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ORGASMI IN BICICLETTA


di ASITA
26.06.2008    |    138.871    |    6 9.3
"" Perché vorrei tanto prenderglielo e succhiarglielo!…è un figo da paura!" Non riuscii a risponderle subito poichè, in un attimo, mi immaginai..."
Eccomi di nuovo qui dopo un breve periodo di assenza. Come vi avevo promesso voglio raccontarvi della mia prima volta. Ero in ferie con la mia famiglia nella splendida Toscana. Ospiti di un meraviglioso agriturismo a poche decine di chilometri dal mare. Quel giorno mia madre non si sentiva bene, quindi decidemmo di non recarci in spiaggia e goderci un pomeriggio di riposo assoluto. A dire il vero la decisione l’aveva presa mio padre ed io mi ritrovai così nella mia cameretta, distesa sul letto ed annoiata a morte. La finestra era spalancata e dal giardino si sentiva provenire l’incessante frinire delle cicale. Faceva molto caldo e decisi di farmi una bella doccia rinfrescante. Mi recai in bagno, mi spogliai e mi infilai sotto il rubinetto. Ero completamente insaponata quando la porta si aprì di schianto e mio fratello entrò di corsa. Emisi un urletto imbarazzato e nascondendomi bene dietro la tenda di plastica lo rimproverai. Lui si scusò dicendomi che se la stava facendo addosso. Senza darmi possibilità di replica si abbassò la zip dei pantaloni e girandomi la schiena si mise a fare pipì. I miei genitori erano due persone molto bigotte e non era quasi mai capitato che noi due potessimo vederci nudi, o ritrovarci in situazioni ambigue come questa. Tale educazione mi aveva portato ad essere molto, molto curiosa nei confronti del sesso in generale. Da buona adolescente, riguardo a questo scottante argomento, avevo gli ormoni impazziti. In più, a complicare il mio equilibrio psicologico, c’erano quei brutti ricordi che mi accompagnavano da quando ero bambina e che vedevano un fidatissimo prete obbligarmi a fargli vedere le mie vergogne mentre, con una mano sotto la tonaca si menava il sacro randello. Quell’esperienza mi aveva segnato nel profondo ed ora, a distanza di vent’anni, sono sicura che abbia influito sul mio comportamento sessuale. Comunque, tutto sommato, non mi lamento. Adoro qualsiasi cosa che porti con sé l’aggettivo proibito e mi eccita da morire infrangere le regole.
A tredici anni compiuti avevo un rapporto di odio e amore con il mio corpo. Nel giro di un anno mi erano cresciute due tette enormi e dure che sfidavano spudoratamente la forza di gravità. I miei capezzoli si erano allargati ed erano cresciuti formando una paffuta ed eccitantissima montagnola sopra i seni. Era difficile nascondere sotto le magliette quel ben di Dio e mia madre, accorgendosene, mi aveva subito obbligata ad indossare il reggiseno che segnava, sull’etichetta, una terza misura. Sul mio pube erano comparsi i primi pelini dandomi conferma che ormai ero diventata una signorina a tutti gli effetti. Avevo due gambe lunghe e snelle che andavano ad incrociarsi per dare forma ad un culetto da vera Lolita. Guardando le foto di quel periodo non posso che soprannominarmi così. Ero una donna fatta e finita, rinchiusa dentro i contorni di una ragazzina. Ricordo che mi masturbavo regolarmente. La maggior parte delle volte chiusa in camera mia, ma non disdegnavo di farlo in momenti ed in posti inconsueti e poco consoni. Questo mio modo di fare era un preludio di ciò che sono diventata con il tempo: una porca!
Per farvi capire meglio vi posso dire che, durante il viaggio in macchina per scendere fino alla Toscana, seduta di fianco a mio fratello mi infilai un dito sotto le mutandine e mi masturbai sul sedile, mentre gli guardavo la patta gonfia e dura che si era formata sotto i suoi pantaloncini. Lui dormiva mostrandomi un’erezione da urlo ed io mi sditalinavo immaginandomi il suo pisello paragonandolo a quelli che vedevo nei fumetti pornografici nascosti in cantina da mio padre.
Mi ricordo ancora quando, di nascosto, scendevo le scale e raspavo dietro agli scatoloni per raggiungere l’enorme collezione de “ Il tromba, Corna vissute, Caballero” e tanti altri giornaletti che il mio paparino nascondeva inutilmente. Il giorno in cui, per caso, scoprii quella cosa ero rimasta turbata e disgustata. Non capivo il significato di molte di quelle parole che venivano usate. Sorca, fica, cazzo, uccellone, sborra, pompino, ditalino, inculata….erano vocaboli sconosciuti, ma senza sapere il perché, questi, associati a quei disegni in bianco nero di fiche spalancate ed intente a prendere uccelli di improbabili dimensioni, quelle parolacce mi avevano catturato e con il tempo erano diventate come una droga alla quale non riuscivo a sottrarmi. Per farla breve e per non annoiarvi con inutili ricordi, vi dico che a tredicianni sapevo tutto sul sesso. Non lo avevo mai praticato, ma conoscevo tutti i termini giusti, tutte le posizioni, tutte le cose che un uomo guarda in una donna. Sapevo perfettamente com’è fatto un cazzo duro e perché menandolo, prendendolo in bocca, nel culo o nella fica, questo spruzza dappertutto quella sborra che bisogna leccare o farla colare dai propri buchi di gattina in calore.
Torniamo a noi e vi ricordo che ero completamente nuda dentro una doccia. Stavo guardando mio fratello di schiena intento a fare pipì. Cercai di continuare a fare l’indifferrente, ma non riuscivo a smettere di pensare che quel diciottenne splendido e muscoloso stava tenendo in mano il suo uccello. Feci finta di niente e spostai la tenda quel tanto da permettere a mio fratello, se si fosse girato un pochino, di sbirciarmi dentro la doccia. Avevo poco tempo. Una pipì non dura in eterno!
Mollai un altro urlo maledicendo l’acqua troppo fredda e finalmente riuscii ad attirare la sua attenzione. Mentre facevo l’indifferente notai il suo viso girarsi e lo vidi rimanere a bocca aperta di fronte alle mie tette che mostravo di tanto in tanto da quella fessura di pochi centimetri che avevo volutamente lasciato aperta. Cominciai a canticchiare con lo shampoo in testa e mentre facevo ballonzolare il mio seno vidi che marco si era girato di quasi noavanta gradi. Finalmente potevo vedere quello che volevo. Il suo cazzo era bellissimo. Aveva la cappella completamente fuori e stava ancora liberando le ultime gocce di pipì. Vidi chiaramente l’erezione che avvenne qualche secondo dopo. Lui continuava a guardarmi ed io non facevo niente per nascondermi. Vidi la sua asta ergersi ed ingrossarsi fino a rizzarsi completamente.
Cercando di non farsi vedere cominciò a farsi una sega in piedi. Ero eccitatissima. Purtroppo la voce di mio padre, che chiamava ad alta voce mio fratello, ruppe quel momento magico. Lo vidi faticare parecchio nel tentativo di rimettere il suo durone dentro ai pantaloni. Usci dal bagno senza salutare e se ne andò. Io mi sedetti sul piatto della doccia e mi masturbai con il getto dell’acqua puntato sul mio grilletto.
Appena finita la doccia andai in camera. Indossai un vestitino scuro e lungo fino alle ginocchia. Non avevo ancora così smaliziata da rendermi conto di quanto fosse arrapante quell’abito. Era molto attillato fino alla vita, poi si allargava formando una gonna svolazzante e leggera. Il mio giovane seno era ingabbiato dietro ad un sottilissimo tessuto e sembrava volesse esplodere fuori da un momento all’altro. Non indossai il reggiseno, non mi serviva. Misi un paio di mutandine, scesi in giardino ed andai a chiamare Luisa, la figlia quattordicenne dei padroni dell’agritur.
Le chiesi se voleva fare una passeggiata con me e lei rispose che avrebbe preferito fare un giro in bicicletta. Uscì con la sua Graziella invitandomi a chiedere in prestito la bici di mio fratello. Lui stava aiutando mio padre e quello di Luisa nella pulizia del fondo della piscina, che stavano cercando di rimettere in funzione per la stagione estiva. Ingenuamente mi avvicinai al bordo chiamandolo ad alta voce. Lui rispose sgarbatamente al mio richiamo, ma vedendomi vestita a quella maniera si avvicinò di corsa camminando sul fondo della vasca. La sua testa era a livello delle mie caviglie. Guardò verso l’alto e vidi chiaramente che, mentre mi chiedeva cosa volessi, mi guardava sotto la gonna.
" Mi presti la bici?"
" Perché dovrei?"
" Vorrei andare a fare un giro con Luisa."
" E tu…cosa mi dai in cambio?" In quel momento capii il vero significato della parola prostituta.
Mi accovacciai come se dovessi fare pipì ed allargando le gambe gli permisi di guardarmi bene sotto la gonna. Lo feci come se fosse una cosa ingenua, ma per lui era stato come se avessi fatto una telefonata al suo uccello. I suoi occhi si puntarono sulle mie mutandine strette. Talmente strette da essere penetrate nelle mie vergini labbra permettendogli così di vedermi quasi completamente la fighetta glabra.
" Dai… fammi un piacere! Non te la rovino! Sto via solo un’oretta." Mentre dicevo questo mi preoccupai di allargare e chiudere le gambe ritmicamente. Ottenni il risultato.
" Va bene, ma stai attenta la sella è un po’ troppo alta per te!"
Non diedi bada a quel consiglio, mi recai direttamente alla bici da corsa di Marco, gli saltai a cavallo e mentre mi mettevo in movimento chiamai Luisa.
Non ci vollero più di duecento metri per capire di quanto avesse ragione mio fratello. Seduta su quella sella, stretta e dura, per completare la pedalata dovevo scivolare da un lato all’altro continuamente, obbligandomi a strofinare il mio fiore su quella scomoda seduta.
Imboccammo una stradina di campagna deserta e dopo pochi metri cominciammo a procedere affiancate. La gonna del vestito si era sollevata scoprendo interamente le mie cosce e svolazzando libera mostrava chiaramente la mia passerina appoggiata alla sella. Luisa vide chiaramente che ero in difficoltà, ma quando mi sentì arrivare ad un orgasmo favoloso, mentre mi fermavo appoggiandomi al tronco di un albero e continuavo a strofinarmi per completare l’opera, mi chiese: " Cosa stai facendo?"
" Sto venendo!" Dichiarai spudoratamente.
Lei scese velocemente dalla sua Graziella e mentre io mi gustavo gli ultimi spasmi di piacere si avvicinò osservandomi la fica che, completamente fradicia, aveva imbrattato le mie mutandine e tutta la lunga sella sulla quale mi stavo strofinando.
" E’ così bello?" Mi chiese con voce eccitata.
" Si!" Risposi io candidamente. Non feci a tempo di chiederle se volesse provare anche lei. La vidi sollevarsi la minigonna di Jeans e togliersi fulmineamente le mutandine. Guardai per un attimo la sua bella fighetta quasi imberbe come la mia e mentre si metteva le mutandine in tasca mi chiese:
" Facciamo cambio?"
Saltai giù dalla bianchi ed imitandola mi liberai degli slip infilandoli sotto la sella. Partimmo di nuovo scambiandoci le prime sensazioni. Non ci volle molto per vedere il grazioso viso di Luisa cambiare espressione. Anche lei trovava quello strano metodo masturbatorio estremamente eccitante. Proseguimmo per qualche chilometro poi, dietro ad una curva immersa in uno splendido bosco, notammo un piccolo ruscello che scorreva placido in mezzo al verde.
" Io vengo qui a fare il bagno quando è caldo!" Esclamò la mia amichetta mollando a terra la bicicletta ed avviandosi verso un sentiero che si snodava sotto a degli splendidi faggi secolari. La seguii facendole notare che non avevamo il costume.
" Perché?…A cosa serve?" Domando lei fermandosi di fronte ad un’ansa del torrente dove l’acqua era calmissima ed estremamente invitante. Senza pudore si spogliò rimanendo completamente nuda ed invitandomi a fare altrettanto, si immerse lentamente in quella piccola vasca da bagno naturale.
Non mi feci pregare. Il mio vestitino scivolò a terra e pochi secondi dopo stavo raggiungendo la mia amica. " Mamma mia che due tette!" Esclamò Luisa nel guardare il mio petto nudo. Effettivamente, pur avendo un anno meno di lei, il mio seno era enorme in confronto al suo. Sorrisi imbarazzata e mentre mi immergevo per raggiungerla cominciai a schizzarle l’acqua addosso. Partì una piccola battaglia che terminò con Luisa che, da dietro, tastava con entrambe le mani le mie tettone. Io ridevo pensando ad una presa giocosa, anche se un pochino azzardata, ma con il passare dei secondi mi resi conto che quelle palpate non erano così innocenti. Luisa si era avvinghiata al mio corpo ed aveva cominciato a strusciare la sua fichetta contro il mio culo. Sentivo le sue mani che, diventate improvvisamente avide, mi strizzavano i capezzoli in un movimento eccitato. Io cercai di chiederle cosa stesse facendo, ma mi bloccai quando lei mi domandò con un filo di voce:
" Hai mai visto l’uccello a tuo fratello?"
" Perché?" Chiesi io confusa.
" Perché vorrei tanto prenderglielo e succhiarglielo!…è un figo da paura!"
Non riuscii a risponderle subito poichè, in un attimo, mi immaginai l’uccello di marco affondare dentro la mia bocca, mentre con una mano gli menavo l’asta come avevo visto sull’ultimo numero di Caballero, spiato a mio padre.
" No!…" Risposi in modo poco convincente.
" Sei una stupida!" Mi apostrofò lei infilandomi una mano in mezzo alle gambe.
Non sono lesbica, anche se ultimamente non disdegno di trastullarmi con qualche bella sbarbina, ma in quel momento quel tocco estraneo e delicato mi fece andare in estasi. Sentivo il suo dito medio che, aiutato dall’acqua in cui eravamo immerse, scivolava sul mio grilletto duro ed eccitato. Portai una mano dietro alla schiena e cercai la sua fica. Luisa saltò a cavallo del mio dito come se non avesse desiderato altro in tutta la sua breve vita. Mentre si dimenava, continuava a strizzarmi una tetta e con due dita mi sditalinava dolcemente. Mi chiese ancora di mio fratello ed io, pur di accontentarla, mi inventai cose incredibili e mai avvenute. In quel momento non sapevo che in un paio di giorni avrei realizzato tutte le fantasie che le stavo raccontando, proprio con il mio adorato fratellone. Mentre mi sbizzarrivo nell’inventarmi pompini fatti di nascosto a Marco sotto la tavola, sentivo Luisa diventare matta.
" Infilami le dita!" Mi ordinò dopo alcuni istanti.
Io mi limitai ad irrigidire il medio e l’anulare della mano destra, lei fece il resto. Sentii il suo morbido nido schiudersi ed accogliere le mie falangi in un soffice e scivoloso abbraccio. Non mi ero mai infilata più di un dito nella passera ed ora, sentendo lei godere così tanto, chiesi di avere lo stesso trattamento. Sentii le mie piccole labbra schiudersi sotto la spinta di Luisa e in un attimo mi ritrovai penetrata dal suo indice e dal suo medio i quali, in pochi secondi, mi portarono all’orgasmo.
Passammo quasi l’intero pomeriggio a scambiarci sensazioni nuove. Ci baciammo in bocca con la lingua. Io non l’avevo mai fatto. Ci toccammo a vicenda i capezzoli e sedute su un grosso sasso che spuntava dal corso d’acqua, ci sditalinammo reciprocamente assaporando quella sensazione fino ad allora sconosciuta. Lei me lo chiese, ma io non ebbi il coraggio di leccare i suoi umori che uscivano copiosi dalle piccole labbra dischiuse. Ci provò lei, ma quando la sua lingua entrò dentro il mio fiore facendomi toccare il cielo con un dito, sentimmo le voci di alcuni turisti che si stavano avvicinando a noi. In fretta e furia ci rivestimmo e tornammo alle nostre bici. Il tragitto di ritorno mi riservò altri due orgasmi. Il primo si scatenò al ricordo della dolce lingua di Luisa sul mio grilletto. Il secondo, pochi metri prima di arrivare all’Agritour, pensando alla cappella di Marco dentro la mia bocca.
Giungemmo all’entrata della casa e trovammo proprio mio fratello furioso. Erano passate più di tre ore da quando eravamo partite per la nostra incredibile avventura. Luisa si dileguò in un baleno nel vedere la rabbia di Marco ed io, sentendomi colpevole, avrei voluto fare altrettanto.
Mio fratello mi bloccò quando ancora ero in movimento prendendomi il manubrio e facendomi perdere l’equilibrio. Ruzzolai a terra aprendo le gambe e mostrandogli così ciò che poche ore prima lo aveva convinto a prestarmi la bici. La mia fica era quasi ustionata da quanto l’avevo strapazza e le mie labbra, gonfie e rosse, erano lucide e completamente imbrattate di umori.
Marco si zittì di colpo. Lo vidi osservarmi in mezzo alle cosce con uno sguardo arrapato poi, il suo sguardo si poggiò sulla sella. Era completamente ricoperta di sborra femminile. Allungò un dito, raccolse un po’ di quel liquido denso poi, lo annusò. Vide le mie mutandine penzolare da sotto la sella e prendendole in mano mi apostrofò:
" E brava la mia sorellina che va in giro senza mutande per godere come una troietta! Chissà come saranno felici mamma e papà nel sapere di questa cosa!"
Io trasalii. Mi vedevo già sotto processo e frustata a sangue dai miei genitori. Sapevo che se fossero venuti a sapere di questo mio comportamento li avrei offesi a morte. Avevo un terrore assoluto dei miei vecchi.
" No non dirlo a papà!… Faccio tutto quello che vuoi!"
Il sorriso che comparve sul viso di Marco era tutto un programma. Mi squadrò mentre ero ancora a terra e dopo avermi ordinato di aprire le gambe e fargli vedere di nuovo la mia fica, si portò una mano alla patta che si era gonfiata a dismisura ed esclamò: " Stasera ti aspetto in camera mia!"
La sera arrivò molto in fretta. Io ero nervosa perché, tra il dire e il fare….
Uscii di casa dopo cena per una passeggiata con il nostro cane. La campagna attorno era stupenda ed incantava con i suoi sterminati prati che si alternavano a boschi profumati e freschi. Sapevo che Marco era abituato ad uscire la sera per andare a fare un giro in un piccolo paesino poco distante quindi, avevo ancora un po’ di tempo per pensare a come dovevo sottostare a quel ricatto che, tutto sommato, attendevo con ansia. Prima di uscire mi ero dovuta sorbire i rimproveri di mia madre la quale, vedendomi vestita da una canottiera bianca che stava urlando vendetta per quanto era costretta a tirarsi sulle mie tette, mi mandò di corsa ad indossare il reggiseno. Lo feci mal volentieri, ma effettivamente il candido e quasi trasparente tessuto non riusciva a nascondere ne la forma ne il colore rosa scuro dei miei splendidi capezzoli. La minigonna era altrettanto spudorata, ma le “mutande della nonna” che avevo infilato erano state apprezzate dai miei vecchi.
Mi incamminai assieme a Pablo (il cane) e in un attimo sparii dietro ad un boschetto. Non so perché, ma mi venne voglia di fare qualcosa di proibito. Mi tolsi il reggiseno e le mutandine e le nascosi sotto un sasso per ritrovarle al mio ritorno. Camminai a lungo fantasticando su cosa avrei dovuto fare di li a poco. Ricordo che mi eccitai a tal punto da sdraiarmi su un prato e mentre con una mano mi accarezzavo le tette, con l’altra mi sditalinai per un bel po’, ma senza raggiungere l’orgasmo. Dopo circa un ora tornai a casa e dichiarando che sarei andata subito a letto, mi infilai in camera mia, l’ultima in fondo ad un lungo corridoio. Chiusi la porta e spalancai la finestra per far girare un po’ d’aria e subito mi sentii chiamare dall’esterno con un bisbiglio. Non feci a tempo di tornare a vedere chi mi stava chiamando, perché Marco si arrampicò sul davanzale e si sedette sopra ad esso. "Hai chiuso la porta del corridoio?" Mi chiese sottovoce.
" Si!" Risposi un pochino confusa per la sorpresa.
" Spogliati e fammi vedere le tette!"
Non discussi, sapevo che sarebbe stato inutile.
Mi tolsi la canotteria bianca poi slacciai il reggiseno facendolo scivolare lentamente sulle tettone.
Di fronte a quelle enormi e marmoree appendici Marco emise un gemito. Si portò una mano sulla patta e cominciò a massaggiarsi il pacco da sopra i pantaloni.
"Fammele toccare!"
Mi avvicinai e subito lui cominciò a tastarmi in modo quasi doloroso. Mi strizzava i seni e pizzicava i miei capezzoli ed intanto mi guardava con uno sguardo perso. Andò avanti per qualche minuto ed intanto io guardavo il suo uccello che voleva esplodere dalle mutande.
" Togliti tutto!" Ordinò con le bave alla bocca.
Tolsi la gonna, mi girai dandogli la schiena poi, feci scivolare a terra le mutandine rimanendo completamente nuda.
" Piegati in avanti!"
Lo feci in silenzio, ma intanto mi stavo eccitando. Gli mostrai la mia fichetta da dietro e come avevo visto nei giornaletti di mio padre, mi aprii le natiche con le mani per permettergli di vedere meglio. Lui si slacciò i pantaloni e tiro fuori la sua verga. Ero piegata alla pecorina e lui si stava segando ancora seduto sull’ampio davanzale. Avevo visto molte immagini di uomini con il cazzo duro, ma vederlo dal vivo era tutta un’altra cosa. Vedevo la sua cappella fradicia sparire ritmicamente dentro la sua mano e lo sentivo mugolare come un animale. Mi ordinò di girarmi e di mettermi seduta sul letto a gambe aperte. Lo feci subito portandomi una mano alle grandi labbra, ma appena gli feci vedere quel movimento inatteso, lui saltò giù dal davanzale e urlando sommessamente si avvicinò a me cominciando a sborrare. Non riuscii a reagire. Mi prese una tetta e mentre me la strizzava mi schizzava il suo seme su tutto il petto. Io avevo quell’uccello a pochi centimetri dal viso e come ipnotizzata dal movimento ritmico della mano di Marco restai immobile. Sentivo per la prima volta il profumo dello sperma e non mi piacque più di tanto, ma vedere dal vivo il mio primo orgasmo maschile mi procurò un malsano eccitamento. Avrei voluto prendere in mano quel bastone di carne, ma Marco mi ordinò di andare subito a lavarmi.
Tornai dopo pochi attimi e lo trovai disteso sul letto. Aveva spento la luce del lampadario ed acceso la piccola lampadina sul comodino, occultandola con la mia canottiera per abbassare ulteriormente l’intensità della luce. Era completamente nudo e con una mano si stava toccando il grosso uccello. Era magnificamente eccitante. I miei occhi erano calamitati da quel bastone di carne che usciva duro e lungo dalle cosce di mio fratello.
Non parlammo. Mi liberai dell’asciugamano rimanendo di nuovo nuda. Lui emise un nuovo gemito nel guardarmi.
" Mi trovi bella?"
" Sei la più figa che io abbia mai visto!"
Quel complimento mi fece immensamente piacere. Saltai sul letto e mi misi in ginocchio di fianco a lui. Lo guardai sorridendogli e mi piegai con le tettone sopra la sua bocca. Lui cominciò a mordicchiarmi i capezzoli. Con una mano assaporava la consistenza delle mie tette mentre con l’altra tornò a menarsi furiosamente la cappella. Mi piaceva molto e iniziai a bagnarmi in modo smodato. Timidamente allungai una mano e presi il suo uccello.
" Faccio io!" Esclamai a bassa voce.
Sentire quel randello di carne bollente in mano mi procurò un piacere indescrivibile. Cominciai a fare la prima sega della mia vita e vedere l’espressione di godimento sul volto dell’uomo che stavo masturbando mi riempì di orgoglio. Ero ancora incantata nel guardare quella cappella, che ad ogni mio movimento liberava piccole gocce di liquido denso rendendo il tutto tremendamente scivoloso e eccitante, quando sentii la mano di Marco scivolare sotto la mia pancia per raggiungermi la fica.
Lo inondai letteralmente quando riuscì ad infilarmi il dito nel buco.
" Troietta!…Senti come sei fradicia!"
Non risposi a quella provocazione ma chiesi, sorprendendo il mio amante: "Te lo prendo in bocca?"
Non gli diedi il tempo di replicare, con un movimento istintivo mi abbassai sulla sua cappella e cominciai a ciucciargliela come avevo visto fare nei porno spiati a mio padre. Sentivo quel gusto selvaggio e salato riempirmi la bocca e i sospiri emessi da Marco aumentare a dismisura. Come se non avessi mai fatto nient’altro nella vita continuai a spompinare mio fratello, mentre con una mano gli menavo il resto dell’asta. Lui godeva come un porco ed intanto mi strizzava le tette e con un dito mi penetrava il buco della fighetta.
" Fammela leccare!" Mi ordinò rantolando.
Lo sorpresi con un movimento da zoccola nata. Mi sedetti letteralmente sulla sua bocca senza mollare la presa sul suo cazzo. Colto alla sorpresa da quell’inaspettato sessantanove, cominciò a pomparmi ritmicamente in bocca. I suoi primi affondi, imprevisti, mi colsero impreparata portandomi ad avere un paio di conati di vomito poi, prese le giuste misure, continuai a farmi scopare in bocca muovendo solo la lingua. Mollai tutto nel momento in cui la sua, di lingua, aprì le mie piccole labbra. Non avevo mai immaginato una sensazione splendida come quella. Marco mi stava leccando a turno la fica e il buco del culo, cercando ad ogni lappata di penetrarmi fin dove possibile. Con dei movimenti esperti mi portò in paradiso. Cominciai a dimenare il bacino sulle sue labbra in modo convulso. Sentivo la sua lingua entrare ed uscire da tutti i buchi che avevo ed il morbido ingombro del suo naso solleticarmi il solco fradicio delle chiappe. Lo avvisai che stavo per venire. Lui fece lo stesso. Non riuscii a tenermi il cazzo in bocca, ma mi sforzai di fare come quelle puttanelle che avevo visto sui giornaletti. Mi lasciai schizzare in faccia continuando a menargli la cappella ed intanto guardavo quel nuovo giocattolo che avevo in mano come se fosse la cosa più bella del mondo. Gli toccai le palle dolcemente, lo accarezzai come fosse un tenero gattino poi, esplosi in un orgasmo stellare. La sensazione, fino ad allora sconosciuta, di essere toccata da un uomo, sentire il tocco caldo della sua pelle sudata, udire i suoi gemiti di piacere, ma soprattutto, tenere il suo cazzo enorme in mano, fu talmente forte da farmi quasi perdere i sensi. Rimanemmo immobili per qualche minuto poi, mi girai verso di lui con il viso grondante del suo sperma. Marco prese la mia canottiera e mi pulì dolcemente il viso.
"Dov’è che hai imparato a fare sesso?" Mi chiese curioso.
Io mentii spudoratamente affermando: " Non lo so! Mi viene spontaneo!…Perché?…Sono così brava?"
Lui mi sorrise ed esclamò: "Non ho mai trovato nessuna come te!"
" Ho pagato il mio debito?" Chiesi sperando di non ricevere una risposta affermativa.
Lui non rispose, saltò giù dal letto e dopo aver raspato in una tasca dei suoi pantaloni tirò fuori una piccola bustina quadrata.
" Cos’è?" Domandai curiosa.
" Un preservativo." Mi rispose, mentre apriva il piccolo contenitore estraendone quello che a me sembrava un palloncino sgonfio. Lo vidi infilarselo sull’uccello come un guanto ed intanto mi spiegò che serviva per evitare di mettere incinta una donna. Non mi permise di chiedere altro e mi ordinò di distendermi sul letto appoggiata su un fianco. Lui si sistemò dietro e mi costrinse ad alzare una gamba. Sentii la sua cappella entrare nelle mie grandi labbra per poi spingersi, con dei colpetti delicati, a disturbare il labile confine del mio imene. Non feci a tempo di dirgli che era doloroso. Con una spinta più convinta mi penetrò rendendomi finalmente donna. La fitta di dolore durò solo il tempo di un mio gemito poi, il mondo attorno a me cominciò a girare in un caleidoscopio di sensazioni splendide. Le mie tette erano nelle mani di mio fratello. Il suo cazzo stava scivolando dentro la mia pancia e con un dito mi stavo solleticando il grilletto. Raggiunsi un orgasmo strabiliante, tanto potente da costringere Marco a tapparmi la bocca con una mano. I miei spasmi di piacere favorivano l’affondo di quel bastone di carne che mi stava facendo impazzire. Lo percorsi da cima a fondo una decina di volte poi, con un urlo strozzato, Marco cominciò ad eiaculare. Sentivo il suo randello pulsare dentro di me e mio fratello contorcersi di piacere, mentre mi infilzava fino all’utero.
Rantolò per parecchi secondi poi, lentamente, tolse l’uccello dalla mia fica.
Quella notte mi prese per altre due volte prima di andarsene sfinito nella sua camera. Quelle ferie furono una vera e propria accademia del sesso per me. I nostri incontri andarono avanti per parecchi anni, poi lui si sposò e si trasferì lontano, ma ancora adesso, quando ci è possibile, ci incontriamo di nascosto per consumare il nostro amore incestuoso. Lui è rimasto e rimarrà per sempre il mio primo e splendido amante e non riesco mai a dirgli di no.
Ho molte cose da raccontarvi e se continuerete a dimostrarmi l’apprezzamento che finora mi avete riconosciuto, continuerò a descrivervi le mie avventure.
Ciao da Asia.
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