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Lui & Lei

Godere in tutti i sensi


di PseudoApollinaire
03.03.2017    |    4.936    |    10 9.4
"), anche se il rischio che questo potesse accadere aggiungeva, come ben sapevo pure io, un’altra nota piccante al sollazzo autoerotico..."
Da qualche tempo io e un’anonima interlocutrice ci divertivamo a raccontarci via chat i nostri desideri sessuali più reconditi e apertamente sconci, sguinzagliando la nostra fantasia fino a superare dei limiti che volta per volta credevamo invalicabili. Queste nostre pepate conversazioni e i dettagliati resoconti delle relative masturbazioni erano letti anche da Martina, che si limitava a intervenire tramite commenti, peraltro assai coinvolgenti. La sorpresa fu grande (e gradita, tanto che il mio cazzo sollevò all’istante il capo in segno di assenso mentre leggevo la mail) quando senza preavviso di sorta Martina mi scrisse che avrebbe voluto mettere in pratica lei insieme a me tutte quelle “scopate creative” a distanza (così le avevo chiamate) di cui era stata fedele e interessata lettrice e che l’avevano infiammata per settimane, inducendola a sditalinarsi selvaggiamente in casa e persino fuori, non appena poteva farlo senza essere colta sul fatto (seduta al computer in ufficio, nei camerini di grandi magazzini, in toilette di ristoranti, ecc.), anche se il rischio che questo potesse accadere aggiungeva, come ben sapevo pure io, un’altra nota piccante al sollazzo autoerotico.
Quando, a casa sua, mi imbattei in una donna intorno ai 35 anni, quindi una decina di anni meno di me, piuttosta alta, con un caschetto di capelli biondo-platino e un seno di dimensione e conformazione giuste, elegantemente vestita e con indosso dei sandali con tacchi a spillo (la mia passione) che valorizzavano dei piedi molto intriganti, decorati con tatuaggi sul dorso e con unghie smaltate di un rosso intenso, dello stesso colore della sua collana e dei suoi braccialetti (si era agghindata così perché era al corrente di una delle mie preferenze in materia di look femminile…), decisi che non era il caso di perdere tempo perché la giornata sembrava essere di quelle dove il tempo sembra sempre scarso. Del resto, quando lei rilevò il mio sguardo affascinato dai suoi piedi, entrò nella stessa gaudente ottica, e un minuto dopo eravamo tutti nudi sul letto, lei con le caviglie legate agli angoli (mi aveva fatto strategicamente trovare sul posto i lacci, amando, come me, anche il bondage), e il sottoscritto intento a dilettarsi con un bel paio di estremità femminili.
“I tuoi piedi hanno un buon sapore sai, Martina?”, le comunicai mentre passavo la lingua in mezzo alle dita, assaporando nel contempo l’odore della pianta, che, per quanto velato dall’uso del sapone, restava sempre fortunatamente speciale e personale, e muovendomi verso di lei per piazzare il cazzo, che aveva già irrigidito i suoi 18 centimetri e con la cappella svettante, davanti al suo viso.
Mi rimirava, sembrando apprezzare sia l’incombente fallo, che fissava bramosa, sia il mio fisico slanciato e asciutto. Intanto io mi beavo della vista del suo corpo, che avevo intenzione di festeggiare e godere in ogni modo e dovunque. Stuzzicai con le dita i suoi capezzoli, belli tesi, e poi le divaricai le gambe, per ammirare una figa meravigliosa e un clitoride irresistibile. Annusai e ne stimai il profumo, intenso, prorompente. Poi le feci alzare il bacino per andare a fare la conoscenza dell’ano, che non mi deluse proprio: tondo, leggermente corrugato ma dalla forma invitante, come invitante era l’effluvio che emanava, un mix di pulito e di appetitoso odore naturale del luogo. Come si sarà capito, io amo godere con tutti i sensi, e l’olfatto deve avere la sua parte. Tornai a occuparmi di quella notevole figa che avevo a disposizione e, sapendo i suoi gusti (sia pure indirettamente tramite quelli dell’amica di chat in cui si era identificata) mi distesi su Martina in posizione 69, così intanto lei poteva dedicarsi al mio cazzo e al mio ano (lei invece conosceva i miei gusti direttamente!). Tenendo spalancata la figa, con due dita la scopavo lentamente, mentre leccavo lievemente il clitoride liscio. Lei intanto mi slinguava la base della cappella e con un dito mi vellicava il buco del culo. Più lei mi leccava e mi pompava il cazzo, più questo diventava duro e voluminoso, e più il mio cazzo lievitava e si intostava, più io mi accanivo sul suo clitoride con la lingua e con l’aiuto di una mano, mentre con le dita (tre ora) dell’altra mano penetravo quella figa vogliosa e odorosa, e più facevo questo, più il suo clitoride si gonfiava e la sua figa si bagnava, e allora lei si rivaleva strozzandomi il cazzo, originando un incantevole circolo vizioso. Quando tirai e mordicchiai il clitoride lei gemette e tirò e mordicchiò la mia cappella, facendomi mugolare, quando io allungai dietro di me le braccia per pizzicarle i capezzoli, lei raggiunse i miei capezzoli e li punzecchiò con le unghie, quando io infilai le dita nella figa, lei introdusse la punta dell’indice del mio ano, quando io tolsi la mano dalla figa e mi succhiai le dita fradice, per asciugarle dopo sui suoi piedi, lei fece lo stesso con l’indice umido estratto dal mio buco, pulendolo poi sulla piante del piede, che sniffò socchiudendo gli occhi. La nostra furia erotica cresceva sempre di più, ma entrambi cercavamo di non cedere al godimento, perché quel piacere era delizioso, e più avremmo resistito, più l’orgasmo sarebbe stato squassante e bello. Volevamo pomparci a vicenda nella maniera più vigorosa possibile, per far perdere all’altro il controllo. Io la chiavavo con le cinque dita tenute unite, raggiungendo il fondo della figa, e le mangiavo il clitoride guizzante, mentre lei, utilizzando le due mani, mi mungeva il cazzo per tutta la sua lunghezza e massaggiava la coriacea cappellona, separando la fessura che era in cima e introducendovi la punta della lingua, per assaggiare il liquido vischioso che ne usciva a gocce. Che goduria, avevo il cazzo praticamente scopato dalla sua lingua in un accenno di sounding (che adoro) mentre io le scopavo la figa con la mano e non mollavo la presa dentale sul suo clitoride. Continuammo a lungo così la nostra sfida orgasmica, mentre i nostri sospiri salivano di intensità, fino a che lei iniziò a contorcersi e a emettere degli strilli, che erano musica per le mie orecchie, perché come detto secondo me anche l’udito doveva avere la sua soddisfazione in una performance erotica come si deve (da qui, per inciso, il mio ricorso al sesso telefonico o via cam-audio con amiche e amici, trav e trans, purché fans del genere). Io aumentai il ritmo intimandole di non venire, di aspettare, di gustarsi la scopata della mia mano e i succhiamenti del clitoride, che veniva torturato dalla mia bocca assetata. Lei reagì prendedomi tra le mani i coglioni e strizzandomeli, mentre mi serrava il cazzo tra i denti, con la cappella che era come una prugna rossastra nella sua bocca implacabile, accompagnando le sue azioni con la narrazione orale delle stesse.
“Che cazzone da sogno che hai, te lo voglio segare fortissimo e morderti la cappella”, gorgheggiò, attizzandomi ulteriormente.
Non so se era più duro il mio cazzo o il suo clitoride, ma è un fatto che me lo sentivo così granitico che le chiesi ansimando di accrescere la morsa segandomelo più violentemente che poteva, così come è un fatto che il suo clitoride era così sodo, un vero cazzo in miniatura, che le mie labbra, la mia lingua e i miei denti sembravano avere a che fare con una sbarretta di acciaio, lucente e temprata, ed ero spinto a moltiplicare la frequenza e la potenza del martellamento della mia mano nella sua figa sfondata. Fu un minuto dopo che, dopo che le ebbi esplorato con un dito l’ano, otturando così quell’orifizio come stavo tappando l’altro davanti, accadde un evento straordinario e, per quanto sperato, imprevisto: Martina si fermò di colpo, contrasse ed estese ripetutamente le dita dei suoi seducenti piedi, tendendo allo spasimo le corde che li bloccavano, cominciò a ululare scompostamente e dopo una serie di strida, frasi oscene e spasmi di tutto il corpo e dopo che ebbi tolto la mano che intasava la figa, sparò ondate di liquido chiaro che si proiettarono fin oltre i bordi del letto: di fronte a quel fantastico e inatteso squirting (lei sapeva che mi mandava in estasi ma non mi aveva detto che ne era capace) la mia eccitazione toccò l’apice, anche perché nel gridare il godimento si era aggrappata a due mani al mio cazzo ormai enorme e dalla cappella viola, strangolandolo e provocando un orgasmo che mi sconvolse, come se il deflagrante membro che ne era protagonista non mi appartenesse.
“Sìììì Martinaaa, più forte, svuota quel bel cazzooooo, sììì, cosììì, godooo”, strillai agitandomi come un folle su di lei mentre cercavo di intercettare con la bocca gli ultimi suoi spruzzi, abbeverandomi poi alla figa ancora sussultante, rovente e colante.
Dalle mie palle, che erano strette dalla sua mano rapace, sentii decollare il succo, che salì fulmineamente (ma il tempo sembrava essersi arrestato) lungo l’asta impennata e confluì nella cappella, che definire congestionata era poco e che veniva abilmente tenuta di fronte alle sue labbra dischiuse. Mentre inarcavo la schiena e il mio ano pulsava indecorosamente davanti ai suoi occhi sgranati, tremavo di piacere e proferivo a squarciagola il suo nome, finché la sborra schizzò a fiotti densi in fondo a quella bocca vorace. Lei deglutì tutto, continuando a strofinarmelo fino a che, pur continuando la manovra compressiva con ampi movimenti del polso, non ne uscì più nulla.
A quel punto mi voltai e Martina ed io intrecciammo le nostre lingue in un voluttuoso girotondo che ci permise di apprezzare quanto fosse squisito e conturbante il miscuglio tra i succhi della sua figa e quelli del mio cazzo.

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