Lui & Lei
Il raccolto

14.01.2025 |
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"Si aprì la zip e una cappellona odorosa fece capolino, mi avvicino’ il naso al suo cazzo e ne respirai tutta l’ essenza..."
Ad Orlando non gli serviva parlarmi per farmi capire come mi dovessi muovere o comportarmi secondo il suo volere.Orlando era un contadino settantenne che si arrangiava anche con altri lavoretti, con un fisico importante, virile, pelle cotta dal Sole, mani grosse, vene in vista sul collo, braccia, gambe, petto fin anche sul cazzo.
Voce profonda e avara di parole.
Non si presentò a me come un MASTER, lo era e basta, tutto ciò che faceva ne era la dimostrazione.
E’ inciso ancora nella mia mente il suo sguardo potente, quando durante una pausa di fatica nei campi, appoggiato ad una vite lo vidi pisciare, finito il tutto sì sgrullo’ il cazzo e si pulì le dita sulla tuta da lavoro, poi senza lavarsi le mani si divorò un enorme pezzo di pizza bianca ripiena di mortadella; quell’immagine di maschio alfa mi devastò per giorni.
Un giorno mentre si stava vendemmiando lui, una ragazza e la madre di quest’ultima non erano tornati al capannone per la pausa pranzo, così tornai al filare dove stavamo raccogliendo i grappoli e vidi una scena pazzesca, senza farmi accorgere di nulla osservai quell’aggrovigliarsi di corpi: Orlando in piedi che si stava fottendo da dietro la figa della madre appoggiata ad una vite, mentre la figlia in ginocchio leccava il sesso di entrambi, lubrificando quell’andirivieni infernale. Il viso paonazzo della signora, la voracità della lingua della giovane e quel trattore umano instancabile, mi fecero venire senza nemmeno il bisogno di toccarmi.
Tornai al capannone turbata e dopo aver detto di sentirmi poco bene, me ne tornai a casa; non riuscivo a togliermi il modo in cui Orlando piegava la mente di quelle 2 donne al suo volere, senza parlare, solo muovendosi; quella goduria che leggevo nei volti stravolti di quelle femmine, così sottomesse, tanto da dimenticarsi il loro grado di parentela così stretto.
Mi feci una doccia e il solo ricordare quella monta mi fece venire nuovamente, ancora senza toccarmi.
L’ indomani andai a prendere la paga, il raccolto era finito, chiesi ad Antonio, il padrone di quegli appezzamenti, dove fosse Orlando, volevo salutarlo e mi disse sorridendo :”Dove vuoi che sia, quell’uomo non sa stare lontano dai campi e dalla figa, c’è ne fossero di uomini come lui” esplodendo in una fragorosa risata, abbozzai un sorriso e mi inoltrai nella piantagione.
Non trovai Orlando e dispiaciuta me ne tornai a casa, dovevo pensare a trovare un altro lavoro stagionale, qualche ora più tardi mi arrivò un messaggio sul cellulare: “domani alle 5:30 ho un lavoro di qualche oretta ma ben retribuito, ho notato che sei sveglia, veloce e di poche chiacchiere, ti vengo a prendere io a casa, fammi sapere se sei disponibile, Orlando”.
Risposi con un semplice “ok”.
La mattina dopo, con un freddo assurdo, Orlando arrivò e caricatami, facemmo il viaggio in completo silenzio, arrivati al campo, mi spiegò il da farsi e testa bassa iniziammo a lavorare, una sola veloce pausa durante la mattinata, tanto che per le 12:00 finimmo.
“Vista l’ ora, mangi da me e poi ti riporto a casa”, feci un cenno di assenso con la testa.
Durante il pasto gli cadde una posata a terra che io rapidamente recuperai, non mi disse grazie e mi guardò dall’ alto verso il basso, con quello sguardo che sapeva scavava e rivoltare le viscere, proprio come un aratro fa con la terra.
Lui divorò tutto il piatto di pastasciutta in un attimo, come una trebbiatrice, bevve qualche bicchiere di vino rosso e senza chiedermi il permesso o darmi delle spiegazioni, si addormentò sul divano.
Russava così forte che sembrava l’ arrivo di un treno nella metropolitana.
Sparecchiai il tavolo, lavai i piatti e tutto il resto e sistemai la cucina, spazzando e lavando anche il pavimento.
Finito il tutto, me ne andai chiudendomi dietro la porta, visto che Orlando ancora dormiva.
La sera cenai presto per mettermi comoda sul divano e gustarmi un film sotto le coperte, quando suonarono alla porta, aprii pensando fosse la vicina, ha sempre qualcosa che gli serve.
Mi trovai Orlando che entrò senza farmi parlare, chiusi la porta lobotomizzata!
Spense ogni luce in casa mentre io lo osservavo muoversi senza riuscire a proferire parola.
Una presa decisa mi segno’ il collo e mi spinse verso il basso facendomi inginocchiare, 2 ceffoni ben assestati mi colorirono le guance, una mano mi apri’ la bocca e subito dopo una pioggia di sputi copiosi mi bagno’ il viso; sentivo colare la densa saliva sul mio volto.
Si aprì la zip e una cappellona odorosa fece capolino, mi avvicino’ il naso al suo cazzo e ne respirai tutta l’ essenza.
Mentre ero intenta ad annusarla e gustarla, un fiotto di piscio mi colpi’ violentemente la gola, le sue mani sigillarono la mia testa alla verga e bevvi tutto di un fiato, sentendomi lo stomaco scoppiare.
Credetti di affogare.
Altri sputi e ceffoni arrivarono.
Tramortita da quanto mi stava accadendo ero già venuta senza neanche accorgermene, sentivo il clitoride gocciolare e bagnarsi con un senso di continuità senza sosta.
Una fascetta di plastica usata per legare i rami mi strette i polsi, arrestata, con i gomiti piegati e portati al petto, fui messa in piedi faccia al muro.
Delle mani maschie scivolarono fra le mie gambe e spinsero fino al farlo sparire il mio clitoride e le piccole palline, non pensavo si potesse fare, in quello stato, iniziai ad essere masturbata, movimenti circolari e sempre rivolti verso l’ interno.
Una presenza importante intanto presiedeva la mia figa, iniziando ad aprirla senza permesso e con mancanza di cortesia.
Cercai di resistervi ma il portone venne buttato giù e la fortezza violata, messa a terra e fuoco.
Attaccata su più fronti cedetti volentieri ad ogni scorribanda di quel fottuto settantenne, che sapeva con precisione chirurgica e come il più spietato dei killer, come catturare la mia mente.
Trasformò il mio corpo, lo femminilizzo’ e cannibalizzo’, lo prese a morsi.
Con la schiena tutta inarcata protesa verso il suo cazzo e con le sue mani, una a sditalinarmi la figa e l’ altra ad accarezzarmi il ventre, raggiunsi non so quale altro orgasmo mentre venni ingravidata di brutto.
Rimase fermo per diversi minuti nella mia sfranta figa e quando si ritirò, mi venne naturale chinarmi e ripulirgli tutta la cappella gocciolante e parte della sua asta, che ancora pulsava.
Si rivestì e andò così come era venuto, senza parlare, mentre io ancora squirtavo e stavo accovacciata a coccolarmi la passera.
“So che ti servono i soldi, i lavori stagionali nei campi sono tutti finiti, se sei interessa ti presento il gruppo di rumeni, che portò al cantiere, puoi incontrarli nel capannone qui da me”.
Questo il suo messaggio che mi arrivò dopo qualche minuto che se ne fu andato, trovai così un nuovo lavoro.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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