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Prime Esperienze

E fu quel dì che........


di discolo
05.01.2022    |    8.020    |    7 9.3
"Francesca è stata una mia ex con la quale ho iniziato un percorso di consapevolezza della mia indole di porco..."
Francesca è stata una mia ex con la quale ho iniziato un percorso di consapevolezza della mia indole di porco. I fatti che racconto sono realmente accaduti anche se con delle varianti che qui ho sintetizzato. Francesca è un nome fittizio, ma che mi ispira.
Era bella Francesca, viso sfuggente, capelli lunghi, sguardo suadente, non molto alta ma con punto vita stretto, culo tondo e tette grandi, una quarta.
All’epoca avevamo 35 anni, lei 33…. Il suo seno lasciato libero era leggermente pesante ma con delle movenze lente ed orizzontali.
Era riservata quando la conobbi, sempre abbottonata, un po’ corazzata nell'abbigliamento, decisamente casta.
Ci volle poco a farla sbocciare in una sensualità maliziosa e provocante, a scoprire un intrigante esibizionismo, favorito dalla mia eccitazione.
Fu così che senza rendermene conto la avviai all’esercizio di comportamenti libertini, di fantasie e di mentalità aperta ovviamente sempre molto porche. Quando scopavamo, spessissimo, condividevamo fantasie anche forti, giocando a raccontarci senza limiti con toni e termini giusti le porcate che ci passavano per la testa. All'inizio aveva una certa reticenza ad usare seriamente e con eccitazione termini come cazzo, fica, sborra, pecorina o cappella tanto da farle ripetere io stesso alcune frasi che le suggerivo con immensa eccitazione da parte sua e mia soprattutto quando le facevo confessare la sua voglia di cazzo, la sua troiaggine.
Una pratica che facevamo spesso era di strapazzare i suoi capezzoli (per reazione anche lei strapazzava i miei, all’inizio con fastidi ed imbarazzo da parte mia…poi con solo imbarazzo, poi neppure più quello, ma solo eccitazione ed una gran voglia di dire porcate), strapazzarli e tirarli tanto da farli diventare grossi e sporgenti ormai sensibilissimi dopo solo qualche mese di quotidiana attività. Le piaceva, soprattutto l’evidenza della trasformazione, i suoi capezzoli duri ormai non venivano nascosti più dai reggiseni più leggeri con evidenti punte che affioravano sotto magliettine di cotone leggero!
Era ormai diventato un gioco, di seduzione, di provocazione, un esibizionismo che la faceva sentire troia ad uscire e mostrarsi in pubblico in quello stato. Io mi eccitavo molto, e la spronavo ad osare fornendole il mio sicuro supporto per non trovarsi a disagio in nessuna circostanza.
Tra noi nacque una complicità estrema, forte, unica.
Un anno, per il suo compleanno, le regalai due reggiseni scollatissimi che non coprivano i capezzoli ma solo sostenevano le tette, uno nero ed uno color panna, uno spettacolo vederli sostenere quelle tette libere di muoversi. Li indossò qualche volta uscendo con me la sera, per andare al cinema, al ristorante con un po’ di sano imbarazzo per l'evidenza sfacciata del suo esibizionismo. Infatti non solo non coprivano i capezzoli, ma lasciavano ondeggiare le tette libere con effetto accentuato dai tacchi alti che favorivano quel movimento.
Da li, da quel regalo, iniziò a cambiare qualcosa. La sua presa di coscienza, la consapevolezza, la sua eccitazione nel sentirsi ammirata, desiderata, e la mia accettazione e complicità, il sentirsi troia e credere profondamente di esserlo, tirarono fuori in lei un po’ di stronzaggine, di provocazione, di perversione sapeva che avrebbe potuto osare.
Una mattina, mentre ero ancora a letto, la vidi prepararsi per andare al lavoro indossando uno di quei reggiseni con una camicetta di seta nera una minigonna gialla e scarpe decolté era primavera.
Un brivido traversò la mia schiena. Eccitazione e paura si mescolavano in un torbido ronzio in testa. Stava per andare al lavoro conciata in quel modo, con dei colleghi allupati, e senza la mia presenza!
Cosa avrei fatto tutto il giorno aspettando il suo ritorno senza sapere le conseguenze di quel gesto?
Ma non potevo tirarmi indietro, non potevo protestare, non potevo ed inconsciamente non volevo. Il panico mi assalì.
In pochi istanti pentimento, panico, eccitazione mi fecero chiudere gli occhi quasi a non voler vedere, quasi a far finta di dormire per non sapere come reagire.
Ma lei sapeva cosa mi stava frullando in testa, lo sapeva. Andava e veniva dalla camera osservandomi con la coda dell’occhio.
Pronta per uscire, si avvicinò sedendosi sul letto – io non sapevo cosa fare – Ma lei sì.
Infilò le sue mani sotto la mia maglietta e cercò i miei di capezzoli, non opposi resistenza. La mia eccitazione andò alle stelle, il cazzo mi divenne duro, ero immobile senza potermi muovere.
"Lo vedi, disse, lo vedi che sei eccitato? ti piace, lo sò che ti piace ma mi devi aiutare un po’". A quel punto si slacciò la camicetta e mi piantò un capezzolo in bocca chiedendo, anzi ordinando, di succhiare…forte, prima uno poi l’altro per stimolarne il piacere e la durezza. Sì, voleva che si vedessero bene e voleva che fosse anche un po’ mia la colpa di ciò.
Andò via con una faccia da stronzetta …..
Tutto il giorno fu una sofferenza ma tanta eccitazione. Lei mi scriveva, mandava foto e raccontava gli eventi, gli sguardi. Io stetti al gioco, riuscii a stuzzicarla ulteriormente ordinandole più volte di andare in bagno e di toccarsi il grilletto, di stuzzicarsi i capezzoli trovando in lei una certa obbedienza. Mi mandò delle foto con dei capezzoli grandi, duri, rossi. MI raccontò di qualche sbirciata insistente di qualcuno, uno in particolare, il tecnico del computer che lei ovviamente sapeva in transito nel suo ufficio per una manutenzione annunciata. Un bel ragazzo, maestro di nuoto che già in passato le aveva fatto delle avance.
Una giornata particolare, la prima di una lunga serie……
La sfrontatezza di quel giorno non procurò effetti diretti ed immediati, nel senso che i maschi erano un pò spaventati, intimoriti da tanta sfacciataggine, in fondo era una collega rispettata da tutti.
Tornò a casa la sera, entrò piano quasi aspettandosi qualcosa, i capelli un pò le coprivano il viso quasi a volersi nascondere, le labbra leggermente socchiuse. La presi appena chiusa la porta dietro di lei, le tirai su la gonna, le scostai il perizoma e me la scopai a pecorina, con una forza ed una energia che forse mai avevo avuto. La mia cappella dura ristabilì l'appartenenza, e gli schiaffi sul culo erano una forma di punizione per la sua provocazione che mi aveva fatto palpitare tutto il giorno. La trovai con la fica fradicia, pronta, ed il perizoma unto di umori.
Le diedi tanto cazzo quella sera, una gradita punizione, dicendogliene di tutti i colori, la prova del nove che stavamo facendo bene.
Ma non finì li ! La paura mi rimase, anche l’eccitazione per quel comportamento che avrebbe inevitabilmente condizionato la mia sessualità.
Ed il tecnico del computer? cosa avrebbe fatto? quel giorno mi raccontò che era imbarazzato, ingessato, ma anche eccitato.
Chissà che bella sega si sarà fatto ripensando alla troia che si era trovato davanti, a quelle tette che gli ballavano al minimo movimento a pochi centimetri dal viso e quei capezzoli per nulla celati dalla seta.
Però una cosa il tecnico la fece, le chiese il cellulare per poter comunicare direttamente in caso di necessità per problemi al computer. Lui lo chiese e lei glielo diede.
Mi fece leggere il messaggio ricevuto in cui la ringraziava del contatto…
Cosa sarebbe successo nei giorni seguenti? avrebbe trovato il coraggio di chiamarla?
Siamo stati in attesa, con stati d’animo diversi, ma in attesa.
Per giorni e giorni scopammo selvaggiamente nutrendoci del reciproco piacere per quanto era successo, con molte fantasie costruite su quella giornata ed anche sul tecnico del computer…….
Continua……
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