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Lui & Lei

Il lavatoio


di flautodolce
23.09.2008    |    16.516    |    0 5.3
"Ad un tratto mi trovai di fronte ad un lavatoio pubblico, la donna si apprestava a tirar fuori i panni dal sacco..."
La sera uscendo dal cantiere andavo sempre a prendere una birra al bar, mi sedevo al tavolino all’aperto e guardavo il mondo passare mentre mi godevo quella pausa di piacere. E fu infatti con estremo piacere che notai ancheggiare una donna che uscendo dal portone di un palazzo di fronte, teneva tra le mani un grosso sacco che a fatica riusciva a portare. Per la curiosità di capire chi fosse e cosa stesse facendo, la seguii con lo sguardo finché non vedendola più, decisi di seguirla a passo svelto ma tenendomi sempre a debita distanza per non farmi notare.
Non sapevo se fosse più l’istinto o il desiderio a guidarmi, ma mi lasciavo andare come un bambino che segue la mamma senza sapere dove lo stia portando.
Ad un tratto mi trovai di fronte ad un lavatoio pubblico, la donna si apprestava a tirar fuori i panni dal sacco. Capii che si chiamava Maria, perché così la chiamavano le altre donne che si affaccendavano a lavare il bucato.
Accesi una sigaretta e mi appoggiai ad una colonna, abbastanza lontano per non destare sospetto, ma a sufficiente distanza per poter ammirare le forme di Maria che cominciava a sbracciarsi, tirando su le maniche del vestito, legandosi i capelli dietro la testa.
Aveva la pelle bianca come il bucato pulito, un vestito nero a fiori che aderiva al corpo tanto da lasciar intravedere le sue forme generose e le sue mutandine bianche di pizzo sotto il vestito che a poco a poco si era bagnato, diventando una specie di velo trasparente, come quello che ricopre le danzatrici del ventre nella danza dei veli.
Rimasi incantato ad osservarla mentre era ricurva sul lavatoio e ondeggiava su e giù col culo, quel movimento così sensuale mi sembrava quasi un invito e sentivo il desiderio crescere in me, mi era diventato duro e immaginavo di poter carezzare quel culo mentre lei lavava i suoi panni, come se fossi in un sogno e potessi farlo naturalmente.
Preso da quella visione, non mi accorsi infatti che si era fatto tardi e che le donne cominciavano ad andarsene mentre gli schiamazzi si facevano sempre meno rumorosi e scendeva il silenzio su quel lavatoio.
Sentivo lo scoscio dell’acqua della fontana, mentre Maria si intratteneva ancora ricurva su quel lavatoio, decisi allora di avvicinarmi, lei mi intravide, capì che la stavo osservando, si voltò lanciandomi uno sguardo fugace, io imbambolato la guardai come si guarda un artista che dipinge un quadro, lei si voltò e continuò a far ondeggiare quel culo come un’odalisca che si lascia ammirare nella danza.
Non sembrava disturbata, anzi forse le piaceva che le guardassi il culo, perché a me sembrò che lo ondeggiasse ancora di più da quando si era accorta che lo stavo guardando ancheggiare e dondolare incorniciato com’era da quelle mutandine bianche.
Non capii se sognavo o se realmente stessi vivendo quel sogno, quando ad un tratto Maria fece un movimento veloce con le gambe, quasi irritato, portò le mani ai fianchi e da sotto il vestito si sfilò quelle mutandine che io ormai seguivo a vista d’occhio, le prese tra le mani, le annusò schifata, le buttò nella vasca in cui aveva lavato gli altri panni e cominciò a lavarle.
Sentii un brivido di piacere attraversarmi la schiena, il cazzo mi pulsava sempre più duro nelle mutande, non sapevo più cosa fare, Maria si voltò all’improvviso per vedere cosa stessi facendo, io immobile la guardai, ma lei non sembrava essere interessata alla mia presenza, anzi continuava a lavare le sue mutandine con quei movimenti sinuosi del bacino che lasciavano intravedere ora il suo culo nudo.
Infilai una mano nei pantaloni e cominciai a masturbarmi, lei capì cosa stavo facendo, ma continuò come se nulla fosse, voltandosi solo ogni tanto per lanciare uno sguardo fugace, mentre io godevo a masturbarmi e forse anche lei ora si stava eccitando, tanto che continuava a muoversi su e giù su quel lavatoio, strofinando il bacino contro la vasca, con dei movimenti simili a quelli di un amplesso.
Eravamo forse entrambi in preda ad un sogno, prigionieri delle nostre emozioni, ma incapaci di comunicarci cosa stavamo provando, forse perché troppo presi dal desiderio di guardare ed esser guardati, continuavamo a procurarci piacere ognuno per sé, lei strofinando il suo bacino sulla vasca e ansimando sempre più ed io immobile appoggiato alla colonna tenendomi il cazzo stretto nella mano, mentre lei lanciava sguardi sempre più interessati e vogliosi a quella mano che vedeva fare su e giù sotto i pantaloni e la invogliava a strofinarsi sempre più forte sulla vasca per eccitarmi e incitarmi a venire, finché io sentii un fiotto caldo bagnarmi le mutande.
Ero venuto e non sapevo che fare, era ormai tardi e stava calando la sera, mi avvicinai a Maria e le chiesi: “come ti chiami”?
Lei mi rispose: “sono sposata non parlo con gli sconosciuti”.
Raccolse i panni e andò via.
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