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Lui & Lei

Una notte di follia


di Revwolfwood
03.06.2025    |    2.095    |    6 9.0
"Abbassò lo sguardo e vide il gonfiore evidente nei pantaloni eleganti di lui..."
Buonasera, sono rev, questo è il mio primo racconto, di fantasia, anche se scritto per qualcuno di reale. I nomi sono modificati per ovvie ragioni. Sono sempre graditi feedback costruttivi per permettermi di fare meglio la prossima volta. Spero vi piaccia, buona lettura.

Ale quella sera non aveva nemmeno voglia di uscire. Un amico troppo insistente, un locale nuovo di cui non gli fregava nulla, la promessa di musica decente e magari qualche nuova conoscenza lo avevano convinto. Aveva scelto una camicia scura, lasciata aperta a scoprire appena il petto, pantaloni eleganti ma sneakers bianche. Il suo modo di essere: curato abbastanza da sembrare disinvolto, come se non gli importasse, e invece aveva passato più di mezz’ora a scegliere l’outfit.
Il locale era un alveare di volti, luci calde che scolpivano sagome, voci che si sovrapponevano a un ritmo morbido e sensuale. Ale stava ordinando un long island, pregando che non fosse il solito quattro bianchi e cola, quando un lampo dorato gli attraversò il campo visivo. Un bagliore liquido, il riflesso di qualcosa di troppo familiare per essere ignorato.
Si voltò.
E il tempo, per un istante, dimenticò di scorrere.
Ilaria.
Non sapeva nemmeno fosse invitata a quella festa. Poi sorrise al pensiero che, in effetti, non era sicuro di conoscere nemmeno la festeggiata. Alta più di quanto ricordasse — o forse erano i tacchi, l’atteggiamento — e capace di attirare l’attenzione della stanza con la sola presenza, quantomeno della parte maschile della stanza. I capelli biondi, tagliati in un caschetto netto e impeccabile, accarezzavano la linea del collo. Il vestito lungo, color oro liquido, sembrava cucito sulla sua pelle abbronzata. Uno spacco vertiginoso accarezzava la gamba a ogni passo, una scollatura profonda che lambiva appena il seno — elegante ma crudele quanto bastava. La schiena nuda, il tessuto che le avvolgeva i fianchi e si arrendeva alle curve, un fondoschiena perfetto come Ale ricordava e che aveva imparato a desiderare.
I loro occhi si incontrarono.
Un istante.
Poi un altro.
E il sorriso. Quel sorriso che nessun messaggio, nessuna foto filtrata da uno schermo era mai riuscito davvero a restituirgli.
Il sangue gli montò rapido, caldo, mentre il cuore accelerava i battiti.
Le andò incontro senza pensarci. Nessun piano, nessuna esitazione, solo il bisogno primordiale di colmare quella distanza mai davvero esistita. Quando le fu di fronte, il profumo di lei — dolce, carnale, con una scia di qualcosa di floreale e peccaminoso — gli arrivò addosso, mescolandosi all’odore di… di… di non ricordava più cosa ci fosse nel suo bicchiere ma non era male.
«Non sapevo saresti stata qui,» disse, la voce più bassa, leggermente roca.
Lei rise piano, quel suono pieno di sottintesi, di cose non dette. «Neanche io. Ma guarda che sorpresa.»
Lo sguardo di Ilaria lo sfiorò, lento, dall’apertura della camicia ai suoi occhi. Era un contatto silenzioso, intimo, una carezza fatta con gli occhi. E in quell’occhiata c’erano vergogna, eccitazione, orgoglio e quella punta di sicurezza in uno strano mix che Ale aveva sempre trovato irresistibile.
«Come sei elegante» sussurrò.
Lui sorrise appena, inclinando la testa. «Tu sei… devastante.»
Rimasero a pochi centimetri, intrappolati in una corrente invisibile. Ale avrebbe potuto sfiorarle il fianco, afferrarla con una mano dietro il collo e attirarla a sé, affondare il naso nella piega del collo, sfiorarlo con le labbra. Ma non lo fece. Perché era quella tensione a tenerli vivi, quel filo teso fatto di proposte mai accettate o rifiutate, di paure e di dubbi, tentazioni e "se solo" mai pronunciati ad alta voce.
«Beviamo qualcosa?» propose lei, mordendosi appena il labbro inferiore.
«Se poi non sparisci.»
Ilaria si voltò senza rispondere, il vestito che ondeggiava dietro di sé come un liquido dorato, sentendosi il suo sguardo addosso. Ale la seguì.
Il bancone era immerso in una luce ambrata, la musica scivolava sulle loro spalle come seta pesante. Ordinò il suo vino, lui il solito long island che sapeva avrebbero sbagliato. Mentre aspettavano, Ilaria si voltò, il gomito poggiato al bancone, il corpo inclinato quel tanto che bastava a sfiorarlo. La pelle nuda della spalla sfiorò la sua camicia. Un contatto minuscolo che bastò a far esplodere una scossa sotto pelle. Arrossì diventando improvvisamente consapevole dell’attrito del tessuto sui suoi capezzoli eccitati.
«È strano vederti così vicino, poterti sfiorare, dopo tutto quello che ci siamo detti,» mormorò, la voce che gli lambiva l’orecchio come una carezza bagnata.
Ale la guardò. «Strano sì. Ma incredibilmente bello.»
Ilaria gli posò una mano sul petto, le dita leggere che indugiavano sull’apertura della camicia, disegnando linee invisibili che evocavano brividi e promesse appena sussurrate. Lui la prese per il polso, senza stringere, solo per tenerla lì, sentirla viva contro la pelle.
«Ti ho vista nuda,» disse Ale, «mi hai fatto perdere la testa tante volte, ma mai come questa sera. Non ti ho mai vista così sexy.»
Il sorriso di lei fu un misto di complicità e peccato. Si avvicinò ancora, il respiro che sfiorava il suo collo. «Non fare così Ale, fai il bravo… ti prego.»
Ma le sue labbra la tradirono un secondo dopo, sfiorando la sua guancia in un gesto intimo come un bacio che non era un bacio, in un’assenza di spazio tra di loro che aumentava se possibile quella strana tensione. Altri brividi per entrambi.
I loro occhi si incontrarono. Quel tipo di sguardo che non lascia scampo. Niente più parole. Solo quella fame antica, mai sazia.
«Vieni con me,» le disse.
Lei annuì appena, e senza aggiungere altro, lo prese per mano e si fece trascinare via, attraverso la folla, dietro una tenda di velluto scuro. Un angolo d’ombra, un divano dimenticato, il rumore del locale attutito, quella penombra che sapeva di segreto.
Si fermarono lì. Ale la prese per i fianchi, attirandola contro di sé. Il corpo di Ilaria si incastrò al suo con una naturalezza che fece male e bene insieme.
Il primo bacio fu lento, indecente nella sua dolcezza, un’esplorazione di sapori e promesse. Poi più profondo, più feroce. Mesi di confidenze in chat si tradussero in due lingue che giocavano l’una con l’altra, si rincorrevano sfiorandosi a vicenda.. Le mani di Ale scivolarono sulla schiena di lei, tracciando la linea morbida della spina dorsale, mentre le dita di Ilaria gli si intrecciavano nei capelli, tirandolo a sé per farsi baciare con maggiore passione.
Si separarono solo per un respiro.
«Non dovevamo…» sussurrò lei.
«Lo so.»
E poi si cercarono ancora, senza più difese, senza più regole.
Il locale, le luci, il passato, le promesse mancate — tutto scomparve.
In quell’angolo di notte, c’erano solo Ale e Ilaria.
E il peccato che, finalmente, non avevano più voglia di negarsi.
Tornarono in sala con il cuore ancora in tumulto, le labbra umide di un bacio che sapeva di promessa e il timore sottile che qualcuno avesse potuto notare quella loro assenza improvvisa. Si scambiarono un’occhiata rapida, come due complici colti a metà di una marachella. Nessuno sembrava però farci caso. La musica continuava a battere morbida, la gente rideva, e tutto scivolava via in quell’atmosfera sospesa.
Decisero di sedersi a un tavolo appartato, un angolo meno illuminato dove poter recuperare fiato e parole che nemmeno loro sapevano ancora trovare. Ma il gioco durò poco. Alcune amiche di Ilaria si aggiunsero alla tavolata, portando con sé una bottiglia di vino rubata chissà dove e qualche risata troppo alta.
Ale cercava di mantenere un’aria composta, ma il profumo di lei, quella nota calda e sottile che l’aveva stordito poco prima, gli stava ormai facendo perdere ogni prudenza. Era come se ogni centimetro che li separava fosse di troppo. E Ilaria, ora, sembrava di nuovo distante, lo sguardo intento a sorridere alle amiche, a fingere una normalità che vacillava sotto il peso di quella tensione, dell’eccitazione che da prima sentiva al basso ventre, delle dita che ancora percepiva scorrere lungo la schiena nuda fermandosi ad un passo dalla curva del suo gluteo sodo.
Fu lui a spezzare il gioco.
Sotto il tavolo, nascosto dalla tovaglia, sfiorò la sua gamba nuda con la punta delle dita. Un gesto leggero, ma sufficiente a farla trasalire appena mentre portava il bicchiere alle labbra. Il vino rischiò di andarle di traverso, ma lei non disse nulla. Non si scostò.
Ale prese quel silenzio come un invito e la sua mano si fece più sicura, scivolando lungo la coscia di lei, risalendo lenta, fino a sfiorare il tessuto sottile del vestito, l’orlo che accarezzava l’interno coscia. La sentì irrigidirsi un istante, poi percepì solo il calore della sua pelle sotto le dita.
Ilaria si morse il labbro, continuando a fingere di seguire la conversazione. Ma dentro di sé, sapeva di aver già ceduto. Il vino, il contatto proibito, quella situazione assurda e irresistibile… tutto si mescolava in un languore crescente, nella consapevolezza di quanto fosse diventata umida, di quanto il suo corpo la tradisse, senza più freni.
Quasi senza rendersene conto, schiuse appena le gambe, un gesto sottile, appena percettibile. Ale accolse quel cenno senza esitazione, le dita che si insinuavano più in alto, accarezzando il bordo degli slip, giocando con il confine tra pelle e tessuto, passando il dito fra le labbra coperte da quel minuscolo pezzo di stoffa. La sentiva calda, bagnata, la sentiva fremere sotto il suo tocco, aprire e chiudere le gambe nonostante tentasse di rimanere immobile. Il cuore di Ilaria prese a martellare forte, il respiro leggermente più corto. Avvertiva ogni sfioramento come una scarica, ogni minima pressione come una provocazione a cui non riusciva più a sottrarsi.
Abbassò lo sguardo e vide il gonfiore evidente nei pantaloni eleganti di lui. Una visione che la scosse ancora di più, trasformando l’imbarazzo e la paura di essere scoperti in complicità sfrontata. Raddrizzò la schiena e, in un gesto quasi teatrale, prese il bicchiere e propose un brindisi per la festeggiata, riempiendo il suo calice fino all’orlo e svuotandolo in un unico sorso, tra le risate delle amiche.
Le guance le si fecero più rosse, il sangue caldo che le colorava la pelle. Questa volta fu lei a cercarlo, lasciando scivolare una mano sul suo ginocchio, risalendo lenta lungo la coscia, fino a sfiorargli l’evidente erezione. Ne sentì il calore, la consistenza tesa sotto il tessuto, e un brivido le attraversò la schiena. Sentì la mano piena di quella carne dura ed eccitata, eccitata per lei, lo sentì fremere di desiderio sotto il suo tocco. Si sentì desiderata, voluta, davvero come non le accadeva da tempo e questo pensiero la sciolse ed eccitò ancora di più.
Ale trattenne un gemito e, approfittando di un momento in cui nessuno sembrava guardarli, spostò appena di lato il perizoma di lei, le dita che scivolarono penetrandole la figa bagnata. Ilaria si irrigidì, il piacere improvviso la costrinse a ricomporsi, raddrizzandosi sulla sedia. Si avvicinò al suo orecchio, il fiato corto e la voce un sussurro roco di eccitazione che sapeva di provocazione e resa:
«Ti aspetto. Seguimi.»
Gli prese la mano, la spostò lentamente dal suo corpo, sistemò il vestito con grazia e si alzò in piedi. «Vado un attimo in bagno,» annunciò, abbozzando un sorriso che nessuno sembrò cogliere davvero.
Ale contò i secondi, mentre cercava di mascherare il fuoco addosso. Poi si alzò anche lui, accennando una scusa. «Ragazze, scusate… vado a fumare.»
Si incamminò nella stessa direzione, il cuore che gli batteva come un tamburo sordo. Arrivato davanti ai bagni, rimase incerto un attimo. Fu lei a trovarlo, comparendo sorridente dalla porta delle donne, afferrandolo per il colletto della camicia e tirandolo dentro, chiudendola a chiave alle loro spalle.
Il bacio fu immediato, impastato di desiderio e di vino. Le mani di lei nei suoi capelli, le dita di lui sui fianchi. Il sapore della pelle e il respiro caldo contro l’orecchio. Ilaria lo morse piano, un gesto carico di rabbia e voglia.
«Perché ci hai messo tanto?» sussurrò, e Ale rabbrividì.
Erano lì, stretti in quell’angolo rubato, con il cuore in gola e il corpo che chiedeva piacere. Le mani di Ale le cingevano i fianchi, attirandola a sé con una fame che non aveva più voglia di mascherare. Ilaria si lasciò andare contro di lui, le labbra che cercavano le sue in un bacio profondo, impastato di vino e desiderio, come se in quell’attimo potessero cancellare gli anni rimasti sospesi.
Le mani di lui si mossero decise, affondando nei capelli di lei mentre il bacio diventava più lento, più morbido, poi più feroce. Ale scivolò lungo il collo di Ilaria, tracciando con le labbra una scia di brividi fino alla curva della clavicola, dove rimase a mordicchiare piano. Lei si inarcò, offrendo il corpo a quei baci. Lui colse l’invito.
Con gesti rapidi, immaginati più volte nella sua mente, scostò appena i lembi del vestito, lasciando che una parte del seno sfuggisse alla stoffa. La osservò appena un istante, come se volesse imprimere quella visione nella sua mente eccitata, poi fece scivolare la bocca sulla curva morbida di quel seno, sulle pelle calda che si increspava di brividi al suo tocco lieve. Passo la punta umida della lingua sul capezzolo inturgidito che si tese mentre lo sfiorava piano, per poi prenderlo tra le labbra, stringerlo, succhiarlo, quasi a farle male.
Ilaria chiuse gli occhi, trattenendo un gemito, una mano sul muro freddo e l’altra tra i capelli di lui. Sentiva il calore crescere dentro di sé, le gambe farsi molli e il cuore battere in gola. Sentiva la sua eccitazione bagnare il perizoma. Ale si prese il tempo di assaporarla, di mordicchiarle piano la pelle, di lasciare baci e piccole scie con la lingua sulla carne sensibile.
Poi le sollevò una gamba, poggiandola sulla sua spalla, facendo scivolare il vestito lungo la coscia. Il perizoma, sottile, appena una traccia di tessuto nero, fu scostato con una carezza lenta. Le labbra di lui trovarono l’interno coscia, con baci che salivano piano si fece strada fino alle labbra umide della sua figa, ci giocò appena con le labbra per poi continuare fino a penetrarla.
Ilaria si morse il labbro, il respiro spezzato, un gemito sommesso che le sfuggì mentre lui la cercava con la lingua, tracciando piccoli cerchi con la punta sul clitoride ormai turgido ed eccitato. Ogni volta che si soffermava su quel punto, ogni volta che lo succhiava piano, la faceva tremare, la sentiva stringersi a lui, il corpo incapace di mentire.
Ale sollevò lo sguardo, incontrando il suo. Nei suoi occhi, una resa totale. Voleva vederla perdersi con lui, totalmente abbandonata al piacere.
Ma fu Ilaria a sorprenderlo. Gli fece segno di alzarsi, alzandogli il mento con le dita. Lo attirò a sé e, mentre ancora il sapore di lei era sulle labbra di lui, le sue mani si mossero rapide a liberargli la cintura, il bottone dei pantaloni, la cerniera. Estrasse l’erezione tesa, calda, pulsante. Sentì finalmente quel cazzo fra le mani, lo aveva visto solo in foto qualche anno prima, ora lo sentiva pulsare di eccitazione nella sua stretta. Guardo in basso apprezzandone le dimensioni a lei insolite per poi alzare lo sguardo verso di lui, gli occhi che brillavano di una nuova luce maliziosa.
Senza dire nulla, si abbassò, lasciando scivolare la lingua lungo la lunghezza, assaporandone la consistenza, l’odore, il calore. Un gesto lento, deciso, senza esitazioni. Le labbra che ne saggiavano il sapore, la lingua che lo accarezzava appena, come a volerlo scoprire, centimetro dopo centimetro. Passava la lingua sulla cappella, sull’asta, riempiendola di saliva e rendendola lucida e sensuale. Poi decise di aprire meglio le labbra e accoglierlo nella sua bocca. La sentiva piena. Si sentiva sottomessa a lui ma allo stesso tempo sentiva di avere lei tutto il potere. Lo sentiva ansimare, gemere, dirle che lo stava facendo impazzire. La stava facendo sentire brava, irresistibile, una dea del sesso mentre con una mano continuava a darle piacere torturandole un capezzolo.
Ale guardava il suo cazzo sparire per oltre metà in quella piccola bocca, il fiato spezzato, la mano tra i capelli di lei ad accompagnare un movimento che in realtà dettava lei. Era uno strano mix tra sottomissione e dominazione, un qualcosa che accendeva entrambi.
Fu solo un assaggio, perché Ilaria si rialzò in piedi, il viso acceso, le labbra lucide, il respiro incerto.
«Qui no…» sussurrò, ancora con la voce velata dal desiderio. «Ti voglio… ma non qui»
Lui annuì, consapevole di essere ormai troppo oltre per riuscire a fermarsi davvero. Ma non lì. Non in quel bagno, non senza il tempo di prendersi tutto quello che avevano tacitamente rimandato o con la paura che qualcuno potesse scoprirli.
Si ricomposero in fretta, gli sguardi che continuavano a cercarsi, il sapore dell’altro ancora sulle labbra. Prima di aprire la porta, Ale si avvicinò di nuovo al suo orecchio.
«Stanotte, Ilaria…» non seppe come continuare
Lei sorrise, trattenendo un brivido, e rispose piano:
«Ti voglio nascosti dalla notte.»
La musica della festa si attutiva dietro la porta del bagno, mentre Ilaria si passava le dita tra i capelli, il respiro ancora affannato. Il sapore delle labbra di Alessandro era rimasto sulle sue, la sensazione di quel cazzo duro fra le sue mani, nella sua bocca, le riverberava in testa e nel basso ventre. La figa le pulsava ancora del piacere della lingua di Ale e ogni centimetro della sua pelle sembrava vibrare al pensiero di lui. Alessandro la fissava, gli occhi scuri che non lasciavano spazio a dubbi.
«Andiamocene» sussurrò lei, la voce appena un soffio, ma carica di quella tensione che entrambi si portavano dietro da troppo tempo.
Uscirono dal locale uno alla volta, come sconosciuti. Ale per primo, il passo veloce, il cuore che batteva ancora troppo forte. Raggiunse la macchina parcheggiata qualche via più in là e si appoggiò al cofano, una sigaretta tra le dita senza nemmeno la voglia di accenderla. Guardava il marciapiede bagnato dalla pioggia leggera e dal riflesso giallastro dei lampioni.
Pochi minuti dopo la vide arrivare. Ilaria camminava a passo svelto, il viso nascosto sotto il cappuccio della giacca, ma gli occhi che non mentivano. Quando gli furono di fronte, non servì nemmeno una parola. Bastò quello sguardo che diceva tutto. Lui aprì la portiera, lei salì accanto a lui.
Guidarono per pochi minuti, la tensione nell’abitacolo quasi palpabile, finché non imboccarono una stradina sterrata che si perdeva tra alberi e campo aperto. Alessandro spense il motore, il silenzio della notte che li avvolse come un complice.
Chiusero le portiere, il mondo fuori si fece ovattato. Il rumore della pioggia leggera sui vetri, il calore dei loro respiri. Si fissarono nel buio appena rischiarato dal lampione di fronte.
«Spostati dietro,» sussurrò lui, la voce roca.
Salirono entrambi sui sedili posteriori, il vestito di lei già raccolto sopra i fianchi. Fu lui a piegarsi verso di lei afferrandole con una mano il collo tirandola a sé. Le labbra che cercarono le sue con una fame nuova, profonda. Le lingue che si inseguivano in quell’abbraccio umido, giocando a scoprirsi, cercarsi e poi lasciarsi per riprendere fiato. Le mani di Ilaria gli sfiorarono il collo scendendo verso le spalle, seguendo il contorno di quelle spalle larghe, apprezzandone la consistenza. Sentendo sotto le dita i muscoli tesi, il calore della pelle attraverso la stoffa.
Il bacio si fece più affamato. Una mano di Alessandro scese lungo la schiena scoperta fermandosi sui suoi fianchi stretti e poi sulle gambe atletiche, dove il vestito si sollevava appena ad ogni movimento. Ilaria gemette piano contro la sua bocca.
Il ragazzo la sollevò con naturalezza, facendola sedere sulle sue gambe nel sedile posteriore. Ilaria si sistemò a cavalcioni, sentendo il corpo di lui sotto di sé, il calore che le attraversava il ventre in un’ondata calda e liquida. Il perizoma ormai bagnato a contatto con i suoi pantaloni eleganti, la sua durezza che ora sfregava proprio nel suo punto più sensibile.
Le mani di lui si posarono sulle cosce, accarezzandole piano, risalendo a scoprire centimetri di pelle liscia e calda. Ilaria si muoveva contro di lui, ondeggiando contro la sua erezione, massaggiandogli il cazzo con un ritmo lento, posato, ma che tradiva in lei tutta l’eccitazione accumulata. Quel contatto le faceva aumentare il battito, accelerava il respiro a entrambi.
Alessandro le sfilò il vestito lentamente, lasciandolo scivolare sulle spalle, fino a scoprire il seno sodo e perfetto, che sembrava fatto per le sue mani. La pelle d’oca che si sollevava sotto le sue dita. Ilaria si morse il labbro inferiore, arrossendo ma senza smettere di guardarlo, studiandone le reazioni.
Le mani di lui si fecero più audaci, sfiorando con la punta delle dita la schiena, dove la pelle era più sensibile, scendendo verso quel culo che tanto lo faceva impazzire, mentre le labbra le baciavano il collo, risalivano verso il lobo, per poi riscendere tracciando con la punta della lingua una scia di umidità appena percettibile. Le baciò le spalle, poi fu la volta dei seni. Ogni bacio era una scossa sottopelle.
Ilaria si lasciò andare contro di lui, le dita tra i capelli corti, il bacino che si muoveva istintivo, cercando più contatto, più attrito. Sentiva il corpo di Alessandro rispondere al suo, il calore che cresceva, l’eccitazione che si faceva quasi insopportabile.
Le mani di lui si serrarono sui suoi glutei pieni e sodi, su quel culo fantastico, affondando con le dita nella carne, stringendo, massaggiando, usandolo per tirarla a sé e premerla contro il suo cazzo. Le curve che lei continuava a credere difetti, per Ale, invece, erano pura tentazione. La bocca di lui si prese finalmente il suo seno, iniziando un lento lavoro di lingua sul capezzolo inturgidito e sensibile per la voglia. Lo stuzzicava piano con la punta, ci ruotava intorno, lo prendeva fra le labbra stringendolo fino a provocarle un leggero dolore misto a piacere. Ilaria gemette il suo nome, avvinghiandosi a lui, mentre ognuno di quei gesti la rendeva sempre più bagnata.
Le mani di lei ora armeggiavano febbrilmente con la cintura, i bottoni, di quei maledetti pantaloni eleganti, Ale l'aiutò sollevandosi dal sediolino quel tanto che bastava per abbassarli insieme ai boxer.
Ilaria fu rapida, istintiva, e quando la sua mano lo strinse, Ale trattenne il fiato. Si spostò di lato, abbassò il viso e ancora una volta avvolse quel cazzo duro così voglioso di lei nella sua bocca. Lenta, profonda, si sentiva piena di quella carne bollente e leggermente salata, un sapore che con altri non tollerava ma che ora stava imparando ad apprezzare. La lingua che lo accarezzava, giocando con il bordo della cappella, passando sul frenulo per poi scendere in tutta la lunghezza. La saliva che scivolava lungo la pelle tesa rendendolo ancora più sensuale mentre dal basso vedeva l’eccitazione di lui. La eccitava da morire. Non era solo un godere passivo, la coinvolgeva, la cercava, le diceva parole che sentiva nella sua figa e la spingevano a dare il meglio di lei per farlo godere. Lui si abbandonò per un attimo al piacere che lei gli stava regalando, poi la prese per il viso e la risollevò, guardandola negli occhi.
«Voglio te.»
La stese sul sedile, il corpo rannicchiato e pronto. Ale le sollevò le gambe, il vestito come oro liquido, il perizoma scostato di lato, il seno scoperto eppure la cosa più sensuale restavano i suoi occhi e le sue labbra dischiuse in attesa. Poggiò il suo cazzo duro contro la sua figa sfregando un paio di volte la cappella turgida contro il clitoride. Giocando un pò con lei, assaporandone le reazioni. Poi inizio a penetrarla piano, il cazzo che scivolava lentamente dentro di lei, centimetro dopo centimetro, premendo contro le pareti della sua figa mentre si allargavano per accogliere quel diametro. Servirono più tentativi per arrivare finalmente in fondo, il cazzo completamente affondato dentro di lei. Poi usci quasi del tutto e cominciò a penetrarla con maggiore forza, sfilandolo e scopandola nuovamente per l’intera lunghezza. Colpi forti e decisi ma cadenzati, voleva farla impazzire, farla sua. Lei ormai era un gemito continuo, ogni affondo le strappava un verso di godimento, il viso contratto nel piacere e nella sorpresa. «Com’è grosso Ale, fai piano» Ma l’ennesimo gemito la tradì, nessuno dei due cercava più delicatezza. La passione stava divampando, il ritmo si faceva via via più serrato, ogni affondo era violento, crudo, intriso della voglia animalesca di godere e far godere. Le mani di lui che le stringevano i fianchi, le sue unghie sulla schiena di lui.
Quel cazzo ormai non le dava tregua, regalandole sensazioni uniche mentre le scavava dentro dandole la sensazione di arrivare più in fondo ogni volta. La sua figa non era da meno, pulsava di piacere avvolgendolo in uno spasmo e facendo totalmente perdere la testa ad Ale.
Ogni frizione era una corrente che le attraversava il ventre, ogni sussurro un incendio che la faceva tremare. Il piacere salì rapido, un’onda calda e potente che partiva dalla figa e si propagava fino ai capezzoli turgidi facendole perdere il respiro.
Si strinsero ancora più forte, lui aumentando il ritmo «Ila sto per venire» sussurrato al suo orecchio, lei che si abbandonava in quel momento, finalmente libera, finalmente sua «Cazzo, anche io»
Il piacere arrivò rapido, violento. Lei si contorse, la voce spezzata in un gemito strozzato, il corpo scosso da un orgasmo che la attraversò come una scossa. Ale le prese i fianchi, la tirò ancora più a sé e venne poco dopo, mordendosi il labbro per non urlare.
Rimasero così, ansimanti, la pelle incollata, i cuori impazziti. Le mani che ancora cercavano, esploravano il corpo dell’altro.
«E’ stato fantastico, sei stupenda» mormorò Alessandro, sfiorandole le labbra con un bacio lieve.
E Ilaria sorrise, stanca, spettinata, felice. «Non riportarmi indietro.»
Ale rise piano, la bocca sulle sue tempie, il profumo della pelle sudata e del sesso ancora nell’aria.
«Stanotte non finisce qui,» aggiunse lui.
E lei annuì, senza fiato, sapendo che no, non era finita. Non sarebbe finita. Nascosti dalla notte, tra le strade deserte, nel silenzio complice di quella città addormentata.
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