Lui & Lei
bene

26.01.2017 |
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"Posso baciarti, perchè finalmente si può, si può tutto..."
Bene, finalmente il caffè! Penso assaporarando piano il liquido scuro nella tazzina che mi sto portando alle labbra.-Grazie,-
dico
-Buono sto’ caffè!-
Tu sorridi stortando un po’ la testa e mi guardi, mentre del fumo sale indifferente da un camino, fuori, nel freddo e nella neve mezza sciolta e poi ricongelata.
Sorridi un poco e la luce azzurrognola che filtra attraverso le tue tende ti colpisce di taglio, sia a destra che a sinistra, dandoti un aspetto scomposto e pazzerello, chissà perchè.
Il caffè lo sto particolarmente apprezzando perchè, oltre a gradire il suo inconfondibile sapore amaro e l’effetto riattivante sulle sinapsi, generalmente segna la fine del pranzo. Non che non abbia apprezzato quel cous cous vegetariano con tutte quelle mandorle, o l’hamburger di seitan con le zucchine tagliate alla julienne. Però, ecco, diciamo che in questo momento la presenza di questo tavolo tondo duro e scuro tra noi mi sta decisamente infastidendo, e se non fosse che così non si fa, mi alzerei e lo sposterei di lato alzandolo di peso, magari facendo cadere la bottiglia di prosecco e le candele a forma d’angioletto, per dire.
Non so se sia stato il tuo continuo tormentare una mollica di pane con volute sensuali delle dita, o quella risata dall’attacco sguaiato, che per un attimo è sfuggita al tuo controllo, poco fa, o quel ricciolo castano che ti cade tra le tette, ma sento inequivocabilmente la voglia e la necessità di affondare la faccia in quel tuo maglioncino beige. Ed entro breve.
Per un attimo vengo preso dal terrore che la conversazione vada a impegolarsi sul clima o a cercare passioni comuni o futilità simili. Inpanicato riesco solo a dire:
-Secondo me dovremmo cambiare posizione…-
-Guardiamo un po’ la tele?- mi proponi.
Che scusa del cazzo… penso, sperando che sia effettivamente una scusa e apprezzando la tua capacità di rinunciare allo stile, quando necessario.
-Grande! La tele!-
Scatto in piedi forse un po’ precocemente e mi dirigo verso il divano, cercando di dissimulare la fretta ed ottenendo probabilmente un accentuato effetto rollio. Ci sprofondo piacevolmente dentro e per un istante valuto se abbandonare progetti più ambiziosi e proporti un pisolino.
Invece dico:
-La televisione! Un sacco che non la guardo, io non ce l’ho, pensa che l’ultima volta che ero da mia madre volevo guardarla un po’ e non mi ricordavo nemmeno più come accenderla! Incredibile!-
Ed istantaneamente me ne pento perchè penso che con una battuta mediocre ti ho involontariamente paragonato a mia madre e mi sono contemporaneamente dato dell’imbecille.
Fortunatamente sembri non farci caso, smanetti col telecomando e farfugli qualcosa sul fatto che anche tu sei un po’ in difficoltà perchè è nuova, è una smart tv.
E hai quell’aria concentrata, la bocca leggermente aperta, con una goccia di saliva che sembra in procinto di gettarsi dal parapetto delle tue labbra, ed è figo perchè mi sembra che posso guardarti senza che te ne accorgi, e ti guardo, e tu non te ne accorgi e continui a smanettare e per fortuna la tv fa ancora schifo per quanto smart, e continui a fingere di non accorgertene, e poi succede che è come negli incidenti stradali e, non si sa come, mi trovo finalmente con la faccia nel tuo maglioncino che è effettivamente beige, visto da vicino, ed è effettivamente profumato di ragazza, come me lo aspettavo. Ed è anche effettivamente di troppo, tra me e te.
Vado a unirmi a quel ricciolo, per un istante, e poi salgo scalando quei piccoli segni appena percettibili sul tuo collo, frutto del tuo continuo inclinare la testa di lato, come prima, con la tenda. Posso baciarti, perchè finalmente si può, si può tutto. E ci baciamo, mentre mani scorrono calamitate alla superfice della pelle, scalzando vestiti, lingue turbinano, esplorano, assaporano. Cieco cerco riferimenti e incontro nasi, incontro mascelle e gemiti e caffè. Incontro orecchie nelle quali indugio, cerco di starti vicino, più vicino, dentro.
Poi, priva di orpelli, la nudità si palesa, quasi come entità, quasi come non fossi tu nuda, ma lei che si veste di te. E vorrei allontanarmi e guardarti e chessò, volteggiarti attorno, farti delle fotografie… ma non posso, non posso staccarmi dal caldo della tua pelle, delle tue cosce.
L’andamento sembra passare dalla concitazione alla lentezza e tutto è un po’ sospeso e magico. Lentamente ti giri, come un ricciolo di vite, come una sirena. Non so bene come prenderla, se come pudicità –forse ti stavo guardando troppo fissamente? Ti ho messo paura?- o se come un invito, quantomeno a cambiare prospettiva.
E in quel momento mi accorgo che hai un culo, e non un culo normale, che comunque… ma che a me sembra che un culo così non l’avevo mai visto prima! Qualcosa di sovrannaturale, una pietra filosofale dei culi, una mecca di carne verso cui prostrarsi 5 volte al dì, un sole a cui rendere grazia per la vita, un big bang tondeggiante e morbido e tutto il resto.
Sarei tentato di pizzicarlo per vedere se è vero o saltellarci attorno in un rito propiziatorio, ma tento un approccio posato e fingo indifferenza. Parto a massaggiarti dalle spalle, scostando un po’ i capelli, e cerco di darmi un tono.
Dopo breve, molto breve, mi sento un cadetto osteopata imbranato e decido che la cosa migliore è baciarti sul collo. Ti cerco le orecchie, che ti era piaciuto prima, cerco di distrarmi un attimo, di riprendermi. Torno sul collo, giro un po’, vengo attratto –guarda un po’!- dalla spina dorsale, quindi la discendo, piano, contando le vertebre, soffermandomi sull’incavo tra le scapole, accarezzando leggero la peluria impalpabile della pelle e lasciando un sentiero sottile di saliva giù, verso sud, verso il culo.
Incontro nèi:
–Buongiorno signor neo, come va? Sa mica per il culo?-
- Sempre dritto verso giù, ma vada piano, piano.
Mi aggrappo alle tue costole come per rallentare la caduta, poi finalmente l’agognata salitella, l’atteso allargamento, preambolo del culo. Che appare poco dopo e che invade tutto il mio campo visivo e percettivo, che mi accarezza la bocca e le guance, che è morbido e che è tondo e che si muove, sotto di me, sotto la mia faccia. Per lunghi attimi lo abbraccio e lo lecco, a lingua aperta come un gatto, prima la chiappa sinistra poi il coccige poi a destra, lucido di saliva, come un gatto mi ci passo gli occhi e la fronte e il viso, ti agiti, schiacciata sul divano.
Spossato mi sposto più giù, appoggiando I bulbi oculari sulla parte più bassa delle tue natiche e infilando il naso nello spazio all’inizio delle gambe. Inspiro, inspiro forte e l’odore della tua fica mi invade le narici, mi invade il cervello. Inspiro ancora e sono bambino, sono in un prato e ci sono delle mutandine con I cuoricini rossi, è notte e sto volando e l’aria sa di torta calda e nulla ha senso veramente.
Inspiro e tendo la mia lingua verso l’umido che so che c’è e che trovo. Sempre volando, proteso in avanti, collo innaturalmente curvato, inspiro e lecco di punta e le gocce mi entrano in bocca e si accumulano ai lati, e non capisco più niente e lecco, forse piango, ci sono molti liquidi, ingoio, lecco ancora infilandoti in pratica il naso nell’ano, nel buco di quello splendido culo. E il tuo culo si alza come attratto da una forza invisibile, come se le tue chiappe si fossero riempite di elio si alza e si apre e mi chiama, ed io allora lo bacio. Passo la lingua su quel lieve monticello morbido e pastoso, prima leggera poi insisto, e lecco e il monticello si fa vulcano e mi insinuo e lecco e sputo poi rilecco, mi insinuo dentro di te, dove non si dovrebbe, dove non è sano, dove non si fa.
Tu ti muovi, gemi e ti agiti, il tuo culo si alza ancora e mi rimetti in faccia la fica, ti abbraccio e ci affondo quanto riesco, sino a sentire l’aspro, sino a bere.
Dunque, approfondiamo la cosa.
Manovra nel più breve tempo possibile per non perdere il filo, per non perdere la poesia, e troviamo una posizione più consona.
Ora posso osservare da vicino, contemplare per un attimo la forma graziosa del tuo pube, il contrasto dei corti riccioli scuri sulla pelle chiara, che –girati un po’- varia dal bianco caldo della lampada all’azzurrognolo intermittente della televisione.
Te la lecco ora gentilmente, limitandomi alle labbra, un po’ qua e un po’ là, quasi distrattamente, con ritmo zoppicante, con crescendo interrotti e variazioni sul tema, per tenerti sulle spine.
Sembra piacerti questa tenera tortura, e --- mi avvicino sempre più al clitoride, ma senza conivolgerlo direttamente, ancora no. Premo più forte, mi piacerebbe avere due lingue per circondartelo adeguatamente, sempre più forte, anche labbra e naso e mento ora aiutano mentre la mano sinistra pettina I peli e massaggia e impasta, e la lingua corre e vaga e ogni tanto scende a rifornirsi di umido e sale e si avvicina. Ruoto lentamente il corpo senza staccare le labbra dalla tua fica e appoggio un ginocchio sul suolo, poi l’altro, e sono inginocchiato come pregandoti di godere, di godere almeno quanto me, col cazzo che penzola e ondeggia paonazzo sgocciolandoti sul tappeto perline di piacere trasparente mentre ti contorci e sospiri. E mentre ruoto sempre più e serro il ritmo, insistendo con la lingua e con la bocca, su e giù e -ora si- toccando quella specie di nanopene, quella simpatica madonnina incastonata sulla sommità della tua vagina, accarezzandole deciso il cappuccio, giocandoci, sempre più intenso, sempre più veloce…
Ormai ho completato il mio moto rotatorio attorno a te e ti abbraccio le chiappe spingendoti la testa tra le cosce, sempre più forte, sempre più veloce, e la tua pancia calda sul mio petto è dolce e femmina, e non so che succede intorno alla mia bocca ma è come un motore impazzito che gira sempre più veloce, verso il fuorigiri. Il mio naso è dentro te, due dita sono dentro te e la mia lingua ha crisi epilettiche mentre sbrodolo il tuo succo tutto intorno.
Anche un moto di rivoluzione sta avendo atto e ci troviamo su un fianco entrambi, nello spazio angusto del divano. Sento come in lontananza che mi cingi la cappella con le labbra, tenendole aperte in una smorfia di piacere, e cerchi di succhiarmelo e ad un tratto siamo un cerchio, un infinito che ruota, energia che circola. Ormai entrambi succubi dei nostri gemiti, dei nostri tremiti, mi abbandoni per tenerti la bocca libera di gridare. Ma la tua mano si muove veloce, ritmica sul mio cazzo, e la tua bocca a tratti ancora lo bacia, singhiozza, e chi lo sa cosa succede laggiù? Io ho la bocca e la faccia e la testa qui, nella tua fica e non voglio sapere nient’altro! E tu stai per venire, e sembra che vieni, urli e poi ti plachi, insisto ancora e le urla salgono e calano e salgono e calano e poi mi sa che ora vieni davvero sul serio, perchè il corpo ti si muove come posseduto, a scatti convulsi, e me lo meni sempre più forte, ed ora mi sei sopra e di sicuro è l’orgasmo femminile più intenso e dirompente che mi ricordi, ed allora vengo anch’io, perchè è il momento giusto e perchè sento che anche tu lo vuoi, e perchè comunque sinceramente non avrei potuto farne a meno, a questo punto. Vengo tanto, liscio e tachicardico mentre ancora mi accarezzi e mi baci e non riesci a smettere di muoverti, vengo finchè mi fa male e mi avvinghio alle tue gambe strizzando gli occhi nel tuo culo.
Ti alzi ti giri e mi baci, un bacio profondo, fresco e umido ed io sono ansante e sto cadendo nel vuoto a duemila all’ora.
Sembri felice, è un grazie o volevi sapere che sapore hai la fica? Mi chiedo rintontito e sognante.
Si rimane nudi e bagnati, sprofondando nel buio delle pieghe del divano, ansimandoci i nostri odori nelle bocche, un piede su, uno per terra, freddo.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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