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Il silenzio del maestro


di Membro VIP di Annunci69.it Occhidimare12
20.01.2023    |    768    |    32 9.9
"Le cose più misteriose e immaginifiche accadono al vespro..."



Le cose più misteriose e immaginifiche accadono al vespro. In luoghi fisici talvolta reali e a volte confinati nella mente...
Mentre riponeva l'antica katana istoriata e con cura piegava il suo kimono lo vidi con occhi  nuovi. Diversi. Il sensei forse non era solo il maestro delle tecniche e delle leve immobilizzanti praticate con straordinaria abilità sul tatami. Era un uomo. Alto, robusto, dalla pelle olivastra. Il petto definito e con peli scuri ben visibili. I lunghi capelli neri, inanellati in pieghe di antica compostezza, ricadevano sul suo viso maschio, perfetto. Sudato. La fronte alta, il naso importante e gli occhi marroni, allungati come mandorle amare, protetti da ciglia lunghe e irregolari che spesso, nel furore del combattimento, gli conferivano uno sguardo mefistofelico. Si voltò all'improvviso, come avesse avvertito la mia figura immobile e silente. D'altronde, il nostro era un rapporto quinquennale di energie dialoganti. Anche a distanza. Di presenze complici ma mute e distaccate. Voltandosi mi vide dalla porta socchiusa dello spogliatoio. Notai per la prima volta le labbra rosse e regolari come un frutto proibito, celato dalla barba folta e ben curata che gli incorniciava la mascella piuttosto squadrata. L'energia che promanò dai nostri corpi, fulminea e potente, provocò una sorta di corto circuito nel dojo rimasto al buio. O un semplice black out causato dal sovraccarico degli asciugacapelli azionati in contemporanea dagli atleti. Chiusi la porta e guadagnai la doccia nello spogliatoio femminile. L'acqua calda generava vapore come lo spirito che si solleva dal piatto di riso e che i giapponesi chiamano Ki, l'energia multiforme dell'anima.
Lo zenzero e la mirra detergevano i miei capelli mossi, lunghissimi che coprivano la schiena, su cui la mia testa era reclinata all'indietro, per accogliere le gocce d'acqua come perle preziose sul viso. Dietro la tenda bianca, decorata da minuti fiori di loto azzurri, scorsi la sua sagoma. Fermo, imponente come Vlad l'impalatore, principe della dinastia di Dracula mi guardava. Osservava i miei movimenti lenti, più sensuali forse di quelli sfoggiati durante la pratica marziale. Un fremito di inquietudine e di eccitazione mi percorse, rapido e inatteso. La schiuma ricopriva il mio corpo morbido come un candido, evanescente abito di seta orientale.
Sentii cingermi i fianchi lentamente e, poi, in modo rapace afferrare sulla nuca una ciocca di capelli. Le sue labbra baciavano le mie spalle mentre le mani ricadevano dinanzi, sul seno. Le dita lo contenevano come in due calici di cristallo. I capezzoli ambrati, solitamente grandi, erano ora piccoli e turgidi. Pronti ad esplodere come proiettili inarrestabili e dalla traiettoria imprevedibile. Si appoggiò a me, come una nave all'approdo.
La mia schiena si fuse col suo petto,  definito come quello di una statua di marmo ma caldo come il vello di un satiro greco. D'un tratto portai la mano destra sul suo jo dal quale, poco dopo, fui trafitta con precisione da samurai. Colpi netti e decisi ci univano in uno spasmo continuo di corpi che si conoscevano nella lotta ma non nel pieno erotismo di quella sera nevosa d'inverno. Rimanemmo in silenzio. Non gemetti. Accolsi i suoi colpi con un misto di gioia e di soddisfazione femminile; ancorché di sottomessa e obbediente allieva. Con forza garbata e autorevolezza mi addomesticò. Mi voltai, appena. Non era il mio maestro ma un amante, capace di indurmi con naturale calma ad una piacevole arrendevolezza che fu fonte, ripetute volte, del nostro comune piacere.
Quando tornò la luce vidi dallo specchio suo fratello. Biondo, dagli occhi verdi screziati di smeraldo, il viso bianco e l'espressione angelica. Aveva assistito segretamente a tutto il nostro amplesso. Mi lanciò un'occhiata complice e maliziosa da cui compresi, con imbarazzo e leggerezza, che eravamo stati, nostro malgrado, l'ispirazione per un suo vibrante e focoso momento di autoerotismo. Il maggiore dei due era spigliato e sfacciato e tra noi c'era una tacita complicità. Per intenti e sentire avevamo più cose in comune di carattere generazionale. Ammetto che i pensieri più spinti erano rivolti a lui. Mi stuzzicava di continuo inviandomi messaggi inequivocabili ma se da una parte, il corpo sussultava per lui, la mia anima era tutta per l'irripetibile magia che il mio maestro era in grado di donarmi senza proferire parola ma creando suggestioni ineguagliabili.
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