Lui & Lei
Blind Folded

26.11.2021 |
3.054 |
7
"Quel gioco mi piaceva, mi intrigava, mi eccitava in un modo completamente nuovo, ma era proprio in situazioni come quella che si risvegliava la parte più ferina di me, e non era disposta a..."
Quando entrai nella stanza, la trovai immersa nel buio.Nessuna luce accesa, tapparelle abbassate.
Avvertii un fruscio al mio fianco, prima che una benda mi coprisse gli occhi… non che ce ne fosse bisogno, non ero ancora riuscita ad abituarmi alla poca luce presente.
Mani sicure mi tolsero il cappotto e mi guidarono attraverso l’oscurità, fino a farmi appoggiare con la schiena contro una superficie arrotondata e fredda.
Ero perfettamente conscia di cosa fosse, era stata una sua esplicita richiesta, ma trovarlo effettivamente lì fu comunque una sorpresa.
Da quando ero entrata, non ci eravamo scambiati ancora alcuna parola. Soltanto i nostri respiri, il suo estremamente calmo e controllato, il mio lievemente più affrettato, spezzavano il silenzio che ci circondava.
Mi prese gentilmente i polsi, e li portò sopra la mia testa prima di sussurrare al mio orecchio “Resta così”. Avvertii il calore dei suoi palmi attraverso la stoffa. Le sue mani accarezzarono le mie braccia, i fianchi, si soffermarono brevemente sulla vita, stringendola appena, prima di proseguire lungo le cosce. Non fu un tocco gentile, bensì forte, come a voler percepire la mia pelle attraverso gli indumenti che ancora mi celavano.
Arrivò all’orlo dell’abito che indossavo e proseguì il suo percorso. Mi tolse delicatamente le décolleté e mi baciò i piedi, risalendo con le labbra dalle dita fino alle caviglie. Mi accorsi che la frequenza del mio respiro era aumentata. La privazione di uno dei sensi per me più importanti stava acuendo rapidamente i restanti, e il quasi completo silenzio che ci avvolgeva rendeva tutto più surreale ed eccitante.
Potevo sentire il calore del suo respiro e delle sue mani superare la barriera delle autoreggenti mentre risaliva lungo la gamba, accarezzando il retro del ginocchio e lambendomi infine le natiche.
Lo sentii sussurrarmi un “Brava ragazza, vedo che hai seguito alla lettera le mie richieste” quando si accorse che indossavo la lingerie ouvert di cui avevamo parlato.
A fatica riuscii a replicare con un patetico “Non ti abituare”, ma non risultai così convincente come avrei voluto. Probabilmente, perché nemmeno io ci credevo fino in fondo. Non avevo mai permesso a nessuno di avere il totale controllo su di me, ma avevo perso una scommessa e quello era il pegno che aveva richiesto di farmi pagare.
Nel frattempo, le sue mani non avevano interrotto il loro percorso, ed erano risalite lungo la schiena, portandosi dietro il vestito.
Lo sentii allontanarsi da me e armeggiare con qualcosa. Quando tornò, mi fece abbassare le braccia per unirle davanti a me. Sentii avvolgermi i polsi in quello che sembrava un nastro o qualcosa di simile. Mi fece girare e alzare nuovamente le mani sopra la testa, assicurandosi che fossero legate al palo al quale ero appoggiata dall’inizio di tutta la serata.
Mi lasciò da sola per quella che mi sembrò un’eternità.
Non lo sentii arrivare, né sentii alcun rumore. Quel maledetto si era assicurato di non emettere un suono, e quando la sua lingua mi assaporò per la prima volta, mi colse alla sprovvista.
Emisi un gemito sorpreso, e fui sicura di udirlo sorridere compiaciuto per la mia reazione. Le sue mani mi stringevano i fianchi mentre la sua bocca e la sua lingua erano impegnate ad esplorare la mia intimità alternando una insopportabile indolenza a movimenti più decisi e profondi. Conosceva bene il gioco che stava conducendo, ed ero sicura traesse piacere ad ogni mio gemito frustrato, sbalordito, e dei miei vani tentativi di approfondire il contatto ogni qual volta si ritraeva per interminabili istanti.
L’attimo in cui si alzò mi consentì di riprendere possesso di me stessa. Quel gioco mi piaceva, mi intrigava, mi eccitava in un modo completamente nuovo, ma era proprio in situazioni come quella che si risvegliava la parte più ferina di me, e non era disposta a lasciarlo decidere ogni singola mossa.
Mi allargò le gambe con le sue e infilò due dita senza troppi complimenti, appoggiandosi alla mia schiena. Con la mano libera mi prese i capelli tirandoli indietro e mi morse nell’incavo del collo, strappandomi un gemito.
Portò le dita umide dei mie umori alla mia bocca, strofinandole sulle mie labbra. Le dischiusi quel tanto che bastava per consentirgli di infilarle e le lambii con la lingua, suggendole e succhiandole in una poco fraintendibile simulazione di una fellatio.
Avvertii la sua erezione pulsare sulle mie natiche e sorrisi, spostando la testa e liberando le dita.
In tutta risposta mi sculacciò, strappandomi un contrariato “Hey!” al quale seguì una nuova sculacciata.
“Devo continuare, o pensi di fare finalmente la brava?” mi sussurrò roco.
Meditai per un secondo di insistere, ma desistetti. Non apprezzavo certe cose e lui lo sapeva bene. Così come io sapevo perfettamente che avrebbe continuato – nel limite del consentito - nel caso in cui mi fossi ostinata, e di certo non volevo che ci rovinassimo la serata per una sciocca presa di posizione e del mio carattere opinabile.
Mi limitai a rispondere con un semplice “Forse”, e cercai di spingermi verso di lui.
Il suo gioco non era finito, ed ero conscia di quando si sarebbe ritenuto soddisfatto. Voleva vedermi completamente aperta ed esposta per lui, desiderosa di approfondire quel contatto fugace. Volevo che mi scopasse legata a quel palo, ma sapevo perfettamente che avrei dovuto aspettare ancora. O avrei dovuto implorare.
Non ero sicura di chi avrebbe ceduto prima, se sarei stata disposta a supplicare, ma la sua erezione che si sfregava tra le mie natiche, le sue mani che raccoglievano i mie seni, le sue dita che stuzzicavano, stringendoli, i capezzoli, la sua bocca che mi baciava il collo, la schiena, le spalle, la consapevolezza di non poter vedere e toccare nulla, mi stava mandando in estasi.
Sentii i miei umori scendermi lungo la coscia, piccole contrazioni di dolore miste a piacere mi scuotevano internamente, ogni centimetro del mio corpo era improvvisamente diventato ricettivo e sensibile alle sue attenzioni. Il respiro irregolare, i miei gemiti più frequenti, erano gli unici suoni che riecheggiavano nella stanza, amplificando ulteriormente le sensazioni che pervadevamo il mio essere.
Appoggiai la fronte sul palo freddo, nel tentativo di riacquistare un minimo di controllo, ma fu vano.
Avvertii il bisogno fisico di toccare, vedere, baciare, sentire il corpo che mi stava facendo impazzire e cedetti.
“Scopami” sussurai.
“Non ho sentito” fu l’unica risposta che ottenni, prima di sentirlo allontanarsi da me, privandomi di ogni contatto fisico.
“Sei uno stronzo…”
“Te l’avevo detto”
“Scopami” dissi a voce più alta, “Scopami, qui. Ora, adesso”
Fu un amplesso veloce, intenso, bagnato, erotico, eccitante, esplosivo.
Lo sentii appoggiare la fronte sulla mia schiena per un lungo istante, prima che mi liberasse le mani e togliesse finalmente la benda dagli occhi ed essersi assicurato che fossi stabile sulle mie gambe.
“Non penserai sia finita qui, vero?” mi domandò, voltandomi per baciarmi finalmente.
“Assolutamente no, ma ho bisogno di un attimo per riprendere possesso delle mie facoltà mentali” replicai sorridendo e beandomi del suo sguardo iscurito dalla passione.
“Non ci penso nemmeno…”
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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