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Gay & Bisex

Scopato da due focosi camionisti nella doccia di un autogrill!


di NiceDriver28
24.10.2013    |    21.442    |    4 9.4
"Raffaele, trovandosi viso a viso con me, mi ficcò la lingua in bocca talmente tanto brutalmente da togliermi il respiro e poi, spingendomi per la nuca, mi..."
La storia che sto per raccontarvi è avvenuta a maggio dello scorso anno in un autogrill nei pressi di Firenze. Mi trovavo in viaggio sull’ A1 Milano-Napoli, erano le due di notte e nonostante l’aria, a quell’ ora, fosse piuttosto fresca, guidavo con il finestrino aperto per far sì che il vento proveniente da fuori mi tenesse sveglio. Non avevo ancora raggiunto la destinazione che mi ero prefissato ma, essendo in viaggio da diverse ore, la stanchezza cominciava a farsi troppo insistente e così, nonostante mancasse poco per arrivare alla meta, decisi di fermarmi per riposare un po’ per poi, magari, ripartire al mattino presto.
Entrai nell’ autogrill per comprare una barretta di cioccolato e vidi, sui cartelli che indicavano la direzione della toilette, un’ icona che raffigurava il servizio docce. : “Bene”, pensai fra me e me, “su questo autogrill ci si può fare la doccia. Ne ho proprio bisogno!”. Scesi al piano sottostante per verificare le condizioni igieniche in cui le docce riversavano e, dopo aver appurato fossero gradevolmente pulite, mi recai in macchina a prendere il bagno schiuma, l’accappatoio ed i vestiti per cambiarmi. Misi il tutto in uno zaino e rientrai in autogrill scendendo nuovamente al piano inferiore in cui vi erano i bagni e le stanze per le docce. A quell’ ora l’autogrill era pressoché vuoto. Ai piani inferiori, poi, non c’era proprio nessuno, a parte due uomini che parlavano fra di loro nel piccolo corridoio che portava alle docce. Erano due camionisti, lo intuii dal fatto che parlavano di cose tecniche proprie dei tir: di rimorchi, di bisarche e via dicendo. Uno di loro aveva all’ incirca una quarantina d’anni, alto, moro, i capelli leggermente lunghetti ingelatinati raccolti in un codino ed indossava una tuta dell’ adidas nera a strisce bianche. L’altro, un po’ più basso ma di corporatura più massiccia, sembrava più giovane di qualche anno. Non credo superasse i trentacinque. Era pelato, con una bandana sulla testa, indossava un bomber di pelle nera che, aperto sul davanti, faceva intravedere una canotta nera di quelle che hanno la tramatura a rete ed un jeans aderente, sdrucito alle ginocchia, con una cintura che riportava, sull ’ardiglione, due aquile. Era sicuramente una cintura molto appariscente quella e, mentre passavo dinanzi a loro per andare verso le docce, il mio sguardo si focalizzò proprio sulla cintura, in quanto cercai di decifrarne il disegno. In quel momento, il ragazzo che indossava la cintura si tastò il pacco ed io, istintivamente, richiamato all’ attenzione da quel movimento, distolsi lo sguardo da quella direzione e lo alzai verso i due uomini che, prima, abbozzarono un sorriso e, poi, si guardarono fra di loro.
Chi sta su questo sito dovrebbe ben sapere cosa indicano un paio di sguardi lanciati in quel modo nei posti ove è più semplice si possano verificare situazioni di sesso. Sono sguardi fugaci, agli occhi degli altri impercettibili, ma dalla prospettiva di chi quegli sguardi li lancia e li riceve, sono segnali ben precisi. Vogliono dire tanto!
Pensai, infatti, fra me e me, che guardando verso il pacco di uno di loro avevo potuto far intendere che cercassi qualcosa di ben preciso, anche perché i due uomini se ne erano accorti e si erano lanciati uno sguardo malizioso, smettendo di parlare di ciò che stavano discutendo poco prima. Guardandomi, borbottarono fra di loro qualcosa in dialetto, (da quel che riuscii a capire in quel momento era un dialetto calabrese o siciliano) mentre io mi stavo avvicinando sempre più alle cabine delle docce. Ebbi un po’ di timore anche perché io non prediligo i rapporti a tre, mi piace più concentrarmi su una sola persona alla volta. In tutta sincerità, però, quei due tipi non erano proprio niente male. Se avessi incontrato uno o l’altro, separatamente, non nascondo che qualche cenno per attirare il maschio di turno lo avrei fatto, ma erano in due e quindi preferivo soprassedere concentrandomi solo sul fatto che avevo bisogno di fare una bella doccia calda.
Entrai in una delle cabine e notai che, sulla sedia accanto alla doccia, c’era un borsone. Uscii immediatamente dalla stanza-doccia e mi ritrovai dinanzi il tipo con la tuta che mi disse : “È mio il borsone, te lo tolgo subito!” . Io, un po’ tremolante perché non mi aspettavo improvvisamente quella presenza, balbettai : “No, non preoccuparti, vado nell’ altra!”. Sorrisi e mi spostai nella cabina successiva. Entrai e, nel chiudere la porta, abbozzai un titubante : “con permesso!”, guardando quel piacente maschio che mostrava un rigonfiamento fra le gambe che lasciava poco spazio all’ immaginazione. Chiusi la porta e pensai, col cuore in gola : “Questi stanno arrapati un bel po’, meglio non fomentare le loro intenzioni!”. In due avevo troppa paura. Una persona sola, in certi posti, è più gestibile, due potrebbero, invece, essere imprevedibili ed un tantino più pericolose. In ogni caso, ripercorsi mentalmente gli attimi che avevano preceduto la mia entrata nella seconda stanza e risolsi che, a parte la fugace guardata in direzione cinta del tipo in jeans, non avevo avuto atteggiamenti che potessero far presagire una qualsivoglia tipologia di richiamo sessuale nei loro confronti e quindi potevo stare relativamente tranquillo. Mi chiusi dentro, mi spogliai, aprii la doccia e mi infilai sotto il flusso d’acqua che, in quel momento, fu un piacevolissimo toccasana. Ero tranquillo ed ignaro di quello che sarebbe successo di lì a poco. Praticamente, la porta di quella stanza–doccia era difettata e nonostante io credessi di averla chiusa, questa si era leggermente riaperta. Non mi sarei accorto di nulla se non avessi sentito la voce del tipo con la tuta, con cui avevo parlato poc’ anzi, che diceva all’ altro ragazzo, sempre in dialetto: “Ha lasciato la porta socchiusa, te l’avevo detto che ci stava!”. Avevo chiuso i pannelli opachi che circondavano il piatto doccia e, sentendo quella voce, istintivamente, guardai in direzione della porta. Vidi queste due figure introdursi dentro la stanzetta, tentando di richiudersi la porta alle spalle. Il tipo con la tuta aprì i pannelli ed io me li ritrovai davanti . Non sapevo cosa dire. Balbettai solo : “La porta qui è difettata e non….” ma non ne ebbi il tempo. Mi ritrovai quattro occhi piantati addosso che mi guardavano con lussuria ed il tipo col jeans, toccandosi nuovamente il pacco (già bello gonfio), esclamò, squadrandomi dalla testa ai piedi: “Minchia ma frate e quantu si bbonu!”. Qualcosa del genere. L’uomo con la tuta si chiamava Maurizio, l’altro Raffaele. Lo so perché successivamente si chiamarono spesso fra di loro, altrimenti non avrei mai conosciuto nemmeno il nome di quei due intraprendenti camionisti che volevano possedermi lì, nella stanzetta di quella doccia dell’autogrill.
Maurizio mi afferrò per un braccio e mi tirò fuori dalla doccia. Lui si pose con le spalle al muro e mi attirò a sé. Io cercai di dire che era pericoloso, che la porta era difettosa e poteva entrare qualcuno ma lui, deciso, esclamò : “Nun ven niusciuno cca!” e così dicendo mi infilò la lingua in bocca tenendomi stretto. Intanto sentivo Raffaele armeggiare alle spalle vicino alla porta : “Oh Maurì questa davvero non si chiude!” ma Maurizio, penso, non lo sentì nemmeno perché era troppo impegnato a trapanarmi la bocca con la sua lingua. Con la coda dell’occhio, girando leggermente il capo, vidi Raffaele che prendeva la sedia accanto alla doccia su cui vi era poggiato il mio zaino con i vestiti di ricambio e la incastrò nello spazio minimo che intercorreva fra la porta ed il piatto doccia, di modo che la porta rimanesse bloccata. Dopo questa operazione mi agguantò, da dietro, afferrandomi per i fianchi. Sentii il suo pacco durissimo strusciare sulle mie chiappe nude e bagnate. Sentii le due aquile di ferro della cintura premere contro il mio fondoschiena mentre prese a baciarmi e leccarmi il collo. Non capii più nulla. Avvertii, contemporaneamente, il pacco di Maurizio premermi sulla pancia e quello di Raffaele sul di dietro mentre mi baciavano ovunque sussurrando frasi porche, per lo più in dialetto che, quindi, capivo a fasi alterne.
Ad un tratto Raffaele, da dietro, mi afferrò per la nuca e, facendo pressione, mi spinse in avanti fino a farmi piegare a 90 gradi, di modo che il mio viso si ritrovasse all’ altezza del rigonfiamento pubico di Maurizio che nel frattempo si era tolto la giubba della tuta mostrando il suo torso poco peloso, atletico e ben definito.
: “Inizia a zucare un po’ di michia, bello, su!” esclamò Raffaele, sempre tenendo il suo pacco pressato contro le mie chiappe. Maurizio si abbassò lievemente sia l’elastico della tuta che quello degli slip ed il suo cazzo, poteva essere sui 18 centimetri, balzando fuori come una sciabola, mi finì istantaneamente in bocca senza che potessi dire alcunché.
Iniziai a succhiare il cazzo di Maurizio assaporandolo per bene mentre lui, mugolando, mi diceva che ero fenomenale. Intanto Raffaele si era abbassato e mi baciava le natiche. Intrufolandosi con la bocca tra le stesse, iniziò a leccarmi il buco del culo ad un ritmo così veemente che quasi mi penetrava l’ano con la lingua. Mi tenevo aggrappato all’ elastico della tuta di Maurizio per non perdere l’equilibrio mentre lui mi spingeva con la testa sul suo cazzo aumentando sempre di più il movimento pelvico. Intanto Raffaele si rialzò e lo sentii, per un attimo, trafficare con i bottoni del suo jeans. Ad un tratto avertii qualcosa di caldo sbattere violentemente sulla mia natica destra, qualcosa di molto, molto grosso. In quel momento, col cazzo di Maurizio in bocca, pensai che Raffaele avesse tirato fuori qualche aggeggio particolare ma si avvertiva, dal calore, che non era affatto qualcosa di inorganico. Era carne, vera, pulsante, vogliosa. Ebbi un sospetto, sempre mentre il cazzo di Maurizio mi scopava la bocca, allungai una mano all’ indietro e cercai di toccare quell’ arnese che mi sbatteva sulle natiche. Lo afferrai, a mala pena, con la mano ed ebbi conferma di quello che pensavo: Raffaele era dotatissimo. Possedeva un cazzo enorme, sia di lunghezza che di circonferenza. Istantaneamente al mio tastare pensai che, semmai avesse dovuto penetrarmi, avrei provato molto dolore e quindi ritrassi la mano, tolsi la bocca dal cazzo di Maurizio e mi alzai di botto. Ebbi solo il tempo di dire: “No…..” che repentinamente quei due tori, ormai imbestialiti, mi girarono. Mi ritrovai così con le natiche che premevano vicino al cazzo nudo ed insalivato di Maurizio e di fronte a Raffaele. Abbassai per un attimo lo sguardo e vidi quel cazzone abnorme che poco prima avevo solo tastato, sparato fuori dai jeans. Raffaele, trovandosi viso a viso con me, mi ficcò la lingua in bocca talmente tanto brutalmente da togliermi il respiro e poi, spingendomi per la nuca, mi fece inchinare. Mi abbassai, di pochissimo, e già mi ritrovai la sua rosea ed enorme cappella sotto le narici. L’odore del suo cazzo mi inebriò. Avrei voluto dire ad entrambi di fermarsi un attimo, che mi stavano sballottando troppo e, pertanto, di fare più piano, ma non ne ebbi il tempo. Mi ritrovai tutta la bocca occupata da quel cazzone smisurato, talmente grosso che facevo fatica a tenerlo nel cavo orale. Intanto Raffaele mi spingeva con la testa e cercava di farmelo ingoiare tutto provocandomi degli inevitabili conati di vomito.
: “Oh Raf“, lo richiamò Maurizio che nel frattempo aveva preso a forzarmi il buchetto con le dita “vacci piano, così lo soffochi!”. Afferrai Raffaele per le tasche posteriori dei jeans e tirai, tentando di provocare uno spostamento all’ indietro del suo bacino per far sì che il suo cazzone mi uscisse dalla bocca ma non ci riuscii, lui spingeva la mia testa sempre più a fondo. Avevo gli occhi pieni di lacrime, conseguenza inevitabile del sentirmi la gola oppressa, li tenevo socchiusi e vedevo le due aquile del cinturone avvicinarsi e distaccarsi dalla mia visuale ad un ritmo incalzante. Ad un certo punto, però, Raffaele decise di graziarmi (forse si rese conto che ero arrivato ormai allo stremo) e mi consentì di prendere un poco d’aria. Tossivo, mi rimisi dritto e buttai le braccia al collo di Raffaele per sorreggermi. In quel momento dissi loro che stavano usando troppa irruenza e che se volevano continuare dovevano fare più piano. Mentre cercavo di far valere le mie ragioni, Raffaele si infilò una mano nella tasca destra del bomber e tirando fuori un preservativo lo passò a Maurizio : “Tieni Maurì, inizia tu a scopare questo culetto da 10 e lode, ti lascio questo onore, poi dopo me lo lavoro io!”. Mentre Maurizio stava infilandosi il preservativo io, ancora con gli occhi lacrimosi, riuscii a mala pena a dire, rivolgendomi a Raffaele che mi stava di fronte e aveva leggermente chinato il capo per baciarmi il collo: “No vi prego, non scopatemi! Io sono stretto e poi specialmente il tuo cazzo è troppo grosso. Vi prego, vi spompino, vi sego, vi faccio arrivare e poi mi lasciate andare. Non scopatemi, non ce la faccio in due!”. Ma anche questa volta ebbi poco tempo per far valere i miei pensieri. Maurizio m’ insalivò il buco del culo, mi penetrò con un colpo secco ed iniziò a scoparmi forte. Sentivo il mio ano slargarsi , dilatarsi sempre più mentre, di nuovo a pecora, mi sorreggevo alle tasche dei jeans di Raffaele che, nel frattempo, mi sbatteva il cazzo in faccia: “Dai che ti piace sto minchione”, diceva “dai che ti piace!”. : “Raffae’, apri sta cazzo di doccia!”, ordinò Maurizio mentre mi fotteva, tra un mugolio e l’altro “che se dovesse avvicinarsi qualcuno da queste parti almeno sente il rumore dell’acqua!”. Raffaele obbedì e poi si sedette sulla sedia che aveva messo tra la porta ed il piatto doccia. Mentre Maurizio mi scopava il culo, io, piegato in avanti, avevo appoggiato le mie mani alle ginocchia di Raffaele per reggermi. Avevo il viso poco distante dal suo cazzone. Lui si masturbava e, di tanto in tanto, alzava il bacino verso la mia bocca e mi diceva: “Lecca bellissimo, lecca sto minchione!” ed io gli davo dei colpetti con la lingua sulla cappella mentre l’odore del suo cazzo diventava sempre più forte. Mentre gemevo al ritmo del cazzo di Maurizio che si muoveva dentro di me, speravo che Raffaele schizzasse. Non volevo essere penetrato anche da lui. Avevo troppa paura. Ma Maurizio, lo avvertivo, era ormai prossimo all’ orgasmo, infatti, poco dopo, estrasse il suo cazzo dal mio culo, si tolse il preservativo e mi venne sulla schiena emettendo versi squisitamente goderecci. Sentii i suoi schizzi inondarmi ovunque, un paio mi raggiunsero la nuca, un paio arrivarono sul bomber di pelle di Raffaele seduto dinanzi a me, un paio sui pannelli che circondavano la doccia. Maurizio era sudatissimo, prendendomi il volto fra le mani mi fece drizzare con il busto e girandomi la testa, essendo lui alle mie spalle, mi diede un bacio in bocca lunghissimo mentre il suo torso sudato si attaccò alla mia schiena come fosse una ventosa. Si tirò su la tuta e si rimise la giubba dicendo: “Sei una favola bello, una favola. Io ora esco da qui, vado a farmi un’altra doccia!” poi, rivolgendosi a Raffaele sorridendo, :”Trattamelo bene eh, non me lo sciupare!” Raffaele si alzò, tolse la sedia, aprì la porta e Maurizio uscì.
Appena Maurizio fu fuori dalla piccolissima stanza, ormai satura di odori di membri maschili, Raffaele mi sorrise e disse: “Adesso a noi bello. Io l’ho fatto appositamente per rimanere solo con te, perché voglio goderti per bene, vedrai ti faccio una bella inculata!” e, così dicendo, mi fiondò nuovamente la lingua in bocca. :“Ti prego, non scoparmi!”, gli dissi “non ce la faccio a ricevere un cazzo di queste dimensioni!” e lui mi tranquillizzò: “Vedrai che ce la farai. Come posso non scoparti, e quando mi ricapiti più tu!”.Così dicendo si tolse il bomber con un gesto deciso, scoprendo le braccia muscolose. Aveva il braccio destro completamente tatuato, la canotta a rete lasciava intravedere un altro tatuaggio, ben evidente, sul pettorale sinistro. Descritto così attizza, oh se attizza, ed anche la visione che avevo in quel momento dinanzi arrapava non poco, ma vi assicuro che quel cazzo era qualcosa di indescrivibile e, credo, avrebbe fatto timore un po’ a chiunque riceverlo, soprattutto a chi come me ha il culo tendenzialmente stretto.
Sempre con questo cazzo sparato fuori dai jeans si accomodò nuovamente sulla sedia e mi attirò a sé facendomi sedere su di lui. Iniziò a direzionare il suo cazzo verso il mio buco, senza mettere protezione alcuna. Allorché io mi ritrassi. Lui capì il mio disappunto, allora estrasse un preservativo di grossa taglia sempre dal solito giubbotto. : “Mi sarebbe piaciuto fotterti a pelle e sborrarti in culo!”, esclamò tentennando, forse sperando in un mio ripensamento “pazienza, ti chiaverò a dovere comunque!”.
Prima di infilarsi il preservativo mi fece inginocchiare davanti a lui e volle lo spompinassi ancora. Cercai di praticare un rapporto orale abbastanza violento ed intenso perché la mia intenzione era sempre quella di fargli raggiungere l’orgasmo per evitare la penetrazione, ma nulla. Mi voleva e basta e non c’era verso di fargli cambiare idea.
Mentre succhiavo, senza preavviso, mi tirò su, s’infilò il preservativo e mi fece sedere sopra il suo cazzo, girato verso di lui, in modo di avermi di fronte :”Voglio vedere il tuo volto mentre ti chiavo, voglio vedere come godi!” esclamò. Rapidamente si sputò sulla mano, mi lubrificò il buco ancora abbastanza dilatato dal cazzo di Maurizio e mi penetrò con un colpo secco. Urlai. Eccome se urlai, non curandomi che qualcuno potesse sentirmi. Cercai di divincolarmi, di alzarmi, ma lui mi teneva per i fianchi e mi diceva: “No no no, non alzarti ti prego, fra poco passa, fra poco passa!”. Iniziò a muovere il bacino, devo dire stavolta molto delicatamente, ma il dolore era comunque fortissimo. Ogni colpo che mi sferrava, mi provocava un dolore atroce ed un conseguente inevitabile grido. Non ce la facevo, non ce la facevo. Così iniziai a volermi distaccare sul serio: “Senti, forse non ci siamo capiti , non ce la faccio, mi fai male, lasciami andare, ti faccio sborrare in un altro modo!” e feci per alzarmi. Ma lui, ormai, era dentro! Si alzò restando attaccato a me e mi spinse con la schiena vicino al muro, sempre tenendomi il suo cazzo dentro. Le mie gambe circuivano il suo bacino, le mie braccia il suo collo: “Proviamo così dai, fa meno male!” mi disse. Io continuavo a dirgli di no ma, evidentemente, lui aveva interpretato quel mio rifiuto come una richiesta fatta di proposito per eccitarlo maggiormente, tanto che addirittura mi disse: “Tu mi respingi perché ti piace la violenza, eh!” e su queste parole, su quel “eh!”detto ad alta voce, mi diede un colpo così forte che quasi mi fece perdere sensi. Da quel momento in poi non usò più tanta accortezza nei miei confronti ed iniziò a scoparmi forte, prima incastrandomi con la schiena vicino al muro e, poi, mettendomi a gambe larghe sulla sedia ponendosi sopra di me. Gridavo, ma più passava il tempo più mi rendevo conto che il mio ano è come se si stesse anestetizzando. Non sentivo più il forte dolore iniziale, ma comunque mi facevo male. Lui sopra di me, soffocava le mie urla ficcandomi la lingua in bocca. Sentivo l’odore di sudore che iniziava a sprigionare la sua bandana e mentre mi chiavava, al ritmo di un martello pneumatico, passava dal ficcarmi la lingua in bocca a leccarmi il collo. Speravo finisse presto, ma Raffaele non accennava a smettere tanto che, più volte, anche Maurizio venne a bussare chiedendo se fosse tutto ok ma, soprattutto, ci ordinava di fare meno versi perché in bagno erano sopraggiunte delle persone che avrebbero potuto sentire. Ma io non ci badavo, ero troppo preso dal gestire il dolore provocato da quell’ enorme cazzo duro che si stava impadronendo di me. Sentivo la voce di Maurizio come qualcosa di lontanissimo, un eco che non mi toccava, come se quello che stesse dicendo non riguardasse me. Raffaele gli diceva di non rompere il cazzo mentre gemeva e spingeva sempre più ed io speravo fosse prossimo ad esplodere. Gocce di sudore si staccavano dalla sua fronte e dal suo pomo d’ adamo e si riversavano sul mio petto mentre mi diceva: “Sei bono, ti spacco, ti sfondo!” . Fu in quell’ istante che io, senza nemmeno toccarmi, solo stimolato internamente da quel potente membro, schizzai lanciando un forte urlo di dolore e di piacere, mentre l’ardiglione con le aquile mi sbatteva fra le chiappe graffiandomi leggermente. L’espressione di Raffaele divenne ancora più godereccia. Stava venendo anche lui, sì stava proprio godendo, probabilmente gli era piaciuto troppo vedermi schizzare. Mi tolse il cazzone dal culo, si tolse il preservativo e cercò il mio volto. :”Voglio sborrarti in faccia!” esclamò. La sensazione di quando mi tolse il cazzo dal culo è qualcosa che non riesco, ancora oggi, a descrivere bene. Un misto fra forte dolore e profondo senso di liberazione. Per riflesso, con le mie dita, cercai il mio ano: era completamente slabbrato. Raffaele mi eiaculò sulla faccia, mentre sentivo il forte odore del suo sperma notai, però, che il suo jeans aveva una macchia di sangue. Con lo sperma che mi scendeva sulle guance, mi guardai le dita ed erano sporche di sangue anch’esse così com’ era sporco di sangue il preservativo che lui aveva in mano. Fui assalito da un terrore incredibile. Lui cercò subito di tranquillizzarmi dicendo che non sarei di certo morto dissanguato. Aveva ragione perché, di lì a poco, non avevo più nulla se non un dolore al buco del culo che mi rimase anche lungo i giorni successivi. Non pochi. Dopo essersi ripulito con un fazzolettino imbevuto che prese dal mio zaino, richiuse il suo cazzo nei jeans, si rimise il bomber, mi diede un bacio passionale in bocca ed uscì dicendo : “Ti lascio fare la doccia dai, che se resto qui un altro po’ ti salto di nuovo addosso!”. Mentre usciva gli guardai istintivamente il culo. Bello, alto, sodo. Racchiuso in quel jeans aderentissimo, poi, credo avrebbe eccitato davvero chiunque. Feci finalmente la mia doccia, non riuscivo molto a stare in piedi, mi tremavano terribilmente le gambe. Erano state troppo in tensione ma quella doccia, dopo tutto quello sbattimento, fu molto rilassante. Mi toccavo il buco del culo ancora dolorante, mi resi conto che non avevo più perdite ematiche e tirai un sospiro di sollievo. Al termine della doccia, credo sia durata all’ incirca una mezz’ ora, mi rivestii ed andai via. Quando uscii dall’ autogrill li trovai lì davanti ad aspettarmi. Raffaele era andato a cambiarsi il pantalone per togliere le tracce di me che gli erano rimaste sul jeans. Io feci finta di non vederli e mi diressi verso la mia macchina. : “Che fai, non ci saluti nemmeno?”, disse Maurizio sorridendo “dai, fumiamoci una sigaretta insieme!”. Accettai. Vollero approfondire la conoscenza, mi chiesero cosa facessi lì, di dove fossi e mi chiesero se potevamo rimanere in contatto per rivederci, ma non volli lasciar loro un mio recapito : “Chissà” dissi “magari qualche altra volta, se capiterà di incontrarsi di nuovo benvenga…..”. : “Allora dai”, disse risoluto Raffaele “visto che non sappiamo se ci rivedremo perché non vieni a dormire nel nostro camion, è molto comodo sai!”. Sorrisi, spensi la sigaretta e mossi i primi passi verso la mia macchina : “No grazie, meglio di no, devo riprendere il mio viaggio!”. Mi allontanai lasciandomeli alle spalle e notai che mi guardarono finché non raggiunsi la mia auto. Avrei voluto dormire, ma mi rimisi in viaggio con l’idea di fermarmi all’ autogrill successivo. Se fossi rimasto lì, credo che quei due impetuosi cazzi avrebbero seguitato a possedermi, probabilmente per tutta la notte ed il mio corpo aveva bisogno di riposare almeno per qualche ora, così come anche il mio culo da loro slabbrato! Nel tragitto fra un autogrill e l’altro, viaggiai nuovamente con il finestrino aperto e con in vento che mi sbatteva sul volto. Mentre guidavo ripensavo a quella scopata violenta con la consapevolezza che, da quel momento in poi, i cazzi troppo grossi non mi avrebbero fatto più paura e, probabilmente, avrei vissuto più serenamente anche il sesso a tre in una doccia dell’autogrill.
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