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Lui & Lei

IL CANNONE NERO


di ASITA
04.07.2008    |    108.099    |    0 8.9
"Io corsi in camera, ma avevo capito le sue intenzioni..."

Ormai erano passati alcuni mesi dal nostro primo ed eccitantissimo scambio di coppia. Da quel giorno la nostra vita sessuale aveva ripreso vigore e come due adolescenti ci eravamo aperti ad ulteriori esperienze, tutte estremamente appaganti.
Un particolare, però, nel comportamento di Carlo mi aveva colpito. Notavo che la sua eccitazione aumentava quando lui si ritrovava ad essere spettatore. In un paio di occasioni, in cui io mi ritrovavo ad essere montata da qualche nostro amichetto, ebbi il sospetto che lui gradisse molto il fatto di vedermi presa da un altro uomo. Glielo chiesi e lui ammise quel particolare.
" Trovo stupendo vedere un altro maschio che si eccita a guardarti e scoparti davanti a me!"
Questa fu la sua risposta che, tutto sommato, mi riempiva di piacere.
Quella piccola perversione ci portò ad avere un’incredibile avventura, vissuta agli inizi di quest’anno.
Carlo è un dirigente di una multinazionale farmaceutica e spesso si trova contatto con colleghi provenienti da tutto il mondo. Quel giorno, sulla nostra città, si era scatenata una bufera di pioggia e vento incredibile. Il telefono suonò verso le sette di sera e quando udii le parole di mio marito, quasi caddi a terra. In quattro parole mi avvisò che, nel portare un suo collega americano all’aeroporto, aveva fatto un incidente.
" Non preoccuparti amore, ma vieni a prenderci all’ospedale perché la nostra auto è distrutta!”
Mi fiondai al nosocomio compiendo, una ad una, tutte le infrazioni al codice della strada. Solo quando vidi Carlo sorridente, ed in piedi sulle proprie gambe, mi calmai. Gli saltai al collo e lo abbracciai teneramente. Dopo qualche attimo lui si scostò e mi presentò il collega seduto su una sedia e con una vistosa fasciatura ad una caviglia. Rimasi abbagliata da quella persona. Un ragazzo di colore altissimo e bellissimo. Due spalle enormi erano separate da un collo muscoloso che sosteneva un viso incantevole. Il suo sorriso si aprì su una fila di denti perfetti e bianchissimi. Un vero affronto per qualsiasi dentista. Si presentò con uno stentato italiano, dicendomi di chiamarsi Jack. Vidi Carlo notare il colpo infertomi da quel maschio fatto d’ebano, ma io, facendo altrettanto, scorsi che quest’ultimo era rimasto incantato dal mio fisico e che tutto ciò procurava un malsano compiacimento in mio marito.
Visto che ormai il nostro amico aveva perso l’aereo ed il seguente sarebbe partito il mattino successivo, lo invitai a cenare e dormire a casa nostra. Gli occhi di Carlo si erano accesi di una luce strana, che non riuscii ad identificare subito. Durante il tragitto, mentre mi spiegavano come era avvenuto l’incidente, fui colta dal risveglio del mio demone. Ero seduta sui sedili dietro e mi ero incantata a guardare quel colosso di carne posizionato a fianco di mio marito. Non avevo mai avuto rapporti sessuali con un nero, ma in tutti i film porno che avevo visto, tutti i rappresentanti di questa razza sfoggiavano dei randelli paurosi. In un attimo mi immaginai intenta a sbocchinare la cappella enorme e nera di quello splendido ragazzo. Avrei voluto chiedere a Carlo di fermare la macchina e far accomodare il suo collega vicino a me, ma non sapevo bene come comportarmi. Quell’uomo era pur sempre una persona legata al suo ambiente di lavoro ed io non conoscevo gli effettivi rapporti che c’erano fra i due. Ero eccitatissima e non riuscii a trattenermi. In una maniera o nell’altra dovevo capire le intenzioni del mio coniuge. Discretamente mi tolsi le mutandine poi, mi accomodai al centro del sedile posteriore ed aprii le gambe oscenamente, facendo salire la gonna fin quasi a livello del mio pube depilato. Cercai lo sguardo di Carlo nello specchietto ed una volta avvenuto il contatto gli feci l’occhiolino. Lui capì al volo il mio messaggio e con una mano regolò l’inclinazione del retrovisore. Rimase a lungo ad osservare il movimento delle mie cosce che si aprivano e chiudevano su una fica diventata improvvisamente fradicia. Ebbi la conferma della sua disponibilità quando mi chiese: " I bambini….questa sera sono dai nonni… vero?"
Quella frase mi portò quasi ad un orgasmo. Mi vedevo già a smorzacandela su un missile di carne nera, mentre Carlo spingeva per entrarmi nel culo.
In quattro e quattr’otto telefonai a mia suocera e le chiesi se poteva tenersi i bambini per quella notte. Non mi dilungai in spiegazioni, era abituata a queste nostre improvvise richieste.
Il viaggio durò giusto il tempo per scoprire che Jack era una persona simpaticissima e solare. Il classico americano un po’ sboccato, ma affascinante. I bottoni sulla mia camicetta saltarono uno ad uno fino a mettere in evidenza le mie enormi tette, costrette dentro ad un reggiseno a balconcino trasparente. Quel particolare, una volta notato, aveva costretto l’uomo nero a girarsi verso di me sempre più spesso. In una di quelle occasioni mi feci trovare momentaneamente distratta e mentre curiosavo fuori dal finestrino, mi “dimenticai” di chiudere le gambe. Gli permisi qualche secondo di spettacolo. Carne bianca, bagnata a dismisura, labbra aperte, clitoride eretto e non un pelo che offuscasse il panorama. Lo vidi perso ed imbarazzato quando, chiudendo le gambe, gli chiesi se si sentisse bene. Mi rispose con un sì strozzato, prima di tornare a parlare con Carlo. Mi spostai e senza farmi notare cercai la patta dei suoi pantaloni.
" OHH…MIO…DIO!!!"
Una cosa enorme stava premendo sotto il tessuto in gessato delle sue brache. Non ho parole per descrivere quel mostro, se non quelle in cui vi chiedo di infilarvi una bottiglietta di acqua minerale nelle mutande ed osservare l’effetto che fa! Trasalii nell’immaginarmi quel cannone alle prese con le mie piccole labbra. Mi infilai una mano in mezzo alle cosce, con la ferma intenzione di masturbarmi senza pudore, ma purtroppo arrivammo a casa. In ascensore mio marito volle controllare la situazione e con un movimento dolce si intrufolò da dietro e raggiunse il mio fiore. Lo inondai di umori, mentre con un dito mi penetrava il buchino. " Sei una gran troia!" Mi sussurrò in un orecchio. Io mi limitai a sorridere annuendo.
Prima di preparare la cena andai a cambiarmi. Gli uomini si accomodarono in salotto. Mi denudai completamente ed indossai, senza niente sotto, un vestitino leggerissimo, scuro e semitrasparente. Attillato da paura. Prima di uscire mi guardai allo specchio. Vidi una trentaseienne splendida. Due tette imperiali con due capezzoli che facevano pressione sull’esile tessuto del vestito tirandolo a dismisura, fino al punto di farlo apparire una seconda pelle. La gonna del vestito era talmente tesa da non lasciare niente all’immaginazione e se mi mettevo in controluce, la mia fica si sarebbe potuta intravedere supportata da un eccitantissimo effetto vedo non vedo. Entrai in cucina ed indossai il grembiule da massaia, il quale rendeva il tutto ancora più arrapante. Spadellai per pochi minuti e mezz’ora dopo, con i complimenti del mio ospite, avevamo cenato. Gli sguardi di complicità fra me e Carlo non si contavano, come quelli che il suo collega piazzava sul mio fisico ad ogni occasione propizia. Ero fuori di testa. Volevo quel cazzo enorme dentro di me, ma intuii che mio marito voleva qualcosa di diverso dal solito. Non chiesi nulla e mentre attendevo che il caffè bollisse, mi tolsi il grembiule facendo l’indifferente. Sotto i potenti faretti della cucina il mio vestito diede spettacolo nel dimostrarsi completamente incapace nell’assolvere il suo compito. Con un minimo di concentrazione, chiunque, poteva vedermi nuda. Misi le tazzine in tavola notando un imbarazzante silenzio. I miei due uomini, pur avendo cenato, mi stavano mangiando con gli occhi. Come dei laser bollenti, sentivo i loro sguardi puntati soprattutto là, sulla mia fica che si poteva intravedere attraverso la trasparenza del tessuto.
Il mio demone esibizionista mi obbligò ad invitarli ad accomodarsi in salotto, dove avrei potuto sconvolgerli ulteriormente, ma Carlo, nell’apprestarsi ad uscire, raffreddò i miei bollenti spiriti con una frase pronunciata a bassa voce. " Non voglio che te lo scopi! E’ un mio collega di lavoro e non gradisco problemi di alcun genere! Se vuoi…puoi farlo morire…, ma niente di più!"
Annuii delusa.
Cazzo! L’unica occasione che ho di farmi un negro, non me la concedono!
Feci buon viso a cattiva sorte e decisi di farmi bastare il fatto di far morire un maschio con le mie grazie. Mi sedetti a fianco di Carlo e mentre sorbivo il caffè, mi cimentai in accavallamenti di gamba da infarto. Mentre chiedevo al mio ospite notizie e curiosità sull’America, mi dimenticavo, spesso e volentieri, di chiudere le gambe. Dopo un’ora quella situazione cominciava a pesarmi. Carlo non mi avrebbe permesso di scopare con il suo collega e quei due maschi, per arrapati che fossero, non davano segni di stanchezza. Mi alzai dal divano e dichiarai che sarei andata a letto augurando una buonanotte stizzita. Guardai mio marito con rabbia e vedendolo sorridere mi avvicinai e gli sussurrai che sarei andata in camera a masturbarmi. Lui mi rispose che sarebbe rimasto con Jack ancora un po’. Me ne andai furiosa e con la ferma intenzione di sditalinarmi pensando a quel ben di Dio che non potevo toccare. Chiusi la porta della camera e saltai sul letto infilandomi subito due dita nella passera. Stavo quasi per venire quando sentii la porta del corridoio aprirsi e la voce di mio marito invitare Jack nel suo studio per vedere alcune nostre foto. Bloccai il mio orgasmo intuendo le vere intenzioni di Carlo. Uscii di soppiatto sul corridoio ed iniziai a spiarli dallo stipite. Si erano seduti davanti al computer mostrandomi la schiena e lasciandomi la possibilità di guardare le immagini che si alternavano sullo schermo. Carlo si era portato appresso una bottiglia di vodka e ad intervalli regolari riempiva il bicchiere del suo ospite che, arrivato a quel punto, sembrava non averne mai abbastanza. Più in quella stanza si beveva, più le foto si facevano compromettenti. Carlo cominciò a mostrare immagini mie, dove ero ritratta in spiaggia mentre sfoggiavo uno splendido topless poi, vedendo il nostro ospite sempre più coinvolto, le fotografie si fecero molto più hard.
" Bellissima!…bellissima!…" Continuava ad esclamare Jack con la voce impastata ed intanto Carlo cominciò a propinargli fotografie di me, alle prese con un grosso vibratore od intenta a masturbarmi con un cetriolo.
" OHH…my God!.." Ripeteva il negrone infoiato, mentre osservava le mie forme sul video ed impegnate in prestazioni da pornostar navigata. Quella situazione mi stava uccidendo. Avevo bisogno di un orgasmo e me lo procurai lì, in piedi di fronte ad una porta socchiusa, mentre spiavo un uomo di colore eccitato come un toro nel vedere il mio book privato di foto compromettenti. Sbrodolai per terra tutto il mio piacere, ma mentre venivo sentivo che quell’effimero appagamento non sarebbe stato sufficiente. Volevo a tutti i costi quel cazzone e me lo sarei preso ad ogni costo. Fu Carlo a risolvere la situazione, usando un trucco che io avevo escogitato l’anno precedente per circuire un diciassettenne titubante. Finse di avere un improvviso colpo di sonno ed invitando il suo ospite a continuare tranquillamente a guardare le centinaia di foto che mi ritraevano in situazioni sconce, si recò sulla sua poltrona e si "addormentò".
Al negrone non parve vero. In pochi minuti stampò una decina delle mie immagini e dopo averle raccolte si alzò di scatto. Io corsi in camera, ma avevo capito le sue intenzioni. Lo sentii entrare nella stanza degli ospiti discretamente. In casa nostra abbiamo solo porte scorrevoli e senza serratura. Fu facile per me socchiudere leggermente e silenziosamente l’anta di quel locale. Ero agitatissima, ma ero convinta che se quel fustaccio mi avesse scoperta a spiarlo, sarei saltata direttamente su quella cappella che volevo a tutti i costi.
Lo vidi denudarsi completamente. Rimasi senza fiato nel guardare quel bronzo di Riace africano. La sua schiena era enorme ed il suo culo un’opera d’arte, ma fu nel guardarlo girarsi che rimasi di sasso.
Vederlo nei film era una cosa normale, ma apprezzarlo dal vivo era sconvolgente. La sua proboscide, non saprei come altro definirla, era a dir poco terrificante. Un’asta di carne lunga più di venticinque centimetri e grossa come il mio avambraccio. La cappella era totalmente fuori dal prepuzio e fradicia di liquido trasparente. Quella clava era talmente pesante da non riuscire ad ergersi verticalmente, ma la posizione a novanta gradi raggiunta dalla stessa, la rendeva tremendamente arrapante. Mi ricordava l’uccello di un cavallo visto in un lurido filmaccio porno su internet. Ero rapita da quella visione e senza pensarci mi sfilai l’accappatoio rimanendo totalmente nuda e con una mano in mezzo alle cosce intenta a cercare di darmi sollievo. Vidi il nero disporre le mie foto sul letto e poi, emettendo un gemito, prendersi la cappella in mano per cominciare un segone incredibile. Niente nella mia vita mi aveva mai eccitato a quella maniera. Vedere un uomo masturbarsi davanti alle mie foto, notare la sua espressione mentre guardava la mia fica spalancata e ritratta alle prese con un grosso cetriolo, osservare quella clava nera che mi avrebbe fatto sicuramente urlare, mi portò ad emettere un lamento godurioso proprio nel momento in cui il mio nuovo giocattolo si apprestava a schizzare. I suoi movimenti si bloccarono in uno splendido fotogramma. Ormai ero stata scoperta. Feci scorrere la porta e mi parai davanti a quella montagna di muscoli e pisello. Nuda, con la passera aperta e grondante di umori, non parlai. Lui fece altrettanto guardandomi con uno sguardo inebetito. Mi avvicinai poi, con un leggero tonfo mi lasciai cadere sulle ginocchia e spalancai la bocca davanti ad una cappella enorme e nera.
Non servì altro! Il negro mi prese per la nuca ed infilò il suo glande nella mia bocca. La mia mandibola quasi si slogò per lo sforzo necessario a farla entrare, ma poi, una volta dentro, toccai il cielo con un dito. Non ebbi il tempo di prendere quel cannone fra le mani. In meno di dieci secondi lo sentii contrarsi ed esplodermi in bocca. Mandai giù il più possibile ed il resto, sapientemente, me lo lasciai colare sulle tette enormi, mentre cercavo di farmi penetrare il più possibile tirandolo verso di me con una possente presa alle natiche. L’americano sembrava in estasi e con mio enorme piacere sentii che la sua erezione non calava, anzi, si faceva sempre più imperiosa. Mi prese per i capelli costringendomi ad alzarmi e mostrargli così la bocca grondante del suo seme. Mi tastò impunemente le poppe poi, senza parlare, mi spinse sul letto facendomi cadere a gambe aperte in mezzo alle mie foto. Non mi feci pregare, spalancai le cosce facendogli vedere che ero bagnata fin quasi alle ginocchia. Mi aprii la fica con una mano causando una piccola inondazione di umori che scesero velocemente ad imbrattare il copriletto. Jack emise un urlo sommesso, si inginocchiò ed allungando le mani sulle mie tettone prese a leccarmi il grilletto. Gli venni in bocca schizzando come un maschio. Lo imploravo di penetrarmi con la lingua, mentre gli confermavo di volere il suo cazzo in tutti i buchi. Venni in modo magnifico, ma un rumore proveniente dallo studio di mio marito bloccò quegli spasmi che stavano percorrendo il mio corpo nudo come corrente elettrica. Mi alzai e mi affacciai alla porta per controllare. Niente si muoveva. Stavo per tornare al totem nero, artefice di quel mio stato di zoccola in calore, quando il suo proprietario si parò dietro la mia schiena e con un movimento velocissimo me lo fece scivolare fra le gambe. Mentre gemevo in modo imbarazzante guardai giù, nella penombra, e quello che vidi mi portò a godere di nuovo. Quel cazzo enorme, pur essendo infilato da dietro, usciva dal mio pube per una lunghezza incredibile. Per un attimo mi vidi maschio. Avevo un uccello grossissimo che spuntava da mio inguine e potevo segarlo con entrambe le mani; lo feci subito. La destra sulla cappella immensa ed ancora gronda di sperma, la sinistra sull’asta che riuscivo a cingere solo per metà del suo diametro. Sentii il nero riprendere a godere come un animale e a quel punto, sospettando qualcosa, gli impedii di tirarmi di nuovo in camera. Le mie enormi tette e le mie mani avvolte attorno a quell’imperioso pitone, erano le uniche cose che spuntavano dallo stipite, ma ero sicura che quelle lussuriose appendici avessero uno spettatore eccitato e curioso, nascosto da qualche parte ed intento a segarsi l’uccello, mentre godeva nel vedere la propria moglie violata, ma consenziente, da un enorme uomo di colore.
" I want fuck you!" Mi disse Jack mentre gli stavo consumando la cappella con il palmo.
Io avrei continuato volentieri in quell’esibizione, ma non sapendo su quanti orgasmi potevo contare prima di una ritirata del mio amante, mi tolsi mal volentieri da quel nerbo che, scivolando fra le mie grandi labbra e ricordandomi tutti gli orgasmi che mi procuravo da bambina sulla sella della bici di mio fratello, mi procurava un piacere indescrivibile. Mi misi alla pecorina con il culo rivolto verso la porta ed allargandomi le natiche con le mani chiesi al mio amante di prendermi dove voleva. Sapevo che in quella maniera avrei offerto uno spettacolo mozzafiato ad un eventuale guardone.
Jack si menò l’enorme verga per un po’ poi, inginocchiandosi dietro di me, impuntò la sua clava sull’entrata della fica. Credetemi! Quella penetrazione, almeno per le prime spinte, mi ricordò i dolori del parto! Ma sapere che mio marito stava assistendo a quella mia nuova impresa mi portò ad un nuovo ed intensissimo orgasmo. Mentre godevo sentivo quel paracarro entrarmi nella pancia e raggiungere il confine inviolabile della mia cervice. Presi coscienza che, dopo quel rapporto, niente sarebbe stato più come prima. Il mio punto G, al passaggio di quel convoglio nero e scivoloso, prese talmente paura da farmi esplodere in un orgasmo multiplo. Godetti in sequenza mentre Jack, tappandomi la bocca con una mano, cercava, senza riuscirci, di infilarmi il suo bastone fino alla radice. Lo sentivo godere nel mio stretto abbraccio, mi pompò per una ventina di volte poi, con un gemito, mi avvisò di essere al capolinea.
"You can come inside Me!" Lo avvisai così, di potermi sborrare dentro, come e quando voleva. Sentii il suo cazzo pulsare e il suo sperma entrarmi nell’utero in tale abbondanza da costringere la mia fica dilatata ad espellerlo ad ogni affondo. Vedevo la sua sborra colare dalle mie grandi labbra e cadere a terra per formare una piccola e densa pozzanghera. Venni di nuovo nel pensare al mio Carlo che mi stava spiando dalla porta ma, per mia fortuna, non era ancora finita.
Ci concedemmo un attimo di pausa. Jack si distese sul letto ansimando come un toro. Io mi inginocchiai per terra al suo fianco e mi gustai il suo attrezzo semi moscio. Non parlavamo, come se fra noi ci fosse un tacito accordo, ma io non emettevo suono solo perché ero estasiata da quel pene fuori misura. Mentre lo accarezzavo con le mani, lo segavo dolcemente, gli mollavo qualche fugace leccatina in attesa di una sua rinascita, mi preoccupai di far vedere a mio marito quanto avessi goduto. Inginocchiata per terra e a gambe aperte, permisi alla mia spacca dilatata di lasciar colare tutto lo sperma che avevo ancora nell’utero. Sapevo che questo avrebbe fatto morire Carlo ed infatti, dopo qualche secondo e senza fargli notare che avevo visto tutto, vidi gli schizzi di una sborrata colossale entrare dalla penombra del corridoio e cadere a pochi centimetri da me.
" Mi vuoi inculare?" Chiesi all’uomo nero, mentre il suo Boa riprendeva vigore ed io, con un movimento da vera troia, mi appoggiavo con il busto sul letto rimanendo inginocchiata a terra.
Quella era la posizione migliore per essere sodomizzata e stavo dimostrando un’estrema disponibilità a tale evento. Raccolsi un po’ di sperma da terra e me lo spalmai per bene sul buco del culo. Quell’atteggiamento fece rizzare completamente il randello del mio amichetto nero. Ero felicissima, ma non sapevo a cosa stavo andando incontro. Jack mi poggiò la cappella sull’ano e prese a spingere. Io ho preso diversi membri nel mio retto, ma in quel momento avrei voluto tornare sulle mie decisioni. Lui non me lo permise! Utilizzando tutto il peso del proprio corpo e concentrandolo tutto su quella cupola di carne nera, sfondò come se fosse la prima volta il mio culo. Urlai di dolore, tanto da costringerlo a tapparmi di nuovo la bocca. A me non interessava. Sapevo che mio marito mi stava spiando e stava godendo.
Con un rantolo implorai: " Solo metà!… Ti prego!"
Lui fu gentile, mi penetrò lentamente per darmi la possibilità di abituarmi a quell’enorme ingombro. Mi sentivo rotta, aperta ed indifesa, ma quando cominciò l’andirivieni ritmico di quel cazzo gigantesco, accompagnato dai gemiti di piacere del mio violentatore, mi lasciai andare e cominciai a godere di culo, come non mi era mai successo.
Avevo un “braccio” che mi stava sodomizzando e mio marito intento ad osservare il tutto con il cazzo duro in mano. Volli regalargli un orgasmo che non avrebbe mai visto, neanche nel più ardito dei porno! Implorai il mio amante di sborrarmi appena dentro il culo. In questa maniera il suo sperma sarebbe uscito a fiotti dal mio sfintere dilatato e quando questo avvenne, dopo pochi secondi, mentre sentivo quel seme colarmi sulle labbra della fica spalancata, mi lasciai andare anch’io ed accompagnai il mio orgasmo alla liberazione della vescica. Pisciai per terra spruzzando la mia pipì a fiotti, mentre il palo nero si scaricava fra le mie natiche sudate. Godetti come non mai poi, esaurita quella scarica di erotismo, tornai alla realtà.
Impiegai qualche minuto a pulire il pavimento poi, una volta ringraziato Jack con un bacio in bocca, tornai in camera trovando mio marito sotto le coperte. Non ne avevo molta voglia, ma lui sfoggiava, in un falso atteggiamento di incoscienza totale, un’erezione spaventosa. Mi abbassai sul suo pene che ora, pur essendo di ragguardevoli dimensioni, mi appariva come un’insignificante appendice rosa. Assaporai il sapore del suo sperma appena versato poi, a smorzacandela, mi feci sodomizzare. Mentre andavo su e giù ed il piacere si impadroniva di nuovo del mio corpo, sapendo che stava fingendo di essere addormentato, esclamai: " Se vuoi…e ti fa piacere…la prossima volta posso farlo anche con due!"
La risposta arrivò sottoforma di una sborrata enorme nel mio retto. La ricevetti con molto piacere godendo, di nuovo, mentre sbaciucchiavo sul viso il mio adorato marito.
Non rividi più Jack. La mattina dopo, molto presto, Carlo lo accompagnò all’aeroporto ed io, al suo ritorno, non chiesi niente.
Quel mio velato desiderio, espresso la notte prima, fu comunque esaudito pochi mesi dopo, ma questo ve lo racconterò in un’altra avventura. Un bacione dalla vostra bagnatissima Asia.
P.S. Vi ringrazio per il vostro gradimento.
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