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Memoria di una bageisha 2 (Una pompa dal diavolo)


di Membro VIP di Annunci69.it Occhidimare12
10.03.2023    |    523    |    6 9.5
"“E tornò in sé?” chiese l’amica curiosa di conoscere l’epilogo di quella singolare avventura cimiteriale..."
Ogni giorno era un giorno buono per Flora e Oscar che non parlavano mai dei problemi del quotidiano o al massimo ci scherzavano su senza grandi drammi, neppure in circostanze preoccupanti o avvilenti. Il loro era un mondo di fantasia in cui tutto era possibile ma in cui spesso la realtà, la loro realtà, superava l'immaginazione. Come quando Oscar le raccontò di una disavventura dal carattere misterioso che lo aveva particolarmente scosso.
“Tu, lo sai, sono esperto in rapporti umani, nell’inquadrare ogni tipo di soggetto e difficilmente mi faccio sorprendere, una volta però mi è successa una cosa davvero strana. Quasi più strana di quelle che capitano a te!” iniziò guardando Flora fissa negli occhi, nell’odierna pausa sigaretta delle 16.00, quando, dopo il caffè, sfangavano il pomeriggio raccontandosi storie bislacche. “Rispondo ad un tizio che mi contatta per giorni sulla chat di Grindr. Un tipo normalissimo che avevo conosciuto al pronto soccorso. Assistevo mio padre e lui era l’infermiere di turno. Carino, alto moro, con due occhi azzurri che a stento si notavano sotto gli occhialetti e un aspetto complessivamente da bravo ragazzo. Ci diamo appuntamento in un mite pomeriggio di primavera, vicino ad una chiesetta di campagna, attigua al cimitero del suo paesino, a ridosso della collina in cui l’erba era verdissima e nei piccoli cespugli, tra i sassi stondati del recinto del campo santo, si scorgevano le prime violette. Adoro il loro profumo. Ne colsi una e pensavo al colore viola che si usa durante i funerali. A te piace il viola, vero?” le chiese mentre Flora si era predisposta ad ascoltarlo in religioso silenzio. “Sì, è un colore apotropaico. Vuol dire che scaccia le negatività e allontana gli spiriti maligni, per questo i sacerdoti indossano paramenti viola nell’officiare i riti funebri. Si impiegava anche durante la Quaresima in cui gli spettacoli teatrali, però, venivano banditi, ecco perché a teatro si dice che porti sfortuna. In realtà è un colore che ha un significato tutt’altro che sfigato, invece!” rispose Flora che usava spesso la crema alla violetta per massaggiare il corpo dopo il rituale bagno serale. “Ecco, invece, nel mio caso non sortì un effetto benefico. Francesco arrivò puntuale. Con un jeans e una camicia bianca e mi invitò a fare un giro nel cimitero. La cosa non mi sembrò poi così strana. Noi siamo un po’ gotici, o no?”. Flora annuì. In fondo i cimiteri sono luoghi di pace e in primavera il profumo di fiori che emanano è rilassante. “Passeggiammo tra le tombe di marmo bianco e granito rosso e nero tenendoci per mano. Ad un tratto provai un brivido freddo lungo la schiena. Le sue dita erano diventate gelide e rigide. Sembravano quelle di uno scheletro. Mi orientò e poi condusse, con un’energia strana che quasi mi paralizzava, all’interno del montacarichi delle bare. Ovunque c’erano corone di fiori rossi avvizziti. L’odore era stantio e vomitevole. Guardando casualmente in alto vidi delle ferraglie arrugginite e una bara scura che a strapiombo pendeva su di noi come un lampadario di morte. Una sorta di gabbia mi intrappolava. Lui si avvicinò come per baciarmi. I suoi occhi erano diventati vitrei. Trasparenti e inquietanti. Sembravano quelli di un posseduto. Solo al pensiero mi tornano il tremore e i brividi freddi che mi tenevano in balia di quella situazione da film horror” mentre Oscar raccontava, Flora a stento riusciva a trattenersi dal non ridergli in faccia. “Daiiii, stai inventando!” gli disse. “Giuro, sono serissimo!” ribatté lui. “Ero come un fantoccio nelle sue mani e lui si era trasformato in un demone dallo sguardo mefistofelico e ipnotizzante. Ero in piedi, immobile tra le corone e l’edera rinsecchita che mi pungeva il corpo attraverso la polo leggera blu. Avrei voluto fuggire o quantomeno urlare ma il fiato non usciva. Le parole erano soffocate. Distolsi gli occhi da quello sguardo da pazzo. Sentii la sua mano scivolarmi addosso come una serpe ondulante e afferrare con un morso velenifero il mio pacco. Era visibilmente eccitato, posseduto, indiavolato, boh, non saprei. Il mio coso invece era rannicchiato e piccolo come un paguro protetto nel suo guscio. Si abbassò e portò il viso all’altezza del pube. Con rapida foga me lo tirò fuori e lo prese in bocca. Sentii un rumore strano come quando scaraventi la carne sulla griglia arroventata del barbecue. Il mio cazzo era nel delirio folle e infernale della sua gola profonda, rossa, arroventata. Da sotto mi guardava con aria diabolica. Avevo paura che prima poi lo avrebbe inghiottito come un salsicciotto”. Flora non si trattenne, e scoppiò a ridere. La situazione era tragicomica. “Sì, ora fa ridere ma in quel momento avrei solo voluto scappare. C’è un limite a tutto!” esclamò Oscar. “Non lo avrei mai detto” disse Flora schernendolo bonariamente. “E quanto durò questa pompa funebre?” chiese con ironia. “Mah, nemmeno un minuto, forse, ma a me sembrò l’eternità! Mi sforzai nel venire. Mai cosa fu più difficile. Volevo che mi lasciasse in pace e tornasse in sé!” continuò Oscar. “E tornò in sé?” chiese l’amica curiosa di conoscere l’epilogo di quella singolare avventura cimiteriale. “Sentii come se il mio liquido fosse divenuto acqua santa e lo avesse colpito nel viso posseduto che si deformò in mille smorfie agghiaccianti. Si alzò una sorta di fumo, vapore, non so… lui si contorse come un serpente sulla brace”. “Ah, addirittura la zaffata di zolfo? Avevi fumato?” chiese Flora. “No, no ero lucidissimo, giuro. Tutto vero. Comunque, non so come feci, ma colsi l’attimo al volo, mi rinfilai dentro i pantaloni il cosino alla rinfusa e scappai. Lui mi seguì. Come al rallentatore. Riuscii ad entrare in macchina e a partire. Dallo specchietto retrovisore vidi la sua sagoma diventare sempre più piccola. Ad un tratto scomparve del tutto, come disintegrata. Un incubo! Credimi” soggiunse Oscar visibilmente provato nel rievocare l’accaduto. “Sicuro che non fosse semplicemente un sogno erotico notturno?” chiese Flora per provare ancora a sdrammatizzare. “Macché. La sera mi scrisse in chat come se niente fosse per chiedermi se mi fosse piaciuto”. “E tu che gli rispondesti?”. “Lo bloccai!”. Si guardarono, risero e si accesero un’altra sigaretta. “Un pompino dal diavolo! La prossima avventura delle ‘Memorie di una bageisha’, la intitolerò così. Contento?” chiese Flora. “Da morire!” rispose Oscar con altrettanto sarcasmo.
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