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Il giovane cuckold (I)


di Membro VIP di Annunci69.it neriandrea28
06.05.2021    |    30.005    |    5 9.2
"La mia curiosità divenne morbosa, volevo sapere tutto..."
PROLOGO


Sono inginocchiato ai piedi del letto e guardo.
Rita è stesa supina con le cosce allargate e ripiegate sul corpo, i suoi piedi in aria, Marino è sopra di lei, la sta scopando.
Dal mio punto di osservazione posso vedere, tra le robuste e pelose gambe di lui, il grosso cazzo scuro contornato da folti peli entrare e uscire dalla fica spalancata di lei. Esce quasi del tutto poi entra di nuovo, con colpi decisi, affondando completamente e ogni spinta è accompagnata dai gemiti affannosi di lei. Vedo bene anche l'ano di lei, spalancato al massimo, e quando lui affonda, le sue palle ci finiscono sopra.
Ormai stanno arrivando alla fine, il ritmo di lui aumenta, fino ad un ultimo affondo brutale accompagnato da un urlo liberatorio. Anche lei urla e le contrazioni del suo sfintere anale testimoniano il suo orgasmo, in sincronia con i getti di sperma che le stanno riempiendo la vagina.
Finalmente lui si tira su e si stende a fianco a lei, con un lungo sospiro di soddisfazione, lei appoggia i piedi sul letto, con le ginocchia flesse, le cosce aperte e la fica ancora spalancata. E' madida di sudore, i lunghi capelli neri scompigliati, tiene gli occhi chiusi e la bocca semiaperta.
- Vieni pisellino - mi sussurra - ora tocca a te.
Era quello che aspettavo, mi arrampico sul letto e mi accovaccio fra le sue cosce, comincio a leccare e ripulire. La mia lingua entra nella sua fica e sento il sapore acidulo dello sperma, misto a quello profumato di lei, dei suoi liquidi.
- Toccati, dai - mi dice.
Mentre continuo a leccare comincio a masturbarmi. Bastano pochi colpi e godo anche io, con un orgasmo che parte dal profondo e arriva al mio cazzetto che comincia a schizzare. La mia mano lo copre e lo sperma si spiaccica sul palmo, non devo sporcare le lenzuola.
La mano di Rita mi spinge via dal suo ventre, io mi stendo al suo fianco..
- Ora leccati la mano per bene.
Con la lingua mi ripulisco accuratamente la mano, finché non ingoiato tutto il mio seme.
Rita è la mia ragazza.

CAPITOLO 1


Per capire come arrivai a quel livello di perversione bisogna ripercorrere la storia del mio rapporto con Rita.
Ci incontrammo la prima volta alcuni mesi fa, lei era amica di Giovanna, la ragazza di un mio ex compagno di scuola, Enrico. Capitò di uscire in gruppo per una cena e quella volta venne anche lei. Ne rimasi folgorato. Bisogna specificare che Rita è una ragazza bellissima, non molto alta ma con un corpo perfetto, gambe lunghe, culetto tondo, folti capelli neri che incorniciano un bel viso ovale, con occhi nocciola capaci di lanciare sguardi assassini e un sorriso che mette in mostra una dentatura perfetta. Ha ventidue anni e si sta brillantemente laureando in Matematica, non è quindi solo una bambola, ma una ragazza molto intelligente e colta. Stranamente lei si mostrò abbastanza interessata a me quella sera, dico stranamente perché io sono tutt'altro che un bel ragazzo, alto ma un po' sovrappeso, un viso irregolare, non ho la parlantina sciolta né i modi in grado di fare colpo sulle ragazze, come avevo più volte dovuto constatare. Ma di fronte al suo atteggiamento più che incoraggiante decisi di buttarmi, le chiesi il numero di telefono e il sabato successivo la invitai ad uscire. Con mia grande sorpresa accettò e dopo due o tre uscite serali ci mettemmo insieme.
Lei mi mostrò immediatamente quanto fosse calda e disinibita sessualmente. La prima volta che ci appartammo in macchina per scambiarci delle effusioni mentre la mia mano cominciava molto cautamente a insinuarsi sotto la sua gonna la sua si posò con decisione sul mio inguine iniziando a massaggiare il mio pene ormai in piena erezione. Quella sera non facemmo molto, ma la sera dopo lei mi invitò a casa sua, dopocena. Viveva con la madre, il padre era morto da qualche anno, e quando arrivai Rita mi presentò a lei, una donna ancora piacente, bionda, dai modi simpatici. Facemmo un po' di conversazione in salotto bevendo un digestivo, poi la signora annunciò di voler andare a letto e ci lasciò soli. Eravamo seduti vicini, sul morbido divano di velluto del salotto, Rita si alzò, si tolse le scarpe e si mise a cavalcioni su di me. Era primavera, indossava un vestitino corto che, in quella posizione salì fin quasi all'inguine scoprendo le sue cosce e facendomi intravedere le minuscole mutandine nere che indossava sotto. Cominciammo a baciarci appassionatamente, mentre la sua lingua esplorava la mia bocca mi sbottonò la camicia e le sue mani presero a sfiorarmi dolcemente il torace, soffermandosi sui capezzoli, cosa che mi eccitò da morire. Infilai una mano sotto le sue mutandine e con le dita cominciai a carezzare la sua fessura, abbondantemente bagnata, facendola gemere di piacere. Si sollevò leggermente e le sue mani cominciarono ad armeggiare con la mia cintura. Riuscì ad aprirla, mi sbottonò e finalmente riuscì ad arrivare al mio pene, che strinse con forza nella sua manina. Sentivo che era eccitata al massimo, mugolava baciandomi e carezzandomi il pene mentre io facevo altrettanto con la sua fichetta.
- Non c'è pericolo che entri tua madre? - chiesi in un barlume di lucidità.
- No - mormorò lei continuando a baciarmi - è molto discreta, non entrerebbe mai.
Di colpo si staccò da me, si alzò e prese a tirarmi giù pantaloni e boxer. Io la agevolai sollevando il bacino e mi rimisi seduto, seminudo con il pene eretto. In un attimo si sfilò le mutandine e tornò a cavalcioni su di me, infilò una mano tra le cosce e in un attimo fui completamente dentro di lei: la stavo scopando!
Lei cominciò a muoversi puntellandosi sulle ginocchia appoggiate al divano e intanto continuavamo a baciarci con foga, con le mani carezzavo il suo rotondo sedere, liscio come la seta. La sua bocca si staccò dalla mia e sempre continuando a muoversi sopra di me si sfilò il vestito, rimanendo completamente nuda, sotto non aveva reggiseno. Aveva due tette bellissime, non molto grandi, ma ben modellate e turgide..
Cominciai a carezzarla anche lì poi la tirai verso di me e presi a baciarle i capezzoli, duri ed eretti che puntavano verso l'alto. La mia eccitazione era al culmine, la sua anche, continuava a muoversi con un ritmo sempre crescente e capii che non sarei durato a lungo anche se stavo cercando di resistere.
- Dobbiamo stare attenti - mormorai in tono vagamente interrogativo.
- Non c'è pericolo, prendo la pillola, stai tranquillo - mi rispose.
Non dovetti più trattenermi, mi lasciai andare, assaporando il piacere fisico che la sua fichetta mi provocava col suo morbido e caldo massaggio e quello mentale nel guardare lei, nuda, scarmigliata e affannata, che mi cavalcava. Quando sentii arrivare il momento la strinsi in vita con le braccia e la bloccai, tenendola ferma mentre con un lungo brivido di piacere eiaculavo dentro di lei. Sentì che stavo venendo e si avvinghiò a me con un lungo gemito.

CAPITOLO 2


Per alcune settimane le cose tra noi andarono a meraviglia. Ero innamorato cotto, passavamo molto tempo insieme e, grazie alla compiacenza della madre, non avevamo problemi a fare sesso quando volevamo, a casa sua. Quando uscivamo vedevo gli sguardi di ammirazione che le rivolgevano tutti gli uomini, anche perché lei era sempre vestita in modo estremamente provocante, profonde scollature, gonne corte e strette che fasciavano il suo meraviglioso di dietro, calze autoreggenti e mutandine sexy. Spesso, quando accavallava le gambe, chi sedeva di fronte a lei poteva avere una fugace visione delle sue parti più intime. Insomma, ero al settimo cielo, non mi sembrava vero di essere suo ragazzo.
Ma una sera arrivò la doccia fredda. Ero andato a casa sua dopo cena, la madre era uscita ed io pensavo che ne avremmo approfittato per scopare, erano diversi giorni che non lo facevamo. Invece lei mi blocco' subito.
«Dobbiamo parlare» mi disse, con un'espressione strana sul viso.
«Cosa c'è?» chiesi preoccupato e stupito.
«Quello che sto per dirti ti farà soffrire» attaccò «ma non voglio più mentirti, non me la sento...»
«Che succede?» ero preoccupato.
«Il fatto è che» riprese esitante «che....insomma, sono andata a letto con una altro» terminò tutto d'un fiato.
Ebbi un colpo al cuore.
«Cosa?» me ne uscii quasi balbettando.
«E' cosi', hai capito benissimo. Ti ho tradito» la sua voce era ferma.
Mi presi la testa tra le mani, ero sconvolto.
«Ma perché? Non mi ami più? Ti sei stancata di me?»
Lei sospiro'.
«Ti amo tanto» rispose «Lo dico davvero, credimi.»
«E allora perché?» non capivo.
«Il fatto è che…» cominciò «non so come dirtelo…» era imbarazzata.
«Dimmi! Ho diritto di saperlo!»
«E va bene, ma non ti offendere per quello che dirò» si decise «Quando faccio sesso con te, mi piace, certo, ma resto sempre un po' delusa...insoddisfatta.»
«Capisco» mormorai avvilito «e questo tizio invece ti ha soddisfatta.»
«Sì. Molto» affermò decisa e mentre lo diceva i suoi occhi ebbero un lampo, quasi stesse pensando a quell'uomo.
Rimasi in silenzio, mi sembrava che il mondo mi stesse crollando addosso.
«Devi credermi, amore» sussurrò lei «i miei sentimenti per te non sono cambiati, ti amo come prima. Quella è solo una storia di sesso, il mio cuore è sempre tuo, solo tuo.»
«Vuoi dire che hai una storia con quel tizio? Che non è stata una volta sola?»
«È così» confermò abbassando gli occhi.
Ero sul punto di scoppiare in lacrime per la disperazione, ma non volevo farlo davanti a lei.
«È meglio che io vada» dissi. Mi alzai e scappai via.
Arrivai a casa e mi chiusi nella mia camera, annichilito. Pochi minuti dopo squillò il cellulare, era lei.
«Non voglio lasciarti così, amore mio, dobbiamo parlare, ti prego» cominciò implorante.
Ero arrabbiato, sconvolto, deluso, forse avrei dovuto troncare, ma l'amavo e non ebbi il coraggio di farlo.
«Ho bisogno di tempo» riuscii a rispondere.
«Sì, hai ragione, però domani sera torna da me, ti prego.»
Acconsentii.
Mi misi a letto, sconsolato.
Ripensai alle parole di Rita. Aveva ragione purtroppo, a letto non ero un granché.
Premetto che purtroppo la natura non mi ha regalato una grande dotazione, ho un pene piuttosto piccolo, non molto lungo e piuttosto sottile, anche in piena erezione. Ma questo forse non sarebbe stato un grave problema, il fatto era che duravo poco. Quando scopavamo non riuscivo a trattenermi e venivo immancabilmente dopo pochissimi minuti, e lei, ancora in piena eccitazione, restava insoddisfatta. Io cercavo di rimediare e in genere la facevo venire dopo, leccandole la fichetta, cosa che sapevo fare abbastanza bene, ma certo non era la stessa cosa. Il fatto era poi che, dopo essere venuto una volta, non avevo una gran voglia di ricominciare, anzi non ne avevo affatto a dire la verità'. Con la mia scarsa esperienza non concepivo che si potesse scopare più' volte di seguito. Invece lei lo desiderava, a volte cercava di stimolarmi, si strusciava addosso a me sospirando vogliosa, lo prendeva in bocca per farlo diventare duro di nuovo, ma poi rinunciava di fronte alla mia scarsa partecipazione.
Quell'uomo invece la soddisfaceva molto, al contrario di me, me l'aveva detto chiaro e tondo. Cominciai a fantasticare, nella mente vedevo Rita posseduta da un energumeno, la vedevo urlare di piacere, mentre lui la scopava energicamente, da dietro, la scena classica che avevo visto in decine di film porno. Stranamente, quella fantasia mi eccitò, mi masturbai furiosamente e venni.
La sera dopo tornai da lei. La madre mi salutò affettuosamente, come al solito, poi ci lasciò soli nel salotto. Ci sedemmo sul divano, uno a fianco all'altra, distanti, senza parlare e restammo così per qualche minuto. Poi lei si strinse a me e appoggiò la testa sulla mia spalla.
«Ora cosa facciamo?» sussurrò.
«Non lo so» risposi.
«Non voglio che ci lasciamo, ti amo» continuò lei.
«Vuoi dire che non vedrai più quel tizio?» chiesi speranzoso.
«Non posso…»
«Perché non puoi, se ami me?»
«Te l'ho detto. È per il sesso…»
Come spesso succede, chi viene tradito vuole sapere chi è il rivale, come è nata la storia. Per me fu lo stesso.
«Chi è? Lo conosco?» chiesi.
Esitò, prima di rispondere, poi si decise.
«È Marino…il mio professore» mormorò.
Rimasi di stucco, era l'ultima persona a cui avrei pensato.
«È pazzesco!» sbottai «È inaudito! E poi avrà cinquant'anni, ti rendi conto?»
«Hai ragione, è una follia, ma è successo…»
«Come è cominciata?» chiesi, ero ancora sbalordito.
«Beh, eravamo nel suo studio…eravamo seduto vicini, gli stavo mostrando il nuovo capitolo della tesi…» cominciò
«E poi?» la incalzai.
«Mi ha baciata!»
«Che stronzo!» commentai «E tu, che hai fatto?»
Arrossì.
«Ero stupita, volevo respingerlo, ma poi...ha cominciato a toccarmi..insomma, mi sono eccitata» concluse diventando sempre più rossa.
«E poi ti sei fatta scopare!» esclamai arrabbiato e volutamente volgare, non usavamo mai la parola scopare tra noi.
«Sì» confermò compunta abbassando lo sguardo.
La mia curiosità divenne morbosa, volevo sapere tutto.
«Come ti ha scopata?» incalzai.
Mi guardò perplessa, poi capì.
«Mi sono tolta le mutandine e mi sono seduta su di lui.»
«Che bella scena!» commentai ironico poi continuai «Hai goduto molto?»
«Sì»
«E anche lui, immagino. Ti è venuto dentro?»
«Sì»
Mi vergogno a dirlo, ma quel resoconto mi stava stuzzicando. Sentire come la mia ragazza si era fatta scopare da un altro mi eccitava!
«E poi, avete scopato di nuovo?»
«Sì, sono andata a casa sua, qualche sera dopo».
Senza riflettere, per la forza dell'abitudine, la mia mano si posò sulla sua gamba nuda, la gonna era molto salita, e, sempre per abitudine, la carezzavo. Quando mi resi conto, stavo per toglierla, ma lei mi bloccò, stringendo la mia mano fra le cosce. Poi posò la sua sul mio inguine.
«Quindi lì l'avete fatto a letto?» continuai a chiedere.
«Sì, certo.»
«Molto più comodo» commentai.
Lei si limitò a un pallido sorriso.
«In che posizione l'avete fatto?»
«Perché lo vuoi sapere?» mi chiese perplessa.
«Voglio sapere tutto!»
«Va bene, amore, come vuoi. Prima mi sono messa stesa, con lui sopra, poi dopo ha voluto prendermi da dietro.»
Era l'immagine su cui la mia mente aveva fantasticato: lei a quattro zampe scopata da dietro!
Feci la domanda che mi bruciava.
«Ce l'ha molto grosso?» le chiesi, quasi sussurrando.
«Oh sì» sospirò lei «ce l'ha enorme, durissimo, mi riempie tutta!»
Quella risposta, il tono quasi sognante di lei, mi provocò un'immediata erezione. Lei se ne accorse e strinse dolcemente il mio cazzo attraverso i pantaloni.
«Ti sei eccitato, amore» mi soffiò nell'orecchio, fra lo stupito e il compiaciuto.
La mia mano salì fra le sue cosce, che lei allargò compiacente. Insinuai le dita sotto le mutandine e sentii che era molto bagnata. Sospirò di piacere alla mia carezza, abbassò la chiusura lampo e tirò fuori il mio cazzo dritto e gonfio. La sua manina lo strinse e cominciò a muoversi. Le infilai un dito nella fica e lei gemette.
«Mi ha scopato a lungo» continuò estatica«non avevo mai goduto tanto!»
Non ressi più e venni nella sua mano. Lei si ripulì alla meglio, mentre io, imbarazzato, mi rimisi il cazzo ormai moscio nei pantaloni. Lei sorrise, si strinse a me e mi baciò infilandomi la lingua in bocca.
«Mi sono eccitata anche io» mi sussurrò all'orecchio «fammi venire, ti prego. Leccami!»
Si sfilò le mutandine, e si sedette sul bordo del divano, io mi inginocchiai, lei divaricò le cosce posandole sulle mie spalle, immersi il viso nel suo inguine e cominciai a leccarla. Prese a mugolare.
«Amore, la tua lingua mi fa impazzire di piacere! Continua!» mi incitò.
Continuai, alternando le leccate a succhiatine sulla clitoride, che lei aveva ben sviluppata. Cominciò a gemere più forte, poi le sue mani mi spinsero con forza la testa contro la fica. Sussultò e venne.

CAPITOLO 3


Quella sera si stabilì, in modo implicito, senza bisogno di parole, il mio tacito assenso alla situazione: avremmo continuato a stare insieme, ma lei avrebbe continuato a vedere quell'uomo.
Insomma ero diventato un cornuto, un fidanzato consapevole e felice di essere tradito.
Una situazione umiliante, perché esplicitamente legata alla mia scarsa virilità, alla mia riconosciuta incapacità di regalare piacere fisico alla mia donna e rassegnato al fatto che lei lo cercasse altrove.
I contatti sessuali tra me e Rita mutarono, divennero sesso per interposta persona. Lei si vedeva con Marino, una o due volte a settimana, poi mi faceva un resoconto con tutti i particolari su cosa avevano fatto. Ci eccitavamo, lei mi faceva venire con la mano ed io poi leccavo la sua fica e le procuravo l'orgasmo. Non le chiedevo più di scopare, probabilmente non me lo avrebbe negato, ma mi tratteneva la paura del confronto: che piacere potevo procurarle col mio modesto cazzetto dopo che lei si era fatta sfondare dall'enorme cazzo di Marino? Rita era felice ed io vivevo la sua felicità di riflesso, accontentandomi.
Ero perfettamente consapevole che mi stavo sottomettendo a lei. Nel momento in cui un uomo accetta che la sua donna viva liberamente la sua sessualità, nel momento in cui diviene complice, diventa automaticamente un sottomesso. Ma questo, lo ammetto, mi procurava uno strano piacere.
I racconti che mi faceva erano sempre terribilmente eccitanti, diventarono sempre più espliciti e, in qualche modo, più umilianti per me, perché automaticamente mettevano in luce la mia inferiorità rispetto al mio rivale. Inoltre mi resi presto conto che, nonostante mi amasse, cominciava a provare un sottile piacere a umiliarmi, si eccitava. Ed io mi eccitavo ancor di più, godendo della mia umiliazione.
«La seconda volta mi è venuto in bocca» mi raccontò ad un certo punto, una sera.
Eravamo, come al solito, sul divano del suo salotto, io con la mano sulla sua fica, lei con la sua attorno al mio cazzo eretto. Mi aveva già narrato con dovizia di particolari della lunga scopata, conclusa con lei sopra di lui.
«Ti è venuto in bocca?»
«Sì» mi confermò quasi con fierezza.
«Ma da me non avevi mai voluto fartelo fare» mi lamentai.
«Ma lui non me lo ha chiesto, lo ha fatto e basta. Lo stavo succhiando e ho sentito che stava per venire, ma lui mi ha bloccato la testa con le mani e....ha sborrato» non aveva mai usato prima quella parola e sentirla nella sua bocca mi eccitò.
«E ti è piaciuta la sua...sborra?» chiesi.
«Mmm...sì» confessò con un sorrisetto malizioso, stringendo la mano attorno al mio cazzo.
C'era in quel racconto un sottinteso, un discorso non fatto: “Tu sei stato timido, mi hai chiesto il permesso di venirmi in bocca, ma i veri uomini non si comportano così, ti tengono ferma la testa e sborrano, e questo a me è piaciuto molto!”
«E l'hai ingoiata?» continuai a chiedere.
«Sì» mi sussurrò eccitata nell'orecchio mentre mi masturbava «poi ho leccato per bene il suo cazzone, glielo ho pulito con la lingua.»
Sborrai subito, infilandole un dito nella fica e facendola gemere di piacere. Poi, come al solito, la feci venire con la bocca.
I suoi racconti mi fecero capire definitivamente quanto io fossi inadeguato. Marino la scopava due o tre volte di seguito, instancabilmente, le procurava lunghi e ripetuti orgasmi con il suo enorme cazzo. Non c'era partita.
La volta successiva il suo resoconto fu ancor più eccitante.
«Ieri me lo ha messo nel culo» esordì in tono lascivo.
Anche questo era qualcosa che a me era stata negata. Quando glielo avevo chiesto mi aveva risposto negativamente con molta fermezza e si infastidiva persino se provavo a forzarle il buchino con un dito.
«Come è successo?» chiesi già morbosamente eccitato.
«Eh» ridacchiò percependo la mia eccitazione «non mi ha chiesto mica il permesso. Mi stava scopando da dietro, a un certo punto mi ha spinto giù, mi è salito sopra schiacciandomi e me l'ha infilato dietro.»
«Ti ha fatto male?»
«Un dolore tremendo, ma mi teneva inchiodata sul letto, non potevo fare nulla.»
«Che farabutto!» commentai «Ti ha stuprata!»
«Poi pian piano il dolore si è attenuato e quando ha cominciato a muoversi dentro di me ho iniziato a provare piacere.»
Nel frattempo il mio cazzo si era indurito e la sua fica cominciava a bagnarsi.
«Andava avanti e indietro, mi stava inculando alla grande» continuò a sussurrarmi nell'orecchio mentre la sua mano mi strizzava il cazzo «usciva tutto e poi rientrava fino in fondo, avanti e indietro, avanti e indietro, sentivo le sue palle sbattermi sulla fica, il buchino mi bruciava, ma era bellissimo…è durato tantissimo…un godimento mai provato.»
Stavo lì lì per venirmene.
«Poi ha dato un'ultima spinta e mi ha sborrato nel culo. Ho sentito gli schizzi e sono venuta anche io, un orgasmo fantastico!»
Sborrai anche io e questa volta Rita venne insieme a me, talmente si era eccitata nel raccontare.
Insomma, per alcune settimane il nostro rapporto andò avanti così. Avevamo anche una normale vita sociale, uscivamo con gli amici, andavamo al cinema, a cena fuori. Per tutti eravamo una normale coppia, nessuno sospettava di quanto invece fosse diventata perversa la nostra relazione.
Una sera, dopo che avevamo concluso il nostro consueto gioco erotico - racconto, masturbazione, leccata di fica - e ci stavamo rilassando, lei se ne uscì con una proposta.
«Non ha senso continuare così» cominciò con la faccia seria.
«Che vuoi dire?» chiesi, mettendomi in allarme. Temevo volesse troncare con me.
«Amore,» proseguì lei addolcendo la sua espressione e stringendosi a me «tu ti ecciti tantissimo quando io ti racconto quello che faccio con Marino. Tanto vale che vieni a vedere di persona invece che sentirlo da me.»
Rimasi di stucco.
«Vuoi dire guardarvi mentre…»
«Sì, guardarci mentre facciamo sesso» confermò «in qualche modo parteciperesti. E sarebbe più bello anche per me, mi ecciterebbe molto averti lì, essere guardata» mi fissò con occhi languidi.
«Non so, forse sarebbe imbarazzante…» provai a obiettare, ma l'idea mi eccitava moltissimo. Essere lì, guardarla mentre godeva sotto i colpi di cazzo di Marino, mentre lo prendeva in bocca, in culo....
«Macché!» esclamò lei «L'imbarazzo si vince in un attimo, non preoccuparti. Ormai è deciso, la prossima volta verrai con me!» concluse in tono gioioso.













CAPITOLO 4


Mio malgrado devo confessare che Marino mi risultò subito simpatico. Quando arrivammo a casa sua ci accolse con festosa esuberanza baciando sulle guance la mia ragazza e riservando a me una una calorosa stretta di mano. Era un uomo non molto alto, ma robusto e muscoloso, abbronzato, con i capelli cortissimi.
«Sono davvero felice di conoscerti, finalmente» mi disse sorridendo. «Rita mi parla sempre di te.»
Ci accomodammo nel grande soggiorno dove c'era già la tavola da pranzo apparecchiata per tre persone.
«Sedetevi» continuò il padrone di casa «è tutto già pronto, devo solo andare a prendere le cibarie.»
Prendemmo posto mentre lui si allontanava. Tornò poco dopo portando un vassoio che posò sul carrello di servizio. C'erano pomodori al riso, roastbeef e una grande insalata mista.
«Ho pensato che con il caldo una cena fredda era la scelta migliore» annunciò.
Ci servimmo tutti poi Marino versò il vino, un bianco freddo.
«Ci vuole un brindisi» disse sorridente alzando il suo calice «a una nuovo e spero lunga amicizia!»
Brindammo e cominciammo a mangiare. Inutile dire che inizialmente mi sentivo in imbarazzo, ma il buon cibo e il vino riuscirono poco a poco a farmi sciogliere e devo ammettere che il padrone di casa fece di tutto per farmi sentire a mio agio. Conversammo piacevolmente mentre mangiavamo, poi passammo al dessert e infine ci trasferimmo nella zona salotto, un grande divano in pelle, fronteggiato da due comode poltrone.
Io mi sedetti su una di queste, Rita invece si accomodò sul divano mentre il padrone di casa si occupava di versare i digestivi. Poi anche lui sedette sul divano, vicino a lei.
Continuammo a chiacchierare. Ero del tutto rilassato, pensavo che la serata si sarebbe presto conclusa, ma mi sbagliavo. Mentre parlava Marino posò con noncuranza una mano sulla coscia nuda di Rita e cominciò a carezzarla, senza che lei facesse nulla per fermarlo. Non ebbi il coraggio di dire nulla, la fissai, imbarazzato, speravo che in qualche modo lei si sottraesse a quel contatto ma mi accorsi invece che la mano di lui saliva sempre più su, fra le gambe di lei.
«Andiamo di là, ragazzi» disse lui poco dopo, alzandosi, subito imitato da Rita.
Rimasi un attimo perplesso.
«Che fai? Vieni!» mi incoraggiò lei con un sorriso.
Li seguii titubante ed entrai dietro di loro in una camera in cui troneggiava un enorme letto matrimoniale.
Cominciarono a togliersi i vestiti e in un attimo erano completamente nudi. Lui era pelosissimo, abbronzato, e fra le gambe esibiva un cazzo scuro che mi parve grossissimo, anche se ancora a riposo. Lei era bellissima, con le sue tette sode e la fica sovrastata da un triangolino di peli scuri.
«Dai, spogliati! Che aspetti?» mi incitarono ridendo mentre si buttavano sul letto.
Ero imbarazzatissimo, mi tolsi anche io tutto e mi stesi vicino a Rita, che era al centro del letto. Mi sentivo inadeguato, col mio corpo bianchiccio e il mio pene piccolo e pallido. Lei mi sfiorò le labbra con un frettoloso bacio poi si girò verso Marino, allungò la mano e la posò sul suo inguine. Era il segnale dell'inizio
Per la prima volta in vita mia assistetti dal vivo a una scena di sesso. I due cominciarono a baciarsi, a toccarsi, poi lei si tirò su, si inginocchiò sul letto e prese in bocca il cazzo di lui, già semi eretto.
Cominciò a pomparlo, alternando il lavoro con le labbra a lunghe e voluttuose leccate lungo l'asta e sul glande. Nel frattempo la mano di lui si era insinuata tra le cosce di lei, che mugolava di piacere con la bocca piena. Rita non aveva esagerato, era un cazzo veramente grosso. In piena erezione lei faceva fatica a prenderlo tutto in bocca. Ripensai alle poche volte che aveva preso in bocca il mio, lo aveva fatto in modo asettico, quasi controvoglia, limitandosi a succhiarlo meccanicamente. Con lui invece era un esplosione di libidine.
Scese a leccargli le grosse palle, continuano a stringere nella sua manina la grossa asta gonfia.
Volse lo sguardo verso di me, gli occhi le brillavano. Sembravano dirmi “Questo è il cazzo di un vero uomo, vedi come è grosso, come è duro, ora capisci perché il tuo non mi basta?”
Era umiliante assistere, ma ero affascinato da quella scena. Vedere la mia ragazza succhiare così voluttuosamente, sentirla ansimare mentre le dita di lui le titillavano la fica mi stava provocando un'eccitazione fortissima, mai provata prima.
Dopo qualche minuto lui la spinse via, la fece mettere a quattro zampe, la afferrò alla vita e la penetrò da dietro, cominciando a scoparla furiosamente, dando fortissimi colpi che la facevano sobbalzare. La sentii gridare di piacere, aveva il viso stravolto con un'espressione che non le avevo mai visto prima. Era rivolta verso di me, i suoi occhi diretti su di me, ma era come se non mi vedesse, era perduta nel suo godimento. Ero sempre più eccitato da quello spettacolo.
Durò un tempo che mi parve lunghissimo, ad un certo punto lui si fermò per qualche istante poi riprese a muoversi dentro di lei, dapprima lentamente, poi sempre più velocemente, fino ad un'ultima fortissima spinta accompagnata da un ruggito: era finalmente venuto.
Si sfilò da lei, il suo enorme cazzo sgocciolante era ancora in piena erezione. Mi strizzò l'occhio, ancora ansimante.
«Ora tocca a te» mi disse.
«Sì, amore, scopami anche tu, voglio godere ancora» mugolò Rita, immobile, a quattro zampe, con le cosce divaricate, mentre lui si sdraiava al suo fianco.
Mi piazzai dietro di lei ed ebbi sotto gli occhi la sua fica spalancata, era oscena ma molto eccitante. E, mi vergogno a dirlo, mi eccitò ancor di più l'idea che fosse piena dello sperma di Marino.
Il mio cazzo scivolò dentro di lei in un attimo, ma non feci neanche a tempo a cominciare, venni istantaneamente.
Lei si accasciò sospirando, frustrata, mentre io balbettavo una scusa.
«Non fa niente, amore, non preoccuparti» mormorò, ma il tono lasciò trasparire la sua delusione.
Restammo stesi tutti e tre, uno a fianco all'altro, senza parlare. Ero profondamente abbattuto, pieno di vergogna, dopo quel fiasco eclatante, mi stavo rendendo conto di quanto fossi inadeguato. La mia libido era crollata, il mio unico desiderio in quel momento era di andarmene da lì, ma quei due non davano segno di volersi alzare.
Dopo qualche minuto sentii la mano di Rita sulla mia coscia. Cominciò a carezzarmi dolcemente.
«Vieni a leccarmela amore» mi sussurrò vogliosa all'orecchio.
Non ne avevo la minima voglia ma non potevo deluderla di nuovo. Mi stesi fra le sue cosce allargate, cominciai a leccarla dolcemente, nel modo che sapevo più gradito a lei. Cominciò subito a sospirare di piacere.
«Entra dentro con la lingua, amore» mi incitò lei, eccitata, spingendomi la testa con le mani.
Mi faceva un po' schifo l'idea di leccarla dentro, sapendo che era piena del mio sperma e di quello di Marino, ma mi feci forza e ubbidii, spinsi dentro la lingua e lei fece un gridolino di piacere, stringendo le cosce in modo da bloccarmi la testa.
Sentendo quanto le piaceva stavo cominciando ad eccitarmi di nuovo perciò continuai con più entusiasmo. Sentii un movimento sul letto, alzai gli occhi e vidi che Marino si era inginocchiato vicino alla testa di Rita e le stava infilando il cazzo in bocca, che lei accolse con evidente piacere.
Mi sembrava di vivere in un film porno, non avrei mai pensato che mi sarebbe successo di trovarmi in una situazione del genere. Mentre leccavo continuavo a guardare Rita che leccava e succhiava il cazzo di Marino che diventava sempre più grosso nella sua bocca. Istintivamente mi toccai, anche il mio era diventato duro, ma certo le dimensioni erano ben più misere!
«Basta! Ora voglio essere scopata!» disse lei dopo un po' spingendomi via.
Per un attimo pensai che volesse me, e stavo per salirle sopra, ma il suo sguardo mi fece capire che non voleva me, voleva lui! Amareggiato mi ritirai in buon ordine, Marino le salì sopra e la penetrò, lei emise un grido di puro piacere.
Steso al loro fianco assistetti da vicino a quella seconda scopata. Potevo vedere il cazzo che entrava e usciva dalla fica dilatata della mia ragazza, sentire i suoi gemiti di piacere, osservare il suo viso stravolto dal godimento. Dopo qualche minuto urlò e si contorse, stava avendo un orgasmo imponente, come non le avevo mai visto! Ma lui continuò implacabile a muoversi dentro di lei per molto tempo ancora, incurante dei gemiti di lei. Poi di colpo si sfilò, si mise a cavalcioni sul suo petto e le infilò il cazzo in bocca, sborrandole in gola!

CAPITOLO 5



Quella sera, tornato a casa, mi masturbai nel mio letto. Eiaculai mentre nella mia mente scorreva il film di Rita che si faceva sborrare in bocca da Marino e poi con la lingua ripuliva golosamente il suo grosso cazzo. Non potevo farci nulla, la gelosia che avrei dovuto naturalmente avvertire - una cosa del genere con me non l'aveva mai fatta - era rimpiazzata dalla eccitazione che avevo provato nel vedere la mia ragazza scopata più volte da un altro uomo.
Un uomo molto diverso da me, un uomo dominante, che l'aveva usata quasi con brutalità. Lo invidiavo, non sarei mai stato capace di fare quello che aveva fatto lui: infilarle il cazzo in bocca senza tanti complimenti e sparargli in gola il suo sperma. E a lei era piaciuto essere trattata in quel modo, molto! E a me era piaciuto guardare!
Mentre ero a letto, dopo che ero venuto copiosamente, subentrò un senso di vergogna. Che razza di uomo ero? Stavo accettando senza reagire che la mia ragazza si facesse scopare da un altro, anzi mi ero addirittura eccitato guardandola mentre godeva! Ero stato umiliato, ero un cornuto compiacente!
«Non posso sopportarlo» pensai «devo reagire! Dovrà scegliere: o me o lui! Domani glielo dirò!»
Ma proprio in quel momento sentii il trillo del cellulare. Era un sms, era lei! Poche parole.

Ti amo, ti amo, ti amo!

I miei propositi bellicosi vennero meno istantaneamente. Quelle semplici parole mi avevano riempito il cuore di felicità, abbandonai l'idea di parlarle, di metterla di fronte a un aut aut. Scelsi la strada della vigliaccheria, non ebbi la forza di rischiare. Avevo paura, paura che mi lasciasse. Poco a poco mi autoconvinsi che sarebbe stato meglio accettare la situazione, almeno per il momento.
«Le passerà» pensai «mi ama, quel tizio è solo un capriccio passeggero. Tutto tornerà come prima.»
Ma, ovviamente, mi illudevo. Non fu così.
La settimana trascorse tranquillamente. Un paio di giorni dopo l'incontro con Marino andai a casa sua a trovarla, come al solito. Cenammo insieme poi la madre si ritirò in buon ordine, come sempre faceva, per lasciarci campo libero.
Lei fu molto focosa, come al solito. Mi baciò a lungo, appassionatamente, mi riempì di parole dolci, pomiciammo un po', ma non andammo oltre. Non presi nessuna iniziativa, aspettai che lo facesse lei, ma non accadde. Inevitabilmente temevo il confronto con il mio rivale, non ero in grado di reggerlo, ne ero consapevole.
Parlammo molto, ma non di Marino, non di quello che era successo la domenica precedente, su quell'argomento ci fu un assoluto silenzio, da parte di entrambi. Così fu anche durante le telefonate che ci scambiammo i giorni seguenti, fino al sabato mattina, quando lei mi annunciò con molta semplicità:
«Stasera andiamo da Marino.»
Non era una proposta, era un'affermazione. Sapevo che sarebbe successo, anche se speravo ardentemente il contrario. Avrei dovuto ribellarmi, avrei dovuto quanto meno protestare, ma la mia vigliaccheria prese il sopravvento.
«Va bene» mi limitai a rispondere in tono rassegnato.
Alle otto passai a prenderla a casa sua e mezz'ora dopo eravamo a destinazione. Il padrone di casa ci accolse con la sua solita esuberanza, baciò sulla bocca Rita poi abbracciò anche me, come se fossimo ormai grandi amici. Il suo atteggiamento mi disarmava, avrei voluto trattarlo con distacco, mostrarmi freddo, ma non ci riuscii. Da un lato ero rassegnato a subire un'altra umiliazione - non c'era altro termine per definire la situazione - ma nello stesso tempo ero eccitato all'idea di quello che sarebbe successo dopo.
Cenammo con calma, insalata di riso seguita da carpacci di pesce assortiti, per finire una macedonia di frutta. Poi ci trasferimmo nel lato salotto, Rita e Marino vicini sul divano, io da solo sulla poltrona. Questa volta fu lei a prendere l'iniziativa, si girò e incollò la bocca su quella di lui. Intanto la mano si poggiò sull'inguine di lui, cominciando a carezzarlo.
Si baciarono a lungo voluttuosamente, mentre lei con una mano gli sbottonava i pantaloni. Lui fece per alzarsi ma lei lo fermò.
«Voglio cominciare qui» sussurrò con voce roca.
Scese dal divano e si inginocchiò davanti a lui, che intanto si era tirato giù calzoni e boxer, mettendo a nudo il grosso cazzo ormai eretto, su cui lei si gettò con la bocca.
Io guardavo la scena, seduto al mio posto, immobile. La guardavo mentre dava lunghe e voluttuose leccate lungo l'asta, per poi farla scomparire completamente fra le sue labbra. Si dedicò alle palle, leccandole amorevolmente, per poi tornare a succhiare. Lui cominciò a mugolare di piacere.
«Stasera la tua ragazza è proprio arrapata» mi disse con una strizzatina d'occhio «ha proprio voglia di cazzo!»
Non replicai, ero basito. Con me Rita non era mai stata così focosa, si stava comportando come una vera puttana. Ma non potevo fare a meno di eccitarmi a quella vista.
«Sì» replicò lei, alzando per un attimo la testa «ho tanta voglia di cazzo, dammelo subito!»
«Lo vuoi nel culo, vero? Dillo!» chiese lui.
«Sììì, nel culo! Lo voglio nel culo!»
Si alzò, si sfilò le mutandine, si inginocchiò sul divano, con le natiche nude protese in fuori.
Lui le si mise dietro, appoggiò il cazzo nel solco fra i glutei, guidandolo con la mano. Poi diede una forte spinta e capii che le stava entrando dietro..
«Ahhhh!» urlò di dolore Rita, cercando istintivamente di sottrarsi, ma lui l'aveva afferrata alla vita e la tenne ferma.
«Ferma!» le ordinò e lei ubbidì, rassegnata. Piagnucolava, respirando affannosamente
Lui spinse ancora fino a entrare del tutto in lei, poi restò immobile. Dopo un po' lei cessò di lamentarsi e a quel punto Marino cominciò a muoversi lentamente avanti e indietro, con movimenti via via più ampi.
«Dai, avvicinati,» mi disse a un certo punto Marino «vieni qui!»
Mi alzai e mi misi al suo fianco. Potei vedere il suo grosso cazzo entrare e uscire dallo sfintere dilatato di lei, sembrava impossibile che riuscisse ad allargarsi tanto.
Lui si sfilò del tutto.
«Guarda ora, come gli ho aperto il culo!» disse
Guardai quel buco enorme, completamente aperto, che pulsava, uno spettacolo impressionante. Pian piano si stava richiudendo, lui si prese il cazzo con la mano e lo rinfilò dentro tutto d'un colpo.
Lei gemette, ma capii che non era per il dolore, le stava piacendo.
«Ti piace molto il mio cazzo vero?» sogghignò lui ricominciando a muoversi avanti e indietro.
«Sììì» mugolò lei
«Ora vedrai come gode questa puttana!» ringhiò lui, dandole una pacca sul sedere.
Cominciò a incularla furiosamente con colpi poderosi che la facevano sobbalzare. Lei cominciò a gemere sempre più forte, finché lanciò un urlo. Era venuta.
Lui continuò a pompare, tenendola sempre ferma per la vita, poi urlò anche lui e con un ultimo forte colpo si piantò in lei.
«Eccoti la mia sborra, troia!» gridò ansimando e accasciandosi su di lei.
Ero rimasto immobile, lì vicino, e quando lui si sfilò vidi di nuovo lo sfintere spalancato di lei che ora sgocciolava sperma. Lei rimase in quella posizione per un po', poi si riscosse.
«Vado in bagno» annunciò alzandosi. Era zuppa di sudore.
«Ti aspettiamo a letto» disse Marino. «Andiamo» continuò poi rivolgendosi a me.
Andammo in camera da letto, lui si spogliò del tutto e io lo imitai. Ci stendemmo ai due lati, lasciando spazio fra noi.
«Bella inculata, vero?» commentò guardandomi, mentre si accarezzava il cazzo, ancora semi eretto.
«Sì» mormorai. Che altro potevo dire?
«Tu non l'hai mai inculata, vero?»
«No» risposi a disagio.
«Sai, tutte le donne godono tantissimo quando lo prendono in culo. Il difficile è convincerle a provare la prima volta, ma quando l'hanno assaggiato poi non possono farne a meno» concluse strizzandomi l'occhio.
Non replicai.
«Anche Rita non voleva prenderlo in culo, ma io glielo ho messo dentro lo stesso, a forza, e ora hai visto il risultato? È lei a chiedere di essere inculata. Le donne vanno trattate così, impara.»
Che razza di stronzo, pensai.
«Scommetto che piacerebbe anche a te prenderlo» riprese dopo un po' guardandomi, continuando a carezzarsi.
«Ma che dici?» protestai, arrossendo.
«Niente, niente. Però ho visto come guardi il mio cazzo, ti piace vero?» il tono era strafottente.
«Macché!» replicai distogliendo lo sguardo, sempre più a disagio.
«Va bene, se lo dici tu...» concluse scettico.
In quel momento entrò Rita. Era completamente nuda e aveva l'aria fresca e rilassata.
«Ho fatto una bella doccia» annunciò buttandosi stesa in mezzo a noi. Poi si rivolse a me.
«Come va amore? Tutto bene?»
«Si, certo.»
Si protese verso di me, allungò la mano e la strinse attorno al mio cazzo, quasi del tutto a riposo. Mi ero eccitato assistendo all'inculata ma poi si era sgonfiato.
«Anche questo pisellino vuole godere, vero?» proseguì con voce suadente, cominciando a masturbarmi.
Si strinse a me, continuando con la mano.
«Ti è piaciuto guardare, vero?» mi sussurrò all'orecchio
«Sì» mormorai mentre sentivo il pene gonfiarsi.
«Hai visto quanto è troia la tua ragazza?»
«Sì.»
«Hai visto come godevo mentre lui mi inculava col suo cazzone?»
«Sììì» ero sempre più eccitato.
Proseguì con la sua carezza, ormai ero in piena erezione.
«Se continui mi farai venire» mormorai, ormai quasi al culmine.
«Sì, amore, voglio che vieni» mi sussurrò all'orecchio, stringendosi ancor di più a me.
Con la mano libera cominciò a stuzzicarmi un capezzolo. Fu troppo e non potei più resistere, venni con lunghi schizzi che mi arrivarono fino al torace.
«Mmm, che sborrata amore, bravo!» commentò lei compiaciuta per il risultato che aveva ottenuto col suo lavoro. Mi diede un bacio leggero sulle labbra e si girò dall'altra parte, verso Marino.
CAPITOLO 6


La serata non finì lì. Rita non era sazia, dopo aver soddisfatto me si dedicò con la bocca al cazzo di Marino e quando lo ebbe eccitato al massimo lo cavalcò e diede inizio alla seconda scopata, che durò almeno dieci minuti, finché i due non vennero di nuovo, quasi simultaneamente, e si accasciarono stremati.
Ormai non riconoscevo più la mia ragazza, era radicalmente cambiata. In passato mai aveva usato un linguaggio così esplicito e sfacciato come aveva fatto quella sera. Parole come cazzo, troia, inculata, non appartenevano al suo modo di esprimersi, era sempre stata molto pudica, almeno verbalmente. Ma non era quello il peggio. Quella sera mi resi conto che, almeno sessualmente, non le interessavo più, il suo desiderio sessuale era ormai completamente monopolizzato da quel Marino, io ero solo un incomodo nei loro bollenti incontri. Mi aveva dato il contentino, facendomi venire con la mano, per poi dedicarsi a quello che più bramava, il grosso cazzo di Marino, che la faceva godere così tanto.
Perciò quando mi ritrovai a casa, solo nel mio letto, fui di nuovo preda dei pensieri più cupi. Di nuovo meditai di affrontarla, di costringerla a scegliere fra me e lui, anche a costo di perderla, ma ci sarebbe voluto coraggio ed io non lo avevo.
Purtroppo la forza di carattere non era fra le mie qualità, ero sempre stato timido, arrendevole, incapace di impormi. Ripensai a quello che mi aveva detto Marino, la sua filosofia su come vanno trattate le donne, io non sarei mai stato capace di costringere Rita a farsi sodomizzare! Con la mente ritornai a quello che era successo qualche ora prima, alla scena di lei, la mia ragazza, carponi sul divano, che prendeva nel culo l'enorme cazzo di Marino. E come stava godendo!
Mi eccitai e cominciai a masturbarmi, lentamente, sempre con la mente su quelle immagini, il cazzo che entrava e usciva, il buco dilatato, i gemiti di piacere....In pochi secondi venni copiosamente.

Nelle settimane che seguirono la situazione fra noi si cristallizzò definitivamente. Rita era dolce, affettuosa, appariva innamoratissima, si poteva pensare che il nostro fosse un rapporto normalissimo, se non che il sesso tra noi era ormai scomparso. Il sesso era ormai delimitato agli incontri con Marino, il sabato o la domenica, durante i quali Rita si trasformava, da ragazza bene educata in puttana libidinosa.
Il mio ruolo, in quegli incontri, divenne sempre più limitato. Potevo guardare loro due che scopavano, ma non mi fu più concesso di avere un ruolo attivo, di scopare. Al massimo potevo leccare la fica di Rita, dopo che lui l'aveva riempita di sperma - mi ero abituato ormai a sentire in bocca il sapore acre della sborra - e, se volevo venire, mi masturbavo da solo, mentre la mia lingua era dentro di lei. Oppure di leccarle il culo, dopo che lui l'aveva penetrata lì.
Era una situazione mortificante, ma ero ormai rassegnato, era il prezzo da pagare per l'amore che Rita mi dimostrava durante il resto della settimana. Marino cambiò gradualmente atteggiamento nei miei confronti, si divertiva a farmi pesare la sua superiorità e non mancava occasione per umiliarmi.
Mi chiamava pisellino.
«Ciao, pisellino!» mi salutava quando arrivavamo.
«Avanti, pisellino, vieni a leccare la fica della tua fidanzata, bevi la sborra di un vero maschio» mi diceva dopo che aveva finito di scopare. Io fingevo nulla, anche se mi dispiacevo che Rita non protestasse per il modo in cui venivo trattato. Mi resi conto tristemente che lei era completamente succube di quell'uomo.
Ma lo stavo diventando anche io. Un giorno, dopo che lui l'aveva inculata, Rita mi chiese, come al solito, di leccarla. Era carponi sul letto, io mi posizionai dietro di lei e cominciai a lambire con la lingua il suo sfintere sgocciolante di sperma. Marino era stesso al suo fianco e guardava mentre si massaggiava con aria soddisfatta il cazzo ancora semi eretto.
«Leccami anche la fica, dai» mi ordinò Rita. Eseguii e lei cominciò a mugolare di piacere. Continuai con impegno alternando le carezze fra culo e vagina. Mentre lo facevo cominciai a masturbarmi, ero molto eccitato e volevo venire.
«Vieni a leccare anche me adesso» disse Marino tirandomi per un braccio.
«Ma che dici? Sei pazzo?» protestai inorridito all'idea.
In un attimo si tirò su e mi diede un violento ceffone sul viso. Rimasi attonito, mi toccai la guancia in fiamme e dolente, non riuscii a dire nulla.
«Non ti permettere mai più di rivolgerti a me in questo modo!» sibilò lui guardandomi fisso.
Volsi lo sguardo su Rita, come per avere il suo sostegno, invano.
«Ha ragione» disse invece con aria di riprovazione «te lo sei meritato. Chiedi scusa.»
Rimasi muto, sconvolto.
«Ascolta bene, stronzetto» riprese Marino in tono secco «quando ti chiedo una cosa devi farla senza discutere, è chiaro? Se non ti sta bene te ne puoi andare e non tornare mai più, ma puoi scordarti di rivedere Rita.»
Guardai lei, sperando ancora, ma mi illudevo.
«È così, amore» la sentii dire «perciò chiedi scusa e non ne parliamo più»
Capii che non potevo fare altro, ormai ero vinto.
«Scusa» mormorai chinando il capo.
«Bravo pisellino!» esclamò Marino tornando a un tono amichevole «Ora vieni qui e lavora» concluse tornando a stendersi.
Mi inginocchiai fra le sue cosce e cominciai a leccarlo. Era circonciso e il suo grosso glande violaceo era ancora umido di sperma. Lo pulii con la lingua reggendo l'asta fra le dita.
Con quel gesto avevo accettato il suo dominio su di me, avevo dichiarato la mia sottomissione a lui, accettando la suprema umiliazione.
«Leccalo bene» mi incitò lui con aria soddisfatta. Eseguii, rassegnato, passando la lingua ovunque.
«Ora prendilo in bocca e succhialo!» mi ordinò.
Mi vergogno a dirlo, ma non ebbi nessuno schifo a farlo. Aveva un forte odore di maschio e quando cominciai a sentire che si stava gonfiando e indurendo fra le mie labbra provai uno strano senso di soddisfazione: si stava arrapando grazie al mio lavoro!
«Bravo pisellino, ci stai prendendo gusto, eh!» disse lui in tono dolce, carezzandomi la testa.
Quelle parole e quella affettuosa carezza mi provocarono una sensazione di benessere e di pace. Ormai ero completamente sottomesso!
Continuai a succhiare con più entusiasmo, era sempre più grosso e duro.
«Ora basta» disse dopo qualche minuto spingendomi via. Si alzò e si piazzò su Rita che allargò le cosce per accoglierlo.
Steso a fianco li guardavo mentre scopavano. Lei gemeva per il godimento e mi guardava sorridente, sobbalzando ad ogni affondo del cazzo di lui.
«Vieni anche tu, amore» mi mormorò.
Cominciai a masturbarmi e sborrai abbondantemente. Poco dopo vennero anche loro.

Quella divenne la routine degli incontri. Servivo i due con la bocca e con la lingua, prima lei, poi lui o viceversa. Dopo che avevano scopato, ma a volte succhiavo lui anche prima, per farglielo diventare duro. Era umiliante l'idea di essere io a preparare il maschio che poi avrebbe scopato la mia ragazza, che l'avrebbe fatta godere al posto mio!
«Bravo pisellino, sei diventato davvero un bravo pompinaro, una gola profonda!» mi diceva Marino. Mi teneva la testa e si muoveva nella mia bocca come se la stesse scopando. Quando il glande mi urtava il palato mi provocava conati di vomito, ma riuscii sempre a resistere.
«Mi eccita da morire guardarvi» diceva Rita mentre lui mi usava in quel modo. Si masturbava la fica e gemeva di piacere, nell'attesa di essere scopata.
Io ormai mi crogiolavo nell'umiliazione, completamente sottomesso.
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