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trio

Payback: 07


di Extales
10.11.2013    |    5.133    |    0 9.5
"Quello che dovete capire è che per quanto mi fidi di voi, non potrò essere tranquilla fin quando non cancellerete quella foto..."

La Ruggiu uscì dall’ufficio sbattendosi la porta alle spalle e Amedei non poté fare a meno di lasciarsi andare a un sospiro di sollievo. Erano le otto del mattino, nemmeno il tempo di prendere il caffè che la professoressa aveva fatto irruzione nel suo studio, bla-terando per almeno quaranta minuti su come dirottare i fondi destinati alla riapertura dell’aula computer su qualche iniziativa pseudo educativa che coinvolgeva mezza curia e forse anche il papato. Amedei si era limitato ad annuire senza ascoltarla davvero, lasciando cadere lo sguardo più di una volta sul generoso e un po’ cadente seno della donna fin quando, stremato, le aveva detto fermamente che di utilizzare quei fondi in un modo di-verso da quello stabilito dalla professoressa Lonzi non se ne parlava nemmeno. Lei si era limitata ad alzarsi, andando via senza salutare.
Amedei chiuse gli occhi maledicendo se stesso ancora una volta per aver scelto una persona tanto inadatta come assistente, quando senti la donna urlare nel corridoio a dei ritardatari, sfogando su di loro la rabbia accumulata in quell’incontro.
Suo malgrado si costrinse ad alzarsi e a uscire dalla stanza. La Ruggiu gli dava le spalle sgridando a pieni polmoni sia Sala che Colombo. Stava disturbando l’intero istituto durante lo svolgimento delle lezioni ma non le importava. Basta, aveva dato troppo potere a una persona che non lo meritava. Quella situazione doveva essere risolta il giorno stesso. Osservo i ragazzi guardare impassibili la professoressa, fomentandola ancora di più con il loro atteggiamento quando gli venne un’idea.
Si schiarì la voce e avanzò verso il terzetto attirando la loro attenzione.
«Grazie Manuela, ci penso io.»

Patrizia non riusciva a stare ferma sulla sedia, la gamba le ballava e, per quanto si sforzasse, non poteva fare a meno di sobbalzare ogni volta che qualcuno varcava la soglia di quel locale poco affollato. I due whisky che aveva bevuto fino a quel momento non erano serviti a niente e il terzo che aveva davanti non sembrava destinato a fare alcuna differenza.
Avrebbe voluto alzarsi e tornare di corsa a casa ma era sicura che le sue ginocchia non avrebbero retto. Come aveva fatto a lasciarsi convincere? Non era ancora pronta ad af-frontare quella situazione, lo sapeva lei e lo sapeva Flavio. Eppure ora si trovava al Caffè sotto casa in attesa del suo destino.
Amedei le prese le mani tra le sue cercando di tranquillizzarla. Lei lo guardò negli occhi, indecisa se essergli riconoscente per quanto le era stato vicino in quel periodo o mandarlo al diavolo per averla praticamente costretta a quell’incontro, quando Sala e Colombo entrarono nel bar interrompendo i suoi pensieri e il suo battito cardiaco.
Amedei fece loro cenno di avvicinarsi e al saluto segui un lungo silenzio imbaraz-zato.
Patrizia provo vergogna di se stessa non solo per quello che aveva lasciato che accadesse coi due ragazzi, ma anche per quello strano languore che provava nel rivederli. Avrebbe voluto dire qualcosa ma non sapeva da dove iniziare. Fu Flavio a toglierla d’impaccio.
«Sono contento che abbiate deciso di venire. La situazione è diventata insostenibile e ho bisogno di risolverla oggi, non posso più aspettare. La professoressa Lonzi deve tornare a scuola ed è chiaro quale sia il motivo che la tiene lontana. Questo ci porta alla domanda che sto per farvi. Cosa serve perché quella foto sparisca dal vostro cellulare? Volete dei permessi particolari? Avete qualche materia che pensate possa essere un problema? Tra poco ci sarà la maturità e una mano può sempre serv…»
Patrizia sbatté con decisione il pugno sul tavolino richiamando l’attenzione dei pochi presenti nel locale.
«No Flavio! Piuttosto che regalare voti, preferisco che usino la foto come meglio credono, ho già commesso l’errore di non distruggere i loro telefonini prima che mi saltassero ad-dosso, ma non ho intenzione di svendere quel poco di dignità che mi è rimasta come educatrice permettendo che i risultati scolastici siano falsati solo per salvarmi la carriera.» sussurrò a denti stretti.

I due ragazzi si guardarono tra di loro. Giovanni fece un cenno d’impazienza al suo migliore amico e Marco, con riluttanza, si decise a parlare.
«In realtà avevamo già deciso di non farne niente. Con lei abbiamo vissuto un’avventura fantastica e non ci sembra giusto punirla per questo.»
Giovanni lancio un’altra occhiataccia a Marco.
«E poi Giovanni ha tanto insistito» precisò svogliatamente il ragazzo.
Tutto qui? Pensò Patrizia. Un mese in clausura ed era bastato semplicemente invitarli a un tavolo per far sparire la foto? Si sentiva così sollevata che gli occhi le s’inumidirono di la-crime. No, un momento. La foto non era ancora sparita, semplicemente non sarebbe stata usata. Era un rischio, doveva accertarsi che fosse cancellata quella sera stessa per poter anche solo immaginare un suo possibile ritorno a scuola.
«Ragazzi, vi ringrazio. Sono così sollevata che non riesco a trovare le parole. Quello che dovete capire è che per quanto mi fidi di voi, non potrò essere tranquilla fin quando non cancellerete quella foto. Se doveste perdere quel telefono e finisse nelle mani sbagliate, per me sarebbe la fine» si ritrovò a chiedere in un tono più supplichevole di quanto avesse preventivato, ma a un passo dalla metà non aveva più importanza..
Marco guardò ancora una volta l’amico che gli rispose allargando le braccia, esasperato.
«E va bene, come volete voi, cancelliamo questa maledetta foto» esclamò estraendo il cel-lulare dalla tasca. Mentre cliccava sulla galleria, Amedei lo fermò con un cenno della mano.
«Non corriamo rischi. Usciamo e la cancelli fuori dal bar, qui troppe persone conoscono Patrizia».

Amedei condusse il gruppo in un vicolo adiacente al locale. Marco riprese il telefo-nino e seleziono la foto per cancellarla ma il suo professore lo fermò e girò il telefono verso di se. Doveva vederla, sapeva che si sarebbe fatto del male ma non poteva fare altrimenti.
«Dio mio» sussurrò sconvolto quando apparì sullo schermo.
Quella foto poteva essere trovata sul dizionario alla voce pornografia. Il viso di Patrizia si distingueva a fatica sotto una quantità impressionante di sperma; su una guancia, sulla fronte, sul naso, persino gli occhiali ne erano coperti. Teneva in bocca il pene di uno dei ragazzi che le deformava grottescamente una guancia mentre l’altro era appoggiato sul suo viso. Amedei rimase imbambolato a fissare quella foto e fu turbato a tal punto che anche Patrizia volle vederla.
La donna restò in contemplazione qualche secondo, poi, con una risatina nervosa impose ai ragazzi di cancellarla. Trattenne il respiro mentre un messaggio sullo schermo del telefono confermava che la foto non esisteva più.
Abbracciò i ragazzi in un impeto di gioia e li attirò a se.
«Grazie» sussurrò dando un bacio sulla guancia di Marco.
«Grazie» sussurrò ancora dando un bacio sulla guancia di Giovanni.
Patrizia continuò così alternandosi nei baci tra uno e l’altro, continuando a ringraziarli e a stringerli in modo quasi materno.
Materna però non fu la reazione dei due. Giovanni iniziò a strusciarsi a lei, facendole sentire contro la pancia l’erezione che quell’abbraccio aveva fatto crescere, mentre Colombo le afferrò saldamente il seno massaggiandolo con vigore. Patrizia si ritrovò contro il muro, in balia di quei giovani ma incapace di reagire. Il languore che la accompagnava da quando si erano incontrati era diventato una fame incontrollabile. Allargò le gambe per sentire meglio l’erezione di Giovanni e fregandosene di tutto andò a saggiare quella di Marco con la mano.
«Aspettate» supplicò ipocritamente «aspettate».
Amedei osservava la situazione divorato dall’indecisione. Una parte di se sapeva che doveva fare qualcosa, non poteva lasciare che i due ragazzi scopassero Patrizia per strada, ma il suo uccello non desiderava altro che unirsi a loro. Si ritrovava ancora una volta a guardare mentre quei due ragazzi minacciavano di riempire la sua amica dalla testa ai piedi. Durante queste sue dotte considerazione Marco spinse Patrizia a inginocchiarsi, guidandole la testa a strusciarsi sulle loro patte. La professoressa eseguì docilmente, iniziando ad armeggiare con le cinture dei due. Fu allora che Flavio capì di dover necessariamente intervenire.
A fatica sposto di peso i ragazzi, prese Patrizia per i polsi e la trascinò via. Giunti alla macchina la fece salire, mise in moto e partì.

Flavio guidò senza metà guardando di tanto in tanto la sua passeggera con la coda dell’occhio. Era accaldata e ansimante. Il seno imponente, coperto solo dal reggipetto, era quasi del tutto fuori dalla camicia sportiva e si muoveva su e giù ipnoticamente. Ci volle qualche minuto perché la respirazione dell’amica tornasse normale.
Mentre percorrevano una stradina deserta di un quartiere con distinte villette di nuova costruzione, Patrizia si decise ad abbattere il muro di silenzio che si era interposto tra loro.
«Stavano per scoparmi Flavio, stavo per farmi scopare in quel vicolo».
«In realtà stavi per fargli un pompino».
«Accosta».
Amedei temette di aver esagerato.
«Siamo anche in mezzo al nulla e... »
«Accosta, ho detto». Intimò lei afferrandogli l’uccello da sopra i pantaloni.
Flavio quasi inchiodò, parcheggiandosi di fronte a una casa in costruzione, in una zona illuminata tenuemente dai lampioni.
Patrizia si liberò bruscamente della cintura e degli occhiali da vista e si chinò su di lui slacciandogli freneticamente i pantaloni, liberandogli il cazzo duro e pulsante.
«Sì, stavo per fare un pompino a tutti e due» sussurrò a denti stretti massaggiandoglielo prima di iniziare a leccarlo lentamente dalla base alla punta e viceversa.
Amedei appoggiò la testa al sedile con un gemito, intreccio le dita tra i suoi capelli e si godette il ritmo che la donna aveva deciso di imporre, pregustando il momento in cui quelle labbra carnose l’avrebbero avvolto.
«Stronzo» sussurrò Patrizia, dando dei colpi di mano intensi e decisi, scoprendo e rico-prendo la cappella ritmicamente. «Dovevi farti i cazzi tuoi».
«Dovevo lasciare che ti scopassero nel vicolo sotto casa, vero?» ansimò Amedei al passaggio della lingua sulla cappella inturgidita. «Con un po’ di fortuna poteva passare qualcuno, sputtanandoti per sempre».
«Sì, e dovevi venire a darmi anche il tuo».
«Cristo! Quando sei eccitata smetti di ragionare»
Patrizia lo zittì prendendolo finalmente in bocca mentre continuava a segarlo con decisione. Cercava di spingersi il più a fondo possibile osservando il suo collega con la coda dell’occhio. Non ricordava da quanto tempo non facesse un pompino in macchina. Proba-bilmente da prima del matrimonio, non avrebbe saputo dirlo. Sapeva solo che i due ragazzi le avevano messo un fuoco addosso che aveva un disperato bisogno di spegnere; continuava a ripensare a quando l’avevano sbattuta al muro e si erano strusciati senza pudore su di lei, finché non l’aveva spinta a inginocchiarsi tra di loro strusciandole le loro patte durissime sul viso.
Una parte di lei si vergognava per averli lasciati fare, ma l’altra voleva dire a Flavio di mettere in moto e riportarla in quel vicolo. Se non fosse stato per l’amico, avrebbe lasciato che accadesse, non aveva dubbi a riguardo. Era iniziato con un abbraccio innocente, voleva sinceramente ringraziarli, ma la loro reazione non le era dispiaciuta e non riusciva a smettere di pensarci.
Sentì l’uomo allungare finalmente la mano per afferrarle le tette liberandole dal reggiseno, seguendo i movimenti della sua testa con l’altra. Poteva distintamente sentire i gemiti di Flavio riempire l’abitacolo accompagnati dai versi che lei stava soffocando su quell’uccello.
«Hai intenzione di scoparteli ancora?»
Patrizia si rialzò e lo guardò dritto negli occhi continuando a masturbarlo.
«Sì, dopo la maturità mi faccio scopare senza pensarci due volte».
«Se te li porti a casa dopo gli esami» ansimò «quelli ti sfondano».
«Allora me li porto a casa tua così a sfondarmi sarete in tre» lo sfidò lei.
«Mi farai perdere la testa» esclamò Amedei, afferrandole improvvisamente i capelli con entrambe le mani, spingendola con forza sul suo cazzo. Patrizia non fece altro che aprire la bocca lasciandosela riempire. Ora era l’uomo a dettare il ritmo e ne scelse uno forsennato. La guidava su e giù velocemente andandole incontro con movimenti di bacino violenti, incurante dei colpi di tosse che le provocava e di tutta la saliva che la donna gli stava facendo colare addosso. Lei per tutta risposta lo cercava con lo sguardo che le si riempiva di lacrime per lo sforzo di contenere tutta quella foga, andando finalmente a darsi un po’ di piacere con le dita.

Amedei senti di essere già a un passo dall’orgasmo. Cercò di trattenersi, di godersi quell’istante ancora per un po’, ma aveva accumulato troppa eccitazione nell’ora prece-dente e non poteva farci nulla. Vedere Patrizia lasciarsi andare in quel modo gli aveva fatto effetto. Se non fossero stati in quel vicolo così vicino alla casa dell’amica, non aveva dubbi che li avrebbe lasciati fare e probabilmente si sarebbe unito a loro. Continuava a rivedere l’immagine dei ragazzi che la facevano inginocchiare per terra e la docilità della donna nell’assecondare il loro desiderio. Il pensiero era troppo da sopportare a palle piene, le avrebbe riempito la bocca di sperma e poi avrebbe fatto godere anche lei.
La forzo a prendere il suo cazzo più a fondo di quanto non avesse fatto finora e proprio nel momento in cui stava per lasciarsi andare all’apice del piacere un’ombra alla sua destra lo fece sobbalzare. Seguì quell’ombra con lo sguardo e mise a fuoco la sagoma che li osservava dal finestrino del passeggero. La luce giallognola dei lampioni schermati illuminava la figura del loro spettatore. Flavio non riusciva a vederlo in viso ma sembrava un uomo distinto. Alto, completo gessato con cravatta rossa, cappotto scuro in cashmere e ventiquattrore in pelle. Era fermo di fronte alla portiera, intento a guardare la coppia darsi piacere.
Lo spavento aveva allontano l’orgasmo di Flavio ma non la sua eccitazione. Allentò la presa sul capo di Patrizia che lasciò il suo cazzo per guardarlo.
«Cosa succede, perché ti sei fermato?» chiese massaggiandogli il cazzo lentamente.
«Non spaventarti, ma c’è qualcuno che ci sta guardando».
«Ah sì?» domandò divertità.
«Sì, un uomo ci sta guardando dal tuo finestrino».
Patrizia lecco languidamente la cappella di Flavio poi, gattonando, si girò verso la portiera del passeggero incurante del fatto che il suo seno era completamente scoperto.
Era vero. Un uomo li stava guardando. Non riusciva a vederlo in volto ma era proprio li davanti a lei. Patrizia senti una scossa alla base della schiena, si slacciò i jeans e li abbassò quel tanto che bastava per mettere in mostra il sedere e la figa.
«Scopami!» ordinò.
Quella donna tirava fuori il peggio di lui. Flavio si mise in ginocchio alle sue spalle e la penetrò violentemente scostandole le mutandine.
Patrizia soffocò un urletto e, aggrappandosi alla portiera, andò incontro ai suoi movimenti. La posizione era scomoda e stretta ma non importava, era così eccitata che anche il letto di un fachiro avrebbe fatto al caso suo. Si senti afferrare per i fianchi da Flavio che impresse un movimento lento e profondo a quella scopata. Poteva sentire il suo bacino sbatterle umidamente sul culo, spingendola sempre di più verso il finestrino.
Il loro spettatore si guardò intorno e, senza lasciare la ventiquattrore, tirò fuori un cazzo duro e nodoso iniziando a farsi una sega di fronte agli occhi di Patrizia.
Per la donna fu troppo. Si puntellò con le mani e andò incontro a Flavio molto più inten-samente. Voleva godere e voleva farlo adesso.
«Più forte, scopami più forte!» Gli urlò.

Fu accontentata. Amedei la prese per le spalle e iniziò a scoparla con colpi sempre più veloci e profondi, premendola contro la portiera mentre lo spettatore poggiò la cappella al finestrino, proprio in corrispondenza del suo viso.
L’orgasmo la prese all’improvviso, facendola urlare di piacere. Si senti mancare e cadde in avanti. Istintivamente cercò un appiglio, andando ad aggrapparsi alla maniglia della por-tiera, aprendola.
Lo sconosciuto fraintese quel gesto per un invito. La sorresse, lasciando cadere la venti-quattrore senza smettere di masturbarsi. Le avvicinò l’uccello alla bocca e lei, esausta, la dischiuse. Quando realizzò ciò che stava facendo l’adrenalina entrò in circolo dandole nuove energie. Era ancora alle prese con due cazzi ma questa volta era in una strada pubblica, illuminata e in un quartiere pieno di case. Flavio in tutto questo non aveva smesso di scoparla, anzi, sembrava ancora più fomentato da quel che stava succedendo. Era la realizzazione della sua fantasia.
I due uomini la afferrarono per i capelli. Due mani diverse di due uomini diversi la guida-vano nello stesso gesto. Si ritrovò aggrappata ai glutei dello sconosciuto lasciandosi usare da entrambi come preferivano mentre sentiva montare il secondo orgasmo.
Anche i due uomini erano al culmine. Le loro spinte erano sempre più violente e decise, le loro gambe tremavano. Patrizia avrebbe voluto allargare le gambe per meglio godersi le ultime spinte di Flavio ma i jeans non glielo permettevano.
Lo sconosciuto si scosto improvvisamente da lei puntandolo per terra mentre si mastur-bava. Era sul punto di venire e l’avrebbe fatto sul marciapiede.
«No! No! In bocca!» intimò Patrizia a quel galantuomo che non aveva voluto disturbarla col suo sperma.
L’uomo le riprese il capo con tanta urgenza che per poco non la strappò via da Flavio.
Un paio di pompate e l’attirò completamente a se iniziando a sborrarle in gola con un rantolo di piacere.
Flavio lo segui quasi in contemporanea. Con un‘ultima penetrazione si fermò dentro di lei e venne portando con se anche Patrizia che soffoco le proprie urla su quel cazzo estraneo che ancora le riempiva la bocca.

Quando gli ultimi momenti dell’orgasmo li lasciarono i tre si ricomposero con non poco imbarazzo.
Lo sconosciuto offrì a Patrizia la propria Pochette su cui erano ricamate le iniziali VM. Ringraziò con un piccolo inchino e raccogliendo la ventiquattrore s’incamminò lungo la via.

Continua…
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