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Prime Esperienze

La mia iniziazione (cap.3)


di cagnettabianca
27.08.2013    |    24.902    |    5 9.6
"I suoi polpastrelli che stimolavano i miei capezzoli pizzicandoli e tirandoli fino a farli aumentare di consistenza..."
Il dottore, con estrema galanteria e gentilezza, sottobraccio accompagnava entrambe a tavola. Scostando la prima sedia faceva accomodare lei per poi dedicare a me la sua attenzione . Stretta forte per le braccia sentivo il suo fiato sul collo e il calore delle sue labbra che sfiorava il mio orecchio. Sussurando, con voce leggera ma determinata, emanava l’ordine di sedermi tenendo le gambe bene divaricate per tutta la durata del pasto. Imbarazzata per la vergogna, senza biancheria intima, coperta solo da quella che posso definire un’inguinale casacca scollatissima, offrivo ai presenti lo spettacolo del mio essere. Prendevo posto a tavola mentre una strana sensazione inondava i miei sensi quando la fighetta nuda incontrò il caldo e morbido velluto della poltroncina e i peli scomposti del mio pube ne facevano attrito. Un brivido risaliva il mio corpo partendo dalla punta dei piedi fino ad arrivare in cima alla testa, un calore inondava il mio viso mentre il peso dei mie chilogrammi pressava internamente sul plug. Impalata come uno spiedino avevo la sensazione che la punta di quel palo si fosse decisamente conficcata nella colonna vertebrale provocandomi il blocco di ogni movimento. Umiliata e sudata fissavo i miei due commensali con occhi supplichevoli, mentre il cuore come impazzito per la vergogna e il disagio non riusciva a placare l’agitazione dei suoi rintocchi. Muta speravo nella liberazione, nella pietà, nella comprensione, nella grazia , ma tutto fu vano.
La cena iniziava con un allegro brindisi augurale dedicato alla mia futura, nuova e lunga vita.
Il dolore e il bruciore, intanto, interessavano tutti i miei muscoli anali aperti già violentemente prima come un trapano che buca una parete , mentre i piedi costretti in quelle scarpe da un numero più piccolo ben presto persero la loro sensibilità. La scollatura posteriore era talmente profonda che quasi mostrava le toniche e alte chiappe che abbracciavano la base del plug. Essa, come una grossa e vorace ventosa, si fissava al povero e già martorizzato buco del culo tappandomi a dovere. Lo sfintere aderiva intorno alle dimensioni di quell’essere che sgranava il percorso, facendo spazio alla mazza siliconata, viscida e violenta che dilatava inesorabile lo stretto cammino del mio canale sessuale posteriore.
Mi sentivo psicologicamente devastata da quella terapia impostami improvvisamente e la mia razionalità non riusciva a spiegare il perché accettavo senza ribellarmi tutti i supplizi, le umiliazioni e gli ordini che mi venivano imposti. Avevo vergogna, paura e anche il respiro diventava a volte più pesante creandomi attacchi di panico.
Pensavo come reagire. Ribellarmi e fuggire o sottomettermi e accettare? Quale doveva essere il mio comportamento?
Il culo era in fiamme. Bruciava come un peperoncino sulla lingua che però, pensandoci bene, alla fine lascia sul palato il suo aroma piccante soddisfacendo e donando con generosità piacere al gusto.
Soffrivo, ma nello stesso tempo ero rapita da un sadico e sottile piacere che faceva pulsare la mia vulva, il mio clitoride e indurire i miei capezzoli. Non riuscivo a non emettere la mia eccitazione con la fuoriuscita continua di abbondanti fiotti viscidi e libidinosi che bagnavano la mia figa sconfinando anche tra le chiappe.
Combattevo dentro di me, ma nonostante le molteplici difficoltà mi sentivo coinvolta da quell’uomo che obbligandomi manovrava materialmente il mio corpo, il mio sesso e sottometteva la mia mente togliendomi ogni possibilità di ribellione. Annullando prepotentemente il mio volere era entrato a far parte della mia vita facendo breccia nella mia anima e io come una calamita me ne sentivo inconsciamente attratta.
Nella mia mente affioravano ancora i ricordi delle sue mani che aprivano le mie chiappe, le sue dita che giravano intorno al buco del culo e sicure affondavano stantuffandone l’interno per poi riuscire e allargare ancora l’entrata. I suoi polpastrelli che stimolavano i miei capezzoli pizzicandoli e tirandoli fino a farli aumentare di consistenza. Avevo ancora il segno dei suoi legacci che segnavano visibilmente la mia pelle e il ricordo del bruciore della sua cinghia che schioccando rumorosamente sulla mia figa arrestava il piacere.
Umiliata e tremante non proferivo parola, senza lamentarmi rimanevo il più possibile con il busto dritto e le gambe spalancate e bloccate lateralmente ai piedi della sedia. Il clitoride, ancora pulsante, trovava alla base il suo appoggio e ancora fuori misura si ricopriva dei morbidi e lunghi peli riccioluti che lo nascondevano, proteggendolo e accarezzandolo.
Battagliando nel mio inconscio reagivo dandomi un certo contegno, una fittizia parvenza serena e con un sorriso sulle labbra riuscivo a trovare una posizione adeguata a quel corpo estraneo ubicato dentro le mie viscere . Inarcando la schiena sporgevo le chiappe verso la spalliera. Trovavo così refrigerio a quel fuoco interno che bruciava intensamente tra le mie budella. Cercavo di tenere una postura più dritta possibile così come mi era stato imposto, ma quella posizione protendeva le tette in avanti offrendo, complice la vertiginosa scollatura, la vista del mio giovane balconcino. Due tette prosperose si offrivano al piacere dei commensali. Gonfie, sode e abbondantemente cresciute sin dai primi anni dell’adolescenza, facendo capolino, mostravano le larghe aureole rosa mentre i grossi capezzoli lunghi e dritti come chiodi cercavano di bucare la lucente e candida stoffa trasparente dell’abito.
Venivo osservata con particolare interesse da entrambi, sia nei movimenti e sia nella postura .
Ero sotto esame, carpivano i dettagli e studiavano il mio comportamento.
Passava il tempo i e l’atmosfera diventava gioviale e serena come una rilassante serata tra amici intorno a una tavola riccamente imbandita, con al centro una pietanza particolarmente succulenta e gustosa.
La mia verginità, la mia inesperienza e il mio candido carattere docile e remissivo era il piatto unico e prediletto che stimolava l’ interesse e intrigava le loro menti e in particolar modo quella di lui.
La terapia del dottore aveva preso inizio, mi era stata imposta ed io inconsciamente accettavo passiva sottoponendomi a tutte le regole.
Durante il pasto i discorsi si susseguivano su varie tematiche fino a concentrare esclusivamente l’attenzione sul mio corpo e il mio modo di essere. L’interesse verso di me prendeva morbosamente il sopravvento insieme a molteplici parole e suggerimenti che venivano dati a colei che in assenza del dottore avrebbe dovuto coadiuvarlo nella sua missione.
Spiegava che necessitavo di una specifica cura per quella terapia chiamata “BDSM”ed era fermamente convinto che alla fine avrei dato degli ottimi risultati.
Attonita ascoltavo tutte le sue parole e con coraggio alzavo gli occhi fissando i loro sguardi. Non riuscivo a capire tutto il discorso, ma rassegnata abbandonavo a loro il mio corpo e la mia mente per quel percorso che inconsciamente avevo già iniziato qualche ora prima senza rendermene conto.
Fiduciosa e muta accettavo umiliata ed inconsciamente bagnata deglutivo la saliva che si formava calda e schiumosa nella mia bocca e sulla mia lingua impedendomi di far uscire qualunque suono.
Mi sentivo strana e rimescolare internamente quando ogni qualvolta alzavo gli occhi ed incontravo lo sguardo profondo di quell’uomo che padroneggiando mi fissava con i suoi occhi neri provocandomi la fuoriuscita di fiotti vaginali che bagnavano viscidi e caldi la mia figa per poi assorbirsi nel morbido velluto della poltroncina.
Nel dopocena ci si trasferiva in salotto e veniva finalmente decisa la mia liberazione da quello strumento che per tutta la serata aveva trovato spazio nel mio deretano.
Lui si sistemava al centro del divano mentre la voce di lei umiliandomi nel mostrargli la poltroncina dove prima ero accomodata gli faceva notare l’alone dei miei succhi vaginali che avevano inzuppato la stoffa. Conducendomi per mano, mi posizionava davanti al dottore sfilandomi velocemente quel poco che indossavo.
Dondolante e tremante ancora su quelle scomode scarpe mi ritrovavo nuda e con le gambe divaricate davanti ai suoi occhi. Allungando la mano mi attirava a se afferrando con forza i peli del mio pube e con voce profonda e autorevole mi piegava verso il basso ordinando di non urlare e di assumere la posizione a quattro zampe.
Obbedivo dolorante e con le lacrime che rigavano le mie gote bevevo quelle gocce salate che si soffermavano calde sulle labbra mentre lo sguardo si fissava al pavimento.
Ero come un animale inerme ai piedi del suo padrone pronto ad essere addomesticato senza mezzi termini .
Il viso tra le sue gambe, mentre lei in piedi sistemava la mia posizione divaricandomi con forza ancora meglio le gambe in modo da offrire un’ottima vista della mia intimità. Le tette penzoloni sbattevano contro i polpacci del dottore e inarcavo obbligatoriamente ancora la schiena in modo da tenere alto il buco del culo ed esibire perfettamente da dietro anche la vista della fighetta.
La matrigna si allontanava dalla stanza per farne immediato ritorno con una specchiera per abiti, che sistemava minuziosamente proprio dietro di me facendoci riflettere dentro tutta la mia immagine. La visuale del mio corpo a pecora con le chiappe bene aperte, la figa bagnata, il clitoride e le tette penzoloni erano ben visibili allo sguardo frontale del dottore che faceva da regista.
Piegata come una fedele cagna, lui accarezzava la mia testa e mi bloccava il viso spingendolo sul suo cazzo. Lo sentivo eccitato. La forma lunga, grossa e dura emanava un forte odore acidulo che si propagava all’interno delle mie narici . Bloccata in quella posizione a lei dava il compito di manovrare dentro il mio culo il “plug”. Lo sentivo stantuffare ripetutamente tanto da provocarmi anche lo stimolo dell’espulsione dei miei escrementi .
Mi vergognavo da morire, l’umiliazione era immensa, credevo di non farcela ma sono riuscita a controllare i miei istinti trattenendo, se pur a stenti , la fuoriuscita delle mie feci.
La mia faccia affondava sopra i suoi grossi coglioni mentre ancora le sue mani bloccavano la mia testa dirigendola verso il suo cazzo eccitato che non vedevo ma ne sentivo la consistenza e l’odore. Duro come il marmo, lungo e grosso avevo la sensazione che pulsasse e volesse uscire da quella patta elegante e ben abbottonata e invadere la mia bocca fino a raggiungere la profondità della gola.
“Apri la bocca”…. diceva mentre lo spingeva dentro come volesse farmelo ingoiare con tutta la stoffa . Il mio respiro si alternava a momenti di apnea per quanto violentemente le mie narici andavano a tapparsi sul suo cazzo.
Lei intanto manovrava senza sosta il buco del mio culo. Mi sentivo tappata e stappata come una bottiglia di spumante che sbattuta fortemente fa fuoriuscire di colpo il suo liquido spumoso.
Il plug faceva attrito e rumoreggiava quando lei lo comprimeva e lo aspirava muovendolo dentro lo sfintere e tra le chiappe del mio culo. Alternava la sua attenzione anche allo stimolo della vulva. Mi allargava le grandi e piccole labbra, tirava il clitoride stringendolo forte tra le sue unghie. Sentivo ancora le sue mani massaggiare e spingere il mio pube, tirarne i peli e formare con i polpastrelli imbevuti dai miei succhi vaginali, dei cerchi concentrici all’altezza del clitoride.
Ansimante, bagnata ed eccitata come non mai mi veniva imposto l’appellativo di “cagna”.
"Ti piace… cagna, vero"?
"Grondi umori di piacere"!
"Sei in calore come una vera troia"!
"Hai bagnato anche la poltrona durante la cena"!
"Meriti di essere punita per il tuo comportamento inadeguato"!
Erano queste le affermazioni che squarciavano il silenzio intorno a me e umiliavano la mia sensibilità provocandomi uno stato di degrado e sottomissione.
Non volevo ammetterlo, ma quel trattamento annullava i miei principi. Mi aveva eccitata, mi coinvolgeva nel mio intimo, mi inondava di piacere ma nello stesso tempo mi umiliava e mi faceva sentire inferiore.
Remissiva, con il viso in fiamme, gli occhi bassi e il respiro affannoso annuivo abbandonando completamente la mia volontà.
Raggiunsi un orgasmo che mi stramazzava in terra facendomi emettere un urlo di piacere così forte da essere necessaria una sua mano a far da tappo alla mia bocca .
“Sei una troia”!
“Godi proprio come una cagna”!
“Sarai addestrata all’autocontrollo e all’obbedienza delle regole. Educata e istruita al giusto comportamento. Allenata e preparata all’uso del tuo corpo”.
Queste sono state le sentenze dettate subito dopo.
Rialzata e presa per mano, con il buco del culo slabbrato e infuocato, mi accompagnavano insieme in camera dove ancora grondante di umori vaginali venivo adagiata nuda sul mio letto e finalmente liberata anche da quel supplizio ai piedi.
Lei uscì dalla camera mentre il dottore sedutosi accanto passava la mano sul mio corpo soffermandosi alla mia fighetta ancora eccitata.
Inzuppò dentro le sue dita e portandole alla mia bocca forzò le mie labbra. Il suo dito medio abbassava la lingua e si faceva spazio tra la bocca raggiungendo la cavità della gola.
"Succhia......Assapora ......Ingoia......"
Erano queste le parole che mi dettava mentre i suoi occhi fulminavano la mia mente.
Bloccata per il collo fermava ogni mio movimento e mi toglieva quasi il respiro.
Scopava e violentava la mia bocca con il suo indice, provocandomi un conato di vomito.
Mi sentivo persa, non sapevo come fare.
"Controllati".....esclamò con voce forte e mi diede uno schiaffo.
Profondamente scossa da tutto quello che avevo subìto in quella giornata e dopo l'ultima ammonizione ebbi una reazione di pianto. Umiliata e sempre di più sconvolta chiusi gli occhi.
Sei deliziosa quando soffri e con la sua mano accarezzò il mio viso baciandomi sulle labbra.
“Sii puntuale e con la figa perfettamente depilata”…………queste furono le sue ultime parole prima di sparire dietro la porta.

……continua
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