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Lui & Lei

Sorprendente donna delle pulizie


di favaxpassera
27.11.2011    |    22.029    |    3 9.4
"Lei allargava sempre più la fenditura per permettermi di raggiungere le umide profondità del suo ventre..."
(Questo episodio è realmente accaduto in un autogrill di una nota autostrada italiana che per motivi di opportunità non specificherò meglio).
Viaggiavo in auto da solo e dovevo, ancora coprire una distanza di circa 700 Km su un totale di 1100.. Prima di partire avevo minuziosamente stilato una tabella di marcia scandita dalle soste per rifornimento carburante e per i bisogni fisiologici (bere, mangiare, riposare, wc). Non amo molto i lunghi viaggi ma motivi di lavoro mi avevano costretto, al contrario, a intraprendere quella lunga sfacchinata. Ero immerso nel confort della mia auto cullato dalle note di “sounday bloody sounday”, refrigerato dal condizionatore che lottava con le torride temperature d’agosto, quando per uno strano caso del destino (il fatalismo è dovuto a ciò che è accaduto in seguito!) un’impellente esigenza di far pipì mi costrinse alla ricerca di un autogrill. Un’area di sosta attrezzata era segnalata a 10 km, distanza che percorsi in tutta fretta. Raggiunta la spaziosa piazzola parcheggiai all’ombra di un cespuglio e (in barba alla programmazione!) mi diressi verso la toilette. All’ingresso per oltrepassare la porta d’accesso alle toilette degli uomini dovetti scavalcare dei secchi colmi d’acqua, alcune scope e dei flaconi di detersivi. Mi ritrovai in un ampio locale: ad una parete erano incastonati 4 orinatoi e una breve fila di lavabi mentre il lato opposto era scandito da una decina di porte che nascondevano altrettanti gabinetti. Lo stanzone era deserto e solo un tintinnio caratteristico, provocato da una scopa che sbatte contro un sanitario di porcellana, indicava che il personale di pulizia era intento alla sanificazione di uno degli stanzini.Oppresso dalla necessità, ormai sempre più urgente, di orinare mi avvicinai ad un orinatoio e, sgranata la lampo estrassi il pene semiflaccido ed iniziai, con soddisfazione, a pisciare tenendomi ben arretrato rispetto alla superficie dell’orinatoio per evitare dei fastidiosi e antigienici schizzi d’acqua provenienti dalle bocchette parzialmente occluse dal calcare e dalla ruggine.Mentre il potente getto di urina fumante scrosciava sulla porcellana e accresceva il senso di liberazione per la vescica messa a dura prova, notai con la coda dell’occhio che uno straccio veniva passato sul pavimento alle mie spalle. Non me ne curai, ovviamente, più di tanto fin quando lo straccio giunse vicino ai miei piedi dalla mia sinistra. Allora alzai lo sguardo dallo straccio su per il bastone della scopa e con mia grande sorpresa a manovrarlo era una donna sulla quarantina, un po’ in carne ma piacente. Il camice azzurro che indossava le plasmava le curve generose ma piacevoli dei seni e dei fianchi. Il suo sguardo era, in maniera niente affatto mascherata, posato sul mio cazzo, che, per via della distanza dall’orinatoio, dalla posizione in cui si trovava la donna risultava ben visibile. Il sorriso sornione di lei e lo sguardo languido e insistente fecero si che all’imbarazzo per l’inconsueta situazione subentrasse, presto, una potente eccitazione. (più tardi mi spiegò che lei era responsabile delle pulizie nei bagni delle signore, e che per un improvviso malore del collega, che si occupava della toilette maschile, aveva dovuto sostituirlo dimenticandosi di inibire l’ingresso con l’apposito cartello. Del resto non era abituata in quanto nel bagno delle donne non aveva motivo di farlo) Mi sentivo come uno studentello adolescente al suo primo appuntamento: il pene mi divenne rigido come un bastone, il profilo granitico era istoriato da una grossa vena e delimitato dalla sagoma gonfia e turgida della cappella. La donna era immobile a godersi lo spettacolo e io l’agevolai volgendomi un po’ di più verso lei in modo da soddisfare il suo voyeurismo ed il mio esibizionismo tanto casuale quanto inaspettatamente eccitante.. Ero certo riuscisse a vederlo per intero.La donna articolò dei suoni incomprensibili, si passò la lingua sulle labbra carnose e un rossore le imporporò le gote mentre le dita eleganti e affusolate (in contrasto con la stazza) percorsero frenetiche il bastone mimando oscenamente una sega sontuosa. Io rimasi come paralizzato in quella posizione, il cuore mi batteva forte, il cazzo era talmente duro da provocarmi un sordo dolore, una smodata voglia di chiavare si era ormai impadronita di me. Il siparietto sembrava destinato a questa posizione di stasi quando la donna mi rivolse la parola: “c’è una piccola pozza di piscio proprio davanti ai suoi piedi, sarà il suo ehm..”coso” a gocciolare mi lasci pulire”. “Appena avrò finito potrà pulire il pavimento” le risposi di rimando. “Guardi che lei non ha capito, non voglio pulire il pavimento ma il suo cazzo”.disse con voce languida.Le sue parole mi rimbombarano e pulsarono nel cervello generando una nuova ondata di sovreccitazione.”Seguimi su” aggiunse impugnandomi il cazzo con la mano destra e come se fossi stato al guinzaglio mi guidò con quella grottesca postura verso uno stanzino. La porta si richiuse alle nostre spalle donandoci un po’ di intimità. (forse i secchi sull’uscio scoraggiarono gli altri avventori perché per la verità non fummo disturbati) Ci baciammo vogliosi di assaporarci, le lingue si intrecciarono con bramosia mentre lei mi masturbava delicatamente. Improvvisamente si fermò, cadde sulle ginocchia e senza proferire parola iniziò a stuzzicarmi il pene con sublimi colpi di lingua; mentre lo rimirava soddisfatta con tono di rimprovero mi rimbrottò: “avresti dovuto sgrullarlo dopo la pisciata ma non importa ora lo ripulisco per bene” poi fattasi sempre più spregiudicata ne fece scomparire più di metà nella bocca che via via diveniva sempre più calda e prese a pompare alternando languide leccate a vigorose succhiate. Ogni tanto si fermava per respirare, far riposare le mascelle indolenzite e per lasciar colare un po’ di saliva sull’asta graniticamente eretta. Le alzai un po’ la testa perché volevo godermi la scena, volevo vederla col mio cazzone piantato oscenamente in bocca. I lineamenti del suo viso, che risultava molto giovanile, erano trasfigurati dalla postura e dal godimento, i suoi occhi fissarono i miei. La sentii mia, anche se era una perfetta sconosciuta, mentre le riversai in bocca la crema che me lo rendeva così duro. Lasciò che lo sperma dalla bocca le colasse sul pavimento (anche se mi sarebbe piaciuto molto vederglielo ingoiare!).Per la verità alcuni colpi di tosse indicavano che con ogni probabilità il primo getto fosse arrivato in gola…ma non potrei giurarci! Poi la denudai lentamente portando alla luce due enormi tette un po’ cadute per l’eccessivo peso, ma tanto morbide e sensuali. Le baciai e le leccai avido, schiacciai il viso in quella grazia sublime, ne mordicchiai i capezzoli e ne leccai le aureole curiosamente piccole in proporzione al resto del seno. Poi le tolsi gli altri indumenti fino a sfilarle gli slip fradici dei suoi umori. La vista di quella figa luccicante per gli umori abbondanti, palpitante come una tana viva, mi fecero perdere la testa.Le feci assumere una posizione vantaggiosa per potergliela leccare. Ne assaporai le labbra gonfie e turgide prominenti come la cresta di un galletto e la penetrai con la lingua in profondità per poi risalire su verso il grilletto che titillai con dolcezza estrema attirandolo di tanto in tanto sotto il mio palato.Lei allargava sempre più la fenditura per permettermi di raggiungere le umide profondità del suo ventre.Il piacere cresceva a dismisura e le faceva alternare gemiti di piacere a eccitanti frasi oscene: “Sei il mio cagnone, sì il mio cagnone arrapato..lecca, si, lecca la tua padrona lecca la mia fica!”Era spettacolare, mi godevo il suo sapore aspro e invitante e più la sentivo più avevo voglia di assaporarla fin quando una serie di spasmi convulsi scossero il suo corpo rendendolo tremante come deliziosa gelatina ed il mio palato fu invaso copiosamente dal suo miele sublime.Mi imbrattai volutamente il viso di quel nettare odoroso di femmina. Quindi le appoggiai la cappella turgida e gonfissima alle piccole labbra, un calore stupendo avvolse il mio manico che ora scivolava sulle sue mucose fradice di umori, la scopai con colpi secchi ed energici affondando nella sua famelica fica fino a sentire il collo dell’utero; andammo avanti così per molto tempo poi sentii di essere prossimo ad esplodere, allora rallentai un po’ per riprendere il controllo della situazione. Non volevo che finisse così…dopo un po’ infatti lo sfilai grondante dalla sua fica stupenda puntando verso il suo ano. Lei si ritrasse impaurita dicendomi “no lì no, non l’ho mai fatto, e poi è così grosso ,no non voglio”. Mi fece l’effetto contrario glielo accostai delicatamente con intento provocatorio mentre con le dita le strapazzavo la fica con maestria frullando e massaggiando la tenera carne. Poi con il suo stesso fluido vaginale le lubrificai l’ano per bene, penetrai con un dito lo stretto anello poi le dita divennero due. La lavorai un po’ poi passai deciso all’attacco. Il glande forzava lo sfintere. Alla lunga resistenza iniziale improvvisa si sostituì una cessione dei tessuti e i muscoli del suo sfintere finalmente si sistemarono attorno al pene rigido. Lei soffriva per il dolore e le lacrime le rigarono il viso ma dopo i primi affondo ai gemiti di dolore si sostituirono quelli di piacere fino a che all’unisono giungemmo ad un orgasmo tanto esaltante quanto sfiancante.Le liberai il pertugio mantenendoglielo aperto il più possibile con le mani per far meno danni possibili e vidi la mia crema bollente fuoriuscirle dal buchetto e depositarsi formando una piccola pozza sul pavimento Sono passati ormai quasi dieci anni, ma quando passo da quei luoghi sosto sempre all’autogrill uso la toilette ma, purtroppo della dolce porcona non c’è più traccia. Non ho né un recapito telefonico né un nome o una foto, ho solo un ricordo. Allora ripenso a quella bella ed inaspettata avventura, sgrullo le ultime gocce di piscio sul pavimento, lo rimetto dentro gli slip e riparto con l’uccello duro e tanta, tanta nostalgia.
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