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Prime Esperienze

Una domenica particolare - 1^ parte (Autobiografico)


di nanerottola
28.01.2022    |    16.635    |    32 9.7
"Passammo una mezz'ora stando in quella condizione; lui rilassato e sornione ed io fintamente abbioccata ma ricettiva a qualsiasi dettaglio fisico e non, che..."
Era il mese di giugno del 2012. Erano iniziate le vacanze estive. Le calde giornate afose iniziarono a farsi sentire. Molti amici del liceo erano partiti per il mare, chi dai nonni, chi dagli zii. Io invece ad Assisi, a casa da mia madre insieme ai nonni materni.
Ero fidanzata con Federico, un ragazzo 18enne di Bastia, anche lui figlio di separati. A differenza mia, lui viveva stabilmente con la madre e passava solo un weekend al mese con suo padre Alberto.
La nostra frequentazione durava da 5 mesi. Ci vedevamo durante la settimana e nei weekend, quando era possibile.
Capitarono alcuni weekend passati in compagnia a casa del padre Alberto, una persona accogliente, simpatica e molto comunicativa e di una ospitalità non indifferente.
Ci vedemmo la sera prima del weekend, che lui avrebbe trascorso a casa di suo padre.
Mi invitò a passarla con lui, dal padre.
Accettai l'invito.
Arrivò la domenica.
Federico mi venne a prendere sotto casa; prima di arrivare a casa di suo padre, ci fermammo a prendere dei dolcetti in pasticceria.
Giunti a casa, Alberto era alle prese con la preparazione del pranzo sapendo che sarei stata presente anche io con loro.
Dopo i convenevoli riti dell'ospitalità, oltre ai consueti complimenti che mi faceva quando ci vedevamo, si rivolse al figlio, dicendo:
"Federico, dai, prepara qualcosa, che facciamo un aperitivo".
Mi proposi, per rendermi utile. Lui sempre dedito alla preparazione della pasta al forno, disse:
"Ecco, le ragazze così mi piacciono, disponibili e propositive".
La cucina afosa tra il caldo del forno acceso e il caldo torrido che penetrava nella stanza dalla finestra, mi portò a raccogliermi i capelli con una pinza per capelli. Indossavo una canottierina bianca e una mini di jeans.
Lui si voltò per indicarmi lo sportello della dispensa dove prendere gli stuzzichini per l'aperitivo, e ci guardammo, scambiandoci un sorriso complice.
Anche le volte precedenti, che passai la domenica con loro (considerando che Federico è stato sempre riservato nella relazione con il padre), riuscivo ad avere una bella comunicazione con Alberto, relazione che creava una strana e bella energia.
Mi affascinava molto come uomo, per il suo essere giovanile, atletico ma allo stesso tempo distinto.
Lo trovavo un uomo estremamente misterioso e intuitivo nel suo modo di fare e ogni volta che capitava di stare insieme, si generava una bellissima alchimia relazionale.
Arrivò il momento di sederci a tavola.
Iniziammo a pranzare, e notai che Federico mangiava in maniera frettolosa, tanto che il padre, Alberto, lo richiamò, invitandolo a mangiare più lentamente.
"Federico, ma che maniera è di mangiare!!??" disse il padre.
"Pà, sono già le 13:00 e devo sbrigarmi, perchè per le 14:00 devo stare stare al circolo che alle 16:00, devo disputare la partita di calcetto" rispose lui.
Udita quella risposta, lo guardai e non potetti fare a meno di stare zitta.
"Ma come Federico!!??"
"Scusami, adesso mi dici che devi andare a giocare??"
"Se avessi saputo che dovevi andare a giocare non sarei venuta".
Alberto, il padre si irritò, appena vide che questa cosa mi turbò, non poco.
"Va bene Federico, allora mi riaccompagni a casa", dissi io.
Alberto, intervenne e disse:
"No!?, adesso tu rimani, finisci di pranzare, e poi ti riaccompagno io a casa".
Nel frattempo Federico, incurante di tutto ciò, andò in bagno a lavarsi i denti, prese il borsone del calcetto, e frettolosamente, si avvicinò, mi diede un bacio furtivo, salutò il padre e uscì di casa.
Rimasi molto scocciata di questo atteggiamento.
Alberto, mi invitò a non dare importanza all'episodio e di continuare serenamente a pranzare.
Continuammo a pranzare.
Nel mentre si pranzava, Alberto esordì:
"Non dovrei nemmeno dirlo, ma sei una ragazza in gamba".
"Tu meriti un ragazzo più responsabile".
L'episodio accaduto fu motivo di confronto tra me e Alberto.
Essendo rimasti soli, Alberto, si concesse uno sfogo confidenziale.
"Federico non è un ragazzo che predilige il dialogo con i genitori".
"Lui conosce solo il - mi devi dare - , - dammi -, -fammi -."
"Purtroppo la madre gestisce maggiormente la quotidianità di Federico e ne è responsabile".
"Tu sei una ragazza con valori diversi, pur essendo più piccola di lui, hai una testa più matura".
"E ripeto non dovrei dirlo, ma per te ci vuole un altro tipo di uomo":
Continuammo a chiacchierare del più e del meno.
Nel frattempo finimmo di pranzare.
Mi resi utile a sparecchiare la tavola e lavare i piatti.
"Allora, se tu lavi i piatti, io preparo un bel caffè così poi ci scorpacciamo i pasticcini che hai portato", mi disse.
Si era creata una bella condivisione, io e Alberto ci dividevamo equamente le attenzioni.
Terminai di lavare le stoviglie.
Intanto il caldo afoso dell'ora di punta, iniziava a farsi sentire anche dentro casa; il sole rovente penetrava nella stanza, tanto da provvedere ad abbassare la tapparella per creare una giusta penombra ed attutire la calura.
Alberto attendeva la risalita del caffè, appoggiato al top della cucina, io sopraffatta dal senso di affaticamento del dopo mangiato, mi sedetti sul divano.
Scusandomi con Alberto, mi tolsi i sandali infradito per restare con i piedi nudi e sentire il fresco del pavimento.
"Séntiti come se fossi a casa tua", mi disse.
Lo guardai e gli sorrisi come espressione di consenso al suo invito.
"Oggi sono molto contento, di aver pranzato insieme e di esserci intrattenuti a raccontarci", mi disse.
"Lo stesso anche io, Alberto", risposi.
Ci scusammo reciprocamente, dei nostri sfoghi personali.
Intanto, in attesa del caffè, presi possesso del divano, quasi sbracata e in barba alla compostezza.
Mi sentii proprio come se fossi sul divano di casa mia.
Guardavo Alberto, a torso nudo, mentre versava il caffè nelle tazzine, con premura e con eleganza. Del resto, portava bene l'età.
Era pur sempre di una trentina di anni più grande di me, ma il suo modo elegante e sportivo, mi affascinava.
Era di fronte a me, dall'altra parte del tavolo. mi guardò e strizzandomi l'occhio, mi chiese quanto zucchero avessi gradito nel caffè.
"Alberto, 2 cucchiaini, grazie!!", risposi.
"Piccola, ma tu prendi lo zucchero non il caffè!!!", disse ridendo.
"Alberto, addolciamoci la vita che spesso è amara", dissi sorridendo.
Prese il vassoietto, con sopra le due tazzine di caffè e girò il tavolo per venirsi a sedere sul divano di fianco a me, per gustraci il caffè.
Io mi girai, verso di lui, complimentandomi per la gentilezza e la cortesia.
Presi la tazzina del caffè dal vassoietto, e vidi che lui aveva lo sguardo fisso tra le mie gambe.
Non mi accorsi che, girandomi verso di lui, sempre con quella scompostezza come se fossi di casa, la mia minigonna di jeans, era un pò risalita e quindi con disinvolta inconsapevolezza, mostravo le mie zone intime e le mutandine.
Sorseggiai il caffè.
Mi chiese: "Com'è venuto?"
"Buono Alberto, mi piace, è buono", risposi.
Mi caddero gli occhi sulle sua bermuda e notai un turgore notevole sotto la patta.
Tra me e me pensai: "Si sarà eccitato guardando le mie velate fattezze".
Provai un leggero imbarazzo con me stessa, ma l'interesse di guardare la patta delle sua bermuda, cresceva.
Ricordo che il cuore mi batteva forte mentre procedevamo in silenzio nell’ombra afosa della stanza a bere il caffè.
L’unica cosa che riuscivo a pensare in quel momento, era l'interesse per il turgore tra le sue gambe.
" Stai calma con i pensieri" - Ti prego stai calma con i pensieri" , ripetevo a me stessa come un mantra, e più ci pensavo, più sentivo l’eccitazione scorrermi nelle vene.
Finimmo di bere il caffè. Poggiammo le tazzine vuote. Presi un piccolo bignè alla crema dal vassoietto.
Mentre mangiavo il pasticcino, iniziai a giocare con la lingua gustando la crema, e fortuitamente mi cadde una piccola quantità di crema su una gamba.
"Ops!!", esclamò lui!!!
Io sorrisi, e con un dito recuperai la crema caduta sulla mia coscia portandomela alla bocca, e nel fare questa operazione, divaricai di più le gambe, per mostrargli in maniera più sfacciata le mie parti intime.
"Hai delle belle gambe", mi disse.
Nel mentre, si alzò dal divano, per depositare le tazzine nel lavandino e con aria soddisfatta, mi chiese: "Ti da fastidio se fumo una sigaretta? - Dopo il caffè è d'obbligo!!"
"No Alberto, tranquillo... il fumo non mi da fastidio", risposi.
In piedi, davanti alla finestra, con la tapparella abbassata, si accese la sigaretta e stiracchiò le braccia, gonfiando il torace e accarezzandosi la pancia, esclamò:
"Madooò quanto ho mangiato!!!"
Intanto i miei occhi, tornarono a guardare la patta delle sue bermuda, che in quel movimento di stiracchiamento, mostrava in maniera più evidente quel turgore che attivava sempre di più pensieri lussuriosi.
Ero divertita della situazione che stavo vivendo.
La cosa che più mi imbarazzava, nonostante mi sentissi sempre più a mio agio, era che il turgore si mostrasse sempre più evidente. Mi ero ormai abituata alla vista della fisicità di Alberto, ma bastava un gesto, un movimento, che mostrasse il suo "pacco" tra le gambe a farmi aumentare il sangue nelle vene.
A un certo punto, decisi di scegliere la via della libertà e della sincerità per i miei pensieri e per le mie emozioni.
Lui sempre in piedi, che fumava davanti alla finestra, ed io con molta disinvoltura, scivolai sbracata sul divando, ponendo tutta la mia intimità alla sua visione.
Ormai aveva davanti ai suoi occhi le mie intimità coperte dalle mutandine.
Sempri intenti a chiacchierare del più e del meno, con molta disinvoltura mi portai la mano alla radice della coscia come a volermi grattare un punto preciso e feci in modo di scostare un pò le mutandine cercando di mostrargli in maniera sbadata e disinvolta la mia fighetta.
Mi guardava con interesse.
Fece l'ultimo tiro di sigaretta e si accinse a spegnerla sotto un getto d'acqua del lavandino.
Venne per sedersi nuovamente sul divano, ed io cercai di ricompormi in modo tale di fargli posto a sedere.
"Tranquilla, se vuoi, puoi ridistendere le gambe", mi disse.
Mi prese e condusse lui stesso le gambe adagiandole sulle sue.
Poggiò la testa all'indietro sullo schienale del divando, fissando il soffitto e si passò una mano sulla testa esclamando: "Ammazza che afa oggi!!"
Con voce sommessa, come di chi sta per cadere in preda al sonno, risposi:
"Me stà venì sonno!!"
Non era affatto vero, decisi di far finta di abbioccarmi.
Ero ormai entrata in una dimensione di non ritorno, sentivo il sangue che correva nelle vene, avevo il cuore a mille, mentre percepivo attraverso le mie gambe, il suo cazzo gonfio sotto i pantaloni.
Chiusi gli occhi e girai la testa come a voler trovare la posizione comoda per favorire il riposo e feci in modo di divaricare un pò le gambe con l'intento di mostrare le mie parti intime.
L'atmosfera era pervasa da un silenzio tipico di un afoso pomeriggio estivo, nessun rumore che potesse provenire dall'esterno, c'era solo il ticchettio dell'orologio a muro nella stanza, che scandiva il tempo.
Alberto fece dei movimenti con il corpo come a volersi sistemare meglio per concedersi anche lui il sonnellino pomeridiano.
Approfittai di quel suo movimento per aprire ancora di più le gambe.
I nostri respiri, quasi sincronizzati si percepivano nella quiete di quel rilassante silenzio.
Sentii la sua mano che dolcemente si appoggiò sul mio ginocchio che poggiava proprio sul suo "pacco" che, percepivo in tensione e pulsante, sotto la leggera pressione esercitata dalla sua mano, sul mio ginocchio.
Ogni tanto sollevavo lentamente le mie palpebre e con sguardi furtivi cercavo di guardare la sua figura.
Lui teneva gli occhi chiusi, con il capo reclinato all'indietro adagiato sulla spalliera del divano, ma aveva un’aria sorniona, come se sapesse che lo stessi guardando e che non potessi farne a meno.
Per me era tutto incredibilmente piacevole.
Pensavo a Federico che era alle prese con il calcetto e allo stesso tempo fantasticavo sulla situazione che stavo vivendo con Alberto, eccitandomi come una matta.
Passammo una mezz'ora stando in quella condizione; lui rilassato e sornione ed io fintamente abbioccata ma ricettiva a qualsiasi dettaglio fisico e non, che potessi percepire.
Ben presto quella situazione venne disturbata dalla suoneria del cellulare di Alberto.
"Uffaaa!!!!..."
"Te pareva che qualcuno non doveva rompere le balle!!!!", esclamò a mezza voce.
Si dovette alzare dal divano per andare a rispondere al cellulare e nel farlo si premurò di alzarsi delicatamente, spostando le mia gambe delicatamente, come a voler non disturbare il mio sonnellino.
Io incurante di tutto, mi abbandonai alle sue accortezze.
Rispose al cellulare, con il tono di voce di una persona assonnata.
"Ciao... Sì, sono sul letto che stò riposando, con questo caldo impossibile andare a giro", giunse dalla sua voce.
"Sì, va bene, tranquillo!!!!.... ci si risente stasera", e chiuse la telefonata.
In quel frangente della telefonata, mi sistemai sul divano in posizione fetale, feci salire un pò la minigonna mettendo più in evidenza il mio "lato b", abbracciando il cuscinetto sotto la testa, come se fossi in preda ad un sonno profondo.
I suoi passi a piedi nudi sul pavimento sempre più vicini, mi facero capire che era tornato in soggiorno.
Sentii aprire lo sportello del frigo e il rumore di bottiglia mi fece intuire che si stesse dissetando, vista la calura.
Si risedette sul divano, ai miei piedi, ma questa volta aveva il mio lato b ampiamente esposto alla sua vista.
"Mammamiaaa!!!!... cazzo!!!... bel culetto che hai bimba bella", confabulò a bassa voce.
Emise un sospiro, che mi arrivò netto nelle orecchie.
Nella stanza tornò la quiete che vigeva fino a prima della telefonata.
Pur stando ad occhi chiusi, abbandonata in un finto sonno, non potendo avere la visione di ciò che accadesse, iniziai a respirare in maniera profonda, circolare e continua, proprio come il tipico respiro del rilassamento profondo.
Non passò molto tempo, che sentii il rumore della zip delle bermuda abbassarsi lentamente accompagnato da un sospiro di piacere.
Non potei vedere ciò che stesse accadendo e la mia mente iniziò ad immaginare l'immaginabile.
Un onda di calore mi pervase il basso ventre.
Passarono dei minuti e iniziai a sentire dei movimenti che si trasmettevano a tutto il divano.
I miei sensi si acuirono.
Ero eccitata da morire, perchè pur non vedendo percepivo che si stava masturbando.
Istintivamente, muovendomi lentamente, come se volessi cambiare posizione nel sonno, portai una mano sul culetto per sfregarmi una sede ben precisa. Quel movimento, fu l'occasione perfetta per spostare le mutandine, mostrando ciò che era nascosto sotto.
Rimasi così per un bel pò.
Sentii che lentamente, si alzò dal divano, mormorando qualcosa, ma non capii cosa.
Il suo piacere divenne incontrollabile dai gemiti che cercava di attutire, dai respiri affannosi che cercava di silenziare e dal suono della mano che forsennatamente masturbava il suo cazzo.
Nel piacere coinvolgente per la mia mente, avvertii il suo orgasmo liberatorio; lo strappo della carta scottex e il suo fiatone, che lentamente si fece sempre più lontano dal mio udito, mi fecero capire che era venuto.
Lo sentii allontanarsi dalla stanza. Si recò in bagno perchè pochi minuti dopo, udii il suono scrosciante dell'acqua della doccia.
Quando tornò in soggiorno, io mi feci trovare ricomposta e un pò stralunata come se mi fossi appena destata dal sonno.
Stiracchiandomi lo guardai e dissi: "Mi sono addormentata, non me ne sono manco accorta".
"Anch'io mi sono concesso un sonnellino", mi rispose.
"Troppo caldo, mi sono andato a fare una bella doccia rinfrescante", aggiunse.
"Che dici??.. ci beviamo qualcosa di fresco e ci mangiamo un altro pasticcino??", mi disse.
Approvai la bevanda e il pasticcino, mentre mi rimettevo seduta sul divano sistemandomi i capelli.
Tutto quello che accadde fino a quel momento, per me fù come un sogno.
Ero colma di desiderio, e allo stesso tempo di frustrazione, per il semplice fatto di non aver potuto vivere fisicamente ciò che avevo percepito da lui e ciò che avevo vissuto dentro con l'immaginazione.
Gustammo la bevanda fresca insieme al pasticcino, chiacchierando del più e del meno.
Gli dissi: "Alberto se non ti scoccia, puoi riaccompagnarmi a casa?".
"Daiii....rimani!!!....Aspetta Federico, così ti riaccompagna lui", rispose.
"Sinceramente, posso fare a meno di aspettarlo, visto che non si è preoccupato di passare la domenica con me, preferendo la partita di calcetto", risposi.
"Anzi, se avessi saputo prima, di come avrei trascorso questa domenica, sicuramente avrei scelto di andarmene in piscina!!", aggiunsi mentre avevo lo sguardo verso il basso..
Alberto si diresse verso di me, mi si sedette affianco sul divano, mi accarezzò i capelli e mi disse:
"Non dare troppa importanza ai comportamenti di Federico, tu stai dieci passi avanti".
"Sarà!?", risposi.
Aggiunse: "Io invece sono stato contento di aver pranzato con te, - Ti posso dare un bacio?".
Sollevai gli occhi, lo guardai e gli restituii un cenno di assenzo, per non essere maleducata.
Mi avvolse con un braccio in maniera maliziosa e mi diede un bacio sulla tempia.
Fui pervasa da quel calore che già avevo avvertito più volte.
Mi disse: "Domenica prossima, ti va di venire con me?, Ce ne andiamo al mare!?"
E aggiunse: "Tanto Federico, sò che lavora!!!"
Una scintilla di rabbia si accese nella mia testa, ripensando all'accaduto, e senza esitazioni dissi:
"Si mi piacerebbe!!"
"Affare fatto", mi rispose.
"Però non diciamogli nulla a lui, che questa cosa rimanga tra noi due", gli dissi.
E aggiunsi: "Se mi dovesse chiedere cosa farò domenica, gli dirò che andrò al mare con qualche amica".
Annuì, con un sorriso di complicità e mi accarezzò la mano che avevo poggiato sul suo braccio.
Si alzò dal divano, pieno di Sè, e mi disse: "Indosso una maglietta e andiamo , ti riaccompagno".
Durante il tragitto in macchina, concordammo le indicazioni per poterci sentire e organizzarci, per andare al mare.
Giunta a casa, tanti pensieri contrastanti mi invasero la mente.
Ascoltai i miei pensieri e diedi un nome alle emozioni che avevo vissuto fino a poche ore prima e conclusi con me stessa che, valeva la pena passare una domenica al mare con Alberto.
Ero sicura che avrei vissuto una esperienza piacevole.
Del resto con Alberto i segnali di interesse mentale e fisico erano molti e sapere di essere stata il piacere del suo godimento, mi faceva già fantasticare.
Pur non essendo sicura che avremmo potuto addentrarci nella nostra intimità, provare non sarebbe costato nulla, anzi, sarebbe potutto essere interessante non solo per me, ma anche per lui.
Non vedevo l'ora che arrivasse nuovamente domenica.

(fine 1^ parte)
by Nanerottola
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