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La cara zia Delia - parte 2


di ettoregrem
11.07.2017    |    26.627    |    1 9.6
"Si girò verso di me, gli occhi lucidi per le risate e per l’alcool dietro le lenti degli occhiali, stava per dirmi qualcos’altro, la vidi socchiudere le..."
Ciao a tutti,
Quello che ho scritto e che segue qui, è il racconto di un’esperienza realmente accaduta. Si tratta di uno degli episodi di seduzione (reciproca) più intensi che abbia vissuto.
Vedere il desiderio accendersi in una donna è l’esperienza più inebriante che possa accadere ad un uomo, indipendentemente dall’età…
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Seguito di “La cara zia Delia”
La zona dei fornelli era in un piccolo cucinino, in due si entrava a malapena, lei mi indicò un cassetto e poi un altro:
- Lì ci sono le posate, e lì la tovaglia e i tovaglioli. Usa quella a quadretti blu. –
Obbedii, andandomene con il mio carico di stoviglie e biancheria da tavola ci avvicinammo, sentii distintamente la consistenza delle sue tette premere sulla mia schiena mentre uscivo dal cucinino. Il mio uccello ebbe un fremito e fu subito barzotto: incredibile mi ero fatto una sega appena mezzora prima!
La cosa mi rese un tantino audace…
- Zia, ma storie come dire… piccanti… ne sono successe? –
Non sapevo che reazione attendermi, ma se volevo che le cose andassero in una determinata direzione, era il momento di orientare il timone.
- Ha ha ha… certo… e ce ne sono di divertentissime… -
Facendo capolino dal cucinino si rivolse a me sorridendo, le luccicavano gli occhi
- Poi te le racconto…-
La cena fu semplice ma squisita, gli spaghetti con il sugo di pomodoro fatto in casa erano buoni. Mangiammo quelli e un po’ di verdura.
- Scusa, per la cena… è una cosa improvvisata… non ho neanche un secondo da offrirti…-
- Ma scherzi? Anzi grazie, va benissimo così…-
- A proposito… vuoi un po’ di vino?-
Io non bevo quasi mai, ma mi pareva stupido non provare a utilizzare l’alcool per il mio fine:
- Certo zia, grazie!-
Il rosso non era malaccio ma il suo pregio maggiore fu l’effetto che ebbe su di lei. Insistendo un po’ riuscii a fargliene bere un paio di mezzi bicchieri.
Così per la fine della cena era molto più sciolta: le guance colorite, la risata più facile. Nel raccontare gesticolava di più, mi dava buffetti sulla mano e si muoveva sulla sedia facendo risalire la gonna e permettendomi di sbirciare un po’ delle sue bellissime gambe.
- Il Caffè lo prendi?-
- Se non è un disturbo…-
- No, macchè disturbo… lo prendo anch’io…-
Le cose si mettevano bene, ma sentivo che per fare un passo avanti avrei avuto bisogno di una maggiore prossimità, un ambiente più intimo… Dovevo trovare il modo di uscire da quella cucina e arrivare in camera, o almeno su un divano.
- Zia, mi chiedevo se non avessi delle foto… cioè per dare una faccia ai personaggi di cui mi parlato… -
Si illuminò:
- Certo! Ho un sacco di foto! Gite, foto di classe… Vado a prendertele! –
Si alzò e io, senza attendere il suo ritorno, la seguii.
Purtroppo non si diresse in camera, sfogliare le foto insieme seduti sul letto sarebbe stato il top, ma in salotto: mi sarei fatto andare bene il divano.
- Ho degli album… e ho delle foto in alcune buste… -
Mentre parlava si chinò ad aprire l’anta di un mobile, lo sporgere del suo sedere mi rimise il cazzo sull’attenti.
Sedetti sul divano e lei, mi raggiunse con un paio di album fotografici.
- Intanto guarda… vado a fare il caffè e poi ti spiego…-
Tornò in cucina, io iniziai a sfogliare le pagine. Dei suoi colleghi non mi importava nulla, ma lei da giovane era una bomba.
La immaginai in classe mentre studenti adolescenti si ingegnavano per spiarla sotto la cattedra. Probabilmente non se ne rendeva conto, ma nella sua vita le dovevano esserle stati tributati fiumi di sborra. L’idea mi eccitò ancora di più.
In una cristalliera del salotto notai alcune bottiglie di liquore, potevano servire.
Zia fece ritorno, con un vassoio su cui stavano due tazzine fumanti ed una zuccheriera che posò sul tavolino davanti a me, poi si sedette al mio fianco.
- Scusa Zia… niente zucchero per me… piuttosto… non avresti un amaro per correggere il caffè?-
- Certo…-
Si alzò, si diresse verso le bottiglie e mi chiese:
- Io non me ne intendo… vieni a vedere quale preferisci…-
Scelsi il liquore più dolce, lo detestavo, ma a me interessava riuscire a farlo bere a lei.
Iniziammo a guardare le foto mentre sorseggiavamo il caffè, la luce più soffusa del salotto la rendeva bellissima, anche gli occhiali le donavano.
L’atmosfera si era sciolta, io mi versai un goccio di liquore nella tazzina vuota e lo versai anche a lei.
- Fammi compagnia…-
Lei rispose con una risata sommessa:
- Mamma mia… stasera mi ubriaco…-
- Tranquilla, tanto non devi guidare…-
Continuò a raccontare come un fiume in piena, ogni tanto lubrificavo la situazione con un goccio di liquore, lei era divertita, a suo agio e la spinsi a raccontare anche episodi un po’ più piccanti.
Ovviamente era poca roba. Chiacchiere e storie di corna, niente di che, ma lei ne parlava bisbigliano e coprendosi la bocca, quali fossero atti di incredibile trasgressione.
Le nostre ginocchia si toccavano e lei spesso mi dava piccole pacche sulla gamba o sul braccio per sottolineare momenti particolarmente significativi del suo racconto.
Non la stavo più ascoltando, ormai, ero solo in attesa del momento opportuno.
Aveva appena finito di dirmi cos’era successo alla figlia di un suo collega, durante una vacanza all’estero, quando fece una pausa, sfogliò una pagina dell’album e la fissò per un istante.
Io mi avvicinai per guardare la stessa pagina, le nostre teste erano lontane meno di dieci centimetri. Potevo sentire l’odore del liquore e del caffè sulla sua bocca.
Si girò verso di me, gli occhi lucidi per le risate e per l’alcool dietro le lenti degli occhiali, stava per dirmi qualcos’altro, la vidi socchiudere le labbra.
La baciai.
Come avrei fatto con una ragazza al primo appuntamento, con dolcezza.
Sentii la sua sorpresa, non sapeva cosa fare, non se lo aspettava ma la rigidezza del primo momento si ammorbidì, le infilai la lingua tra le labbra e poi mi misi a mulinare la sua.
La sentii gemere sommessamente.
Non le diedi il tempo di realizzare e seguitai a limonarla con foga per qualche minuto, le raccolsi un seno nella mano e iniziai a cercare il capezzolo con il pollice attraverso la stoffa del reggiseno e del maglioncino, lo sentii indurirsi. Bene.
Continuai la manovra per un altro po’. Poi spostai la mano in basso, risalii l’interno della sua gamba dall’incavo del ginocchio alla coscia, la sentii irrigidirsi. Si staccò da me.
- Cosa fai? Cosa mi fai fare…- Sussurrò, non aveva nemmeno il coraggio di guardarmi.
- Non lo so…- le dissi io mentre con un dito le sollevavo il mento e riprendevo a baciarla con passione.
Di nuovo, senza fretta, limonata, palpeggiamento alle tette. Stavolta infilai la mano sotto il maglione e tormentai il capezzolo. Poi ridiscesi di nuovo, la sensazione del collant sotto le mie mani era deliziosa, le sue cosce erano tiepide e morbide. Arrivai a toccarla tra le gambe, calore ma non sentivo traccia di umidità.
Con molta pazienza seguitai a baciare e massaggiare e, finalmente mi parve di sentire qualcosa bagnarmi i polpastrelli.
Mi inginocchiai davanti a lei, le sollevai le gonne e iniziai a baciarle il monte di venere attraverso la stoffa di collant e mutande.
- Oddio… no… no… fermo…-
Cercava di ricoprirsi con la sottana, io con gentile fermezza glielo impedii. Le presi le mani, lei me le stringeva e gemeva. Il mio naso non mi ingannava, lì sotto l’odore inebriante era quello di una donna eccitata, età o non età quella fica era un lago.
Attraverso il collant ora luccicante di umori e saliva vedevo la sua bernarda coperta dalle mutande bianche, alcuni ciuffi di pelo fuoriuscivano ai lati. In quella posizione con le sue gambe sopra le mie spalle e le sue mani nelle mie, con ancora indosso le ciabatte, gli occhiali e il grembiule mi pareva la cosa più erotica del mondo.
Infilai le mani sotto il suo sedere e iniziai a sfilarle il collant, lei mi lascò fare.
- Oddio… oddio… ah…-
Erano gli unici suoni che gorgogliavano dalla sua bocca.
Sfilai una gamba del collant, lasciandolo arrotolato sull’altra senza preoccuparmi di toglierle nemmeno la ciabatta. Mi piaceva di più così, lei lasciava fare, ora si era coperta il viso con le mani seguitando a gemere.
Scostai le mutande e mi apparve lo spettacolo della sua fica. Non mi pareva vero.
Aveva peli radi, grigi e decisamente lunghi, due labbra pendule che, una volta spalancate la facevano sembrare una farfalla di carne. Più in basso un grinzoso buco di culo bruno, anch’esso contornato da lunghi peli grigi e radi. A coronare quella meraviglia c’era un clitoride che spuntava impertinente da un cappuccio che non riusciva a contenerlo.
Lo feci uscire tutto, scappellandolo. Era uno dei grilletti più grossi che avessi mai visto. Sembrava un cazzetto in miniatura, grosso come la falange del mio dito indice e dritto in fuori.
Fantastico, mi misi a ciucciarlo con entusiasmo e autentica devozione, mentre con indice e medio penetravo la sua caverna rovistando alla ricerca del punto g e con l’anulare titillavo il suo buco del culo, l’altra mano infilata sotto la maglia e il reggiseno non dava tregua al capezzolo.
Il suo respiro divenne affannoso, i suoi ansimi più forti finché la sentii irrigidirsi improvvisamente e le contrazioni dell’orgasmo cominciarono a stringere ritmicamente la prima falange del mio dito inserita per metà nel suo ano.
Le secrezioni della fica si fecero più abbondanti e uno schizzo di urina mi finì sul mento bagnando il divano.
La guardai: si teneva ancora la faccia coperta.
Mi avvicinai, le presi le mani e, guardandola negli occhi la baciai.
Due lacrime le rigavano il viso, gli occhiali erano di traverso e appannati, il trucco leggero in disordine.
Guidai una delle sue mani in basso, le feci sentire la consistenza del mio cazzo e le dissi.
- Sei una meraviglia…-
- Ma dai… ah… ah… cosa mi fai fare… sono una vecchia… basta…-
- Lo senti?- Chiesi mentre le serravo la mano sul cazzo – Lo senti? –
- Si…- rispose lei bisbigliando
- Adesso te lo faccio vedere, che dici? –
Non rispose, mi guardò negli occhi, vedevo il desiderio, sarebbe stata una serata memorabile.

Continua.
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