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I PARENTI LONTANI 5


di ALIO
10.08.2015    |    14.854    |    3 9.7
"Sempre più giù sino al mio culetto..."
I PARENTI LONTANI V ultima parte

Luigi con aria imbrogliata entrò in stanza e si sedette sul bordo del letto del fratello. Disse che questa notte non voleva dormire con suo padre e che, se a noi non fosse dispiaciuto, avrebbe preferito restare a dormire lì in camera con noi. Non rispose ai tentativi del fratello che lo invitava a raccontare cosa fosse accaduto di così grave, da fargli prendere quella decisione e anche quando Angelo gli fece notare che sarebbe stato scomodo dormire in tre su due lettini separati, Luigi implorò il fratello dicendo che si sarebbe fatto piccolo piccolo e che avrebbe occupato meno spazio possibile e, dicendo ciò, abbraccio a se il fratellone lo accarezzò tra i ricci capelli e lo baciò su tutto il viso, soffermandosi sapientemente sui bordi della carnosa bocca di Angelo.
Angelo ricambiava teneramente le carezze e le coccole del giovane fratello, poi mi guardò come se cercasse il mio consenso; vederli così uniti ed in perfetta sintonia affettiva mi fece scattare il dubbio che la mia presenza li tra loro, nella loro intimità, potesse essere inopportuna. Senza rifletterci ulteriormente tranquillizzai il cuginetto offrendogli il mio letto, che poi era già il suo, dissi che sarei andato io a dormire con il loro papà, mio zio Beniamino. Luigi corse verso di me mi abbracciò e mi baciò sulla guancia in segno di riconoscenza e facendo questo mi sussurrò all’orecchio che magari a me sarebbe andato meglio che a lui, che forse avrei avuto dallo zio quello che lui non era riuscito ad avere… Non capii cosa intendesse, non subito almeno. Dal sorriso di Angelo capii che anche lui aveva apprezzato il mio gesto. Sorrisi anch’io, indossai il mio pantaloncino del pigiama la maglietta bianca e le ciabatte e senza ripensamenti mi avviai in camera dello zio, chiudendomi alle spalle la porta della camera che mi aveva ospitato sino a quel momento.
Bussai alla porta della camera dello zio, fu immediato il suo invito ad entrare; la luce proveniente dalla lampada sul comodino era soffusa, ma abbastanza per farmi vedere perfettamente il quadro che si presento davanti a me: zio Beniamino, completamente nudo, era supino sul suo lettone; le braccia incrociate dietro la nuca, le grosse gambe pelose divaricate ed in mezzo, ben evidente, il grosso uccello barzotto, completamente circondato da una folta peluria riccia e nera, poggiava sulla coscia sinistra anch’essa tappezzata da una folta pelliccia di peli. Lui mi vide ma non accennò a ricomporsi, mi invitò ad avvicinarmi. Io ero completamente folgorato da quello che vedevo, balbettando spiegai quanto accaduto e lui rispose semplicemente che se per me non era un problema condividere il suo letto, per lui lo era ancora meno, anzi gli faceva davvero piacere trascorrere un po’ di tempo con me, noi due soli e, nel dire ciò, mi sorrise mostrandomi i suoi bianchi denti. In quel momento, quella espressione e quel sorriso, mi confermarono quanto zio Beniamino assomigliasse a mio padre. Già mio padre… chissà, mi chiesi subito, se anche mio padre aveva tra le gambe un grosso bestione come quello che adesso vedevo tra le gambe dello zio. Non riuscivo a non guardarlo, era gigantesco anche in quello stato di riposo.
Lo zio battendo la sua mano sul bordo sinistro del lettone, mi invitò a chiudere la porta ed a prendere posto in quel lato del letto; subito mi chiese se mi disturbava il fatto che lui dormisse completamente nudo; gli risposi di no con un cenno della testa ed allora mi invitò a spogliarmi completamente anch’io, se lo avessi voluto. Non colsi l’invito, mi distesi accanto a lui ed ora oltre ad ammirare da un’altra prospettiva, quello splendido corpo maschile di cui lo zio era provvisto, ne potevo sentire il profumo… Un profumo naturale di maschio, decisamente inebriante e terribilmente coinvolgente. Gli sarei saltato addosso subito, avrei voluto baciarlo dappertutto, accarezzare la folta peluria che insisteva su tutto quel corpo, naturalmente muscoloso. Ma non lo feci, iniziammo a parlare, per prima cosa mi spiegò la delusione del piccolo Luigi. Voleva essere scopato dal padre, voleva sentire dentro di se l’enorme proboscide. Ma zio Beniamino aveva paura di fargli seriamente del male, di lacerare il suo buchetto in maniera irreversibile e per questo si era rifiutato di accontentare il figlioletto, magari più avanti, aveva concluso. Parlammo ancora, parlammo d’altro, ma io ero completamente affascinato da quell’uomo che, se non fossi così certo della situazione in cui mi trovavo, avrei potuto scambiare per mio padre. L’idea di trovarmi a fianco di mio padre, nudo e disponibile, se da una parte poteva sembrarmi bizzarra e contro natura, dall’altra mi eccitava. E l’eccitazione ben presto fu misurabile tra le mie gambe. Il mio uccello si era incredibilmente ingrossato pulsando dentro il pantaloncino che lo conteneva.
La mia evidente eccitazione non sfuggì allo sguardo attento ed interessato dello zio. Ma fece finta di niente, continuò a chiacchierare ed a farmi mille domande, domande alle quali io rispondevo senza sapere bene quello che stavo dicendo. La mia lucidità era completamente compromessa da quel fisico imponente che si stendeva a pochi centimetri da me e dall’odore inebriante di vero maschio mediterraneo che ormai aveva ubriacato il mio cervello. Ma lo zio sembrava interessato solo a parlare e parlare ancora. Ogni tanto mi accarezzava i capelli o le sue grosse dita giocavano con disinvoltura con i miei capezzoli. Una vera tortura per me che invece desideravo di essere abbracciato, avvolto da quel maestoso fisico statuario, baciato dappertutto. Lo zio ad un certo punto disse che si era fatto tardi e che era ora di dormire. Mi diede un lungo bacio in fronte, poi spense la lampada sul comodino e mi augurò la buona notte chiamandomi cucciolo.
Ero deluso, ma non osai dire nulla, non risposi neanche al suo augurio. Mi convinsi che lo zio non era interessato a me, che non gli piacevo e mi girai dandogli le spalle. Ben presto sentii il suo respiro farsi pesante, mi sembrò persino che russasse. Il mio cazzo si era smollato, ma non riuscivo a prendere sonno; mi sentivo ferito dall’indifferenza dello zio. Ero disteso ad un palmo di un uomo fantastico, un uomo che sembrava essere il ritratto più giovane di mio padre ma che non era per nulla interessato a me. Forse, mi dissi, avrei dovuto essere io a dare un segnale di disponibilità a quel fantastico maschio, questo lo avrebbe aiutato a sentirsi meno in colpa, se era questo il suo problema. Continuai a rimuginare nella mia testa che cosa avrei potuto fare per non perdere quella magnifica occasione. Desideravo lo zio e mi accorsi di desiderare anche l’uomo al quale lo identificavo: mio padre. Il mio uccello tornò duro e voglioso. Decisi: dovevo agire io.
Mi alzai dal letto, tolsi la maglietta ed il pantaloncino del pigiama, ora ero anch’io completamente nudo. Girai attorno al letto e raggiunsi lo zio dalla parte dove era sdraiato lui; mi sedetti sul bordo del letto e, senza alcuna esitazione, feci scorrere la mia mano sinistra sul suo petto, lisciai con delicatezza il folto pelo. Scesi pian piano più in basso, verso l’inguine, volevo sincerarmi del disinteresse dello zio alle mie provocazioni. Trovai il suo bastone indurito, ingrossato, ma non del tutto rigido. Lo considerai un segnale positivo, un invito e, senza indugio, la mia bocca, iniziò a dispensare bacini e leccatine all’enorme proboscide. Non sentivo più il respiro pesante che lo zio aveva pochi attimi prima, è sveglio mi dissi… ora deve essere mio, tutto mio. Salii in groppa al suo bacino, imprigionando il suo, ormai turgido, uccello sotto di me, tra le mie cosce e le mie sode chiappe. Lo zio non fece alcun movimento, mi lasciava fare, ed io approfittai. Avvicinai il mio volto al suo, iniziai a massaggiare con le labbra ogni muscolo della sua faccia, ma giravo attorno alla sua bocca senza mai soffermarmi su di essa. Il giochino durava da qualche minuto, sentii lo zio gemere, poi finalmente le sue grosse braccia mi circondarono, le sue mani iniziarono ad accarezzare la mia schiena per scendere poi giù. Sempre più giù sino al mio culetto. Lo zio cercò le mie labbra e, trovatole, ficco dentro con passione la sua grossa e gustosa lingua. Un bacio, mille baci, non riuscivo più a staccarmi dalla sua bocca. L’anulare della mano destra dello zio si introdusse nel mio buchetto, come a volerlo ispezionare.
- Sono vergine li, -disse allo zio- ma ancora per poco; se devo perdere la mia verginità, voglio che sia un uccello come il tuo a deflorarmi -. Lo zio disse solo: - se è questo quello che vuoi, questo è quello che avrai -.
Mi girò sotto di lui, ora fu lui a far scivolare la sua grossa lingua su tutto il mio corpo, soffermandosi sui capezzoli, sulle palle e, quando raggiunse il buco del mio culo, lo profanò, fino a dove riusciva ad entrare. Bagnò il mio buco con cura poi, sollevò le mie gambe sulle sue spalle e, senza esitazioni, vi appoggiò la grossa cappella.
- E’ questo che vuoi? - Mi chiese ancora lo zio.
- Si zio lo voglio, lo voglio tutto dentro -.
Lo zio diede una prima decisa spinta. Mi sentii lacerare, un fitta dolorosissima mi salì fino al cervello, urlai, ma urlai di non smettere, di darmi tutto il suo cazzone, di farmi sentire le sue palle contro le mie chiappe. Sei coraggioso ragazzino, disse a mezza voce lo zio ed a queste parole fece seguire un affondo deciso del suo uccello dentro il mio culo. Ormai era dentro tutto, il dolore fu insopportabile, ma non lo espressi, non volevo un ripensamento dello zio. Lo zio si fermò un attimo e si occupò della mia bocca, introducendovi la sua linguona. La risucchiai, la morsi e questo attenuò il mio dolore. Lo zio sembrò capirlo e, senza abbandonare la mia bocca, iniziò il suo andirivieni. Sentivo le sue palle sbattere contro le mie chiappe. Era quello che avevo voluto e grato, aiutai lo zio sincronizzando i miei movimenti di bacino ai suoi sempre più decisi colpi di cazzo. Lo zio mi scopò per molto tempo, ed io godevo, godevo del suo cazzo nel mio culo, della sua lingua nella mia bocca. Poi un colpo deciso ed un ringhio dello zio mi fecero capire che stava venendo, stava sborrandomi dentro. Senza neanche toccarmi venni anch’io andando ad impiastricciare l’addome dello zio. Non se ne preoccupò minimamente, anzi si allungo su di me senza ancora tirare fuori il cazzo dal mio ormai non più vergine culo. Rimanemmo così sino ad addormentarci.

La mattina mi svegliai, lo zio non era più in camera. Mi guardai attorno con aria soddisfatta, In pochi giorni avevo conosciuto il sesso, lo avevo fatto con tutti i miei parenti.
Gli stessi parenti che avevo sempre definito “PARENTI LONTANI”. Ora avevo voglia solo di tornare a Milano, riabbracciare mamma e… scoprire il mio caro papà. Papà aspettami, fra non molto sarò li a casa, sarò con te e…
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