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COLON TERAPIA CON IL DOTTOR AL


di Amreck
09.06.2015    |    12.028    |    6 8.1
"Al permise al mio intestino di svuotarsi un’ultima volta e chiuse tutti i rubinetti della macchina..."

Verso la fine degli anni 90, nel mese di Agosto, mi trovavo in vacanza a San Francisco, in California. Tramite un contatto internet avevo ricevuto alcuni mesi prima un’informazione interessante: proprio a San Francisco esercitava un terapista del colon, che era anche un praticante “attivo” di medical fetish, nonché un infermiere professionale esperto di stimolazione anale.
Insomma, una combinazione per me imperdibile. Appena arrivato a San Francisco chiamai il numero di telefono ricevuto via internet e parlai per un po’ con il “Dottor Al” (così si faceva chiamare). Mi sembrò una persona molto gentile e corretta, per cui presi subito un appuntamento per il pomeriggio successivo, e un secondo appuntamento per il giorno dopo quello. Insomma…. un trattamento intensivo di lavaggio intestinale. D’altronde ero negli USA da diverse settimane, e visto la dieta poco sana e la mania degli americani di propinarti bibite e patatine fritte ad ogni piè sospinto, sentivo il bisogno di un po’ di pulizia!
Per cui, verso le due di un pomeriggio di Agosto, scesi dal taxi e mi trovai in una strada tranquilla della zona di “Castro” a San Francisco. La Castro è la zona Gay per eccellenza della città, e la cosa non mi stupì affatto. Il quartiere del Dottor Al era comunque molto tranquillo e il suo studio si trovava all’interno di una casa di legno, stile anni trenta.

Non nego che, mentre suonavo alla porta, avevo un po’ di tachicardia. Stavo per mettermi nelle mani di un uomo che non avevo mai visto, per un trattamento decisamente delicato e piuttosto intimo… e in più sapevo che il dottor Al era anche un cosiddetto “master” S/M, per cui … una strizza!
La porta si aprì dopo un paio di secondi, ed ecco comparire il Dottor Al in persona. La strizza svanì subito. All’aprirsi della porta mi trovai di fronte un uomo sui cinquanta, con baffi neri, lenti spesse e uno sguardo simpatico. Non era molto alto (sul metro e sessanta), e non aveva certo una presenza imponente… non potei trattenere un sospiro di sollievo. Se dovessi essere sincero, direi che era basso e cicciotello. L’esatto contrario dell’immagine che avevo in testa.
Entrando nello studio riflettei (come spesso faccio in questi casi – soprattutto dal dentista) che, in caso le cose si fossero messe male, avrei potuto facilmente sopraffare il minuto Dottor Al e fuggire a gambe levate. Per come si misero le cose dopo, avrei potuto risparmiarmi l’idea.
Al mi fece sedere in un piccolo ufficio, mi offrì un succo d’arancia e rimase a chiacchierare amabilmente con me per un quarto d’ora. Durante questa conversazione venni a sapere che era un infermiere in pensione, che praticava la “colon therapy”, ossia il lavaggio del colon, da più di cinque anni (la pratica negli Stati Uniti è molto diffusa) e che era un emigrante greco. Di lì a poco contava di tornare in Grecia, a casa sua. Mi offrì una serie di possibilità, per la seduta, oltre naturalmente il lavaggio del colon, che sarebbe avvenuto di “default”. Molte delle sue pratiche avevano a che fare con il S/M (parlò di aghi, cateteri, sonde e quant’altro) e io le respinsi tutte, accettando semplicemente massaggio anale e prostatico.
Finita la conversazione, e il succo d’arancia, il Dottor Al mi fece entrare nello studio vero e proprio, che consisteva un una ampia stanza con pareti bianche, un lettino lungo una delle pareti, vicino ad una grossa macchina piena di tubi, rubinetti e quadranti. Questa (lo sapevo perché avevo già fatto parecchie sedute di lavaggio del colon) era la macchina per la colon-terapia.

Il principio, per chi non lo sapesse, è molto semplice. La macchina è collegata all’acqua corrente e allo scarico. Da uno dei lati esce un tubo flessibile, di plastica trasparente e di grosso diametro. All’interno di questo tubo, ce n’è un altro molto più sottile. Il tutto viene innestato in una grossa cannula che va nel retto del paziente. La cannula (il nome giusto è “speculum”) ha il duplice scopo di spingere acqua nel colon del paziente, e di lasciar fuoriuscire le feci. Il tubo piccolo porta acqua – sempre filtrata e purificata – e quello grosso rilascia i rifiuti. In questo modo il paziente rimane comodamente sdraiato, mentre il terapista, tramite una serie di rubinetti e manometri, decide quantità, velocità, temperatura e direzione dell’acqua. In genere il paziente riceve acqua fino a quando si sente “pieno”. A questo punto basta un segnale al terapista che inverte il flusso dell’acqua. Il sollievo è immediato perché l’acqua scorre via dal paziente, portandosi dietro le feci. Finito lo svuotamento, il terapista riapre i rubinetti e l’acqua torna ad invadere il colon del paziente, e così via. In genere una seduta di lavaggio del colon dura più o meno un’ora e in questo periodo si effettuano da c.ca venti a c.ca quaranta riempimenti e svuotamenti. Di solito verso la fine l’acqua scaricata è limpida, e questo significa che il colon è pulito. In ogni modo i terapisti consigliano almeno tre sedute consecutive, distaccate di qualche giorno, e poi una seduta ogni tre/quattro mesi per raggiungere un buon risultato. Io ritengo che la procedura sia comunque per lo meno stressante per il colon. Durante il lavaggio vengono portati via anche molti batteri benefici, e per questo i terapisti effettuano alla fine del trattamento un piccolo clistere (che va trattenuto e assorbito dall’intestino) per re-impiantare le sostanze perse. Va poi ricordato di bere Gatorade o simili bevande contenenti minerali e sali e di mangiare yogurt.

Una volta entrati nella stanza, Al mi chiese di spogliarmi completamente e mi porse un camicie da paziente, di quelli che si legano al collo e sono aperti sulla schiena. Mentre obbedivo, Al, che era già in tenuta verde da infermiere, si lavò le mani e indossò dei guanti in lattice da esplorazione.
Io mi sdraiai sul lettino e Al mi chiese di girarmi sul fianco sinistro e di raccogliere la gamba destra. In questa posizione, il mio ano era accessibile e io sentii subito un dito che lubrificava il retto. Allo stesso tempo mi resi conto che c’era una musica “new age” nella stanza e che Al mi stava massaggiando l’ano, per rilassarmi e preparare l’inserimento dello speculum.
Chiusi gli occhi e cercai di rilassarmi, mentre sentivo qualcosa che mi si svegliava in mezzo alle gambe. Il massaggio era molto piacevole e Al ci sapeva fare. Dopo un po’ sentii la pressione di qualcosa di freddo e duro contro l’ano e Al mi chiese di respirare profondamente. Durante l’espirazione, la pressione si fece più forte, fino a che il mio ano cedette e sentii lo speculum entrare fino in fondo. A quel punto Al mi disse di rigirarmi sulla schiena, mi aiutò a cercare la posizione migliore guidando il tubo che ormai faceva parte di me e disponendolo in modo che mi passasse in mezzo alle gambe e finisse indisturbato a collegarsi alla macchina, e poi mi coprì le gambe con un telo chirurgico e mi dispose un cuscino dietro la schiena. A quel punto mi trovai confortevolmente sdraiato sulla schiena, appoggiato ad un cuscino e Al armeggiò per qualche istante, fino ad estrarre due staffe ginecologiche dai due lati del lettino. Mi guidò le gambe nelle staffe e me le fece appoggiare comodamente. A questo punto ero decisamente comodo, ma anche completamente esposto e decisamente imbarazzato! Indossavo tutt’ora il camicie da paziente, ma nel inserire la sonda e nel sistemarmi per la seduta, Al aveva ripiegato l’orlo e adesso avevo ano e genitali completamente scoperti. La stanza era molto calda, e non avevo freddo, ma mi vergognavo una cifra!
Al non sembrava far caso alla mia imbarazzante situazione, per cui anch’io dopo un po’ smisi di pensarci e cercai di rilassarmi.
Al girò un paio di rubinetti sulla macchina, fissò il tubo e la cannula con un paio di giri di cerotto, poi si sedette su uno sgabello a rotelle, e si posizionò vicino a me. Da seduto era esattamente in posizione per posare le mani sul mio addome e allo stesso tempo per raggiungere i comandi della macchina per la colon-terapia senza problemi.
Una volta piazzato in posizione, Al premette un interruttore e io sentii una serie di rumori dalla macchina, il che significava che la seduta era cominciata. L’acqua si fece sentire subito e dopo solo un paio di minuti feci cenno ad Al che ero pieno. Lui girò un interruttore e immediatamente sentii sollievo, mentre l’acqua prendeva ad uscire. Allo stesso tempo, attraverso un finestrino di osservazione (e anche semplicemente guardando il tubo, che era trasparente) potevo vedere la mia… ehm, sì insomma l’acqua di scarico, che si portava via le mie feci. L’osservazione, appunto, di tale scarico è parte importante della terapia. Guardando infatti colore, consistenza e quant’altro, il terapista può rendersi conto dei progressi dell’acqua all’interno del colon del paziente.
E così, la cosa proseguì per un’ora circa. Al mi svuotò e mi riempì innumerevoli volte, accompagnando la terapia con una serie di massaggi all’addome che favorivano lo svuotarsi dell’intestino.
Devo dire che trovai le sue cure estremamente professionali, anche quando, a metà della seduta, cominciò a spostare l’area del massaggio verso il basso e a palpare e massaggiare pene e testicoli.
Dopo avermi chiesto a più riprese come mi sentivo, e dopo aver localizzato il massaggio ormai esclusivamente sul pene, Al controllò l’ora e dichiarò che la seduta poteva considerarsi conclusa. L’acqua di scarico era ormai quasi completamente chiara e anche a me sembrava evidente che il colon doveva essere piuttosto pulito. Inoltre, avevo una gigantesca erezione che sventolava libera e che Al massaggiava continuamente, per cui giudicai io stesso che fosse il momento di smettere… prima di incorrere in esplosioni impreviste.
Al permise al mio intestino di svuotarsi un’ultima volta e chiuse tutti i rubinetti della macchina. Staccò poi il cerotto dal tubo, e con molta lentezza mi estrasse lo speculum dall’ano, buttandolo in un cesto per i rifiuti. Mi chiese un attimo di pazienza e sparì in una stanza adiacente (avrei scoperto durante la successiva seduta che in quella stanza c’era una sorta di deposito per vari tipi di strumenti) per poi tornare con in mano una gigantesca siringa di plastica, piena di un liquido chiaro. Mi disse che il liquido era una sorta di composizione sostitutiva di alcuni batteri che venivano sciacquati via con il lavaggio e che andavano re-implementati in quel modo dopo ogni seduta. La cosa interessante, che io notai subito, era che il beccuccio della siringa non somigliava affatto ad una cannula da clistere. Si trattava invece di una sorta di tubo cromato, con una testa a bulbo e una sorta di piega a metà, un po’ come l’erogatore di una doccia. Insomma… era quasi più grande la cannula della siringa! Alle mie proteste Al disse che questo faceva parte del momento “fetish” della seduta e che la sua specialità era appunto il massaggio anale.
Mi disse anche di non preoccuparmi e di stare zitto e godermela. Perciò chiusi la bocca e mi limitai ad osservare quello che succedeva. Al posò la siringa, cambiò i guanti, e poi sparse una generosa dose di K-Y Jelly (è un lubrificante a base acquea che si usa per l’ano e per i genitali. Non irrita e non sporca e si scioglie con l’acqua) sulle prime tre dita della mano destra. A questo punto mi abbandonai all’indietro e chiusi gli occhi. Sentii le dita di Al che si appoggiavano all’ano e davano inizio ad uno dei massaggi più incredibilmente piacevoli che abbia mai provato. Il mio pene, già turgido, ebbe un ulteriore sussulto e io mi lasciai sfuggire un mugugno di piacere. Al sorrise e continuò con il lavoro, sostituendo abilmente le sue due dita con il tubo cromato della siringa. All’improvviso sentii una sensazione di calore nell’ano e mi resi conto che Al aveva spinto lo stantuffo della siringa fino in fondo. La piega del tubo, mi spiegò, era fatta apposta per fare in modo che il getto di liquido caldo fosse indirizzato direttamente verso la prostata. La sensazione fu così piacevole che quasi raggiunsi l’orgasmo. Al però vigilava e quando si rese conto che ero allo stremo mi piazzò due dita alla base del pene, e strinse con forza, allo stesso tempo estraendo la siringa. A questo punto ero veramente sull’orlo dell’orgasmo e mi dimenavo senza pudore sul lettino.
Al sorrise, cambiò di nuovo i guanti, lubrificò nuovamente le proprie dita e riprese a massaggiarmi l’ano, con estrema delicatezza e allo stesso tempo con decisione. Vista la mia posizione, completamente esposta, non gli fu difficile usare la mano libera per massaggiarmi il pene, aumentando man mano il ritmo e finendo per pompare vigorosamente su è giù.
Sottoposto ad un tale trattamento, non seppi resistere per più di un minuto e alla fine esplosi in uno degli orgasmi più incredibili fino ad allora provati. Il fatto che avessi ancora le gambe bloccate nelle staffe del lettino fece sì che provassi una serie di sensazioni nuove, anche dovute al massaggio di Al, che continuava a premere sulla prostata mentre io espellevo getto dopo getto di seme bianco.
Dopo quella che sembrò un’eternità, era finito tutto. Al ritrasse le dita, prese un asciugamano, lo immerse in una bacinella di acqua calda preparata in precedenza, e mi lavò accuratamente, mentre io mi godevo quel sublime attimo di relax che si prova subito dopo un piacere intenso.
Alla fine mi fece alzare e mi permise di rivestirmi.
Ci salutammo, dopo aver preso appuntamento per il giorno successivo. Volevo ripetere l’esperienza e Al mi aveva detto che il mio colon ne avrebbe comunque tratto giovamento. Così, tornai in albergo e attesi che passassero le successive ventiquattro ore.

Passarono in fretta.
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