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Lui & Lei

Payback: 09


di Extales
05.10.2015    |    7.776    |    0 9.1
"«Non ce la faccio più!» Urlò la Ruggiu sbattendo la porta della vicepresidenza..."
«Non ce la faccio più!» Urlò la Ruggiu sbattendo la porta della vicepresidenza.
Flavio quasi cadde dalla sedia.
«Sei impazzita?»
«Sì, da quando quella stronza è tornata a lavoro questo posto di merda mi sta facendo uscire di testa»
«Di che stai parlando?»
«Di questa scuola di merda. Oggi ho incrociato la signora Rossana e sai che ha fatto? Mi ha guardato con un sorrisetto che mi ha fatto venire voglia di tagliarle la gola. Come a ricordarmi che non conto più un cazzo. Ma non conta un cazzo lei! Mio marito è deputato in regione, una telefona e i cessi torna a pulirli solo a casa sua, quella bidella di merda!»
«Cerca di calmarti o ti sentiranno tutti»
«Ma calmati tu! Non capisci che questa scuola senza di me sta cadendo a pezzi? L’amica tua non ha il senso della disciplina» urlò ancora più forte «come cazzo fai a non rendertene conto?»

La professoressa Ruggiu era completamente fuori controllo, il viso arrossato tradiva una collera irrazionale e Flavio ne aveva quasi paura. Fisicamente non suscitava molto timore, era una donna piccolina e formosa, un po’ pienotta forse, non proprio lo stereotipo del mostro assetato di sangue, ma suo marito e la sua instabilità la rendevano una persona molto pericolosa e difficile da contraddire. Le minacce nei confronti della povera bidella non erano lanciate a vuoto e non si sarebbe meravigliato più di tanto se da un giorno all’altro la signora Rossana fosse sparita dall’organico della scuola. Decise di provare l’approccio diplomatico, assecondandola per quanto poteva.
«Capisco la tua frustrazione, davvero. Sono certo che una persona con le tue capacità e che si è distinta come hai fatto tu nelle settimane passate potrebbe farsi valere alla guida di un istituto come il nostro, ma col ritorno di Patrizia forse sarebbe il caso di cercare altrove, non pensi?»
«E allora lo vedi che lo dici anche tu? Ho fatto un buon lavoro come tua vice, no? Ho trasformato questa scuola in un paio di settimane e ora la tua amica pensa di tornare e riportare tutto com’era prima? No, non penso proprio. Se ne deve andare! È da quando sono passata di ruolo che tutto l’istituto mi guarda dall’alto in basso. Solo perché sono passata da religione a lettere. No, se ne deve andare cazzo, questa scuola è mia. Anzi, questa scuola è nostra, vero Flavio?» Disse poggiando le mani sulla scrivania e sporgendosi in avanti. Il suo maglione leggermente scollato lasciava intravedere un seno abbondante anche se un po’ cadente. La Ruggiu fece il giro della scrivania si piantò davanti a Flavio. «Ho bisogno del tuo aiuto per far fuori quella stronza.»

«Senti…» iniziò Flavio con po’ di esitazione «…non saprei nemmeno da dove iniziare a…»
«Siete in confidenza, no? Sarà successo qualcosa di torbido, qualcosa che possiamo usare contro di lei, sei il suo vice da cinque anni.»
Flavio esitò. Qualcosa di torbido era successo ma Manuela non era certamente la persona adatta a cui confessarlo.
«Quella faccia da madre Teresa nasconde sicuramente qualcosa e sono certo che te l’abbia almeno accennato»
«Ma cosa vuoi che sia successo? Patrizia ha sempre tenuto un comportamento irreprensibile.»
«Non capisco perché ti ostini a difenderla così. È un’incapace, io sarei certamente una preside migliore di lei. Cos’è, te la porti a letto?»
Flavio arrossì di colpo, col suo ragionamento delirante aveva colto nel segno.
Manuela sgranò gli occhi.
«Brutto porco, te la scopi!»
«Ma… Ma cosa ti viene in mente, sei impazzita?»
«Senti, non giriamoci intorno, se è questo che vuoi possiamo trovare un accordo.»
«Un accordo?»
«Hai capito benissimo, non fare il finto tonto.»
«Ma di che diavolo stai parlando?» Strillò con una voce più acuta di quanto non avrebbe voluto «mi stai seriamente mettendo in difficoltà»

La professoressa Ruggiu lo spinse a sedersi.
«Sto per fare molto di peggio» Disse inginocchiandosi di fronte a lui iniziando ad armeggiare con la cintura dei suoi pantaloni.
Flavio fu sul punto di cadere nuovamente dalla sedia.
«Ma che fai? Se entrasse qualcu…»
Il suo cazzo fu liberato in un attimo inturgidendosi prontamente tra le dita corte e tozze della Ruggiu.
«Pensi che non mi sia accorta di che razza di porco sei? Che non abbia mai notato quando ti cade lo sguardo nella mia scollatura?» disse iniziando lentamente a masturbarlo.
«Tu e quella troia della tua amica vi siete divertiti, vero? Per questo non vuoi aiutarmi. Chissà quanto è contento il marito. Ipocrita. Sempre pronta a farti la morale e poi eccola fare la zoccola con tutto il corpo docente.»
Flavio la ascoltava perplesso, ma non era sposata anche lei? Quanto sarebbe stato contento il marito di vederla in questa situazione? Però non poteva fare a meno di godere dei gesti esperti con cui lo stava masturbando. Quella manina si muoveva agilmente lungo il suo cazzo con un’abilità tale da fargli provare brividi di piacere. Per la moglie di una figura di spicco della corrente cattolica della regione sapeva veramente il fatto suo. Se solo fosse riuscita a stare zitta...
La professoressa Ruggiu chinò lentamente il capo, andando a lambire con la lingua la punta la cappella. «Mi aiuterai allora?»
Flavio gemette di piacere.
«Mi aiuterai o no?» chiese ancora, strofinando le labbra lungo tutta l’asta.
«Sì...» sussurrò a denti stretti il professore.
«Non ho sentito» replicò malignamente lei.
«Ho detto di sì»
«Flavio, devi parlare a voce più alta, proprio non ti sento» gli rispose ancora, questa volta aprendo la bocca proprio davanti alla cappella ormai paonazza di lui, tirando fuori la lingua senza toccarlo.
«Ti ho detto di sì. Sì, cazzo!»
E la professoressa Ruggiu con un sorriso trionfante lo premiò per la sua risposta. Imboccò quel membro pulsante, prodigandosi in un lento su e giù. Flavio non se lo sarebbe mai aspettato, ma quel pompino era estremamente appagante. La Ruggiu lo prendeva profondamente in bocca, accompagnandosi nel gesto con la mano destra, alternando quei momenti con lunghe leccate sull’asta. Aveva fantasticato più di una volta su quella donna, per quel parallelismo innegabile che lega spesso odio e desiderio e ora, in maniera del tutto inaspettata, aveva le labbra della professoressa più detestata della scuola intorno al proprio cazzo. Allungò le mani accarezzandole il seno abbondante. Non era proprio sodissimo ma per una donna che si avvicinava alla quarantina non era affatto da buttar via. Fece per scoprirlo sollevandole il maglione ma lei gli schiaffeggiò la mano.
«No no, con questo potrai giocarci solo a cose fatte» Gli sorrise lei, «avrai solo da guadagnarci, Flavio» continuò alternandosi tra un risucchio e l’altro, «potrai avere questo trattamento tutte le volte che vuoi».
«Tutte le volte che voglio?» doveva essere sincero con se stesso e ammettere che il pensiero un po’ lo tentava ma sarebbe bastato a convincerlo ad aiutarla davvero?
«Tutte le volte che vuoi.»
Flavio sentiva già l’orgasmo sopraggiungere. Non era il miglior pompino della sua vita ma quella situazione inaspettata lo stava già portando al punto di non ritorno.
Preso dalla voglia afferrò i capelli della donna e la spinse a prenderlo profondamente in bocca.
La Ruggiu tossì e lottò per scostarsi da lui.
«Che cazzo fai?» gli urlò lei continuando a tossire, dandogli poi una dolorosa manata sulla coscia.
«Scusami, ho pensato che avrei…»
«Hai pensato male, non mi piace per niente.»
Contrariata riprese ciò che aveva interrotto infondendo nel pompino la rabbia che l’essere spinta le aveva causato. Quel gesto aveva completamente cambiato l’umore della donna, se prima sembrava complice ora mostrava solo il desiderio di farla finita il più velocemente possibile. Flavio le accarezzo la testa spostandole i capelli da davanti al viso accompagnandole i movimenti .
«Lasciami dai, ti ho detto che non mi piace.»
Scocciata afferrò il membro alla base masturbandolo velocemente accompagnando quella sega con veloci colpetti di lingua. Ci volle qualche minuto per riportare Flavio verso l’apice del piacere ma quando senti che l’uomo stava ormai per arrivare, con un sorriso maligno interruppe quel pompino e, nella perplessità di Flavio, glielo rimise a fatica nei pantaloni rialzandosi per uscire dalla stanza.
«Questo era solo un acconto, il resto a cose fatte.»

Flavio era letteralmente sbalordito. L’aveva portato a quel punto solo per fargli venire le palle blu? Eh no, cazzo! Va bene essere stronzi, ma questo è voler superare se stessi.
Con due falcate Flavio le fu dietro sbattendola contro la porta della vicepresidenza.
Questa volta a essere sbalordita fu la professoressa.
«Pensi di potermi lasciare così, Manuela? Pensi che sia uno stronzo qualunque?»
«Che cazzo fai? Mi stai facendo male!»
«Farò di peggio se non ti inginocchi immediatamente riprendendo da dove hai lasciato»
«No, ti ho detto che Il resto l’avrai a cose fatte.»
«A cose fatte un cazzo, brutta stronza. A cose fatte voglio scoparti ogni buco disponibile, adesso invece ti inginocchi e me lo riprendi in bocca» le intimò lui tirandolo fuori.
«Non hai capito allora, ti ho detto…»
«Ho capito benissimo, ma o apri la bocca e succhi fino a farmi venire oppure vado da Patrizia a raccontarle quello di cui abbiamo appena discusso. Decidi in fretta, se lo rimetto dentro i pantaloni senza essere venuto l’accordo salta e ti ritrovi senza un solo amico in tutta la scuola.»

Sospirando sconfitta la professoressa Ruggiu si inginocchiò di fronte a lui riprendendo svogliatamente a leccarlo. Flavio la afferrò per i capelli e gliele spinse fino in gola.
La Ruggiu tossì violentemente ma questa volta il professore non se ne curò. Mentre una scarica di adrenalina gli percorreva la spina dorsale iniziò a muoversi violentemente nella sua bocca per parecchi istanti prima di decidersi a lasciarla andare.
«Ti ho detto che così non mi piace, stronzo!» tossì lei.
«Hai avuto la tua occasione per fare le cose a modo tuo e l’hai sprecata. Quindi, visto che di te non ci si può fidare, prendo il controllo della situazione. Apri la bocca!»
La professoressa la tenne ostinatamente chiusa.
«Vuoi il mio aiuto o no?» le chiese Flavio a denti stretti.
«Sì» sussurrò lei.
«E allora apri la bocca e non rompere i coglioni. Spalancala, forza!»
La professoressa questa volta lo ascoltò. Le mani di Flavio la afferrarono ai lati della testa e la spinsero rabbiosamente sul suo cazzo. Il professore iniziò a scoparla in bocca con foga provocandole dei conati di cui questa volta non sembrava minimamente curarsi.
La Ruggiu era sconcertata. Nella sua vita non era mai stata trattata come un oggetto senza valore. L’umiliazione che il professor Amedei le stava infliggendo era più bruciante della sofferenza fisica che l’atto stesso le provocava. Come si permetteva quel bruto? Era pur sempre la moglie di un deputato regionale, le sarebbe bastata una parola per rendergli la vita estremamente difficile e allora perché lo stava facendo fare? Era davvero solo perché aveva bisogno del suo aiuto o c’era dell’altro?
Il professore la riscosse dai suoi pensieri schiaffeggiandola sul viso con la propria erezione.
«Le tette, tirale fuori.»
«No, quelle ti ho detto che le vedrai sol... Ugh!»
Flavio aveva interrotto la sua frase riprendendo a scoparle velocemente la bocca.
«Tirale fuori o lo faccio io.»
Non aveva senso continuare a discutere. La Ruggiu sollevò il maglione rivelando un semplice reggiseno nero che slacciò goffamente mentre la sua testa veniva mossa violentemente avanti e indietro. Suo malgrado si rese conto che quel trattamento la stava un po’ eccitando. Suo marito non era mai stato un uomo passionale, era tanto se facevano l’amore una volta la settimana e più di una volta si era ritrovata a desiderare un amante più focoso. Flavio la stava usando, era vero, ma non c’era dubbio su quanto desiderio provasse per lei.
Tenendola sempre per i capelli Flavio la forzò a sollevare il busto poggiandole il cazzo tra le tette. La Ruggiu gliele strinse intorno e Flavio iniziò a muoversi tra di esse.
«Ti piace, troia?» Le chiese lui a bruciapelo.
«Vaffanculo, Flavio! Non chiamarmi così.»
Flavio la riprese per i capelli e la forzò a prenderglielo nuovamente in bocca, spingendoglielo più profondamente di quanto non avesse fatto fino a quel momento. Le chiuse le narici tra le dita mentre la professoressa cercava spasmodicamente di liberarsi da quella stretta per prendere aria. Contò a voce alta fino a venti poi la lasciò andare riprendendo la spagnola da dove l’aveva interrotta.
«Allora, Troia? Ti piace?»
«Brutto stronzo! Volevi ammazzarmi?!»
Flavio fece esattamente come prima, spingendola ancora più in profondità e contando questa volta fino a venticinque.
«Allora?» Le chiese ancora, rimettendole il cazzo tra le tette «Devo arrivare fino a trenta?»
«No, mi piace!» Esclamò la professoressa con una punta di panico nella voce.
«Non ti sento, devi parlare più forte.»
«Mi piace, mi piace cazzo!»
Ed era vero, era sconvolta dall’eccitazione che stava provando in quel momento. Odiava Flavio per come la stava trattando ma una parte di lei voleva essere dominata, schiacciata dalla sua forza e dalla sua autorità.
«Dimmi cosa sei.»
«No, ti prego non farmelo di… Ugh!»
Questa volta contò fino a trenta.
«Sono una troia!» Urlò la Ruggiu appena ebbe ripreso fiato a sufficienza. «Una troia, una troia!»
«Così mi piaci! Niente ipocrisie. Se lo è Patrizia quando cornifica il marito mi sembra ovvio che lo sia anche tu, vero?»
Manuela annuì completamente sconfitta e la sua bocca fu riportata sul suo uccello. Si era umiliata totalmente e ne aveva tratto un sottile piacere mentale, tanto valeva che cercasse anche quello fisico. Si slacciò i pantaloni e vi infilò una mano dentro iniziando a toccarsi.
Quando Flavio se ne accorse non riuscì quasi a crederci.
Vederla in quello stato di totale sottomissione gli stava dando una scarica di piacere che non credeva possibile, ma sapere che ne stava godendo anche lei? La afferrò per i capelli con ancora più decisione e iniziò a muovere il bacino con tanta forza da sbatterle ritmicamente la testa contro la porta a ogni colpo. Non avrebbe resistito ancora per molto. Doveva venire e decise di umiliarla un'ultima volta.
Lo estrasse dalla sua bocca lucido e bagnato osservando il volto della donna che aveva appena invaso. I capelli erano sfatti e il trucco le era colato dagli occhi lungo le guance. Dei rivoli di saliva le scorrevano dalle labbra andandole a bagnare il mento. Con uno strattone la avvicinò alla punta del suo uccello segandosi velocemente. La Ruggiu capì cosa stava per succedere ma non cerco di sottrarvisi. Aveva visto qualche porno col marito cercando di rivitalizzare un po’ la monotonia della vita coniugale ma a lui non l’aveva mai concesso e come a lui a nessun’altro. Tutto questo stava per cambiare.
«Guardami, e dimmi cosa sei.» Le ordinò a denti stretti.
Manuela prese un profondo respiro e scandì le parole lentamente, guardando Flavio negli occhi.
«Sono una troia.»
Il primo schizzo di sborra la centrò in mezzo alla fronte mentre il secondo, densissimo, le chiuse l’occhio sinistro. Altri due meno abbondanti le andarono a posarsi sulle labbra per poi gocciolarle sul seno.
Flavio le strofinò la cappella sulla guancia usando il suo viso come un fazzoletto per pulirsi dalle gocce di sperma che ancora gli sporcavano la punta del cazzo, poi la lasciò andare senza dire nulla mentre la donna singhiozzò mestamente, soffocando un rantolo che presagiva l’arrivo del suo orgasmo. Manuela strinse gli occhi e iniziò a tremare lasciandosi cadere di lato mentre ancora stringeva la mano tra le gambe.

Continua…

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