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Lui & Lei

Payback: 06


di Extales
05.05.2013    |    4.258    |    0 9.8
"Si abbandonò sulla sedia mentre le contrazioni della sua figa stritolavano l'uccello del ragazzo come se non volessero più lasciarlo andare..."
Capitolo 6

Quando Claudia tornò con il fon, Giovanni era già andato via.
Aveva cercato Enrica tra la folla per farle nuovamente gli auguri e aveva guadagnato l'uscita nonostante lei avesse cercato di trattenerlo ancora un po'.
Rimani almeno per il taglio della torta, aveva chiesto lei, ma Giovanni non se l'era sentita. Aveva lasciato la villa ed era fuggito senza guardarsi indietro.

Camminava a passo spedito ma più si avvicinava a casa meno aveva voglia di arrivarci. L'eco delle parole di Claudia accompagnava il suono dei suoi passi e una volta a letto ne sarebbe stato assordato.

Quella ragazza l'aveva manipolato. L'aveva portato esattamente dove voleva e non aveva faticato troppo a farlo.
Giovanni si accorse di avere un problema di autocontrollo. Il ragazzino timido e impacciato, se provocato, si trasformava in una bestia fuori controllo. Non esisteva una via di mezzo o non era ancora riuscito a trovarla.
Era stato fortunato fino a quel momento. Aveva incontrato ragazze e donne che lo volevano in quel modo. Ma se fosse capitato in una situazione più normale, una situazione in cui gli era richiesto di contare almeno fino a dieci?
Forse avrebbe dovuto andare in analisi, magari cercare un aiuto professionale. Probabilmente, dopo diciotto anni, era arrivato al punto in cui non tollerava più che qualcuno cercasse di mettergli i piedi in testa. Forse. Oppure aveva semplicemente perso il senno.
No, sarebbe cambiato. Avrebbe imparato a contare.
Per Claudia invece? Superarla avrebbe richiesto ben più che imparare a contare.

Senza rendersene conto si trovò di fronte al portone di casa sua. Il tempo di prendere le chiavi di casa e la solitudine della sua camera l’avrebbe accolto come un’amica un po’ invadente. Frugò nelle tasche, prima con calma, poi con impazienza, infine con esasperazione. Nella fretta e nell’ansia per la festa le aveva dimenticate.
Perfetto. Ora avrebbe dovuto aspettare il sorgere del sole o citofonare per poi venire polverizzato dal padre per averlo svegliato nel cuore della notte. Prese la decisione più saggia. Si sedette sul gradino del portone e iniziò ad aspettare cercando di non pensare a nulla.
Impresa vana.
«Se tu ti illudi che io possa avere anche il minimo interesse per te sei fuori strada!» Iniziò a ripetergli Claudia non appena posò la testa contro la parete.
Dopo un tempo che gli parse infinito, guardò l’orologio. Non era passata nemmeno mezzora. Sarebbe stata una nottata veramente lunga.

«Giovanni?»
Giovanni alzò lo sguardo e trovò una figura che lo osservava mantenendosi a distanza.
«Sì?» Si azzardò a dire.
«Mi hai fatto prendere un’accidente! Ti avevo preso per chissà quale malintenzionato. Cosa ci fai qua fuori?» La figura avanzò finché non fu illuminata dalla luce di un lampione. Giovanni si senti rincuorato, era Mara, la sua vicina di pianerottolo.
«Ho dimenticato le chiavi.»
«E non puoi citofonare?»
«Sono le due. Se lo sveglio a quest’ora, mio padre è capace di ammazzarmi.»
«Capisco. Quindi hai intenzione di passare la notte seduto qua fuori?»
«L’idea era questa» rispose imbarazzato Giovanni.
Mara sospirò e guardò quel ragazzone che si accingeva ad aspettare l’alba seduto al freddo e al gelo e si decise.
«Perché non sali da me invece? Ho un divano sicuramente più comodo di quello scalino.»
Di norma non avrebbe mai fatto una cosa del genere, ma Giovanni era un ragazzo innocuo e le faceva tenerezza. Inoltre il suo compagno era fuori per lavoro e avere un uomo per casa l’avrebbe fatta sentire più sicura.
«Non c’è bisogno, non devi disturbarti.»
«Dai sali, o citofono io ai tuoi» gli sorrise Mara posando l’indice sul campanello della famiglia Sala.
Giovanni rispose timidamente al sorriso e la seguì.

Mara lo condusse in salotto indicandogli il divano.
«Puoi dormire qua se vuoi, è grande e abbastanza comodo. Vado a prenderti una coperta.»
«Ti ringrazio ma non c’è bisogno e poi non ho sonno in realtà.»
Mara aveva notato che qualcosa non andava. Solo un cieco o uno stupido avrebbe potuto non capire che Giovanni era turbato. Sembrava che qualcuno l’avesse colpito con una mazza di legno lasciandolo stordito, a metà tra la sorpresa e il dolore. Non sapeva se fosse il caso di indagare. Aveva il difetto di dire esattamente cosa pensava e, con gli anni, aveva imparato a farlo solo con chi conosceva bene, però quel ragazzo le ispirava una gran pena.
«Andiamo in cucina allora, ti offro qualcosa da bere.»
Giovanni prese il bicchiere di birra che Mara gli porgeva e si lasciò cadere pesantemente sulla sedia. Bevve in silenzio, guardando un punto non meglio precisato della stanza. Le parole di Claudia lo stavano colpendo ripetutamente alla bocca dello stomaco. Era stata una pessima idea accettare quell’invito.
Certo, il gradino del portone era scomodo, ma si sentiva di pessimo umore e ora più che mai provava il desiderio di star da solo con se stesso. Non aveva mai affrontato un dolore del genere. Claudia l’aveva usato. Le sue parole non gli facevano male in quanto tali. Non venivano dal cuore.
Erano state dette per provacarlo, per fargli avere quella reazione così violenta e assurda. Era questo a ferirlo. Claudia aveva calpestato i suoi sentimenti come se non esistessero. Più che rifiutato, si sentiva invisibile.

Mara osservò Giovanni perso nei suoi pensieri per qualche minuto, finché non si decise a rompere gli indugi.
Conosceva il ragazzo da quando si era trasferita in quel palazzo qualche anno prima. L’aveva visto crescere. Trasformarsi da bambino paffutello al ragazzone che gli stava davanti, la cui vicinanza la faceva sentire ancora più piccola di quanto non fosse in realtà. La sua pubertà non era stata proprio la favola del brutto anatroccolo ma nemmeno l’horror di Frankenstein.
Forse aveva dei problemi in casa. I Sala erano una famiglia della cosiddetta classe media, ma che la crisi stesse colpendo tutte le classi sociali era un dato di fatto.
Nemmeno lei se la passava bene. L'affitto e le bollette aumentavano, mentre i soldi non facevano altro che diminuire. Probabilmente per la famiglia di Giovanni le cose non andavano molto diversamente.
Voleva tirarlo su di morale o almeno rendergli meno tediosa l’attesa per tornare a casa. Pensò qualche istante prima di schiarirsi la gola, richiamando il ragazzo alla realtà.
«Non possiamo passare la notte fissando il tavolo. Sai giocare a Poker?»
«Sì»
«E ti va anche di giocare?» chiese Mara con un pizzico di esasperazione.
«Va bene. Potrei avere anche un’altra birra?»

Mentre Mara dava le carte, Giovanni poté osservarla con attenzione. Doveva avere da poco passato i trenta e l’aveva fatto con un certo stile. Più volte si era perso guardandole il sedere mentre saliva le scale dietro di lei. Era minuta e non eccessivamente formosa ma la sua statura contribuiva a mettere in risalto un seno generoso mentre il suo caschetto nero incorniciava due intensi occhi scuri che guardavano il gioco attraverso le lenti di un paio di occhiali.
Stavano giocando alla versione Texas Hold’em. Cinque carte scoperte sul tavolo e due a testa per ogni giocatore.
Erano anche riusciti a mettere insieme una decina di euro in monete che avrebbero usato come chips.
Giovanni perse le prime due mani. Non era mai stato eccessivamente bravo a quel gioco e quella sera preferiva di gran lunga concentrarsi sulla birra che sulle carte.

«Non ti stai impegnando» disse Mara vincendo la terza mano consecutiva. «Non capisco se sono diventata veramente brava o se sei tu a essere veramente scarso»
«No, scusami, non non sono in me oggi.»
«Brutta serata?»
Giovanni annuì.
«Problemi di famiglia, di studio o di donne?»
«Di donne, credo.»
«Non ne sei sicuro?»
Faceva troppe domande per i suoi gusti ma la trovava gentile e forse era quello che cercava quando aveva accettato il suo invito.
Complice la birra e la vittoria di una mano, iniziò a raccontarsi a senza rendersene conto.
Le raccontò di Enrica e dei suoi soprusi negli anni passati. Le accennò della rivincita che si era preso su di lei, omettendo il come e il dove, tralasciando quell’avventura che avevano condiviso in tre. Arrivò a parlarle di Claudia, del suo amore non corrisposto, della piccola speranza che lei gli aveva dato e di come poi gliel’aveva strappata via proprio quella sera.

Mara ascoltava con cortese attenzione. Aveva trattenuto una risata all’inizio del racconto ma il ragazzo sembrava non averci fatto caso. Temeva fosse successo qualcosa di grave, ma alla fine si era rivelata essere semplicemente una cotta non corrisposta.

«Non credo mi lascerò più andare in questo modo con una ragazza.» Concluse Giovanni con una vena di tristezza nella voce.
«Queste sono le classiche frasi che si sparano quando si è troppo giovani e non si è amato abbastanza. Più avanti incontrerai un’altra ragazza che ti farà pensare a questa cottarella come a una cosa di poco conto. Il primo amore a volte può far schifo»
Il ragazzo era distrutto ma doveva smuoversi e gli avrebbe fatto bene un po’ di onestà.
«Certo, con questo atteggiamento non succederà molto presto.
Devi cercare di essere un po’ più duro, un po’ più sicuro di te.
È troppo facile leggere i tuoi sentimenti e le tue intenzioni. Sicuramente lo è stato anche per Claudia che ha saputo usarli a proprio vantaggio.» Mara aveva vinto ancora. Ormai a Giovanni rimanevano solo pochi centesimi.
«Prendiamo per esempio le mani che hai perso fino ad ora. Non è stata per sfortuna o perché non ti è capitata la carta giusta, ma perché è troppo facile capire quale sarà la tua prossima mossa. Forse se non ti comportassi come un ragazzino la gente approfitterebbe di te.» Si pentì subito di quelle parole. Era ancora così giovane e per lui doveva sembrare la cosa più grave del mondo. Era troppo tardi per ritirare quello che aveva detto, ma forse era meglio così, forse quelle parole l’avrebbero veramente aiutato.

Giovanni la ascoltò allibito. Mara non poteva capire quello che lui stava provando. Avrebbe voluto risponderle che al rigetto non si fa mai l’abitudine e che a ogni rifiuto si somma il dolore di tutti gli altri, ma si limitò a guardarla, non riuscendo a far altro che rifugiarsi nel suo silenzio, continuando a giocare.

Vinse due mani di seguito, ignorando la tensione che si era creata tra loro. In realtà stava ribollendo. Quella risata non gli era sfuggita. Doveva contare. Conta Giovanni, conta. Ripetè a se stesso.
Uno, due, tre...
«Hai visto?» disse Mara, cercando di sdrammatizzare «Hai già capito!»
Dieci! Un’idea malsana attraversò la mente del ragazzo quando prese le sue carte.
Alla puntata successiva, aprì il portafoglio e mise sul tavolo quattro banconote da cinquanta, facendole cadere una dopo l’altra.
«Scommettiamo che vinco anche questa?»
Mara guardò prima i soldi poi Giovanni.
«Non...» Mara dovette schiarirsi la voce prima di poter continuare «non ho tutti quei soldi con me e soprattutto non mi sembra il caso di giocare una posta così alta...»
«E chi ha detto che tu debba puntare dei soldi?»
«Non, non capisco, Giovanni...»
«Voglio solo dimostrarti che poco fa hai detto una discreta quantità di cazzate. Se hai ragione tu e riesci a “leggermi” con facilità, questi duecento euro sono tuoi. Però se vinco io...»
«Se vinci tu...?»
«Fai tutto quello che voglio, e non penso ci sia bisogno di spiegarti di cosa stiamo parlando».

Mara osservò il ragazzo cercando di capire cosa gli passasse per la testa. Tutto quel denaro le avrebbe risolto non pochi problemi. Il periodo non era dei migliori. L'affitto da pagare, le bollette, i conti vari erano tutte spese che richiedevano del denaro che non riusciva mai a mettere completamente insieme. Certo, non le avrebbero cambiato la vita ma l'avrebbero aiutata ad arrivare a fine mese con più tranquillità.
Giovanni voleva solo provocarla o aveva davvero intenzione di andare fino in fondo?
Erano passati diversi anni da quando si era trasferita in quel palazzo e Giovanni era sempre stato un ragazzo educato e gentile. Forse un po' sempliciotto. Le sarebbe dispiaciuto portargli via tutti quei soldi.
Ma se avesse vinto lui? In quel caso avrebbe potuto cavarsela con una sega. Probabilmente Giovanni non era mai stato con una donna, un paio di colpi di mano e sarebbe finito tutto. Suo malgrado si rese conto che stava prendendo in considerazione l'ipotesi di accettare.

Mara guardò le banconote, poi le carte sul tavolo. Un asso, una donna, un dieci, due tre. Lei invece aveva altre due donne. Un full. Un punto molto alto.
Aveva un po’ esagerato. Non era così facile leggere quello che gli passava per la testa, in fondo qualche mano l’aveva pur vinta, ma con le carte disponibili poteva fare solo un poker e comunque non sarebbe bastato.
Provò un senso di colpa sincero a cui si affiancò una certa vergogna all'idea di vincere. Aveva iniziato quella partita con le migliori intenzioni e l'avrebbe finita portandogli via quelli che probabilmente erano tutti i suoi risparmi.
Non era un comportamento che avrebbe considerato in situazioni normali, ma in tempi come quelli doveva cercare di pensare a se stessa e al suo compagno. Avrebbe trovato il modo di farsi perdonare dal ragazzo in qualche modo.
«Va bene, ci sto!»
«Non ti tirerai indietro se dovessi vincere?» le chiese Giovanni.
«Siamo sicuri che non sarai tu a tirarti indietro quando perderai?» Lo stuzzicò lei.
«Non preoccuparti di me. Abbiamo un accordo allora?» il ragazzo le tese la mano per sigillare il patto.

Mara per un attimo fu sfiorata dal dubbio. Per un attimo ebbe l'impulso di passare quando, con un tuffo al cuore, vide la mano di Giovanni tremare leggermente. Probabilmente non aveva nemmeno quel poker. Stava tentando la sorte, mostrando una sicurezza che non aveva.
Si decise a stringergli la mano e scoprì le sue carte.

«Full» disse con un sospiro di sollievo, cercando di lasciare la mano del ragazzo per prendere i soldi, ma Giovanni non le diede il tempo e, scoprendo le sue, mostrò un re e un jack.
Con terrore, Mara vide che erano dello stesse seme dell’asso, della donna e del dieci. Aveva fatto una scala reale. Aveva vinto.

Senza lasciarle la mano, Giovanni le fu davanti.
Mara cercò di ritrarsi. Non era preparata all’ipotesi della sconfitta. Non poteva credere che quel ragazzo così tranquillo potesse già pretendere di riscuotere la sua vincita. Cercò di rialzarsi ma Giovanni la rimise bruscamente a sedere.
«Scusami! Hai dimostrato di aver ragione. Sono stata una cretina, non c'è bisogno di...»
Le manco il fiato quando vide Giovanni abbassarsi la zip e tirarlo fuori già in completa erezione.
Ormai il ragazzo aveva capito l'effetto che il suo "mostro" poteva avere.
«Questo è riuscito a sorprenderti, vero?» La derise, agitandole l'uccello davanti agli occhi, godendosi lo sguardo sgomento di lei, «I debiti di gioco si pagano subito, Mara.»
«Oh, merd...ugh!» fu tutto quello che la ragazza riuscì a dire prima che Giovanni approfittasse delle sue parole per afferrarla per il caschetto nero, spingendola a prendere quel cazzo enorme fino in gola.
Tenendola saldamente per il capo, iniziò a muovere velocemente il bacino, sfogando rabbiosamente tutta la tensione accumulata.
«Ti sembro un ragazzino adesso?!» Le chiese, spingendola a prenderlo così profondamente da farla tossire.

Giovanni aveva temuto che quel tremore alla mano potesse tradirlo, facendo capire alla donna che aveva un punto che non poteva essere battuto. Invece era stato fortunato. Lei l’aveva interpretato come un segno di debolezza e ora ne stava pagando le conseguenze.
Sua madre gli aveva parlato delle condizioni economica dei suoi vicini di pianerottolo. Il lavoro di Mara procedeva a rilento e il compagno cercava di compensare senza troppo successo. Sapeva che duecento euro sarebbero stati un'esca troppo invitante perché lei decidesse di rifiutare e quando aveva visto che carte gli erano capitate e non si era fatto alcuno scrupolo.

Mara lo guardò dall’alto in basso mentre una lacrima le rigava il viso per lo sforzo. Ancora incredula. Incapace di realizzare che tutto questo stava succedendo proprio a lei.
Quello sguardo smarrito fece eccitare Giovanni ancora di più che, senza scostarsi da lei, la costrinse a scendere dalla sedia e a inginocchiarsi di fronte a lui.
«Allora? Ti sembro ancora un ragazzino?» Disse tirandolo fuori dalla sua bocca, strofinandoglielo contro il viso.
«No... No...Ugh!»
Soddisfatto della risposta, Giovanni glielo rinfilò in bocca ancora una volta, cercando di arrivare ancora più in profondità. Quando capì che lei non poteva prenderne di più si fermò, contando i secondi che la donna riusciva a resistere, godendosi la sensazione di quella bocca così calda e accogliente, prima di riprendere a muoversi con più foga di prima.

Mara non riusciva ancora a crederci. Sentiva il cuore esploderle nel petto, spinto dall’adrenalina dovuta alla paura e all’eccitazione. Aveva fantasticato spesso di essere presa in quel modo. Da ragazza immaginava di essere portata in macchina in qualche posto sperduto e costretta alle voglie del ragazzo di turno per pagarsi il biglietto di ritorno a casa, ma la realtà era completamente diversa.
Giovanni l’aveva attirata in una trappola in cui era stata troppo arrogante per non cadere. Lo conosceva da quando era piccolo e perciò l’aveva sottovalutato, perfino offeso e per questo il karma aveva deciso di rivoltarlesi contro, dando al ragazzo la possibilità di scoparla in bocca senza remore, costringendola ad adattarsi in fretta al cazzo più grosso che avesse visto in trentacinque anni.
Dopo le prime pompate, aveva capito di dover approfittare di ogni pausa che il ragazzo le dava per respirare profondamente, prima che quelle mani enormi la riportasero a soddisfare quelle voglie oscene.
Il terrore e il desiderio la stavano dividendo in due parti completamente distinte. La prima avrebbe voluto fuggire via, sperando che il ragazzo si accontentasse delle sue labbra e considerasse saldata la scommessa. La seconda voleva essere riempita e stava iniziando a farla bagnare in mezzo alle gambe. Era quasi curiosa di sapere se sarebbe riuscita a prenderlo dentro di se.
Se pensava che all’inizio della serata l’aveva considerato innocuo...

Come leggendole nel pensiero, Giovanni le tolse il cazzo dalla bocca, sollevandola per le braccia e costringendola contro il tavolo della cucina. Le monetine si sparsero un po' ovunque, cadendo a cascata sul pavimento, accompagnate dal fruscio delle carte che volavano insieme a loro.
Torcendole un braccio la costrinse a piegarsi in avanti mentre con l’altra mano le alzava il vestito, togliendole le mutandine.
Mara emise un gemito di sorpresa e di dolore quando le dita del ragazzo s'intrufolarono dentro di lei, muovendosi lentamente avanti e indietro. Un fremito la percorse dal collo alle dita dei piedi, sentendo l'erezione del ragazzo premerle contro il sedere. Che lo volesse o no la sua cuorisità sarebbe stata appagata.
Le dita di Giovanni si spostarono più su, stuzzicandole il clitoride e poi ancora oltre, facendole uscire dal vestito il seno pieno che massaggiò attirandola a se.

Mara poteva sentire distintamente quell'uccello tra le natiche e quelle carezze così rudi la stavano eccitando non poco.
Di colpo Giovanni la spinse nuovamente contro il tavolo, posizionandosi dietro di lei.

Quando sentì la cappella penetrarle lentamente la figa non potè trattenersi dall'urlare.
«Piano! Fa piano!»
«Zitta!» Le rispose bruscamente il ragazzo «Vuoi svegliare tutto il palazzo?»
Senza farsi impietosire, Giovanni continuò la sua lenta avanzata fino a ritrovarsi completamente dentro di lei per poi restare fermo alcuni istanti, dandole il tempo di abituarsi a quell'ingombrante presenza.

Mara aprì nuovamente la bocca ma non riuscì ad emettere alcun suono. Sentiva le pareti vaginali dilatate come non mai. Quando poi il ragazzo iniziò a muoversi, non potè trattenersi dal gemere di piacere. La sensazione di quel cazzo enorme dentro di lei si mischiava a quella del suo seno schiacciato tra lei e il tavolo mandando in confusione i suoi sensi.
Se le avessero detto che avrebbe terminato quel sabato sera scopata in cucina dal figlio dei suoi vicini non avrebbe mai potuto crederci.
Chiuse gli occhi mentre il rumore umido dei loro corpi che si scontravano le invadeva le orecchie martellandole il cervello al ritmo crescente con cui veniva scopata.

Giovanni non riusciva a controllarsi. La teneva saldamente per la palla e il fianco, dandosi forza nei movimenti che diventavano sempre più intensi.
In un momento di lucidità, capì che Mara stava solo scontando ciò che Claudia gli aveva fatto subire. Avrebbe dovuto rallentare ma non poteva. Aveva un disperato bisogno di godere e aveva guardato quel culo salire e scendere le scale troppo a lungo per farselo scappare.
Fece scendere le mani lungo i suoi fianchi fino ad afferare saldamente le natiche di Mara. Le strinse, poi la trascinò indietro, andandole incontro con il bacino. Una volta, due volte, tre volte.
Infine la sollevò dal tavolo. Pesava così poco che per lui fu uno scherzo farla girare e rimetterla a sedere sulla sedia alle loro spalle.

Mara fissò Giovanni negli occhi ansimando intensamente. Stava godendo, era inutile prendere in giro il ragazzo o se stessa. Allargò le gambe invitante e Giovanni la penetrò ancora, facendola gemere di piacere. Anche se aveva perso la cognizione del tempo, sapeva che era troppo tardi e che non poteva farsi sentire. Nascose la faccia nel collo di Giovanni e lo morse, soffocando i gemiti e le urla che avrebbe voluto sfogare pienamente.
«Ah, troia!»
Giovanni si scostò da lei, facendola inginocchiare in avanti, contro la sedia. La costrinse a pecorina, schiaffeggiandola rudemente sul culo prima di penetrarla con forza fino in fondo, riprendendo subito a scoparla con tanta rabbia da spingerla con la testa oltre i sostegni dello schienale.

Mara non poteva far altro che aggrapparsi alla sedia e lasciare che Giovanni la montasse come meglio credeva. Sentiva l'orgasmo avvicinarsi e quando il ragazzo la afferò per i capelli facendole inarcare la schiena all'indietro, Lo raggiunse così intensamente che le gambe le vennerò meno. Si abbandonò sulla sedia mentre le contrazioni della sua figa stritolavano l'uccello del ragazzo come se non volessero più lasciarlo andare.

Giovanni sapeva che quella scopata non si sarebbe protratta ancora a lungo e quando capì di non poter continuare uscì da lei facendola sentire improvvisamente svuotata. Girò intorno alla sedia e, prendendola per i capelli, le puntò il cazzo contro le labbra.
Mara lo afferrò con la mano destra e incominciò a succhiarlo con tutta se stessa. Lo prese profondamente per poi risalire fino alla punta, continuando questo su e giù finché la mano di Giovanni l'attirò a se facendole capire che era troppo tardi per tirarsi indietro.
Il ragazzo le sborrò in bocca rantolando per il piacere.
Uno, due, tre schizzi abbondanti le si riversarono in gola mentre lei continuava a masturbarlo per farlo sfogare. Quando ebbe finito di godere, il ragazzo la lasciò liberà ma lei continuò a leccarlo fino a pulirlo completamente.

Giovanni si lasciò cadere a terra respirando a fatica, mentre Mara lo guardava incapace di rialzarsi o anche solo di cambiare posizione.

«Credo di avere un serio problema...» Esclamò infine il ragazzo.
«Credi?!» fu tutto quello che la donna riuscì a rispondere.


Continua...
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