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Con la moglie del professore


di 69codroipo69
26.09.2020    |    3.226    |    1 9.5
""Quindi ora ti devo lasciare, perché non c'è mio marito e voglio approfittarne! Sì sì certo per fargli lezione! - rise - ci sentiamo dopo..."

Sono passati decenni dai tempi in cui è accaduto l'episodio che vengo a narrarvi, ma ancora oggi mi eccita pensarci.
Era l'ultimo anno di liceo e la mia vita sentimentale era decisamente ridotta rispetto ad oggi, e forse
pure meno fantasiosa, in genere.
Frequentavo il liceo scientifico ma, ciononostante, la materia che trovavo più ostica in assoluto era la matematica. Il rischio che quella materia di rovinasse l'anno era costante per tutto il quinquennio, ma riuscivo sempre a cavarmela con un po' di culo e molta ansia. Il quinto anno però, l'anno della maturità, non potevo rischiare troppo e avevo da pensare anche a tutte le altre materie. Chiesi ai miei se potevo fare delle ripetizioni, alcune lezioni per capire integrali e compagnia bella (cosa che
oggi ho quasi del tutto rimosso). Cercai un professore nella zona vicino a casa mia: mi consigliarono una professoressa molto brava che, guarda caso, abitava due-tre isolati da casa mia.
"Fantastico!" mi dissi.
Presi il numero di telefono, la chiamai e scoprii che insegnava nel mio stesso liceo. Questa era una brutta notizia perché, mi disse, non avrebbe potuto per legge farmi lezioni private, sebbene
insegnasse in altre sezioni. Ma fortunatamente c'era una soluzione, perché Marcella, così si chiamava, aveva un marito anch'egli professore, anche se aveva smesso da anni, altrettanto bravo e preparato. Mi fece intendere poi che, insieme al marito, un aiutino l'avrebbe dato anche lei.
Giorni dopo ci mettemmo d'accordo per cominciare con la prima lezione, a casa loro, e Alberto, il marito, mi fece da subito una buona impressione. Il primo giorno lei non c'era, ma dalle foto mi
accorsi subito della gran bella donna che era, troppo rispetto ad un marito piuttosto brutto e rotondo.
Una settimana dopo la conobbi, e mi accorsi che le foto non solo non erano ingannevoli, ma anzi dal vero era ancora più bella!
Marcella era una donna minuta, castana, con due occhi da cerbiatta, e due tette grosse e sode. Dai jeans si evidenziava poi l'altro pezzo forte, il culo, che riuscì nell'impresa di incollarsi ai miei occhi nonostante i miei sforzi per distogliere lo sguardo. L'età si aggirava intorno ai 35, ma ne dimostrava 30, mentre il marito che forse era solo qualche anno più vecchio ne dimostrava 50. Nè Alberto nè Marcella parvero accorgersi della mia eccitazione, fortunatamente, e delle variazioni nella qualità della mia attenzione alle lezioni a seconda che lei fosse in casa oppure no. "Ma certo" mi convincevo io: "Come vuoi che mi calcoli una così, tra l'altro molto più grande di me? E come potrebbe sentirsi minacciato il marito da me, poppante liceale?". Così durò per settimane, per mesi. Ormai pensavo solo a lei, le mie coetanee
non mi sembravano all'altezza, mi ammazzavo di seghe pensando ad un suo dettaglio, o immaginandola svestita. Poi la svolta.
Era ormai primavera, e le lezioni si erano ormai fatte più saltuarie, quando capitò che arrivai a casa sua al consueto orario e Alberto non c'era ancora. Era sola: mi disse che Alberto era stato trattenuto in ufficio, che l'aveva chiamata poco fa e che per oggi avrebbe fatto lei la lezione...

Marcella mi accolse in casa quel pomeriggio in cui faceva già piuttosto caldo e io ero piuttosto nervoso, dunque il caldo lo sentivo ancora di più. Lei era vestita in modo apparentemente casuale, da casa, ma allo stesso tempo era piuttosto svestita e sexy. La camicetta era bianca e semi trasparente, le tettone erano chiuse in un reggiseno che pareva troppo piccolo, e come pantaloni aveva degli shorts neri attillati che il suo culo si vedeva in tutta la sua forma, quasi fosse nudo.
Mi aprì che stava telefonando ad un amica, mi fece cenno di accomodarmi nella poltrona e continuò la telefonata, presumibilmente con una amica, mentre io non riuscivo a staccargli gli occhi di dosso, lei rideva al telefonata e ogni tanto mi lanciava qualche occhiata che, mi accorsi, non era poi così
disinteressata come appariva in presenza del marito. "C'è qui lo studente di mio marito, Codro, sì!
ahah, quello alto e carino di cui ti ho parlato" disse ad un certo punto all'interlocutrice dall'altra parte del telefono e ridacchiando mi guardò con un misto di ammirazione da donna e da mamma. Io
arrossii e cominciai a non capire più nulla. "Quindi ora ti devo lasciare, perché non c'è mio marito e voglio approfittarne! Sì sì certo per fargli lezione! - rise - ci sentiamo dopo...". Io cercando di
concentrarmi invano nel reprimere un erezione che era evidentissima, aprii il libro nell'intento,
folle, di indirizzare la bellissima prof verso la lezione. In realtà non so perché lo facessi, ma la sensazione di invischiarmi in un qualcosa di sporco era grande. Lei però, come non mi aspettavo,
andò subito al punto con un secco: "Ti va di scopare?", io non risposi, farfugliai, e mi ritrovai lei addosso, sul divano. Mi mise le tette in faccia e a quel punto riacquisii un po' di lucidità, e
cominciai a spogliarla. Senza reggiseno le sue bocce erano anche più grandi di quel che sembravano, e cominciai a succhiarle i capezzoli fino a farla urlare, e togliendoli i pantaloncini,
cominciai a stringerle le chiappe come fossi il suo magnaccia. Lei mugolava e mi dimenticai della differenza di età, della sua fede al dito, del fatto che fosse una professoressa del mio liceo e che
conoscesse persino i miei genitori. Era vestita solo delle mutandine, fradice, mentre io ero ancora completamente vestito. Mi sbottonò la camicia succhiandomi il collo e la baciandomi in bocca senza ritegno. La sua lingua mi sfiorava la gola e il mio cazzo nel frattempo pulsava come non mai.
Tolta la camicia tirò giù la lampo dei pantaloni, senza sbottonarli, in modo da far uscire il cazzo senza spogliarmi: "Cristo, è enorme, sarà il doppio del pipino di Alberto, ed è tutto duro, tutto per
me. Ti eccito?" mi disse, come se non fosse evidente. Io riuscii solo a fare un cenno affermativo, prima che riabbassasse la testa e il mio pene affondasse per quasi metà dentro la sua bocca!
Spompinava come una professionista del porno, mentre io cominciai con il dito a stimolarle il clitoride, prima, e a infilarlo dentro dopo. Lei era bagnatissima, godeva come un cavalla e diceva le peggio porcate: la eccitava in particolar modo il fatto che io fossi neanche vent'enne e che frequentassi il suo liceo, oltre che studente presso suo marito. Il mio cazzo era grosso più del solito mentre me lo succhiava avida e abilissima, e appena le tolsi le mutandine completamente pregne di umori della sua fica, si precipitò a gambe aperte sopra di me, infilandosi la cappella dentro.
Era piuttosto bagnata, e non era certo stretta di figa, ma persino lei ebbe qualche tentennamento nel constatare la grossezza del mio membro nell'infilarsi dentro la sua figa. "Oh cazzo... Mi stai aprendo come una maiala. Ma sei il figlio illegittimo di un cavallo?". Io risi soddisfatto sebbene fosse comunque un esagerazione adatta allo scopo, perché le mie dimensioni erano e sono quelle di uno molto ben dotato, ma neanche di un superdotato.
I complimenti però, in quel frangente, sono sempre apprezzati e funzionali ad incrementare l'eccitazione del maschio, cioè io.
Cominciai a infilare la mazza dentro la sua figa che ormai si era abituata e l'accoglieva senza problemi sino a più di due terzi. L'avevo messa a novanta gradi quando cominciai a stantuffare,
quando nel frattempo le stringevo le zinne con forza. "Sei proprio una grande puttana, Marcella, e io ti desidero dalla prima volta che t'ho visto!". Era finita l'ora di lezione da un po' quando io venni per
la prima volta su di lei. Mi succhio l'uccello e mi ripulì della sborra che a suo parere aveva un sapore e una consistenza più virile di quella di suo marito. Andai a casa che non avevo nient'altro
per la testa: solo "la matematica"

"Cosa? Mai sei impazzita?" dissi quando al telefono Marcella mi disse di aver detto al marito della
nostra scopata, mentre ero paralizzato dall'imbarazzo.
"Perché hai fatto una simile cazzata? Doveva essere una botta e via, non l'avrebbe mai saputo"
rincarai (sebbene fino ad allora avessi sperato che di botta e via non si trattasse!): "Ora come l'ha presa? Ha già scelto l'arma con cui uccidermi?". Quello che mi disse dopo però mi rassicurò, per un certo verso, anche se forse la botta successiva fu ancora peggiore.
"L'ha presa bene, ha detto che mi capisce perfettamente, che è un uomo molto libero dal preclusioni mentali" disse infatti, aggiungendo: "Mi ha detto però che se voglio continuare, lui vuole vederci all'opera...". Riattaccai in un misto di sentimenti tra incazzo ed eccitazione, dicendomi tra me e me che mai e poi mai avrei accettato.
Tre giorni dopo ero a casa loro, come di consueto portai i libri, che sarebbero nuovamente rimasti inutilizzati. A primo impatto mi apparse solo lei e sperai che in casa fossimo soli. Aveva una
camicia da notte trasparente e niente biancheria intima cosi che si vedessero le tettone, il culetto e la figa, curata ma con il giusto tanto di peli. Per salutarmi mi bacio in bocca e io ero già totalmente in balia sua, eccitato e duro come solo lei riusciva a farmi diventare. La misi faccia contro il muro,
strizzai le tette e gli feci sentire tra le chiappe l'enorme pacco che grazie a lei si era creato dentro
pantaloni e mutande. Lei era già fradicia, e girata verso il muro mi sbottonò con maestria i jeans tirando fuori "l'enorme mazza" dalle mutande. Prese il cazzo con la mano, e dopo una microsega, se
lo mise dentro. "Aprimi come una vera troia" urlò: "Come mio marito non è mai riuscito a fare...".
Era a pecora mentre la sbattevo con forza e rapidità, e la dominavo come piaceva a lei, facendole sbattere le tette e persino la faccia, contro il muro. Vennè, io no. Mi guardò soddisfatta ma non totalmente appagata, si girò e mi portò nel letto, dove si mise a gambe aperte e mi invitò a rientrare.
La sbattei per una seconda volta, questa volta più dolcemente, la baciavo sul collo e le succhiavo i capezzoli a turno, mentre sudava e ansimava come una assetata di sesso quale era, in effetti.
Venne una seconda volta, io non ancora: "Oh ma che sei? Un toro da monta? Ahah mio marito sarebbe venuto da quando ti ho sfilato le mutande...". Si girò di nuovo di spalle, con il sedere un po' sollevato e mi indicò il culo. "Ora però vedrai come ti faccio venire. Sbattimi il culo vergine, quello a cui mio marito non ha mai avuto accesso!". Io sentivo la testa bolliva, il cazzo pulsare e mi pareva che non mi sarei più fermato. Appoggiai la cappella nei bordi dello sfintere già tutto bagnato, probabilmente dagli umori della figa, e mi accorsi subito che proprio vergine non era, però era comunque molto stretta. Infilai piano la punta e la sentii ammutolire, stringeva i denti mentre solo
uno o due centimetri erano entrati, e io cominciai a muoverlo su e giù scendendo più giù e facendo
entrare la cappella.
Ora iniziava il punto più difficile, il mio cazzo cominciava ad allargarsi e lei gridò più dal dolore
che dal piacere. Mentre facevo per toglierlo lei però mi fermò e mi invitò a continuare: era
eccitatissima e bagnatissima. Il cazzo era entrato per metà e cominciai a stantuffare convinto che
non potesse scendere più di così. Urlava sempre più di piacere e sempre meno di dolore, mentre il cazzo mi si tingeva di rossiccio e io cominciavo a sentire vicino il momento della venuta. Il cazzo tra l'altro affondava sempre di più e le mie palle cominciavano a sbattere contro la figa. La baciai sulla schiena e sul collo mentre la sbattevo sempre con più irruenza e velocità, finendo per venirgli dentro al culo. Appena lei sentì il fiotto di sperma caldo nel culo venne all'istante divincolandosi e espellendo di botto il mio cazzo sborrante da dentro il suo culo slargato in modo evidente. Fu allora che comparì Alberto, nudo con il cazzettino sborrante a completare l'opera.
Era come se me l'aspettassi, non restai sorpreso. Nè restai schifato quando lo vidi leccare il mio sperma dal culo slabbrato della moglie.
Lei venne una quarta volta, questa volta per merito di suo marito, io chiesi di potermi fare una doccia.
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