trio
Onde di piacere


15.05.2025 |
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"Quando lui cominciò a penetrarla da dietro con le dita, sentii la sua gola stringermi..."
Avevo pianificato ogni cosa. Con cura, con desiderio, con pazienza. L’avevo lasciata nel mistero, senza spiegarle nulla. Solo un messaggio, semplice, preciso:“Vestiti elegante, ma sentiti libera.”
Sapevo che avrebbe capito.
E quando uscì dalla stanza, mi accorsi che lo aveva fatto. Completamente.
Indossava un abito color crema, lungo, morbido, con spalline sottili che sembravano fatte per essere scivolate via. Il tessuto accarezzava il suo corpo senza coprirlo davvero. Ogni passo faceva ondeggiare il seno, nudo, libero sotto l’abito. Nessuna traccia di reggiseno. Nessun bordo. Nessuna interruzione alla pelle.
E qualcosa nel modo in cui camminava, sicura, sensuale, mi fece intuire — anzi, sperare — che sotto non ci fosse nemmeno un paio di slip.
Mi guardò un secondo, poi si morse piano il labbro.
Sapeva perfettamente quello che stava facendo.
La condussi senza spiegazioni verso l’auto. Il tragitto fu silenzioso. Le sue gambe si accavallavano lentamente accanto a me, il profumo della sua pelle mi entrava nei polmoni come un veleno dolcissimo.
Il ristorante si affacciava direttamente sulla spiaggia. Tavoli all’aperto, luci basse, vento tiepido che accarezzava i bicchieri. Il tramonto incendiava l’orizzonte. Ci fecero accomodare a un tavolo appartato, vicino all’acqua. Solo noi e il suono del mare.
Lei era bellissima. Più del solito. Brillava.
Le versai del vino bianco. Bevemmo in silenzio. Parlammo poco. Il desiderio cresceva in ogni gesto. Le sue dita giocherellavano con il bordo del bicchiere, tracciavano cerchi. Le sue gambe si allungavano sotto il tavolo. Ogni tanto mi sfiorava. Per caso. O così fingeva.
Poi lui arrivò.
Alto, sicuro. Indossava un abito scuro, elegante ma disinvolto, la camicia bianca sbottonata quel tanto da lasciare intravedere il petto scolpito. Camminava con naturalezza, consapevole degli sguardi che attirava.
Si avvicinò al tavolo, ci salutò con voce calda.
«Posso unirmi a voi?» chiese, ma lo fece già tirando fuori la sedia.
Lei lo guardò, sorpresa. Poi mi lanciò uno sguardo, silenzioso, come a chiedere se fosse davvero parte del gioco.
Le risposi con un cenno, un sorriso, un brindisi.
Lui si sedette accanto a lei. Le parlava con voce bassa, quasi ipnotica. Si era voltata completamente verso di lui, le gambe accavallate, il corpo aperto. Si sfioravano già: le mani che si toccavano per caso, le dita che si rincorrevano intorno al bicchiere.
Io osservavo. Bevevo lentamente, assaporando ogni cosa.
Lui le passava una ciocca di capelli dietro l’orecchio. Le accarezzava il braccio nudo. Lei sorrideva, e ogni tanto mi guardava. C’era dentro. Totalmente.
Quando finimmo di cenare, mi alzai.
«Facciamo due passi?»
Fu lui a prenderle la mano. Lei non disse nulla. Si lasciò guidare. Io li seguii, a pochi passi. Camminarono verso la spiaggia. La sabbia era tiepida sotto i piedi nudi. La luna rifletteva sull’acqua, che si muoveva piano, come a invitarci.
A un tratto lui si fermò. Si voltò verso di lei, le prese le mani, le baciò il polso. Lei tremò appena.
Poi le sollevò le braccia con lentezza, come a scioglierla. Le dita scivolarono lungo le spalle, giù verso le spalline dell’abito. Le fece scendere, centimetro dopo centimetro.
Il vestito scivolò giù, silenzioso, come se anche lui sapesse che quel corpo meritava di essere visto così: nudo.
Lei rimase lì, immobile, nuda sotto la luna. I seni pieni, i capezzoli tesi per il freddo e l’eccitazione. Il ventre piatto, le gambe forti, morbide. Il suo sesso rasato, lucido di desiderio, brillava nella luce lunare. Un’immagine che mi bruciò dentro.
Lui si spogliò a sua volta. Non con fretta. Ma con desiderio evidente. Il suo corpo era teso, perfetto. Il sesso già duro, imponente. Lei lo guardava, morsa al labbro, con gli occhi affamati.
Mi voltò un attimo lo sguardo, incrociò il mio. E io le feci solo un cenno.
Vai.
Lui le prese la mano, e insieme entrarono in acqua.
Io rimasi sulla riva. Seduto. Il cuore che batteva forte. Il sesso duro, imprigionato nei pantaloni. Ma non provavo rabbia. Solo eccitazione. Estrema.
Li vedevo immersi fino alla vita. Le onde li accarezzavano. Le sue braccia intorno a lui, il suo corpo che si muoveva a scatti, lentamente.
Non si vedeva tutto, ma bastava immaginare. Ogni gesto, ogni onda, ogni sussurro trasportato dal vento.
Li stavo guardando scopare in acqua.
E lei… era bellissima.
L’acqua li accoglieva, calda, viva. Lei lo abbracciava, le braccia intorno al suo collo, il corpo aderente al suo, nudo.
La luna li illuminava quanto bastava per lasciare che l’ombra facesse il resto. Ma bastava poco per immaginare.
Vidi il momento esatto in cui lui la penetrò. Lei si sollevò leggermente, le gambe intorno ai suoi fianchi, il bacino che si abbassava lentamente. Il suo respiro divenne più rapido, e il suono dell’acqua cambiò.
Io potevo solo guardare, ma non mi mancava niente. Il piacere era reale, crudo, presente. Ero lì con loro, anche se non li toccavo.
Lei si muoveva lenta, ondeggiava sopra di lui. Il suo seno emerse appena dalle onde, scosso dai movimenti. Il collo piegato all’indietro, la bocca semiaperta, i suoi gemiti soffocati dalla notte.
Lui la teneva stretta, le mani sui suoi fianchi, guidandola, affondando dentro di lei con lentezza e forza. Ogni spinta la faceva fremere.
Il ritmo aumentava. Le onde si rompevano dolci contro le loro schiene, mentre il loro desiderio si faceva più sfrenato.
Io ero seduto, il cuore martellava. La mia eccitazione era feroce. Mi sbottonai i pantaloni lentamente, senza distogliere lo sguardo. Il mio sesso era teso, caldo. Iniziai a toccarmi mentre li guardavo. Lei si lasciava scopare con una fame che non le avevo mai visto. E io la stavo offrendo. Era mia, ma la stavo condividendo.
E in quel gesto c’era qualcosa di estremamente potente.
Dopo qualche minuto, uscirono dall’acqua. Camminavano nudi nella sabbia, i corpi bagnati, brillanti. Lei tremava leggermente, ma non per il freddo: tremava per ciò che sentiva dentro. Perché non era finita.
Quando arrivarono da me, lei si inginocchiò. Non disse nulla.
Mi guardò. Poi abbassò lo sguardo. Mi liberò il sesso con delicatezza, come se avesse bisogno di sentirmi. E lo prese in bocca.
Le sue labbra erano morbide, calde, ancora intrise di piacere. Mi succhiava con lentezza, affondando sempre di più, fino a farmi tremare.
Lui si inginocchiò dietro di lei. Le accarezzò i fianchi, poi le spinse le ginocchia un po’ più larghe. La sua lingua esplorò le sue pieghe da dietro, poi scese più in basso. Lei gemeva con il mio sesso in bocca. Un suono soffocato, animalesco. I suoi occhi pieni.
Mi prendeva tutta, affamata. Ma il suo corpo era aperto dietro, acceso.
Quando lui cominciò a penetrarla da dietro con le dita, sentii la sua gola stringermi. Stava godendo di nuovo. Stava perdendo il controllo.
E io lo adoravo.
Le mie mani le afferravano i capelli, le guidavano la bocca, sempre più in profondità. Il mio respiro diventava più veloce, sentivo l’orgasmo salire, e volevo trattenerlo. Ma era difficile. Troppo.
Lei lo sentì, si staccò un attimo, con un filo di saliva che colava dalle labbra.
«Aspetta…» sussurrò. «Dentro. Voglio sentire entrambi.»
Si sdraiò sulla sabbia, le gambe aperte. Mi tirò sopra di sé, guidandomi dentro.
La penetrai con un colpo solo. Era calda, bagnata, stretta. Ancora pulsante. Lei urlò piano.
Poi lo guardò.
«Vieni anche tu.»
Lui si avvicinò, si inginocchiò dietro di lei, le sollevò le gambe, le accarezzò i glutei. Le sputò sopra, le aprì lentamente. Le sue dita la preparavano, ma lei era già pronta. Il suo corpo si piegava verso di me, mentre io le stringevo i fianchi e affondavo dentro di lei sempre più a fondo.
Quando lui la penetrò dietro, lentamente, lei gridò.
Non per dolore.
Perché in quel momento era completamente piena.
Io davanti. Lui dietro. Lei nel mezzo, tremante.
I nostri corpi si muovevano insieme. Le sue mani affondavano nella sabbia, il suo viso era piegato di lato, le labbra gonfie di piacere.
Ogni spinta la faceva vibrare. Le nostre spinte alternate, poi unite. Entravamo e uscivamo insieme. Era un’onda continua. Lei non parlava più. Non gemeva più. Era completamente abbandonata. Aperta. Posseduta.
E io non avevo mai sentito nulla di così potente.
Quando lei venne, lo fece con tutto il corpo. Si contrasse, si irrigidì, e poi tremò. Scoppiò in un grido rotto. Un orgasmo lungo, lento, che la attraversò in onde. Io la guardavo, ancora dentro. Lui pure.
Ma nessuno si fermò.
Io fui il primo a venire. Con un gemito trattenuto, le affondai dentro con forza e rilascio. Sentii il mio seme riempirla. Sentii il suo corpo rispondere, ancora scosso.
Poi lo sentii gemere dietro di lei, un suono profondo. Lui si ritrasse appena prima di venire. Lo vidi sporcarsi la mano, il suo piacere colare lento sulle sue dita. Lo passò poi sulla sua schiena, lentamente, come a sigillare tutto.
Lei si lasciò cadere nella sabbia. Esausta. Il respiro spezzato. Le labbra socchiuse, i seni che salivano e scendevano.
Ci guardò entrambi. E sorrise.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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