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Lui & Lei

Nutrire il pianeta


di lulululu
16.06.2015    |    2.749    |    7 9.5
"Fui io a quel punto a vedere ed udire i sommessi mugulii emessi dal nostro Gino..."
Ricordo che era il primo di giugno 2015, l'anno della fine della crisi economica, quello della ripresa definitiva e dell'esplosione dei posti di lavoro. Oggi lo ricordiamo soprattutto per queste cose ma se ci pensate bene il 2015 fu anche l'anno dell'EXPO a Milano.
Ebbene, ricordo che il primo giugno 2015 era una giornata bella calda ed io e Barbara, la mia compagna, eravamo proprio lì, a cazzeggiare e curiosare tra la folla in mezzo ai padiglioni colorati ed invitanti, facendoci trascinare e sopraffare storditi dal fiume di persone che percorrevano in branco il decumano. Avevamo sudato e camminato tutto il giorno accontentandoci di un arancino a pranzo, consumato in piedi nella piazzetta dei padiglioni mediterranei.
Avevamo bevuto ripetutamente alle preziose fontanelle pubbliche dell'acqua fresca, provvidenzialmente piazzate in tutta l'esposizione, rinfrescandoci allegramente alle medesime bagnandoci reciprocamente i capelli, le mani, le gambe.
Ricordo che Barbara indossava un vivace abitino Desigual, abbinato ad una piccola borsetta squadrata di colore verde acqua; indossava delle scarpe non particolarmente provocanti, avendo rinunciato ai tacchi alti, prudenzialmente sostituite con un paio di comodissime Hoka da ginnastica di colore viola sgargiante.
Nulla di particolarmente sexy sulla carta, ma a vederla lì con le sue gambe affusolate, il vestitino un po' sudato e bagnato di acqua, i suoi riccioli neri e gli occhi profondi delle donne del sud, non si può proprio dire che non fosse attraente. Piccola, magra, soda e spensierata, a me piaceva un sacco quel giorno e non nego che nelle lunghe code per entrare nei padiglioni, pigiato a lei ed accaldato, abbia dovuto reprimere diverse imbarazzanti erezioni, che lei compiaciuta sottolineava di tanto in tanto con sorrisi maliziosi e qualche toccatina fugace ed indiscreta.
Venne l'ora tarda della sera e dopo il piacevole spettacolo dell' "albero della vita" all'imbrunire, l'appetito si fece vivo ad entrambi e cominciammo indecisi a valutare, tra le migliaia di opzioni disponibili, un qualche ristorantino comodo ed originale, per rilassarci finalmente un po', prima del ritorno a casa.
Passammo una mezz'oretta ancora a gironzolare, mano nella mano, pizzerie, cineserie, oriente, Sud America, Italia.... il caldo scemava lento e tutto lasciava presagire una piacevole serata e, perché no, magari un goloso dopocena una volta casa.
Ci avventurammo alla fine nel retro di qualche padiglione africano (Namibiano o Sudafricano forse) incuriositi dai cartelli all'ingresso della struttura: la freccia a destra recitava "solo maiale" quella a sinistra "vegan experience".
Noi prendemmo la destra.
L'ingresso si fece buio buio e disadorno, con una piccola reception che anticipava una seconda porta chiusa che dava accesso alla sala vera e propria. Ci fu spiegato, in un inglese stirato all'italiano, che il ristorante serviva esclusivamente piatti cucinati col maiale, senza alternative, che si trattava di piccoli tavoli indipendenti e tranquilli, che non c'era nessuna fretta una volta entrati e che anzi, se avessimo gradito trattenerci più a lungo dell'orario di chiusura dell'EXPO avremmo potuto attardarci a nostro piacimento.
-Ma poi come si fa ad uscire?- Chiese curiosa Barbara -Non c'è problema signora, tu non te preoccùpe, siamo in Italia no?-...
-Dai allora entriamo, cosa ne dici?- ed io, vedendo la curiosità viva negli occhi della mia splendida compagna -Va bene, a me il maiale è sempre piaciuto- -Scusate...- intervenne il nostro interlocutore -Non vi ho ancora detto che qui si paga prima, poi mangiate e bevete ciò che meglio desiderate e....inoltre si entra scalzi, potete lasciare qui fuori le vostre calzature e lavarvi i piedi al lavatoio, le ritroverete all'uscita-.
Ci guardammo negli occhi, poi dissi:-Va bene- con un filo di incertezza.
Pagammo, ci lavammo i piedi, ed entrammo
Dall'atrio minimal, ovattato, lucido e moderno passammo ad un ambiente completamente diverso, il contrasto ci lascio stupefatti ed inebriati.
La luce aumentò decisamente, pur rimando ovattata e morbida, un suono diffuso di musica orientale si mescolava al sommesso ed indecifrabile brusio dei commensali, o meglio, dei presunti commensali in quanto l'ambiente era tutto suddiviso da tendaggi e legnami africani, tanto che nessuno degli ospiti poteva essere visto direttamente se non intuito attraverso un'ombra tra i drappeggi.
Il pavimento era pressoché ricoperto da tappeti, l'atmosfera era gradevolmente appena tiepida con sentori di menta e coriandolo; non si sentiva alcun odore di cibo, né di polvere; l'aria profumava di freschezza e pulizia.
Ci venne incontro un uomo alto vestito in livrea nera impeccabile con scarpe e papillon: -Benvenuti, signori, accomodatevi, posso farvi preparare un tavolo?-, senza attendere risposta, ma percependo il nostro assenso ci invitò a seguirlo. Attraverso quella magica foresta e senza mai incontrare direttamente nessuno. ci ritrovammo un una piccola ondeggiante stanzetta drappeggiata di rossi (avrei detto stoffe Masai) con a terra uno spesso tappeto marocchino.
La stanza era senza arredi.
Il maître batte due volte le mani ed in breve due esemplari umani completamente nudi si presentarono a noi silenziosi: erano un uomo ed una donna, piuttosto giovani e gradevoli (non so dire quanto fossero belli in effetti, a quel punto il mio cervello faceva fatica e registrare gli eventi strani che stavano accadendo).
Volsi timidamente lo sguardo a Barbara, ma lei non rispose, bloccata ed attratta completamente dalla scena, corsi allora lungo le sue gambe fino ai piedi nudi e su al suo petto: era alto, il suo seno teso e respirava profondamente, la pensai eccitata e forse un po' spaventata allo stesso tempo. La cinsi con un braccio, si rilassò e mi sorrise sussurrando maliziosa all'orecchio -E adesso che succede?-....
Successe che i due si bendarono a vicenda e si misero carponi, stretti uno a fianco all'altra al centro della saletta, la testa di lei verso il posteriore di lui e viceversa.
In breve la tavola fu completata con due sedie in policarbonato trasparente (credo fossero della Kartell con i braccioli) che prima non avevo notato.
Sulla pelle nuda dei ragazzi furono poste solamente le quattro posate d'argento (due per parte), un piccolo e basso tavolino (tipo Ikea Lack per intenderci) fu posto a fianco con il cestello per il vino, i calici di cristallo, i tovaglioli ed il pane.
Osservando apparecchiare non poté sfuggirci il logo dei volontari dell'EXPO, tatuato con l'hennè a livello della scapola destra dei due ragazzi; bastò uno sguardo di intesa tra me e la mia B per capire che pensavamo la stessa cosa.
-Prego, accomodatevi- fece a questo punto il maître.
Barbara sedette dalla parte dell'esemplare maschio, io dalla femmina le teste dei due esseri umani nudi erano alla nostra destra i due posteriori alle nostra sinistra.
Io e Barbara entrammo nella parte cercando di comportarci con indifferenza, come se fossimo ad un qualsiasi ristorante: dopo una breve consultazione del menù, optammo per un filetto di maiale (naturalmente!), frollato quattro settimane, servito al sangue dopo un'accurata rosolatura e profumato al rosmarino; accompagnato da una bottiglia di Syrah sudafricano.
Il quarto d'ora di attesa, necessario per la preparazione della carne, lo trascorremmo in silenzio, sorseggiando il vino rosso accompagnato da una focaccia cotta al forno, speziata e profumata.
Io e Barbara continuavamo a guardarci negli occhi silenziosi, come drogati dall'atmosfera e dalla situazione nella quale eravamo incappati.
Arrivò il cameriere con il lungo filetto poggiato sopra una corteccia di sughero, lo prese con un forchettone e lo depositò sopra la spina dorsale del maschio a livello lombare nell'incavo dei muscoli. Il nostro tavolo reagì arrossendo la pelle e contraendosi, senza fiatare. Patate al forno furono deposte sopra la femmina, più o meno nella stessa posizione, lei non riuscì a trattenere un flebile gemito accompagnato dall'inarcare la schiena , alzare la testa e sporgere, per un attimo, le natiche ben tornite.
Il cameriere prese un coltello affilato, e con fare esperto divise parzialmente il filetto in fette rotonde spesse circa un dito, sfiorando con fare esperto la pelle del maschio senza mai inciderla veramente.
Il filetto arrostito alla perfezione era un pezzo di carne magrissima, lungo ed affusolato di più di un chilo e mezzo, le fette rotonde presentavano una crosta quasi caramellata, un alone di carne cotta ed una parte centrale al sangue, succosa ed umida.
Guardavo Barbara che osservava il filetto ora, aveva la forma di un grosso membro (di un membro esagerato direi) incastrato alla perfezione nel solco delle vertebre del maschio. Guardava i succhi che colavano languidi, con uno sguardo curioso, affamato ed eccitato allo stesso tempo.
Finito di servire, il cameriere si congedò precisando: -se avete bisogno di me, da ora in avanti, non avete che da usare quel campanellino sul tavolo. Le salse a vostra disposizione per le nostre carni, potete attingerle liberamente dagli orifizi naturali dei due esseri umani, ad esclusione dell'ano, vietato per motivi igienici-.
Così discorrendo prese con leggerezza la forchetta di Barbara, infilzò una fetta di carne la strofinò sul pene del maschio e gliela porse dicendo -Ecco, per esempio....vi auguro una piacevole serata- aggiunse poi, mentre già se ne andava -Ah, dimenticavo, i due ragazzi non mangiano da ieri sera, se volete allungar loro qualche boccone, fate pure-.
L'uomo sparì furtivo dietro un pesante tendaggio ed in un nonnulla restammo soli noi due, o meglio, noi quattro se aggiungiamo i tavoli umani.
Io e Barbara ci guardammo spaesati, poi fu lei a rompere il silenzio, si portò alla bocca il pezzo di carne inzuppato, lo morse con interesse ed esclamò: - Buono e... tenero....-
Vedendo la mia lei relativamente a suo agio mi decisi a prendere una fetta di carne, il primo boccone lo gustai senza salse, mmmmm... era gustoso, morbido ed incredibilmente succoso, mai avevo mangiato della carne di maiale così buona.
Il secondo boccone lo infilzai nella forchetta e lo passai lentamente tra le labbra vaginali della femmina. Ebbe un sussulto.
Il sapore venne esaltato dal quel sentore di acido piacevole e dal profumo di figa pulita, che un uomo esperto come me sa riconoscere.
Per il terzo boccone ripetei l'operazione, questa volta soffermandomi maggiormente sul clitoride e raccogliendo meglio i succhi vaginali, che nel frattempo, copioso, si erano formati , poi porsi il pregevole pezzo alla mia B.
Barbara assaporò lentamente guardandomi in profondità negli occhi, i suoi manifestavano la progressiva eccitazione ed erano del colore dell'universo.
Lentamente cominciammo a giocare con estrema naturalezza insieme al cibo ed ai nostri esseri umani, li nutrimmo piano piano, non senza far loro desiderare ogni boccone.
Ciascuno di noi assaporò la carne al sangue, mescolata con gli umori di ogni dove di quei corpi maschile e femminile, scoprendo un mondo di sapori inebriante ed eccitante, tanto da perdere la nozione del tempo e dello spazio.
Ogni boccone era più sapido, ogni boccone migliore perché innaffiato da più smegma, più sudore, più liquido vaginale, più saliva.
L'eccitazione non faceva che aumentare vedendo la pelle nuda ed arrossata del dorso dei due ragazzi, ora segnata dai coltelli che io e Barbara usavamo per tagliare i pezzi di filetto, sentendo i loro lamenti quando appoggiavamo il bicchiere di vino freddo sulle loro scapole, a contrastare il bruciore di carne e patate.
Capimmo che non era loro concesso di parlare, capimmo anche che quel compito strano ed impegnativo, piaceva loro molto, lo intuivamo dalle ripetute erezioni del maschio e dallo sgocciolare lento, ma continuo dalla vulva di lei, pur nella assoluta compostezza delle parti che volontariamente, a quanto pare, recitavano.
Finito il cibo dovetti recarmi al bagno, fu una cosetta veloce, quando tornai trovai Barbara coricata sotto i due esseri umani,.
Era lì estasiata, mi feci l'idea che doveva aver assaporato il pene del maschio, che in effetti vedevo gocciolare sul vestitino Desigual, mentre lei mi parve deglutire qualcosa, forse sperma fresco.
Mah, probabilmente era tutta fantasia, sta di fatto che Barbara mi guardava, ventre a terra, infilata sotto i due esemplari, con la testa dalla mia parete, mentre si sorreggeva il mento con le mani appoggiate sui gomiti.
Sorrideva maliziosa.
Mi sedetti al mio posto.
Barbara cominciò a leccarmi i piedi voluttuosa, mentre con le mani prendeva le mie caviglie, le accarezzava e saliva lungo i polpacci per poi infilarsi sotto i pantaloncini corti e sfiorare il mio pisello arzillo ed iperattivo. Si tirò su in mezzo alle gambe, appoggiata beata sull'uccello stretto nei pantaloni e disse: -Ordiniamo il dolce?-
Il gelato al tè verde con pezzi di mango fresco, venne posto sui corpi dei due ragazzi, non prima che la loro pelle fosse pulita con uno straccetto caldo, imbevuto di acqua e limone.
Il freddo repentino, causò l'immediata orripilazione dei nostri tavoli umani (pelle d'oca intendo).
Ce ne cibammo avidi di frescura, senza dimenticare di condividere il nostro piacere con Gino e Gina, così li avevamo simpaticamente soprannominati nel corso della serata.
Il gelato colava sciolto nel solco tra i glutei di Gina.
Non seppi trattenermi, anche per una sorta di gelosia nei confronti di B, che, ero certo, doveva aver succhiato il pene florido di Gino mentre io ero in bagno; spostai la sedia dietro la femmina e cominciai a suggere il liquido dolce che colava sul culo, attraverso le grandi labbra e scendeva giù.
Leccavo e succhiavo, gelato sciolto, clitoride e carne viva, l'esemplare femmina godeva.
Almeno così mi disse Barbara, che si era sporta per osservare meglio le sue smorfie sotto la benda nera. Godeva composta, cercando di essere silenziosa, o di godere almeno sottovoce, come era previsto dalla sua parte.
Barbara, senza levare gli occhi dalle smorfie di lei cominciò a stuzzicare con la lingua la regione perineale dell'esemplare maschio.
Fui io a quel punto a vedere ed udire i sommessi mugulii emessi dal nostro Gino.
In fondo il nostro compito fu quello di dare il La, ci alzammo, riprendemmo la nostra corretta posizione a tavola e finimmo il dessert stringendoci la mano con le dita intrecciate (la cosa fu semplice visto che la mia B è mancina), nel frattempo Gino e Gina cominciarono a leccarsi reciprocamente il culo, restando il più possibile affiancati per permettere a noi di terminare la cena.
Lui eiaculò copiosamente sul tappeto al di sotto, lei lanciò all'unisono un grido i piacere, accompagnato da una sorta di vibrazione di tutta la schiena, che si concludeva contraendo forte i glutei.
Il nostro pasto terminò verso la mezzanotte, uscimmo dal locale e le attrazioni dell'EXPO erano tutte spente, solo giravano veloci i mezzi per le pulizie.
Nonostante la lunga giornata Barbara appariva sveglia e molto vigile (avrei detto eccitata, se non fosse che avrebbe dovuto essersi sfogata a sufficienza), mentre cercavamo un'uscita mi si avvicinò all'orecchio e sussurrò -Devo aver lasciato le mutandine dentro al locale......-
Evidentemente la giornata non era ancora finita.
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