiò le sue labbra su quelle di lei appoggiandovi un dolcissimo bacio.
“Buongiorno!” disse poi Anita, “come ti senti?”
“Meravigliosamente bene!” rispose Gilda stiracchiandosi pigramente, “mai sentita così bene in vita mia!”
Il complimento fece immensamente piacere ad Anita, la quale ricambiò dicendo: “Mamma, mi hai reso veramente felice! D’ora in poi non voglio perdere occasione per fare l’amore con te. Sei veramente uno schianto e… una cannonata!”
Quello scambio di complimenti, ed i pensieri che li avevano provocati, ebbero la conseguenza di risvegliare anche i loro sensi. Gilda se ne stava ancora supina, con le gambe leggermente divaricate, le braccia completamente spalancate.
Anita, già china a baciare la mamma, fece ancora una volta scorrere le sue labbra sul corpo di lei fino a raggiungere il prorompente vulcano che Gilda si ritrovava tra le cosce, allungò la lingua per assaggiare ancora la dolcezza di quella fessura che già di prima mattina non lesinava i suoi profumati umori.
Per raggiungere quella posizione, Anita dovette girarsi sul letto, venendosi a trovare col ventre davanti al viso della madre, la quale non volle essere da meno della figlia ed affondò il suo viso tra le cosce di lei, la sua lingua nella deliziosa fighetta di Anita.
Ne sortì uno splendido sessantanove, dove le due donne esplorarono fino in fondo con la lingua il sesso dell’altra, mentre dita esperte scavavano dentro i reciproci sfinteri anali.
In breve raggiunsero un esplosivo orgasmo, all’unisono, violento, squassante, appagante, delizioso.
Presagio per un ottimo inizio di giornata.












Capitolo 10 – Il ritorno dei maschietti
Ogni cosa, nella vita, ha un termine. E così anche la gita spagnola di Nunzio e di Guido arrivò alla fine.
E la domenica pomeriggio, due settimane dopo la partenza, Gilda e Anita furono puntuali all’Aeroporto di Fiumicino all’arrivo del volo Madrid-Roma delle 20,12.
Presi i bagagli, finalmente poco prima delle 21, Nunzio e Guido comparvero all’uscita degli arrivi internazionali.
I due uomini avevano il viso incorniciato da ampi sorrisi e sprizzavano soddisfazione da tutti i pori. Le due donne capirono subito che la vacanza era stata per loro più che soddisfacente e furono liete e speranzose dei racconti intriganti che avrebbero loro fatto circa le loro esperienze spagnole.
Nunzio prese posto al volante della loro auto, Gilda gli si pose al fianco ed i ragazzi si sistemarono sul sedile posteriore.
Lungo il tragitto verso casa, Nunzio parlò continuamente per raccontare degli eventi del congresso, delle varie premiazioni, facendo commenti su quelle che aveva ritenuto meritate e su quante, a suo modo di vedere, erano frutto di atteggiamenti paternalistici, o peggio, dei sommi dirigenti della società. Intrattenne anche i suoi familiari sui vari momenti di pausa e conviviali, descrivendo colleghi e colleghe, parte già incontrati altre volte insieme a loro, altri nuovi dei quali si sforzò di fare una descrizione fisica e caratteriale per quanto possibile più esatta, soffermandosi soprattutto su quelle caratteristiche che rendono le persone più o meno appetibili dal punto di vista erotico, sapendo di soddisfare la principale curiosità delle sue donne.
Sulla cena di gala che, a mo’ di commiato, la società aveva offerto a dipendenti e familiari alla fine del convegno, Nunzio si riservò di invitare Guido a farne la descrizione ed il commento, visto che era stato proprio il figlio ad avere maggiori contatti amichevoli, mentre lui, Nunzio, si era dedicato maggiormente a leccare il culo di qualche pezzo grosso (anche di sesso femminile) dal quale poteva sperare qualche grossa spinta carrieristica.
E così, lui chiacchierando, gli altri ascoltando, dopo circa novanta minuti arrivarono a casa.
Gilda aveva predisposto una cena fredda, ricca delle portate che maggiormente piacevano al marito ed al figlio, che consumarono con calma, mentre racconti e commenti continuavano tra risate e battute piccanti.
Ma si era fatto tardi. I due uomini erano stanchi di tutte le traversie che necessariamente implica un viaggio aereo, specie se internazionale, per cui decisero di andarsene subito a dormire quando era già da poco passata mezzanotte.
Per il giorno dopo non avevano problemi di sveglia. Nunzio, infatti, aveva da consumare ancora un’altra settimana di ferie ed anche i ragazzi erano liberi da impegni.
La mattina successiva Gilda fu la prima ad alzarsi e, muovendosi in silenzio per non disturbare gli altri dormienti, andò in cucina a preparare il caffè.
Forse l’odore della bevanda che gorgogliava nella caffettiera, e che si diffondeva prepotente in tutta la casa, fece sì che, uno alla volta, tutti gli altri fossero attratti dalla cucina.
Per primo si presentò Nunzio il quale arrivò silenziosamente alle spalle di Gilda, indaffarata ai fornelli, e la abbracciò da dietro acchiappandole con ambedue le mani aperte a coppa gli splendidi seni. Il contatto delle mani era valorizzato, piuttosto che mortificato, dal sottile strato di seta della bellissima camiciola da notte che Gilda indossava. Lei si appoggiò all’indietro con tutto il corpo, cercando di sentire con le natiche l’erezione del cazzo di Nunzio che certamente sarebbe seguita a quell’abbraccio. Nunzio stringeva a sé la moglie, strusciando il suo patrimonio genitale su quella meraviglia di culo che gli si porgeva con tanta dovizia.
Gilda indirizzò subito i pensieri su ipotesi gradevoli: “Vi siete divertiti molto a Valencia, vero porcelloni?”
“Beh,” rispose Nunzio, “abbiamo cercato di non farci abbattere troppo dal desiderio di casa.” Ed ambedue se ne uscirono in una bella risata.
Gilda spense il gas sotto la caffettiera, si girò su se stessa ed agguantò la testa del marito spingendo le due bocche l’una verso l’altra, mentre sottovoce biascicava: “Vedrai, mio bel tomo, come ti farò pagare tutte le corna che mi hai messe….” E la risata fu bloccata da un bacio profondo e lascivo che i due coniugi si scambiarono voluttuosamente.
Dovettero, però, frenarsi dall’andare avanti, perché con un sonoro sbadiglio entrava in cucina Guido.
“Ehi, voi due, va beh che non state insieme da due settimane, ma non vorrete ricominciare di prima mattina, vero?”
“Ma lasciali stare…. Ché di arretrato da recuperare ne hanno tanto!” Anche Anita si aggiungeva alla comitiva anche lei scherzando e ridendo.
Si sedettero intorno al tavolo della cucina e, mentre consumavano una abbondante e sostanziosa colazione, Guido si mise a raccontare delle specialità alimentari che avevano provato in Spagna, dalle ricchissime prime colazioni dell’albergo alle cene tipiche che avevano consumato in diversi locali caratteristici della città valenciana, magari intercalandovi il nome di qualche compagna di cena che aveva fatto compagnia a lui o al suo papà. Il tutto accompagnato da battute e risate.
Ad un certo punto Nunzio, si rivolse a Guido: “Ma perché non gli racconti la cena … ed il dopocena con Sonia?”
Guido si schermì per qualche minuto, poi si lanciò nella descrizione della serata trascorsa con la trans, iniziando dall’incontro nella sauna dell’albergo e riservando per la fine del racconto, alle sue ascoltatrici, la sorpresa circa il sesso della sua occasionale compagna di avventura. Una sonora risata generale accolse il finale della storia che Guido aveva leggermente modificato proprio per lasciare come battuta finale la scoperta del cazzo della… ragazza.
“Ma alla fine,” si incuriosì Anita, “l’hai solo usata come femmina o ne hai approfittato anche per goderti la sua mascolinità?” e giù un’altra risata generale.
“Beh, sorellina, nella vita è giusto fare tutte le esperienze. Se tu, qualche volta ti sei fatta degli scrupoli ed hai evitato qualche esperienza che ti sembrava poco ortodossa, non puoi sapere cosa ti sei perduta!” Mentre Guido provocava il riso generale, Anita e sua madre si scambiarono un sguardo sottecchi, ricordando i meravigliosi momenti vissuti insieme in quelle due settimane di solitudine.
Avevano finito di fare colazione. Si alzarono e ciascuno andò in camera sua per lavarsi e vestirsi. Solo Gilda si soffermò qualche minuto in cucina per rigovernare le tazze, i bicchieri e le posate che avevano adoperato.
Quando anche lei andò nella sua camera, Nunzio si era già sistemato, vestito ed era pronto per uscire. Disse che doveva provvedersi di alcuni accessori che gli servivano per il computer ed uscì.
Entro pochi minuti, anche Guido ed Anita, con motivi diversi, annunciarono che stavano uscendo e che sarebbero rientrati all’ora di cena.



















Capitolo 11 – La famiglia si ricompone.
Nunzia, rimasta sola a casa, si accinse a fare i mestieri di casa, in attesa del rientro della famiglia.
Puntualissimi, nel giro di un quarto d’ora, prima che scoccassero le diciannove, i tre vagabondi si presentarono affamati reclamando la cena.
Gilda si era data da fare ed aveva preparato alcune sue specialità.
Mangiarono di gusto, infiocchettando la cena con discorsi maliziosi e battute spiritosamente spinte. Quando Guido o Nunzio si spingevano in territorio omosessuale, con le loro battute, le due donne istintivamente incrociavano i loro sguardi, sorridendo compiaciute e complici. Alla lunga, Nunzio prima e Guido dopo intuirono qualcosa che le riguardava e si affrettarono a subissarle di domande.
Gilda non si sbottonava. Non voleva perdere il prestigio di madre di famiglia, ma fu Anita che ad un certo punto cedette e raccontò la scena del cinema galeotto che le aveva spinte l’una nelle braccia dell’altra.
I due uomini si prodigarono in complimenti e commenti di approvazione, felici che anche le loro donne di casa avessero finalmente rotto certi tabù e si fossero concesse delle meravigliose esperienze lesbiche.
E quasi a sottolineare la sua gioia per i progressi fisici e morali della sua bella sorellina, Guido la costrinse ad alzarsi, l’abbracciò stretta a sé e la costrinse allo scambio del bacio più lascivo ed arrapante che mai una coppia si fosse scambiato.
Si eccitarono immediatamente, e mentre il poderoso cazzo di Guido si strusciava sul vestito di Anita in direzione della sua vulva, questa si esibiva in un diluvio di succhi vaginali che scorrevano in mezzo alle sue cosce, solleticandole dolcemente.
Era così arrapante, quello scambio di carezze e di effusioni amorose, che Nunzio e Gilda non resistettero, e subito anche loro si esibirono in una pomiciata supergodereccia lì, in presenza dei loro due figli.
“Bene, noi andiamo in camera a fare un riposino!” cercò di risolvere la questione Nunzio.
“Ma papà, volete eclissarvi da soli? Non volete farci godere dello spettacolo dei nostri genitori che si amano?”
Anita era sempre la solita. Metteva tutti con le spalle al muro, incapaci persino di provare imbarazzo.
“Volete venire anche voi?” Gilda non si sarebbe mai aspettata di avere il coraggio di una simile proposta. Ma le era sfuggita spontaneamente dalle labbra.
Ormai la loro conoscenza, la loro confidenza era senza limiti. Tutti sapevano tutto degli altri. La loro educazione familiare, saggiamente impartita ai figli da Nunzio e Gilda, li rendeva inossidabili a paranoie e pregiudizi che avrebbero distrutto i buoni rapporti di qualunque famiglia cosiddetta normale, soprattutto di educazione cattolica.
La proposta di Gilda ebbe invece commenti allegri e favorevoli, così ché tutti e quattro si diressero verso la camera da letto dei genitori, il cui lettone era capace di accoglierli tutti comodamente.
Nunzio volle far valere la sua posizione di capo famiglia, per cui decretò: “Visto l’affollamento, per semplificare le operazioni, prima di andare a letto, tutti nudi!”
Gli altri non se lo fecero ripetere, ed in men che non si dica si ritrovarono sul lettone, le due donne in mezzo ed i maschi ai lati, ma Nunzio capitò a fianco di Anita e Guido a fianco della mamma.
Già erano tutti in piena eccitazione. I cazzi dei due maschietti si ergevano maestosamente sui loro ventri, e le due donne non vollero indugiare oltre per cui, dando ciascuna la schiena al maschio vicino, si ritrovarono abbracciate a baciarsi lascivamente, a strapazzarsi reciprocamente le tette, facendo ancor più arrapare i maschi, anche con i loro gemiti e mugolii di piacere.
Gli uomini le pompavano da dietro, riempiendo in maniera completa quelle due fiche vogliose. Ciascuno di loro, allungando le mani, abbracciava e tirava a sé la donna più lontana, per cui venne a crearsi un intreccio di braccia di cui non si riusciva a vedere il o la proprietaria, tutte intente a comprimere quella ammucchiata di corpi, a tenerli quanto più vicini l’uno all’altro e tutti e quattro in un unico groviglio.
Le due donne godevano doppiamente, per l’azione maschile alle loro spalle e per la bellissima doppia esperienza, di avere un maschio dietro (e dentro) ed una donna davanti.
Che esperienza divina!
Non era solo l’azione fisica, peraltro molto erotica ed eccitante, che li faceva godere, ma la situazione nuova che stimolava le loro immaginazioni, i loro pensieri libidinosi ed al tempo stesso pieni di amore spirituale: su quel letto c’era, per ciascuno di loro, tutto il mondo degli affetti, la famiglia, gli amori, ma anche gli amanti più desiderati e graditi.
Non poteva esistere una famiglia più felice.
Trascorsero una nottata meravigliosa, scambiandosi spesso di posizione, di partner, con giochi a tre in tutti i sensi.
Più volte le due donne si ritrovarono a fare sesso tra loro, così come i due uomini, mentre lo spettacolo che queste coppie anomale davano agli altri accresceva la libido di tutti e faceva loro provare godimenti nuovi, orgasmi imprevedibili e sconvolgenti. Stranissimi sessantanove, dove davanti alle bocche si ritrovavano fiche, cazzi, culi ai quali di volta in volta le loro lingue dedicavano trattamenti senza tregua.
Momenti in cui nessuno di loro riusciva a rendersi conto con chi stava scopando, da chi si stava facendo inculare, a chi stava leccando la fica oppure il cazzo od il culo.
Il sesso in tutto il suo splendore regnava sovrano in quella famiglia veramente libera, intelligente, spregiudicata.
Gli orgasmi si susseguivano senza tregua, fino a quando, verso le quattro del mattino, la stanchezza ebbe il sopravvento e quasi contemporaneamente piombarono tutti e quattro in un sonno profondo e ristoratore, abbracciati ed aggrovigliati in modo tale che chiunque fosse entrato nella camera in quel momento avrebbe avuto i suoi bravi problemi a riconoscere e rintracciare le membra di ciascuno di loro.
E la loro vita continuò sempre con questi ritmi.

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