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Lui & Lei

Le sorprese di un viaggio di lavoro


di visroboris
31.01.2019    |    9.345    |    3 9.3
"Pigiama party?!?” Le ragazze sembravano divertite all’idea..."
Ero entrato da poco nell’associazione, non perché fossi veramente interessato, ma perché il mio amico Giulio ne era diventato da poco presidente ed aveva insistito tanto. Ora mi trovavo alla vigilia della partenza per una missione commerciale in Giappone, assieme ad un gruppo di imprenditori, che tra l’altro per lo più non conoscevo. Avevo deciso di partire all’ultimo momento sia perché Giulio mi aveva chiesto di dargli una mano, sia perché ero certo che fare un viaggio del genere mi sarebbe servito ad uscire da quel torpore che mi aveva attanagliato nella fase finale della mia ultima relazione sentimentale.
Ora ero lì, fuori ad un ristorante giapponese di Milano dove avrei incontrato i miei compagni di viaggio. Giulio me li aveva descritti per bene. Un nutrito gruppo di imprenditori, uomini e donne per lo più sulla trentina, di settori diversi. Poi si era soffermato a descrivermi Laura, imprenditrice del settore alberghiero, con la quale flirtava da un po’ di tempo, ma che non si era mai lasciata andare con lui, anche perché fidanzata da diversi anni. “Laura sta sempre con la sua amica Sabrina C. - mi disse Giulio - dovresti conoscerla, almeno lei dice di conoscerti.” Ora avevo capito che tipo di aiuto avrei dovuto dare a Giulio...ma io non rammentavo di aver mai incontrato una Sabrina C..
Poco male. Tirai un sospiro ed entrai. Giulio era nella saletta a noi riservata che faceva da anfitrione. Mi presentò a tutti i partecipanti ed alla fine, dulcis in fundo, mi presentò Laura e la sua inseparabile amica. “Piacere mi chiamo Marco”, la salutai ,“ed io sono Sabrina, ma chiamami Mia! Possibile che non ti ricordi di me?”Rispose. Mi si aprì un mondo di ricordi.
Mia! La piccola peste! La sorellina di Monica, una mia fidanzatina dell’adolescenza. Credo di non aver mai saputo che si chiamasse Sabrina, la chiamavano tutti Mia. Ricordo solo una vispa bambina, che non mi dava tregua un secondo quando ero a casa di Monica. Avevo smesso di frequentare quella casa quasi 15 anni fa e di Mia, la sorellina di quasi 10 anni più piccola, non ne avevo avuto più notizia, con Monica ogni tanto capitava ancora di incontrarci, a qualche festa, in qualche evento, eravamo rimasti in buoni rapporti. Ora la piccola era cresciuta, doveva avere 25 anni o giù di lì, era diventata una gran bella ragazza, con le forme al punto giusto, ma aveva mantenuto quegli occhi vispi e birichini che avevo visto anni addietro.
La serata passo veloce, tra i ricordi del passato e la pianificazione del viaggio che sarebbe iniziato il giorno dopo, sotto gli occhi divertiti di Laura e Giulio. Si stava già creando un gruppo nel gruppo.
Sul Boeing 747, riuscimmo a sederci tutti e 4 vicini. E li in me scattò qualcosa, lo percepii chiaramente, d’altronde ero lì per questo, per risvegliarmi da quel senso di torpore che non sapevo più neanche io da quanto mi attanagliava.
Fu un viaggio molto allegro alternando chiacchiere e giochi stupidi ad aperitivi a base di vino nelle bottiglie da mezzo litro accompagnato da crackers e pezzi di formaggio nelle bustine, grazie alla complicità di due hostess con le quali avevo fatto amicizia. Alla fine ero io stesso ad andare in cucina a fare rifornimento, con l’aiuto di Mia, che era particolarmente divertita dalla mia intraprendenza.
All’arrivo a Tokyo avemmo l’amara sorpresa che i bagagli nostri e della maggior parte del gruppo erano rimasti a Milano e sarebbero arrivati solo la sera successiva. La Lufthansa ci consegnò un kit di sopravvivenza che conteneva una t-shirt bianca, un rasoio, sapone, spazzolino ed altri oggetti di prima necessità. Era tarda sera, non c’era possibilità di acquistare vestiti o altro, quindi decidemmo di dirigerci all’hotel per dormire qualche ora e rimandare all’indomani i necessari acquisti.
Avendo prenotato all’ultimo momento e non avendo trovato una singola alloggiavo con Giulio che in qualità di presidente aveva una suite.
La nostra stanza si trovava prima di quella delle ragazze. Aprimmo la porta ed era veramente una piazza d’armi, dotata di ogni confort. Mi balenò subito un’idea, “non abbiamo valigie, ci siamo divertiti tanto fino ad ora, questa stanza è uno spettacolo...pigiama party?!?”
Le ragazze sembravano divertite all’idea. Sembrava essere tornati all’adolescenza, sin dal primo momento che avevamo messo piede sull’aereo.
All’uscita del bagno le ragazze erano in slip e t-shirt bianca, l’unica cosa simile al pigiama che avevamo, noi le seguimmo a ruota. Poi fu un crescendo...iniziammo a svuotare il frigobar, a ballare con la musica del mio iPod collegato allo stereo della stanza.
Con quelle t-shirt bianche erano veramente sexy, Giulio non aveva occhi che per Laura, io ero come ipnotizzato dalle forme voluttuose di Mia. Eravamo sicuramente euforici, su di giri, la stanchezza non la sentivamo affatto.
Fu Mia che rompendo gli indugi mi prese per mano e mi disse che il frigobar era quasi vuoto ed in qualità di cambusiere dovevo seguirla nella loro stanza a fare rifornimento dal loro frigobar. Obbedii prontamente, uscimmo così come eravamo, incuranti di eventuali sguardi nel corridoio dell’albergo.
Era tarda ora e non incrociammo nessuno fino alla stanza, entrammo e subito ci sedemmo sulla moquette davanti al frigobar per saccheggiarlo.
Bastò che si sfiorassero le mani nel pescare all’interno del frigo, che l’eccitazione balzò alle stelle e ci trovammo avvinghiati in un bacio carico di passione. Non riuscivamo a staccarci, sentivo il suo sapore, la mia lingua esplorava la sua bocca ed la sua era attorcigliata alla mia, in una sorta di danza erotica. Avevo voglia di toccarla, di esplorare il suo corpo, anelavo che lei toccasse il mio. Poi, non so chi dei due fu il primo, ma ci prendemmo le mani, incrociammo le dita quasi per respingerci e trovammo la forza di staccarci l’uno dall’altra.
Ci guardammo negli occhi e senza dire una parola ci alzammo e raggiungemmo gli altri due amici.
Entrati nella stanza trovammo Giulio e Laura apparentemente addormentati sul letto di Giulio abbracciati, anche in quel momento bastò uno sguardo per comunicarci tutto quello che non poteva esser detto e fatto e ci andammo a sdraiare sul mio letto. Abbassai le luci al minimo e ci mettemmo sotto il piumoncino. Mia era visibilmente imbarazzata, poi avvenne l’imprevedibile. All’improvviso vibrò il suo cellulare, è già in Italia era pieno giorno. Era Monica che voleva sapere come era andato il viaggio. Chiacchierarono come se io non fossi lì, poi sentì Mia che diceva “non siamo ancora saliti in camera, aspetta ora te lo vado a chiamare” e mi fece cenno di fare silenzio e di nuovo disse a voce più alta “Marco vieni c’è Monica che ti vuole parlare” e mi passò il telefono. Io presi il telefono preoccupato di quello che poteva dirmi ed invece lei esordì dicendo “menomale che ci sei tu Marco con lei, altrimenti quella pazza di mia sorella chissà cosa combinerebbe”. Avrebbe dovuto vederci in slip e maglietta nello stesso letto, chissà se l’avrebbe pensata alla stessa maniera. Fatto sta che quella frase mi aveva inspiegabilmente eccitato e Mia se ne accorse subito e cominciò a strusciare il suo culetto sodo contro i miei slip che ormai faticavano a contenere il mio cazzo eccitato. Mi affrettai a salutare Monica, posai il telefono sul comodino e spensi del tutto le luci. Volevo dare una parvenza di intimità in quella suite. Mi girai verso Mia e sempre facendole sentire la mia eccitazione cominciai a carezzarla alla base dei capelli, passando le dita in quei morbidi capelli biondi poi scesi sulle spalle abbozzando un delicato massaggio. Lei si accoccolava su di me godendosi il tocco delle mie mani e rilassandosi. Poi passai sotto le braccia ed arrivai al seno, prima lateralmente e poi cercai subito l’areola carezzandola dolcemente. Subito spuntarono due capezzoli turgidi e dritti, ne presi uno tra le dita e lo strinsi, lei soffocò un mugolio, era eccitata come e più di me. Cominciò a muovere una mano dietro la sua schiena, cercando a tentoni il mio corpo, trovò l’interno coscia, carezzandolo e dirigendosi più su trovò gli slip ed infilò due dita sotto liberando la cappella che ormai non poteva più essere contenuta. Quando il mio cazzo era ormai fuoriuscito completamente lo afferrò con tutta la mano e lo strattonò, fui io a strozzare un mugolio questa volta. Che caratterino pensai e la cosa mi eccitò ancora di più. Non ce la facevo più, la volevo! Avrei voluto succhiarle i capezzoli, sentire il sapore della sua fica, avrei voluto che la mia lingua giocasse col suo clitoride ed avrei voluto che le sue labbra cingessero in un morbido abbraccio il mio cazzo accogliendolo tutto nella sua calda bocca. Ma quella suite condivisa in quel momento sembrava così piccola...
Senza far troppo rumore presi dal cassetto un profilattico e lo indossai. Mi stesi nuovamente sotto il piumoncino e mi avvicinai a lei da dietro, Con le dita scostai lo slip ormai fradicio dei suoi e dei miei umori e lentamente infilai la cappella, la sua fica la inghiotti avida, allora con un colpo di reni spinsi tutto il mio cazzo duro e pulsante dentro di lei. Mia ebbe un sussulto, poi inarcò leggermente la schiena per accogliere meglio il mio cazzo che la stava scopando. Io non riuscivo a frenarmi, volevo stare dentro di lei, volevo sentire tutto il calore di quella fica che si stringeva sul mio cazzo e volevo che lei sentisse tutta la mia eccitazione dentro di lei. Alla fine venimmo ansimando entrambi, strozzando ogni grido di piacere. Era giusto così, ma entrambi sapevamo bene che l’appuntamento con la lussuria era solo rimandato.
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