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Gay & Bisex

Un pomeriggio nell'area camion (1)


di rajo
06.10.2022    |    1.255    |    4 9.7
"Sicuramente dell'est, ma non saprei dire se ucraino, croato, bielorusso o chissà che altro..."
Sei del pomeriggio, un mercoledì qualsiasi di inizio ottobre. Siamo in piena estate di San Martino e l'aria ancora 'friccicarella', con il tempo stupendo di questo periodo, è un richiamo irresistibile per gli ormoni.

Sono qui, nel mio campo di battaglia: l'area camion di una stazione di servizio. Le prede a cui miro sono quelle di sempre: omoni dalla stazza importante, con le spalle larghe, le pance prominenti e le mani grosse. A volte mi fermo estasiato a guardarli, mentre si issano sui loro bestioni con le braccia imponenti e si rimettono in marcia, dopo un caffè, una pisciatina veloce e, quando sono fortunato... altro.

In realtà sarebbe l'orario perfetto per rimorchiare quarantenni allupati che, dopo aver lasciato l'ufficio, si fermano ai bagni a sfogare una giornata di frustrazioni infilandolo nella bocca calda di qualche ragazzetto, o afferrando e agitando la nerchia nerboruta di un coetaneo.

Ma io ora voglio un camionista, non si discute. Sono passate appena quarantotto ore da quando ero piegato sulle ginocchia, nella cabina di un camion, a farmi stantuffare da un bulgaro ubriaco che, a migliaia di km da casa, costretto ad ammazzare il tempo in solitaria in un'anonima area di sosta di un Paese straniero, aveva deciso che forse forse, invece di segarsi davanti a un porno dove una bionda con la sesta si faceva aprire da sei neri (e i cui gemiti ci avrebbero fatto da sottofondo trash durante la chiavata), riempire il culo di quel ragazzo che gli stava girando da dieci minuti sotto il camion non era poi una cattiva idea. E così era andata.
Appena 48 ore eppure eccomi qua. Perché il sesso è così: non ne fai per tre mesi e ti rassegni, alla stregua di un monaco tibetano. Ma fanne di continuo e la voglia, anziché passare, diventa un'impellenza sempre più ingombrante.

Mentre ripenso al bulgaro e alle sue mani forti strette sui fianchi, lo vedo. È un torello da guinness, un orso con il bollino di qualità. Sicuramente dell'est, ma non saprei dire se ucraino, croato, bielorusso o chissà che altro. È sceso dalla cabina, si guarda intorno. Guarda a destra, poi a sinistra, e infine guarda me. Poi si incammina con fare troppo lento e incerto, con una circospezione sospetta e malamente dissimulata, segno che non deve né andare al bar né ai bagni, e si dirige verso il prato che circonda l'area di sosta, dove qui e là spuntano alberi e cespugli che da anni occultano i fugaci incontri di chissà quante migliaia e migliaia di avventori.

Un colpo di fortuna! I camionisti sono estremamente difficili da abbordare in pieno giorno, perché anche se la voglia c'è, prevale la vergogna di farsi vedere dai colleghi. E quindi aspettano il buio. Invece lui è lì, mani in tasca e sguardo circospetto. Lo vedo inoltrarsi nella piccola macchia di alberi.

Ovviamente lo seguo a ruota. Nei battuage è questione di attimi: basta che il cenno arrivi da un concorrente un secondo prima di te e te la sei giocata. Faccio quindi un giro tale per cui riesco a spuntargli di fronte e lo trovo appoggiato alla recinzione che delimita l'area di sosta. Per fortuna non c'è nessun altro.
Lo guardo, mi guarda, e si strizza il pacco. È fatta.
Non serve altro: mi avvicino e gli metto una mano sulla patta. Tiro giù la zip, lui mi aiuta sbottonando il pantalone ed ecco qui, il primo pisello della giornata è davanti a me.

È di dimensioni contenute, barzotto e probabilmente da duro non supererà i 14/15 cm, ma chi se ne frega? A me piace il maschio, che il cazzo mi arrivi alla gola o si fermi all'ingresso dell'orifizio anale è secondario.
Mi metto quindi al lavoro, e imbocco quel cazzo ancora non del tutto duro. Lo tornisco con la lingua, me lo infilo tutto dentro arrivando a respirare attraverso i peli delle sue palle e stuzzico la cappella con la punta della lingua, poi creo il vuoto in bocca succhiando via l'aria e regalando al mio maschio un piacere notevole, a giudicare dai gemiti. Il cazzo ora è di marmo.
Mi piace impegnarmi con le pompe, ma non abbastanza da far schizzare subito il toro di turno, perché succhiare è bello ma io il mio premio voglio farmelo recapitare tra le chiappe. Sono venuto per prenderlo al culo e devo prenderlo al culo.
Ecco perché, dopo una bella insalivata, mi alzo e mi giro: lui si desta da quello stato di alterazione quasi orgasmica in cui l'ho mandato, mi accarezza le chiappe bianche e lisce e mi lascia fare. Si guarda un attimo intorno, mostrando un minimo di quella cautela che io ho perso ormai da tempo, poi torna al mio culo. Capisco che altri due colpi lo avrebbero fatto sborrare, per cui mi sbrigo a lubrificarmi il buco e guido l'asta dura di questo maschio magnifico dentro di me: gemo mentre mi scivola dentro, lui tenta subito di stantuffare (come fanno spesso gli "etero", che scambiano il culo per una figa slabbrata). Gli dico "fallo prima entrare per bene", e lui esegue. Il tempo di abituarmi a quella presenza che non è ingombrante di per sé ma che un minimo di disagio me lo crea essendo la prima della giornata, e ricomincia a scoparmi.

Ecco, questa è la sensazione che volevo, e da cui sono dipendente. Mi immagino da fuori chinato in avanti, sorretto solo dalle mie ginocchia instabili e dalle manone dell'orso che mi sta scavando sapientemente tra le chiappe. Non geme, ora. Sbatte, sbatte senza pietà. So che sta per arrivare, l'ho capito già da quando lo avevo in bocca, e infatti poco dopo sento che i colpi diventano più forti, più cadenzati, finché non mi si pianta saldamente dentro fino alle palle e grugnisce, scaricando il suo succo di maschio direttamente nel culo. Stringo l'ano, come un "grazie" e lui reagisce con un gemito. Come un "prego".

Esce lentamente. Mi giro, gli porgo una salvietta e mi ricompongo. Ci guardiamo: sorride, sorrido. Un rapido saluto con lo sguardo, in cui scorgo un imbarazzo quasi infantile che su quel corpo massiccio di uomo virile e testosteronico è irresistibile. Un 'ciao' fugace e va via, lasciandomi lì alla ricerca della mia prossima preda.

(Continua)

(In questo racconto e nei prossimi narro esclusivamente eventi reali)
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