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Patrizia - Il mare di Lavagna


di Dreamfree
21.11.2023    |    45    |    0 6.0
"La stradina di accesso al campeggio era in leggera discesa e faceva una curva sulla destra la quale al suo interno aveva una piccola collinetta rialzata di..."
Patrizia – Il mare di Lavagna
Ormai Patrizia cominciava a dominare i miei pensieri. Non provavo amore, ma un forte desiderio di sperimentare tutte le perversioni che potevano venirci in mente.
Erano i primi giorni di agosto e mi trovai nuovamente un lunedì e martedì di riposo per poi ripartire, questa volta per Roma 5 giorni.
Lunedì mattina intorno alle 8.30 per non trovare i suoi, le telefonai dicendole di prepararsi che sarei passato a prenderla in moto e saremmo andati tutto il giorno al mare. Mi raccomandai i pantaloni, perchè in moto in autostrada sarebbe stato meglio ed il costume già indossato. Passai a prenderla a casa poco dopo le 9.00, i suoi erano già al lavoro. L’ultima settimana per loro perché poi sarebbero andati tutti in vacanza 15gg per poi ritornare dopo ferragosto. Io nelle due settimane a cavallo di ferragosto avrei fatto un Roma/Napoli ed un Budapest/Praga per finire il mese con un Parigi/Amsterdam senza riposi in mezzo.
Io in jeans, stivaletti da moto e giacca da moto in pelle crema, lei in jeans, scarpe da ginnastica, il suo chiodo rosso ed uno zainetto con due asciugamani e qualche crema da sole. Infilammo i caschi e partimmo, alle 10.30 eravamo a Lavagna. Fortunatamente scelsi la moto che parcheggiai abbastanza comodamente perché c’era veramente il mondo, eravamo già in pieno periodo di ferie ed il popolo dei vacanzieri era ormai presente ed in fermento. Facemmo un centinaio di metri di strada a piedi percorrendo anche il breve tunnel che passa sotto la ferrovia permettendo di accedere alla spiaggia pietrosa. Piazzammo i due asciugamani un po' in disparte, distante dalla battigia e ci spogliammo. Non era ancora chiaro come avremmo fatto a cambiarci per il ritorno ma era l’ultimo dei nostri problemi. Una corsa verso il mare ed un tuffo ristoratore, un pò di nuoto e poi al sole per la tintarella.
Ci coricammo sugli asciugamani e lei si girò prona chiedendomi di spalmargli l’abbronzante. Mi misi a cavalcioni delle sue gambe, slacciai il reggiseno del costume, colai la crema liquida tra le scapole, ed iniziai a massaggiarla spalmandogliela verso il sedere. “Come facciamo a scopare oggi?” chiese lei. “Non lo so, vediamo, tornando a casa magari ci fermiamo in un autogrill o in una piazzola di sosta, boh, vedremo” risposi, mentre il contatto delle mani con la sua pelle calda e scivolosa mi stava già facendo indurire dentro al costume.
Intanto che spalmavo soffermandomi a massaggiare qua e là elogiando la sua pelle morbida e vellutata mentre lei ad occhi chiusi godeva di quella manipolazione e delle mie parole, ci arrivò addosso una quantità di acqua fredda. Io mi girai sul fianco bestemmiando mentre lei si alzò di scatto rimanendo a seno nudo. Voltandoci riconoscemmo Marco e Fabrizio, due ragazzi del nostro paese che se la ridevano con un sacchetto di plastica in mano. Lei si alzò e si mise a correre dietro a Marco zigzagando tra gli altri bagnanti che brontolavano cercando di prenderlo a calci. Notai che le tette erano così sode che quasi non ballonzolavano, d’altronde aveva 17 anni pensai; mentre io e Fabrizio ridemmo guardando la scena. Quando tornarono si sedettero e Patrizia decise di non mettere più la parte superiore del costume.
Andammo tutti insieme a fare un altro bagno in mare e quando uscimmo lei si avvicinò e mi fece cenno di guardare i boxer di Marco. Si diceva in paese che avesse un cazzo enorme e si raccontava che le ragazze lo respingevano perché ne avevano paura. Si diceva pure che aveva provato ad andare con delle prostitute ma quando gli vedevano il membro in erezione anche loro si rifiutavano di prenderlo. Buttai un occhio incuriosito ed effettivamente vidi un bel volume. Decidemmo di spostarci sugli scogli a prendere il sole e mentre si chiacchierava di tanto in tanto mi cadeva lo sguardo sul pacco di Marco. Lui stava guardando Patrizia sdraiata sugli scogli con le tette nude e le gambe larghe. Il costume di Patrizia teso aveva preso la forma della figa infilandosi tra le grandi labbra e lasciava ben poco da immaginare. Guardai i boxer di Marco e vidi che aveva un’erezione enorme. Rimasi stupito da quello che vedevo, non era una leggenda, Marco aveva il cazzo di un toro. Quando si accorse che lo stavo guardando si alzò e con la scusa di andare a prendere qualche birra si allontanò.
Era giunta l’ora di pranzo e Marco non era ancora tornato, così decisi di andare a vedere dove fosse finito. Lo trovai seduto fuori dalla galleria di accesso alla spiaggia con altri due ragazzi, uno suonava una chitarra, mentre lui e l’altro cantavano fumando uno spinello. Le bottiglie di birra giacevano vuote in terra vicino al muro di mattoni della massicciata, se le era bevute tutte con loro. Lo convinsi a venire a mangiare, così andammo al bar a prendere dei panini e altre birre e tornammo dagli altri sugli scogli.
Patrizia non aveva problemi di pudore, per lei stare senza reggiseno, senza mutande e chissà cos’altro ancora, non la preoccupava minimamente, infatti era ancora con le tette nude, seduta davanti a Fabrizio con le gambe incrociate che stavano chiacchierando. Un lato del costume si era infilato nella fessura lasciando fuoriuscire un labbro della figa. Fabrizio era davanti a lei che parlava e guardava, guardava e parlava con una evidente erezione. La situazione non mi infastidì, anzi, guardai lei e sorridemmo sotto i baffi. Ero quasi sicuro che lei l’avesse fatto apposta. Lei si ricompose, mangiammo i panini e bevemmo le birre. Marco fece uno spinello. Un altro bagno, e ancora un po' di sole e poi e ancora, fino a che non si fece pomeriggio inoltrato e decidemmo di tornare a casa. Fabrizio ci propose di rimanere a dormire lì con loro “Abbiamo due tende nel boschetto fuori dal campeggio perché dentro non c’era più posto”. Patrizia, che si era messa il reggiseno, si alzò saltellando e gridando “Siiiiii!”. Ridemmo tutti. Io acconsentii e con un braccio al collo di Patrizia e lo zainetto nell’altra ci avviammo verso il campeggio passando però prima dal bar della spiaggia per recuperare altre birre e panini. Arrivando mi resi conto della situazione. La stradina di accesso al campeggio era in leggera discesa e faceva una curva sulla destra la quale al suo interno aveva una piccola collinetta rialzata di oltre un metro con diversi pini marittimi. Loro avevano montato due tende canadesi a L in modo da essere protetti dallo sguardo dei passanti, incastrandole tra gli alberi. Un posto così figo che nemmeno chi pagava nel campeggio ce l’aveva. Ci sedemmo in circolo tra le tende, Marco fece un’altra canna e fumammo tutti, ridemmo, bevemmo, chiacchierammo e facemmo gli stupidi fino verso le 22, poi io e Marco decidemmo di andare a prendere ancora qualcosa da bere al bar del campeggio prima che chiudesse. Quando tornammo Fabrizio e Patrizia erano chiusi nella tenda, sentivo lei ansimare, aprii la cerniera e li trovai che stavano scopando. Lui si stacco di scatto e si sedette su un lato guardandomi fisso negli occhi aspettando che succedesse qualcosa mentre lei si sedette dicendo “Scusa, scusa”. “Scusa un cazzo” risposi con tono pacato, mi inginocchiai ed entrai anch’io nella tenda incoraggiando Fabrizio a ricominciare e chiudendo la cerniera quasi fino in fondo per lasciare passare un pò d’aria. Rimasero di stucco, non capivano se stessi scherzando o dicessi sul serio. “Proviamo in tre che ci divertiamo” dissi, “Dai dai” aggiunsi incitandoli. Lui fece un ghigno, e ancora titubante si rimise inginocchiato tra le sue gambe continuando a fissarmi con la testa voltata verso di me, lei mi guardava con aria dubbiosa ma con una certa felicità e desiderio negli occhi, li incitai nuovamente “Dai datti da fare” dissi, lui la penetrò ricominciando a pomparla. Lei riprese ad ansimare dal piacere. Da seduto mi sfilai il costume e il cazzo in erezione saltò fuori, passai vicino a Fabrizio che la stava montando, raggiunsi la faccia di lei e glielo misi davanti. Subito lo prese in mano, se lo fece scivolare in bocca ed iniziò a succhiare. La situazione era così eccitante che lei venne subito, anche prima di quello che era il suo solito. Me ne accorsi e feci cenno a Fabrizio di cambiare, così mi spostai tra le gambe di lei e la penetrai, mentre lui andò al mio posto e le mise in bocca il cazzo fradicio della sua figa. In un concerto di versi di piacere, dopo alcuni minuti, lei ansimando e succhiando Fabrizio con forza si contorse e tremando venne una seconda volta. Faceva un caldo da morire in quella tenda, non si respirava e l’odore acre di sesso e sudore era talmente forte che non vedevo l’ora che finisse per uscire. Eravamo tutti grondanti e scivolosi di sudore, mentre noi gocciolavamo anche su di lei, la scopai fino a che lo tirai fuori e le sborrai sulla pancia. Anche Fabrizio eccitato e sudato come un maiale glielo tolse dalla bocca e le sborrò sul seno.
Aprì la tenda e rotolai fuori all’aria fresca sdraiandomi sulla terra ricoperta di piccoli aghi di pino marittimo ed erbetta rada davanti alle tende tra gli alberi rimanendo supino ad ansimare con un sorriso di felicità stampato sulla faccia. A quel punto pensai a Marco. Mi guardai intorno preoccupato e lo vidi che fumava seduto in terra appoggiato ad un pino. “Cazzo fai Marco?... vai dentro che scopi anche tu”. “No, va bene così” rispose con voce triste. Si alzò e si diresse verso il campeggio. Vidi che Fabrizio e Patrizia avevano ricominciato a fare sesso lasciando la tenda aperta, guardavo da fuori e ridevo tra me e me pensando a quanto fosse porca Patrizia, ma non ne volevo sapere di rientrare dentro a quel forno. Mi assopii nudo dov’ero. Mi ripresi di colpo dopo un tempo indefinito mentre Patrizia tenendomi in mano le palle mi stava succhiando il cazzo che si stava indurendo. La guardi e risi. Mi guardai intorno e vidi che non c’era nessuno, solo la luna in mezzo alle stelle illuminava leggermente la scena attraverso gli alberi mentre la musica del campeggio era cessata. Pensai che andava bene così, “Sei proprio una porca” dissi. Lei sorrise sotto i baffi con la bocca piena del mio cazzo mentre continuava a spompinarmi golosa. La lasciai continuare. Quando fu duro come una pietra mi venne sopra e se lo infilò dentro la figa muovendo il bacino avanti e indietro sempre più velocemente con il respiro sempre più affannato. Pensai che qualcuno avrebbe potuto vederci ma decisi che non mi interessava. Poco dopo venne godendo rumorosamente ma continuava a scoparmi per farmi sborrare. Le canne, le birre, la stanchezza e la sua figa scivolosa di umori mi aveva anestetizzato il cazzo e non sentivo quasi più niente. Lei si accorse che si stava ammosciando, così si rannicchiò tra le mie gambe, “Voglio la tua sborra” disse e ricominciò a succhiarlo. Era talmente brava che me lo ritirò su subito, mi fece schizzare sulla pancia e poi si mise a leccare tutto quanto. Ero in paradiso. Avevo capito che era una ninfomane. Quella sera aveva scopato con due ragazzi insieme, poi con Fabrizio, poi di nuovo con me e sono convinto che se Marco fosse rimasto lì avrebbe scopato anche lui. Che porca. Chissà cos’altro avrebbe e avremmo inventato in futuro; volevo esserci per saperlo pensai. Ci addormentammo nudi nella terra tra gli alberi. Verso l’alba il freddo della notte ci colse, sempre nudi, appiccicosi e sporchi di terra ci infilammo nella canadese con Fabrizio che era rimasto lì dentro a dormire. Riposammo ancora un’oretta fino a che iniziò a passare gente sulla strada che vociando si incamminava dal campeggio verso il mare. Così ci ripulimmo meglio che si potesse, mettemmo i costumi e decidemmo di andare al bar del campeggio a fare colazione.
Marco non era nella sua tenda e non era al bar. Dal bar Patrizia telefonò a casa dicendo che era al mare e che aveva dormito lì con delle amiche. Al telefono era suo padre. Disse solo “Quando torni facciamo i conti” e riattaccò. La vidi preoccupata, forse capì di avere esagerato.
Andammo a cercare Marco alla spiaggia la quale iniziava ad affollarsi e lì lo trovammo seduto su uno scoglio che fumava una canna. Dissi agli altri di andare a prendere un posto ed io mi fermai a parlare con lui. Aveva dormito da solo vicino al muro della ferrovia. Mi costernai molto per la situazione ma non sapevo cosa fare. Io gli proposi di partecipare anche lui, probabilmente lei ci sarebbe stata, ma oltre a quello non avrei saputo cosa fare, così tornai dagli altri, mentre Marco ci stette distante per tutto il giorno. Nel pomeriggio io e Patrizia prendemmo la moto e tornammo a casa. Non mi chiese nemmeno di fermarci a scopare, era piuttosto preoccupata per le parole gelide di suo padre, sapeva già cosa le aspettava. La lasciai nel tardo pomeriggio silenziosamente davanti a casa, mi baciò al volo sulla bocca ed entrò nel vecchio portone di legno. Andai via. Tornai al monolocale preoccupato e in pena per lei, sapevo che suo padre l’avrebbe presa a cinghiate come era solito fare quando disubbidiva. In apprensione preparai il tutto per il nuovo viaggio.
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