Racconti Erotici > tradimenti > IN METROPOLITANA
tradimenti

IN METROPOLITANA


di ASITA
02.04.2008    |    81.116    |    4 9.1
"Mi fermai alla cassa per pagare il caffè..."
Oramai mi ero abituata a convivere insieme a quello che avevo soprannominato il mio demone. Lui, il “porco”, si presentava senza preavviso alle porte della mia libìdo e lei, debole, immatura e serviziovole, gli apriva senza discutere. In questa maniera mi trovavo a combattere guerre che immancabilmente perdevo. Il fatto di lottare razionalmente contro degli istinti primordiali e pur sapendo che ogni battaglia fosse di volta in volta inutile, mi frustrava, ma al contempo mi faceva diventare sempre più porca.
Apro una piccola parentesi per chi fosse intento a leggere questo racconto senza prima aver letto gli altri due. Sono una “normalissima” donna di trentacinque anni. Bella?…A detta di amici, conoscenti e amanti occasionali, si! Mora capelli lunghi e lisci, un seno che non ha bisogno di sostegni ( grazie al chirurgo estetico), gambe lunghe e culetto palestrato. Nel complesso sono un bel tipo. Quando mi aggiro per la città da sola, o insieme a mio marito e ai miei due splendidi figli, raccolgo ancora delle lusinghiere occhiate di apprezzamento e questo mi fa sentire bene. Mio marito Carlo è uno splendido esemplare di razza ariana. Amante sublime, padre affettuoso e marito presente. Vi ho dipinto il classico quadretto della famiglia felice. E’ vero, ma per me non è più sufficiente. Sorvolo sui motivi psicologici che mi hanno portato ad essere un’esibizionista incallita e che non perde l’occasione di mostrarsi a tutti pur di avere la sensazione di essere l’unica donna al mondo in possesso di una fica calda e bagnata; anche perché lo psicologo che ha provato a curarmi, dopo due sole sedute di inutili propositi, si è fiondato su di me e mi ha violato in tutti i buchi scopandomi sul suo lettino da terapia. ( questo sarà un altro racconto. ) Il risultato di tutto ciò consiste nel fatto che, in giro per una grande città italiana, si aggira un soggetto femminile di tutto rispetto ed intento, quando è posseduto dal suo demone, a circuire qualche fortunato passante o avventore di un qualsiasi locale pubblico. Vivo una doppia vita, quasi come il dottor Jeckill e mister Hyde. Mi sento sporca per quello che sto facendo alla mia splendida famiglia, ma allo stesso tempo non riesco a farne a meno. Prima di annoiarvi con le mie elucubrazioni mentali, completo questo discorso con una precisazione e cioè, questi racconti non sono frutto di fantasia. Sono gli sfoghi narcisistici e sporchi di una donna che ha subito, durante la sua infanzia, le morbose attenzioni di alcune persone alle quali i suoi ignari genitori l’avevano affidata, nella ingenua convinzione che fossero educatori affidabili solo perché portavano una croce al collo. Io, tutto sommato, mi reputo una “vittima” fortunata. Ma questo non toglie il fatto che, ogni volta che faccio qualcosa di sporco, il mio pensiero non vada ai miei figli, i quali amo più della mia vita. Scusate questo mio sfogo, dovuto forse ai classici sbalzi ormonali femminili, e torniamo alle mie imprese.
Mi ero esibita alla finestra completamente nuda e come la più navigata delle pornostar avevo concesso ai miei invisibili spettatori la possibilità di guardarmi, mentre mi masturbavo selvaggiamente con uno pseudo-cazzo. Esperienza strabiliante. Avevo avuto l’occasione di mostrarmi e di eccitare qualcuno a tal punto da costringerlo a lasciarmi un messaggio sul vetro impolverato della mia auto. Non usai l’indirizzo di posta elettronica che era stato scritto sotto a quella scritta. Avevo paura di finire fra le grinfie di qualche deviato. Decisi di attendere ed aspettare il prossimo passo del mio ammiratore. Nel frattempo, ogni mattina, controllavo la cassetta delle lettere e i vetri della mia auto, in preda ad una sensazione indescrivibile. Ero terrorizzata dalla paura che qualche foto di me, alle prese con la mia sexy performance, finisse in mano a mio marito e questo, allo stesso tempo, mi eccitava. Il pensiero che la mia immagine nuda costringesse qualcuno a masturbarsi fino a sborrare sul ritratto del mio faccino, mi faceva provare brividi intensissimi all’altezza della passera. Come vi ho già detto sono diventata un’esibizionista convinta. Non perdo occasione di far vedere un interno coscia o l’aureola di un capezzolo, nascosto a fatica sotto una camicetta trasparente. Tutto ciò, almeno fino a questo punto della vita, all’oscuro da mio marito.
Finalmente arrivò il capodanno 2006. Ero rimasta chiusa in casa per troppi giorni, impegnata a combattere inutilmente il mio demone. Era arrivato il momento di concedergli una piccola vittoria. Avevo tutte le intenzioni di offrirmi al classico “primo che passa”, non prima di averlo fatto morire e sbavare, mentre lo costringevo a sforzarsi di guardarmi dentro la scollatura o in mezzo alle mie gambe dove, come unico indumento, indossavo una goccia di profumo. Ero arrapata dal giorno prima e precisamente dal momento in cui mi ero recata nel mio solito centro estetico per farmi una lampada integrale ed una depilazione totale del corpo. Ero uscita da quel luogo con la convinzione di essere uno schianto e decisi di mettere il mio fisico alla prova. Entrai in un bar e presi un caffè. Cercai di convincermi a non fare quello che mi frullava per la testa, ma ormai era troppo tardi. Il mio demone si era impossessato, di nuovo, della mia mente. Mi recai in bagno e chiusi la porta. Ansimavo come se avessi corso una gara, ma lo facevo per l’estrema eccitazione procuratami da quello che stavo per fare. Mi spogliai completamente rimanendo solo con le calze autoreggenti. Essere totalmente nuda, dentro ad un locale pubblico, mi fece provare un brivido di piacere intensissimo. Scesi con un dito e penetrai le mie grandi labbra scoprendole già completamente fradice. In un attimo mi ritrovai con una gamba alzata ed appoggiata alla tazza, intenta a sditalinarmi ferocemente. Mi obbligai a smettere, altrimenti avrei perso quella carica erotica che mi aveva piacevolmente invaso. Indossai la pelliccia, che mi copriva fino alle ginocchia, chiusi per bene lo scollo, infilai i miei vestiti nella borsa ed uscii. Mi fermai alla cassa per pagare il caffè. Credetemi, la sensazione che provai nel sapermi completamente nuda sotto al cappotto, sentire l’aria fredda di dicembre salire lungo le mie cosce fino a raggiungere la mia passera depilata, vedere il cassiere che sbirciava la mia scollatura, dietro la quale le mie enormi tette non volevano saperne di rimanere nascoste, mi portò sull’orlo di un orgasmo. Feci un regalo a quel ragazzo gentile. Mi allungai un po’ troppo per prendere il resto, costringendo la mia pelliccia ad aprirsi quasi completamente sul petto. Lui rimase di sasso nel vedere i miei lunghi capezzoli sbocciare dal pelo di visone. Assumendo il comportamento di una gattina in calore, lo ringraziai di cuore facendo le fusa. Feci l’occhiolino e me ne andai richiudendo pudicamente il mio indumento. Ero al settimo cielo. Mentre mi incamminavo sulla strada per raggiungere la metropolitana, mi immaginai quel ragazzetto chiuso in bagno ed intento a scappellarsi ripetutamente l’uccello. L’immagine di una sborrata adolescenziale, che cadeva sulle mattonelle del pavimento, mi condusse fino ai binari. La stazione era strapiena di gente e l’ora di punta aggravava la situazione. Questo per me era il top. In mezzo a spintoni, imprecazioni e lamentele varie, salii su un vagone, il primo che mi capitò a tiro. A fatica raggiunsi le poltroncine in plastica. Non era mia intenzione sedermi, ma mostrare a qualcuno le mie grazie, mentre dondolavo appesa ad una delle maniglie di cortesia. Trovai immediatamente la mia preda. Un uomo sulla quarantina, bello come il sole. Vestito in modo elegante e con un lungo cappotto nero che lo avvolgeva completamente. Spingendo malamente qualche persona e cercando di evitare che quegli strusciamenti mi aprissero la pelliccia, lo raggiunsi facendo l’indifferente. Mi parai davanti, mentre con uno scossone il convoglio ripartiva e mi costringeva ad aggrapparmi ad una sua spalla e far finta di aver perso l’equilibrio. Lui fu prontissimo nel prendermi per un polso e sostenermi. Lo ringraziai simulando un certo imbarazzo e rifiutai il suo posto. In quel momento tutto il resto del mondo non esisteva. Non sentivo più le spinte di quelli dietro, nemmeno li vedevo. Non diedi nemmeno peso all’occhiataccia che mi diede la vecchietta seduta di fronte al “mio” uomo. Lei aveva già visto che sotto al cappotto ero completamente nuda. Il suo disprezzo non mi sfiorò nemmeno. Afferrai la maniglia e cominciai il mio viaggio. Mentre lui guardava fuori dal finestrino, allargai le gambe e sciolsi la cintura, quel tanto che bastava per far aprire lo spacco della mia pelliccia fino all’altezza della passera. Bastava solo che lui si girasse e si sarebbe ritrovato una fica depilata e fradicia di umori posizionata in bella mostra. Lo fece dopo pochi istanti, quasi fosse stato richiamato dal profumo emanato dal mio fiore. Lo vidi contrarsi alla vista di quello che gli stavo proponendo. Rimase fisso per alcuni istanti ad osservarmi poi, quasi cercando una mia approvazione, mi guardò negli occhi. Gli sorrisi e sciolsi completamente il nodo. La pelliccia si aprì completamente creando, con i due lembi ormai separati, una barriera che lo mise in grado di essere l’unico a vedere al loro interno. La vecchietta di fronte a lui se ne andò schifata e lasciò il posto ad una persona che non degnai nemmeno di uno sguardo. La mia attenzione era tutta per quello splendido uomo dai capelli brizzolati e per la sua patta che si era gonfiata in maniera incredibile. Mi stava guardando in un modo estasiante. Sentivo il calore del suo sguardo colpirmi i capezzoli eretti e ruzzolare fino in fondo al solco delle mie tettone che dondolavano al ritmo incessante delle ruote. Lo vidi fissarmi la fessura della passera, dalla quale usciva sbarazzino ed eccitato il mio clitoride. Sentivo gli umori che oltrepassavano la barriera delle grandi labbra e si avventuravano fino al bordo delle autoreggenti. Ero sul baratro. Mi mordicchiavo il labbro inferiore per impedirmi di urlare, ma non riuscivo a trattenere gli spasmi di piacere che mi stavano accompagnando verso un orgasmo sconvolgente. Avevo fatto tirare il cazzo ad uno sconosciuto, seduto sul vagone di una metropolitana. Io ero completamente nuda, in mezzo a migliaia di persone che avrebbero potuto vedermi e sputtanarmi in pochi secondi. Assurdo, ma troppo eccitante. Fu lui a darmi il colpo di grazia. Si alzò di scatto e mi abbracciò come fossi la sua donna. Spinse la lingua nella mia bocca muovendola come un piccolo cazzo. Infilò una mano sotto la pelliccia e in un attimo mi ritrovai con due grosse dita infilate nella fica. Come avevo fatto pochi giorni prima al centro commerciale, con un altro sconosciuto, gli venni letteralmente in mano. Lo inondai dei miei umori, mentre il mio inguine pulsava spasmodicamente attorno a quelle due portatrici di piacere. Cercando di non farmi notare, allungai una mano verso la sua patta e quello che sentii mi fece emettere un gemito soffocato. Sotto i suoi pantaloni pulsava una cosa enorme. Non riuscii a trattenermi e cercai di sondare il diametro di quel membro afferrandolo con tutte le dita. Rimasi a dir poco allibita. Tenendomi abbracciata, con una voce caldissima, mi sussurrò di aspettare. Il convoglio si stava avvicinando alla periferia e stazione dopo stazione il vagone si stava svuotando. Continuammo a strusciarci e sbaciucchiarci per una decina di minuti e sentivo la nostra voglia aumentare sempre di più. Lui aveva infilato un braccio sotto la pelliccia e aveva raggiunto le mie natiche. Le tastava con irruenza e con un dito mi accarezzava il buco del culo lubrificato dalla sborra che usciva copiosa dalle mie grandi labbra. Io gli massaggiavo l’uccello fantasticando sul momento in cui lo avrei preso finalmente in bocca. Dopo qualche istante raggiungemmo una stazione, nei sobborghi della città. Mi spinse verso l’uscita e mi ordinò di scendere e salire immediatamente sull’ultimo vagone. Lo feci senza discutere e subito capii il motivo di tale disposizione. Quella carrozza era quasi completamente vuota. Entrammo dall’ultima porta posizionandoci proprio davanti, come se dovessimo scendere subito. Lui si aggrappò con una mano ad un tubo di sostegno ed appena il treno lasciò la stazione per infilarsi nel tunnel, mi guardò con uno sguardo che voleva dire tutto. Ormai completamente partita mi posizionai davanti a lui appoggiandomi alla porta. Aprii di nuovo la pelliccia e gli mostrai il mio corpo nudo. Controllai se qualcuno ci stesse guardando, ma i pochi passeggeri rimasti erano assorti nei loro pensieri. Ansimando per l’eccitazione gli abbassai la zip ed infilai la mia piccola manina nella tana del lupo. La tolsi con fatica, mentre trascinavo fuori una cosa mostruosa. La curiosità mi spinse a guardarlo. Pur non essendo completamente in tiro, il suo pene era enorme. Mugolai di piacere nel notare che era circonciso. Non so perché quel particolare mi attizzasse tanto, ma glielo presi di nuovo in mano e cominciai a segarlo da cima a fondo. Avevamo lo schienale di un sedile come riparo da sguardi indiscreti e così mi dedicai a quella sega, mentre con l’altra mano gli facevo vedere come una donna sa toccarsi i capezzoli. Sentii il treno iniziare la frenata per fermarsi alla stazione successiva. L’uscita dal tunnel ci inondò di luce ed allora decisi di mollare la presa. Con il visone aperto abbracciai il mio superdotato ed appoggiai la mia fica fradicia sulla sua mazza. Non mi feci penetrare. Scivolavo avanti ed indietro su quel randello strofinandoci sopra il mio grilletto, prossimo a sparare un orgasmo favoloso. Ci baciammo come due fidanzatini, stretti l’uno all’altra. Gemevano sottovoce e mentre il convoglio ripartiva, quel movimento ritmato mi trascinò con il pensiero a quando ero una ragazzina e mi procuravo orgasmi su orgasmi pedalando sulla bicicletta da corsa di mio fratello. Quello strano ed eccitantissimo metodo masturbatorio lo avevo scoperto per caso, in un caldo pomeriggio d’estate. Eravamo in ferie con i nostri genitori nella splendida Toscana. Avevo appena compiuto tredici anni ed annoiata, avevo chiesto a mio fratello se mi prestava la sua bici per fare un giretto nelle splendide campagne lì attorno assieme a Luisa, figlia quattordicenne dei gestori dell’agriturismo di cui eravamo ospiti. Mio fratello mi aveva avvisata che la sella era troppo alta per me, ma decisi di andare lo stesso. Indossavo un vestitino svolazzante che non voleva saperne di tenere nascoste le mie giovani cosce, ma non avevo voglia di cambiarmi. Io e la mia amica partimmo verso un’avventura indimenticabile, lei sulla sua “Graziella” io sulla “Bianchi”. Non ci vollero più di duecento metri per rendermi conto che quella sella, stretta e dura, infilandosi fra le mie vergini labbra ad ogni pedalata, mi procurava un piacere indescrivibile. Mi confidai con Luisa, la mia amichetta, e subito volle provare anche lei. Io, quel giorno, scoprii quanto bello fosse avere qualcosa di duro tra le cosce. Entrambe ci togliemmo le mutandine e ad intervalli più o meno lunghi ci scambiavamo la bicicletta per goderci quelle sensazioni paradisiache. Non ricordo quanti orgasmi ci procurammo in quella maniera, ma ricordo benissimo la sella completamente imbrattata dei nostri profumati umori e mio fratello che scopriva le mie mutandine infilate sotto ad essa, quando gli riconsegnammo il prodigioso giocattolo erotico. Pur di convincerlo a non dire niente a nostri genitori, sotto ricatto, dovetti compiere delle cose che sono impresse a fuoco nella mia memoria. Mio fratello era stato il mio primo splendido amante, ma questa è un’altra storia che vi racconterò più avanti.
Eccitata da quei ricordi, mi muovevo sopra quel cazzo come in preda ad una crisi muscolare. Sentivo la sua cappella scivolare fra le mie labbra, andare a solleticarmi il buco del culo per poi tornare alla carica in senso contrario. Avrei voluto farmi penetrare, ma con un gemito lui mi avvisò di essere arrivato al capolinea. Con i classici movimenti di un orgasmo maschile mi riempì l’interno coscia di sborra. La sentivo, tiepida e viscosa, uscire a fiotti dalla sua cappella, colpirmi il grilletto e poi scivolare tra le mie gambe per cadere finalmente a terra. Sentivo il profumo di quello sperma salire sulla mia pelle calda e riempirmi le narici con il suo afrore muschiato. Avevo fatto godere un altro uomo. Ero a dir poco estasiata. Lo sentivo gemere ed ansimare, mentre mi mordeva il collo dolcemente. Gli accarezzai i capelli e gli chiesi se volesse qualcosa di più. Mi ordinò di girarmi. Lo feci come una bambina ubbidiente. Sentii le sue mani alzarmi la pelliccia e la sua cappella, tornata dura e turgida, impuntarsi fra le mie piccole labbra. Ormai non ci importava più se qualcuno avesse notato qualcosa. Lo fermai prima che entrasse nella fica, e un pochino spaventata per le dimensioni della sua verga, lo avvisai di non poter prendere sborra nel mio utero, ma spostandogli l’uccello sul buco del culo lo feci molto più contento.
" Troia!"
Quell’insulto mi fece bagnare ancora di più. Allargai le mie natiche con entrambe le mani ed attesi la mia punizione. Da molti anni, e molto volentieri, ricevevo nel culo il grosso uccello di mio marito. Pochi giorni prima ero stata violata dal nerbo di uno sconosciuto ragazzetto che, con le sue notevoli dimensioni, mi aveva sodomizzata nel camerino di un negozio. Ora, però, mi trovavo alle prese con qualcosa di veramente grosso. Per fortuna il mio ano era un lago, fatto di umori vaginali e sborra maschile. Lo splendido lubrificante permise a quel glande enorme di sfondare il mio sfintere, senza quasi farmi provare dolore. Lo sentii aprirmi il culo ed entrare per tre o quattro centimetri. Solo quello mi sarebbe bastato per venire, ma arrivammo ad una nuova stazione. Cercando di ricoprirmi il meglio possibile rimasi lì, impalata da un cazzo durissimo, mentre attendevo l’andirivieni dei passeggeri. Fui immensamente fortunata, il vagone si svuotò completamente e quando ripartimmo eravamo completamente soli. Persi ogni pudore ed appoggiando le mani al vetro della porta mi esibii in una mezza pecorina da infarto. Avevo sollevato la pelliccia sopra i fianchi ed ora stavo mostrando il mio splendido culo al fortunato uomo che aveva già cominciato a sodomizzarmi. Urlò di piacere nel vedere il mio fondoschiena abbronzato ed aperto. Mi prese ai fianchi ed insultandomi ripetutamente mi sfondò. Lo sentii entrare nelle mie viscere come un coltello caldo nel burro. Gli ci vollero solo una decina di affondi per venire, a me, molto meno. Quando mi scaricò il suo sperma nel retto, io stavo sborrando già da un bel po’. Quegli schizzi furono come il dolce dopo un lauto pranzo. Magnifici! Sentivo quel randello pulsare nel mio intestino, mentre mi riempiva del suo liquido bianco. Urlai al mondo il mio piacere. Lo feci come non avevo mai fatto. Lo pregavo di rompermi il culo e di sborrarmi dentro. Gli chiesi di insultarmi e di strizzarmi le tette. Lui fece tutto quello che gli chiesi fino a quando, arrivati ad una nuova stazione, io mi sfilai dal suo cazzo e con un balzo scesi dal treno. Lo vidi costernato, ma prima che le porte si richiudessero, lo ringraziai mandandogli un bacio.
Ancora scossa dai fremiti di quell’orgasmo, mi infilai in un bagno e mi rivestii pulendomi alla meglio. Uscii dalla stazione e mi feci riaccompagnare a casa da un taxi. Il mio demone era soddisfatto e a questo punto anche io. Non mi feci domande alle quali non avrei saputo dare risposta. Tornai dalla mia famiglia come se niente fosse successo e mi preparai per il capodanno del giorno dopo. In quell’occasione diedi il meglio di me stessa, ma se volete sapere cosa ho combinato dopo, dovrete attendere la prossima storia.
Vi ringrazio immensamente per l’apprezzamento che mi avete dimostrato. Votatemi e vi renderò felici. Intanto, quando mi è possibile, mi masturbo nell’immaginarvi eccitati, mentre leggete le mie avventure.
Ciao. ASIA.
Disclaimer! Tutti i diritti riservati all'autore del racconto - Fatti e persone sono puramente frutto della fantasia dell'autore. Annunci69.it non è responsabile dei contenuti in esso scritti ed è contro ogni tipo di violenza!
Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
Votazione dei Lettori: 9.1
Ti è piaciuto??? SI NO


Commenti per IN METROPOLITANA:

Altri Racconti Erotici in tradimenti:



Sex Extra


® Annunci69.it è un marchio registrato. Tutti i diritti sono riservati e vietate le riproduzioni senza esplicito consenso.

Condizioni del Servizio. | Privacy. | Regolamento della Community | Segnalazioni