Racconti Erotici > Gay & Bisex > La palestra, la doccia e la… 3 (...ma basta docce)
Gay & Bisex

La palestra, la doccia e la… 3 (...ma basta docce)


di Megaciccio
06.04.2020    |    8.395    |    9 9.5
"Un giovane cuore emozionato e carico di passioni..."
E così anche la mia seconda avventura in palestra era terminata.
Restavo con la voglia di sapere qualcosa di più su quel giovane che così mi attraeva, ma avevo ormai capito che per lui non era così.
Quindi cercai di dimenticarlo passando da un incontro piccante all’altro...
Il mio piano procedeva a gonfie vele quando un giorno mio figlio, tutto ciò che restava di positivo del mio fallito matrimonio, mi propose di passare qualche giorno da me.
La madre partiva per un viaggio non so dove, forse per farsi sfondare a dovere, e lui invece di restare solo in casa aveva avuto l’idea di farci un po’ di compagnia a vicenda.
Una fantastica trovata e per approfittare ancora di più della cosa mi portai un po’ di lavoro a casa e presi anche qualche giorno di ferie.
Io e Stefano, mio figlio, nonostante i contrasti con sua madre, siamo sempre andati molto d’accordo; negli anni, e nonostante non abbia potuto essere costantemente al suo fianco, sono riuscito a svolgere le mie funzioni di amico, confidente, ma anche quella di genitore e guida, e che io sappia tranne alcune giuste ragazzate, non si è mai messo nei guai. E studia diligentemente.
Una mattina, mentre eravamo intenti ad organizzarci la giornata mi fa:
“Senti pa’, dovrei finire una relazione con un compagno di corso per l’esame della settimana prossima. Ti dispiace se un mio amico viene a studiare qui, così la finiamo? È un lavoro di gruppo. Gli ho dato appuntamento per le 14:30.”
“Ma certo che si, che problema è? Se vuoi ti libero il tavolo della sala dalla mia roba e mi sposto in camera tua a lavorare.”
“Ma no, non serve, se non ti diamo fastidio mentre ripetiamo puoi stare tranquillamente con noi”
“Ok, dai, poi ci organizziamo.”
Passo la mattinata tra una video conferenza e il disbrigo di alcune pratiche.
Per pranzo ci prepariamo un fantastico piatto di spaghetti alla amatriciana che, modestamente, è uno dei miei piatti forti e, mentre stiamo finendo di prendere il caffè, suonano al citofono.
“Vado io, Stefano. Tu finisci il caffè.”
“Chi è?” chiedo alzando il ricevitore, immaginando già la risposta.
“Salve, sono Marco, un amico di Stefano. È il campanello giusto?” chiede una voce incerta.
“Si, si, è quello giusto. Sali” dico mentre premo il pulsante per aprire il portone, “quarto piano, a destra”. Aggancio, socchiudo la porta e resto in attesa. “Si, è il tuo amico”, dico a voce alta per farmi sentire da Stefano mentre sistemo un po’ di posta arretrata buttata alla rinfusa sul mobile dell’ingresso, “gli apro io, non preoccuparti.”
“Ok, io vado un attimo in bagno”
Sento l’ascensore salire e fermarsi al mio piano, la porta aprirsi e faccio altrettanto con quella del mio appartamento.
Ho un tuffo al cuore. Il ragazzotto tondo e peloso che ha riempito i miei sogni erotici per mesi è lì davanti a me.
Io resto a bocca aperta, ma lui resta di sasso.
In un secondo vedo passare sul suo viso decine di espressioni, dallo shockato al terrorizzato. Fa un mezzo passo indietro, come se volesse fuggire via e mi affretto a dirgli, con la voce più calma e rassicurante che posso: “Non fare cazzate. Ormai sei qui. Cosa pensi di raccontare a Stefano se te ne vai ora? Non succede nulla. Entra e studia, come avevi in programma di fare.”
Mi sposto di lato per fargli strada mentre con una mano cerco di indicargli la strada.
Vedo la sua gola contrarsi. Poi si fa coraggio ed entra.
“Stefano è un attimo in bagno, arriva subito. Vieni, accomodati in sala”
Gli faccio strada e giunti nella stanza gli indico la sedia a capotavola dove potersi sistemare. Lui posa lo zaino per terra, si siede e inizia a tirare fuori libri e matite.
Lo osservo incuriosito e con un mezzo sorriso mentre muove quel corpo robusto e rotondo che tanto mi intriga. Per fortuna è caldo; indossa solo dei pantaloni ed una camicia con i polsini rigirati fino al gomito. Dalla scollatura che scende a V al centro del suo petto si vedono i bellissimi peli neri che gli valorizzano anche i grossi avambracci. La scura barba corta e incolta si unisce ai capelli corti a spazzola incorniciandogli le guance. È proprio un bel ragazzo.
Lui, vistosamente imbarazzato prima guarda solo il pavimento, poi fissa un punto impreciso sulla superficie del tavolo.
“Conosci Stefano da molto tempo?” chiedo cercando di rompere il ghiaccio.
Scute velocemente la testa a destra e sinistra, un po come fece alla fine del nostro ultimo incontro.
“N-no. Da poco.” dice con la bocca secca e impastata, “ci siamo conosciuti all’università. Io abito in città da poco. Da circa...quella volta lì...”
“Ah... ok, ho capito.” Si, ora capisco molte cose.
Poi una domanda riempie la mia testa e chiedo sottovoce: “ma voi due…. fate cose?” Il mio volto non nasconde il dubbio che mi assale.
“No, no, ma che dice. Per favore, lui non lo sa. Nessuno lo sa!!!” mi risponde con voce tremante.
Sento la porta del bagno aprirsi in fondo al corridoio.
Mi sbrigo a sussurrargli un “non preoccuparti, è un segreto tra noi” e mio figlio varca la porta della sala: “ciao Marco, tutto bene?” chiede all’amico.
Marco è rosso paonazzo e impacciato “si, si. Grazie.”
“Ohi, ma che hai? Sei venuto di corsa?”
“No, è colpa mia” intervengo, “sai come sono inquisitori i genitori quando conoscono gli amici dei figli!” dico cercando di allentare la tensione, “ Ma non preoccuparti, non mi ha rivelato nulla di compromettente! Ahahah!!!!”
“Dai, ora voi studiate e io cerco di finire il report per il capo, così è contento anche lui”
Ognuno inizia ad essere preso dal suo lavoro.
Io batto tasti sulla tastiera del notebook, loro leggono brani dai libri di testo, prendono appunti, rielaborano le idee.
Ogni tanto mi fermo, faccio qualche pausa, risistemo qualcosa per la casa e poi torno a lavorare. Ma soprattutto guardo lui, il mio orsetto, Marco. Si, perchè ora so il suo nome, e potrò urlarlo mentre nelle mie serate solitarie mi masturberò sognando di scoparlo.
Lui pian piano si scioglie e si tranquillizza. È preso dal suo compito, ogni tanto i nostri sguardi si incrociano, mentre mi trova a fissargli la scollatura della camicia che si tocca e talvolta allarga, o quando io mi accorgo che lui fissa me e gli faccio un sorriso.
Poi, ad un certo punto dico: “Marco, ma vuoi un po’ d’acqua? Scusaci, non ti abbiamo offerto nulla! Sai, non sono abituato ad avere gente a casa. Stefano, però tu ci potevi pensare! Sono quasi due ore che parlate, ormai avrete la gola secca”
“Grazie signor Marini, non si preoccupi” dice Marco
“Beh, però papà ha ragione, almeno un po’ d’acqua ci vuole.” ribatte mio figlio.
“Stefano, ma ormai è tanto che andate avanti. Fate una pausa. Ci vorrebbe una merenda. Abbiamo nulla?”
“Credo ci sia una busta di biscotti o poco più” mi dice Stefano.
“No, guarda, quella è finita stamattina. Poi vado a fare spesa e li ricompro.”
“Ma sei sicuro? Mi ricordo che il sacchetto era pieno a colazione”.
“No, no, sono finiti. Controlla se vuoi. Dai, prendi questi” gli dico allungandogli qualche banconota “e va prendere un po’ di pizza giù all’angolo. Ho tanta voglia di un po’ di margherita. Fallo per papà.”
“Ok, come vuoi. Marco tu che fai?” dice rivolgendosi all’amico.
“Non preoccuparti, intrattengo io il tuo amico. Tanto ci metterai pochi minuti. Dai, vai.”
“Ok, vado.” dice chiudendo il libro, dopo averci infilato una matita dentro per non perdere il segno.
Si alza e si allontana mentre io e Marco ci fissiamo in silenzio. Fermi, immobili, con le sue guance che tornano ad arrossire per l’imbarazzo.
“Papà!” urla stefano dal corridoio “ma hai visto le mie chiavi di casa? Non le trovo”
“Non sono all’ingresso?” suggerisco restando al mio posto. Sento rimescolare un po di oggetti sul piano in legno del mobile.
“No, non ci sono.”
“Dai, non preoccuparti, vai. Tanto ci siamo noi qui ad aprirti. E prendi anche qualcosa da bere!”
“Ok”.
L'inconfondibile rumore della porta che si apre e poi si chiude, seguito dal silenzio totale non ci lascia dubbi: siamo rimasti soli.
Marco ora è paonazzo ed è tornato a fissare l’inesistente punto di prima sul tavolo.
Mi alzo e mi siedo al posto di mio figlio.
“Marco, calmati, non succede nulla. Ho capito, non lo sa nessuno. E io non lo dirò a nessuno. Cosa credi che voglia che mio figlio scopra che vado con gli uomini? Con i ragazzi della sua età poi? Con me sei al sicuro”, cerco di rassicurarlo.
“Grazie Signor Marini. Mi scusi. Non pensavo… non ho riflettuto…” biascica.
“Per prima cosa mi chiamo Antonio, e visti i nostri trascorsi puoi chiamarmi per nome. Poi, su cosa non avevi riflettuto?”
“Sa, quella sera in palestra… Ero arrivato in città da poco. Io vengo da un paese molto più piccolo, prima studiavo soprattutto da pendolare. L’approccio con una realtà molto più grande di quella a cui ero abituato, in cui nessuno ti conosce. Da noi tutti sanno chi sono tutti. Credevo di poter condurre un’esistenza più anonima. E poi sono sempre stato attratto dagli uomini. Soprattutto quelli più grandi.” mi dice fissandomi per un istante e riabbassando subito lo sguardo.
“Quando l’ho vista quella sera in palestra…” arrossisce ancora di più”... sa, mi è piaciuto subito. Lei è… tu sei veramente un bell’uomo. Con quelle spalle, quel pelo. Le braccia muscolose” mi dice mentre mi fissa il corpo, “ho fatto quella pazzia. Solo alla fine ho pensato che comunque potessi essere un futuro vicino di casa, un collega dei miei genitori o chicchessia. Quando ti ho rivisto ero terrorizzato. Sai, alla fine ho cambiato palestra…”
“No, ma perchè!”, gli dico con un sorriso ”non devi aver paura di me.
Si, forse sei stato un po’ avventato. Ma ti è andata bene.” ribatto facendogli l’occhiolino.
“Sai, anche io trovo che tu sia molto bello” gli dico afferrandogli il mento barbuto con la mano e spingendolo a guardarmi negli occhi.
“Grazie” risponde sorridendo impacciatamente. “Sai, io lo avevo sempre desiderato, ma non ero mai stato con un uomo. Non ne avevo mai toccato uno…
...e neanche l’altra cosa…” aggiunge con un filo di voce. “Mi vergognavo. Non sapevo come fare…”
“Marco, non preoccuparti più di nulla. Sarà il nostro piccolo segreto. Nessuno all’infuori di me e te saprà quello che è successo. Ok?”
La sua risposta affermativa arriva immediata con il suo caratteristico scuotimento di testa.
Ma quanto è dolce questo orsacchiotto, penso dentro di me.
Lo fisso negli occhi, quello sguardo tenero e profondo mi rapisce, e lo avvicino a me.
Le sua labbra rigide si toccano con le mie, più morbide ed avvezze a certe situazioni.
Lo avvolgo dolcemente con le braccia e lo stringo. Pian piano anche lui si scioglie. Le nostre bocche si dischiudono e le lingue si incontrano, si intrecciano, si scambiano liquidi in una lotta che trasuda passione.
Gli sfioro il viso con la bocca: il mento, gli zigomi, gli occhi e la fronte.
Poi mi fiondo sul suo collo. Lo bacio, lo succhio, lo lecco.
Lui resta pressoché immobile e mi lascia fare, mentre lo sento gemere sommessamente.
Poi lo afferro per il petto. Le mie mani chiudono i suoi pettorali in due mezze lune che si stringono per raggiungere i piccoli capezzoli, che già rigidi sporgono vistosamente da sotto la camicetta.
Glieli afferro tra le dita e li pizzico. Si agita sommessamente ma resta con gli occhi chiusi ed un'espressione vagamente ebetita.
Gli appoggio il palmo della mano al centro del petto e sento il suo battito. È forte, accelerato. Un giovane cuore emozionato e carico di passioni. Mi ricorda me alle prime esperienze.
Lo ribacio con tutta la passione che riesco a trasmettergli poi gli dico, accarezzandogli il viso “Marco, non preoccuparti, siamo io e te. E quando è così possiamo essere noi stessi e fare tutto ciò che vogliamo”
Gli slaccio la camicia e la allargo. Vedo quei piccoli punti rossi sporgere tra un leggero tappeto di peli neri e non possono che fiondarmici subito sopra con la lingua per leccarli.
Lui mi afferra la testa per tenerla al suo petto mentre ansima. “Ma tra poco torna Stefano. Fermati.”
Per tutta risposta, mentre con una mano mi porto alla bocca un suo capezzolo, con l’altra scendo a tastargli il pacco. Da buon ragazzo in forze è già bello duro. Gli palpo la dotazione per tutta la lunghezza mentre inizio ad attaccare anche il lato b cercando di infilargli una mano nei pantaloni.
“Ma sei pazzo Antonio! Che fai!”
“Ti voglio Marco. Ti voglio. Non sai quante notti ti ho sognato, quante sere avrei voluto stringerti a me. E ora che sei qui non posso resistere”
Gli slaccio i pantaloni mentre lui mi guarda senza riuscire a reagire.
I suoi slip bianchi sembrano una enorme boa in mezzo ad un mare di peli pubici.
Li abbasso e finalmente posso ammirare il suo cazzo da vicino.
No, non è enorme, ma è bello cicciotto, cosa che già sapevo. Pende leggermente a sinistra e con l’erezione si scappella totalmente.
Lo afferro e lo masturbo appena. Il liquido prespermatico gli ha già invaso il prepuzio e lascia piccole bavette viscide come lo scappello. È come un invito a bere e leccare tutto quel ben di dio.
Decido che devo averlo.
Spalanco la bocca e ingoio quella bella mazza rigida e umida. Il suo forte sapore di maschio mi riempie le papille gustative. Il liquido trasparente che emette di continuo aiuta la mia saliva a lubrificare l’asta facilitando l’opera di pompaggio.
Insalivo e ingoio quel fantastico cazzo per sentirlo meglio dentro.
Marco geme di piacere mentre in una posizione scomposta resta buttato sulla sedia godendosi il mio lavoretto.
Lo stuzzico con la punta della lingua sul frenulo, gliela avvolgo su tutta la cappella.
Gli abbasso pantaloni e slip alle caviglie per poter accarezzare quelle gambe tozze e pelose.
Gli mordo l’interno coscia facendogli fare un piccolo balzo.
Gli bacio le cosce e lo solletico con le dita.
Poi mi ributto sulla cappella umida e invitante. Sembra un frutto sbucciato che chiede di essere mangiato. Rosso e succoso, continua a saziarmi con il suo liquido trasparente.
La posizione non è delle migliori, ma cerco di ingoiare tutta quella mazza. La spingo in gola facendole spazio nel mio esofago.
Poi passo alle palle. Sferiche e perfette, le succhio una alla volta mentre il mio orsetto geme di piacere. Scendo sempre più, tocco i punti più erogeni. Lecco e sfrego la barba sul perineo, poi gli alzo le gambe.
Lui resta sorpreso, ma con i pantaloni che gli fanno da legacci non ha molte possibilità di opporsi.
Lo piego in due su se stesso e magicamente le chiappe si dischiudono lasciando esposto un pertugio che ben conosco.
“Oddio, ma che fai!” prova a protestare.
Mi ci fiondo. Lo lappo voracemente mentre le iniziali proteste si trasformarono in gemiti di inaspettato piacere. “Oh, sii, ma è bello!!”
“Con me proverai solo tanto piacere” lo rassicuro mentre riprendo fiato. La mia lingua è insaziabile, non smette di lavorargli il culo. L’ano ormai è rosato e lucido. Con un dito provo a violarlo ed entra senza problemi. Riprendo in bocca le palle mentre lo scopo con il dito ed il suo cazzone rigido mi sbatte su tutta la faccia.
Inserisco nel suo culo un altro dito e continuo a martellarlo. Intanto mi abbasso la zip dei pantaloni ed estraggo la mia verga.
Anche lei è rigida e livida per il sangue che la tiene su. La cappella violacea è umida dei miei umori, sparsi per tutte mutande, e pronta per il suo compito.
Mi alzo, blocco le sue gambe sulle mia spalle , inforcando le testa sotto i suoi pantaloni. Non mi può sfuggire.
Così piegato è totalmente alla mia mercè, con il sedere totalmente esposto alle mie intenzioni e lui mi lascia fare. Sta zitto, ma vuole che vada avanti. L’esperienza sotto la doccia gli è piaciuta e vuole godere di nuovo.
Afferro il cazzo e lo punto verso il suo buco ormai pronto.
Appoggio la cappella e spingo.
Marco sgrana gli occhi, si lamenta appena, ma non mi chiede di fermarmi.
La cappella entra seguita da tutta l’asta. Diretto, senza pause. Non è più un culo vergine. Sa cosa lo aspetta. Lo sfondo fino in fondo. Esco e riaffondo, E ancora. E ancora.
Afferro lo schienale della sedia e lo uso come leva per fare più forza. Sono un treno in corsa, un Frecciarossa che non fa fermate fino alla sborrata nel culo dell’orsetto del mio cuore.
Sento il rumore del mio cazzo che lo sfonda, i suoi gemiti che seguono il ritmo delle mie pompate. Mi faccio ancora più avanti e lo bacio, mentre le mie bordate smuovono tutta quella massa di ciccia, muscoli e pelo nero.
“Ti voglio Marco, ti voglio tutto. Voglio che la mia sborra sia solo per te”
Mi afferra la testa e riavvicina le nostre bocche. “Si, si Antonio, sborrami nel culo. Voglio sentire il tuo sperma caldo che mi inonda il culo!!!”
Mi afferra le chiappe e cerca di attirarmi a sé.
Io mi sforzo per entrare ancora più a fondo quando sento che sto per venire.
Lo afferro per i polpacci alzati al soffitto e mi svuoto violentemente nel suo intestino.
Un fremito continuo mi attraversa completamente mentre la sborra abbandona il mio corpo, irruenta e bollente come lava incandescente. Fiotti continui che atterrano nello sfintere ormai allenato di Marco.
Pochi altri affondi per smaltire l’orgasmo ed esco da quel paradiso in terra.
Marco mi guarda un po’ stravolto.
“Ora è il tuo turno” gli dico con un sorriso malizioso.
Mi chino nuovamente tra le sue gambe e ringoio quel cazzo giovane e resistente.
Lo prendo dentro fino alle palle. Esce dalla mia gola viscido di saliva, pronto per essere ingoiato ancora. E così faccio.
Lo succhio come un ghiacciolo, lo lecco come un gelato e me lo gusto centimetro dopo centimetro mentre sprofonda nel mio esofago.
Marco ormai ha preso confidenza con il pianeta sesso e mi guida la testa al ritmo che preferisce.
Poi gli infilo due dita nel culo.
Ancora pieno del mio sperma, le riceve senza problemi. Gli lavoro l’ano con la sapienza accumulata negli anni. Gli stuzzico l’intestino e la prostata come so che gli uomini sanno apprezzare.
“Antonio, basta, sto per venire. Sto per venire.” Forse si aspetta che mi sposti, ma non sa che non sto aspettando altro.
Continuo a pompare il suo cazzo con ancora più passione. Le mie dita aumentano l’intensità.
“Oddio, vengo vengo!!!!! Si!!!! Vengoooo!!!!!!!!!”
Gli schizzi della sua sborra mi invadono la bocca, sento il palato travolto ed il cavo orale inondato. È buona, calda e invitante.
Ingoio tutto quello che posso per non sprecare neanche una goccia di quel prezioso nettare di giovane orso in calore.
Marco continua a spingermi il cazzo in gola preso dalla furia dell’orgasmo per raggiungere il più alto picco possibile di piacere e sfruttare il caldo abbraccio della mia gola. E io lo lascio fare bevendo e saziandomi del suo godimento.
Continuo a succhiarlo finchè non sento che ormai ha esaurito il suo piacere.
Lo guardo ed ha un sorriso stordito che mi rende orgoglioso di aver fatto godere quell’uomo ancora acerbo.
Lo bacio appassionatamente ancora una volta.
Poi gli do uno schiaffetto su una natica e gli dico: “vai in bagno a sistemarti. Tra poco torna Stefano. Intanto faccio arieggiare la stanza che l’odore di sborra qui dentro deve essere stordente”
Ridiamo entrambi.
“Ah, aspetta” aggiungo. Rovisto tra le mie cose cercando di non sbattere dappertutto con il mio cazzo ancora barzotto. Gli passo un mio biglietto da visita. “Dalla settimana prossima sono nuovamente da solo. Chiamami”, gli dico facendogli l’occhiolino.
I suoi occhi luminosi sono sufficienti a farmi capire che lo farà certamente.
Apro le finestre, mi sistemo e dopo pochi minuti suona il citofono.
Alzo il ricevitore e senza dire nulla sento una voce: “sono io”
Apro a mio figlio.
“Marco è un attimo in bagno. Ma quanto ci hai messo? Pensavo ti fossi perso….”
“La pizzeria all’angolo è chiusa per turno” mi fa.
“Accidenti, è vero! Non ci avevo pensato! Quindi cosa hai fatto?”
Sono andato a quella verso il centro, che so ti piace tanto. Anche se ci vuole un po’ di più.”
“Grazie Stefano, sei stato un tesoro!”
“Piuttosto” aggiungo mettendomi una mano in tasca “ho trovato le tue chiavi. Erano in cucina, sul tavolo vicino la frutta”.
“Ma non è possibile!!” mi dice sbalordito, “sono certo di averci guardato!!”
“Sei il solito sbadato” controbatto un po’ canzonatorio.
I biscotti, la pizzeria, le chiavi: non è bello mentire così spudoratamente al proprio figlio… Ma in fondo dovevo fare merenda anche io!!!



Ti è piaciuto il mio racconto? Scrivimi e raccontami perché.
[email protected]

Disclaimer! Tutti i diritti riservati all'autore del racconto - Fatti e persone sono puramente frutto della fantasia dell'autore. Annunci69.it non è responsabile dei contenuti in esso scritti ed è contro ogni tipo di violenza!
Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
Votazione dei Lettori: 9.5
Ti è piaciuto??? SI NO


Commenti per La palestra, la doccia e la… 3 (...ma basta docce):

Altri Racconti Erotici in Gay & Bisex:



Sex Extra


® Annunci69.it è un marchio registrato. Tutti i diritti sono riservati e vietate le riproduzioni senza esplicito consenso.

Condizioni del Servizio. | Privacy. | Regolamento della Community | Segnalazioni