Lui & Lei
Il profumo del Gin Tonic - finale

20.04.2025 |
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La prese con forza, afferrandole i fianchi e spingendosi dentro con uno slancio profondo..."
Passarono alcune settimane. Luca e Eleonora si vedevano con regolarità, ma sempre lontani dagli sguardi indiscreti. Il loro legame si stava trasformando in un rituale, fatto di attese, di messaggi lasciati con sottintesi, di giochi mentali che anticipavano l’incontro.Una sera, Eleonora lo invitò di nuovo. Ma al suo arrivo, la porta era socchiusa e dentro l’appartamento le luci erano più basse del solito. Nessuna musica. Solo silenzio e il battito del cuore di Luca che accelerava.
Entrò. La trovò in piedi al centro del soggiorno, vestita con un completo in seta nera, aderente e provocante. Tacchi. Collana lunga che scivolava tra il seno. Occhi fissi su di lui.
«Stasera non parliamo. Stasera impari solo a seguire», disse, con un tono più scuro, più deciso.
Luca si fermò. C’era qualcosa di diverso in lei. Più dominante. Più esigente. E questo lo eccitava. Lo spogliò con lo sguardo, e poi con le mani, lente ma autoritarie.
«Spalle dritte. Guarda avanti.»
Gli tolse la maglietta, poi i jeans. Luca era già duro, la sua eccitazione evidente, ma non osava toccarsi. C’era qualcosa in quel suo sguardo che gli imponeva rispetto.
Eleonora lo fece sedere su una poltrona, e poi gli si mise sopra, senza fretta, sfiorandolo appena con le gambe, la bocca vicinissima al suo orecchio.
«Sai cosa mi eccita, Luca?» sussurrò. «Vedere un uomo trattenersi. Vedere il suo desiderio crescere mentre io comando il ritmo.»
Poi si abbassò lentamente e lo prese in bocca. La sua lingua era esperta, calda, decisa. Ogni gesto era una provocazione, una tortura dolce. E ogni volta che Luca gemeva o si muoveva, lei si fermava.
«No. Non ancora. Voglio che tu resista. Voglio che tu mi chieda il permesso.»
Lui ansimava, trattenuto, in una tensione elettrica e meravigliosa.
«Ti prego…», sussurrò, mentre le dita si chiudevano sul bracciolo della poltrona. «Fammi venire… non resisto più.»
Eleonora si sollevò, e lo guardò dritto negli occhi.
«Solo se mi dici quanto mi desideri. Ma senza pudore. Senza vergogna.»
Luca, preso, senza più filtri, glielo disse. Tutto. Le parole uscivano dalla gola piene di fuoco. Le disse che la voleva, che sognava di toccarla ogni notte, che non riusciva più a masturbarsi senza pensare a lei.
E lei, sorridendo soddisfatta, si inginocchiò di nuovo, lo prese dentro di sé con la bocca e questa volta non si fermò finché non lo vide cedere, tremare, gemere il suo nome in un’estasi trattenuta troppo a lungo.
Quando si alzò, si pulì le labbra con eleganza, e lo guardò con quel solito sguardo ironico e magnetico.
«Bravo. Hai imparato una lezione fondamentale: il controllo può essere molto più eccitante dell’istinto. E io ho ancora molto da insegnarti.»Luca cominciava a conoscere Eleonora. O almeno, pensava di farlo.
Quella sera trovò sul tavolo una scatola nera. Sopra, un biglietto scritto a mano con una calligrafia elegante:
“Stasera si gioca. Obbedisci, e forse… sarai ricompensato.”
Aprì la scatola: dentro, un foulard di seta rossa, manette rivestite in velluto, e una piccola clessidra.
Sentì un brivido lungo la schiena.
Lei uscì dalla stanza a passo lento, con indosso una camicia bianca leggermente sbottonata, gambe nude, e un sorriso da gatta.
«Sai cos’è il tempo, Luca?» chiese, prendendo la clessidra e iniziando a girarla. «È il nostro peggior nemico... o il miglior afrodisiaco.»
Luca la guardava, ipnotizzato.
«Hai dieci minuti. In dieci minuti puoi toccarmi… dove vuoi. Ma solo con la bocca. Se usi le mani, perdi il turno.»
Lo sfidava apertamente. E lui, duro come il marmo già solo all’idea, si inginocchiò davanti a lei con devozione.
Iniziò a baciarle le ginocchia, poi l’interno coscia, salendo con lentezza. Sentiva il calore di lei pulsare sotto quella camicia. Lei si lasciava andare, ma a ogni bacio più audace, sussurrava:
«Attento. Sei vicino al limite. E a me piace vedere un uomo tremare mentre cammina sul filo.»
Ogni gemito di lei era un premio. Ogni pausa, una tortura.
Quando la clessidra finì, Eleonora lo afferrò per i capelli e lo tirò su.
«Ora tocca a me giocare.»
Lo fece sdraiare sul letto e gli legò i polsi con il foulard, poi si sedette sopra di lui, senza togliersi nulla.
«Dimmi, Luca. Se potessi assaggiare una sola parte di me… quale sarebbe?»
Lui sorrise, già arreso. «Quella che mi neghi sempre.»
Lei rise, bassa e sensuale.
«Allora sarà l’ultima che ti concederò.»
Iniziò a muoversi sopra di lui, sfiorandolo solo con il bacino, senza lasciarlo entrare. Il contatto era minimo, ma sufficiente per farlo impazzire.
«Sai cos’è la frustrazione, Luca?» sussurrò mentre si muoveva lentamente. «È un’arte. Una danza. E io sono una maestra.»
Ogni volta che lui cercava di spingersi verso di lei, Eleonora si sollevava appena, lasciandolo in sospeso.
«Ti insegnerò a mendicare con eleganza. A godere del quasi.»
Alla fine, lo cavalcò con una lentezza spietata, tenendolo fermo, senza dargli il ritmo che cercava. Era lei a decidere. Sempre.
«Solo quando ti vedrò perso, totalmente mio… allora ti darò tutto.»
E quando lo fece, fu un’esplosione trattenuta troppo a lungo. Luca gridò, non più per il piacere, ma per la resa totale.
Eleonora si lasciò andare subito dopo, graffiandogli il petto con le unghie, mentre gemeva il suo nome come un sussurro sacro.Luca ha imparato. Ha assorbito. E adesso… inizia a giocare anche lui. Sarà più sicuro, più audace, più dominante. Preparati a una svolta più esplicita, piccante, e coinvolgente.
Era una sera diversa. Eleonora entrò in casa sua con la solita eleganza, ma c’era qualcosa di nuovo nell’aria. Forse il modo in cui lui la guardava. Meno ragazzo. Più uomo.
Appena chiuse la porta, lui la bloccò contro il muro. Con dolcezza, ma senza esitazione.
«Stasera comandi tu?» chiese lei, ironica.
Luca si avvicinò al suo orecchio. «No. Stasera tu impari a chiedere.»
Le slacciò la giacca con un gesto deciso. Poi le tirò su la gonna e la fece girare, schiacciandola con il bacino contro la parete. Le sue mani erano più forti, più sicure. E le dita già esploravano sotto le sue mutandine sottili.
«Bagnata. Bastava uno sguardo, eh?»
«Forse», rispose lei, ansimando.
«No. Non forse. Sì o no.»
«Sì…»
Luca la infilò con due dita, lentamente. Le sussurrò: «Stasera non voglio che fingi controllo. Voglio sentirti cedere. Goccia dopo goccia.»
La portò in camera. L’aria era densa, rovente. Le tolse i vestiti, uno a uno, baciandole ogni centimetro che scopriva, ma con morsi improvvisi che la facevano gemere. La fece sdraiare e prese un foulard.
«Adesso voglio che tu lo senta… tutto. Ma alle mie condizioni.»
Le legò i polsi al letto. Poi le passò il foulard tra le gambe, lentamente, premendo giusto al punto giusto, senza farla venire.
«Ti prego, Luca… fammi venire…»
Lui si abbassò a leccarla, con la lingua piatta e decisa. Le aprì le cosce e la guardò mentre gemeva, tirandosi contro la sua bocca.
«No, non ancora», disse sollevandosi. «Voglio sentire come mi implori con la voce rotta.»
«Ti supplico… fammi venire… ti prego, non mi toccare così e poi lasciarmi così…»
«Ti piace quando ti tratto da puttana elegante, vero?»
«Sì… fammi tua. Fammi sporca.»
La prese con forza, afferrandole i fianchi e spingendosi dentro con uno slancio profondo. Lei urlò, sorpresa da quanto la voleva. Da quanto bene la conosceva ormai.
La cavalcava da dietro, tenendola per i capelli, il petto contro la sua schiena sudata.
«Tutto questo corpo maturo… e ora lo usi solo per me.»
«Solo per te… solo per te…»
La fece venire con le dita sulla sua clitoride mentre la scopava, e le sentì le gambe tremare, la gola ansimare, il corpo cedere. Poi venne anche lui, forte, dentro di lei, senza trattenersi.
Rimasero fermi. Esausti. Ma con un sorriso sporco, soddisfatto.
Lei lo guardò, scompigliata, e disse: «Cazzo, Luca… adesso sì che sei pericoloso.»
Lui si chinò a baciarle il collo. «E ho appena cominciato.»Eleonora, ancora nuda e legata al letto, lo guardava con un sorriso sfinito e acceso. Luca si chinò, leccandole lentamente il capezzolo ancora duro, e sussurrò con voce roca:
«E questa... era solo l'introduzione.»
Lei chiuse gli occhi, il corpo ancora teso dal piacere. Poi li riaprì e sibilò:
«Allora fammi vedere quanto hai imparato, allievo.»
Lui prese un altro foulard, poi aprì il cassetto del comodino con un sorriso perverso.
Dentro, nuovi giochi. Nuove regole. Nessuna via di fuga.
Quella notte non dormì nessuno.
E i vicini… impararono presto i loro nomi.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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