Lui & Lei
Conseguenze


13.06.2025 |
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"È un continuo ricordarmi che c’è qualcosa che mi aspetta, qualcosa destinato a me..."
Avevo pubblicato il racconto „Il regalo”.Nel giro di pochi giorni ero stata sommersa di messaggi di singoli che millantavano di aver ordinato il famoso vibratore telecomandato che volevano sperimentare con me.
C’era chi voleva farmi godere addirittura dalla Sicilia.
Mi immaginavo immersa nelle mie faccende quotidiane con tutti questi vibratori, ognuno con la sua etichetta col nome del donatore. Tutti su una mensolina e ognuno che vibrava a orari diversi: pausa caffè, cambio turno, la moglie che andava a fare la spesa. Una specie di sexy orologio che scandisce il tempo libero di mezza Italia.
Fra tutti i messaggi ne spicca uno che titola “Alla tabaccheria…”
Apro incuriosita “Alla tabaccheria di via Pirandello ti aspetta un pacco a nome Eulalia Pinket.”
Per trovare il mio pseudonimo completo il tipo aveva evidentemente fatto i compiti sui social, e li aveva fatti pure bene.
Il profilo recitava Mario Bianchi, iscritto da 3 giorni, niente loveback, niente amici e le foto insignificanti: un polso, dei piedi incrociati, mezza spalla sullo sfondo di un paesaggio.
Sembrava proprio creato ad hoc.
Decido di ignorare e non rispondere.
Maleducata, certo, però l’alternativa era seguire il copione del mio racconto e rispondere “Ritirato” e non ne avevo intenzione.
Un gioco è un gioco quando in qualche modo ci si accorda, invece questo Mario era entrato a gamba tesa.
Faccio un giretto sul sito e Mario scrive “Nemmeno io risponderei al posto tuo. Però morirei dalla curiosità di sapere cosa c’è nel pacco. Un toy come nel tuo racconto oppure una fantasia completamente diversa? Qualcosa che parla alla tua fica oppure che ti bagna il cervello?
Prova ad immaginare cosa potrebbe inventarsi un uomo che si è nutrito dei tuoi racconti, accontentato delle poche immagini e parole del tuo profilo. Un uomo che si è fatto un’idea precisa di quello che sei e di cosa ti attrae, un uomo che è consapevole che non ti intriga il cosa, ma è il come che ti scivola fra le cosce.
Non credo sia necessario aggiungere altro.
Questo è un gioco fra te e te.”
Leggo e rileggo. In qualche modo mi ha agganciato.
Rifletto.
Potrei ribattere che non mi vendo per un regalo oppure fare una battuta. Ma non mi viene niente da opporre a tutta questa sicurezza se non il silenzio, e poi in effetti vorrei sapere cosa mi ha spedito.
Nemmeno un laconico ok mi sembra adeguato.
Vorrei rientrare nel suo profilo, ma mi ha bloccato.
Bastardo! Non mi lascia scelta.
Butto il cellulare sul divano e mi preparo per uscire. Ho mille impegni, gente da vedere, devo anche passare un salto dall’estetista che stasera vorrei essere perfetta. Pregusto già la cena con Adriano, un caro amico molto sexy con cui passare una meravigliosa serata di sesso e cibo.
Per tornare a casa passo per via Pirandello e prepotente mi torna in mente il pacco. Sono sazia e soddisfatta, che il Mario Bianchi si fotta. Non ne ho certo bisogno.
Da una settimana ogni volta che entro nel sito, vedo che Mario visita il mio profilo, ma continuo ad essere bloccata. È un continuo ricordarmi che c’è qualcosa che mi aspetta, qualcosa destinato a me.
Mi viene in mente in pausa caffè con le colleghe, a pranzo mentre leggo e in fondo anche se ritiro il pacco non succede mica nulla. Vedo cosa c’è, nel caso butto e mi dimentico di questa storia.
Ho proprio descritto bene cosa prova la mia protagonista col pacco in macchina, almeno lei conosceva il contenuto, io no; però la tensione è la stessa.
La scatola non è troppo grande, è leggera e a scuoterla non fa rumore.
Appena aperta c’è un foglio bianco ripiegato su tessuto nero.
È una lettera scritta a mano.
“Buongiorno Eulalia,
fra te e te, vinci sempre tu.
Il 27 giugno alle 21.00 troverai una mascherina appesa alla porta dell’appartamento 44 al Diane. Busserai dopo averla indossata.
Il codice del portone è 25613.
Ci sarò a prescindere.
M.
P.S. Puoi aggiungere solo scarpe e borsetta.”
Stronzo arrogante! Fra dieci giorni!
Il tessuto morbido ed elastico si rivela un tubino nero semplice con le maniche corte e una cerniera sulla schiena. Figuriamoci se le mie carni generose ci entrano.
Subito sotto un bustino rosso sangue scuro con dettagli neri. Lo stile è quasi ottocentesco con le stringhe del reggicalze che pendono. Non mancano nemmeno le calze nere en pendant. Col caldo che fa!
Mi spoglio solo per dimostrare che ha sbagliato tutte le misure. Fine del gioco, caro Mario!
E invece no.
Il bustino calza perfettamente, accoglie i miei seni costringendoli un poco. Termina sui fianchi con un vezzoso volant che incornicia fica e culo. Giro su me stessa in punta di piedi e ammetto niente male, questo colore fa risaltare il candore della mia pelle.
Il vestito mi abbraccia; sul nero, a uno sguardo attento, piccole increspature rivelano i segni di quello che indosso sotto. Mi immagino le calze, le scarpe col tacco e la borsetta: una specie di vedova molto sexy.
E adesso?
Vestita così mi piaccio parecchio. Per qualsiasi altro uomo sarebbe lingerie carina senza mutandine, per Mario ha un significato particolare.
Pazienza.
Dopo aver digitato 25613 salgo in ascensore fino al quarto piano. Dieci giorni di tarlo, dieci giorni di silenzio, dieci eterni giorni a studiare quegli abiti e decidere che scarpe indossare. Nemmeno mi sono resa conto di aver scelto lo smalto dello stesso colore.
Potrei scomparire sciolta nell’acido questa notte, eppure sento di dover vivere quest’avventura. Nella peggiore delle ipotesi urlerò a squarciagola: non saremo gli unici clienti di questo albergo?
Decido di indossare anche la mascherina, se avevo fatto trenta potevo fare trentuno.
Privata della vista busso tre volte.
Il soffio della porta che si apre in silenzio mi bagna.
Presa per le mani vengo tirata con delicatezza in avanti. Quattro o cinque passi dopo, sento un corpo che mi doppia per richiudere la porta.
La fragranza di dopobarba legnoso e agrumato mi raggiunge prima delle parole
“Benarrivata Eulalia.”
Questa voce riempie gli interstizi del mio cervello, sale come una marea.
Sono qui e non sento la necessità di parlare.
Scosta i capelli e la cerniera sulla schiena scende fino a metà.
Posa un bacio lieve sulla spalla prima di lasciare cadere l’abito ai miei piedi.
Gira attorno a me come se fossi un’opera d’arte.
“Altri tre passi in avanti.” È scostato da me.
“Voltati a destra e inginocchiati sui cuscini.”
Non sono a terra.
“Mani davanti alle ginocchia.”
Sono su un letto.
Mi chino in avanti e finalmente mi tocca: braccia, schiena, gambe. Si sofferma sulle natiche che divarica un po’ e io fremo.
Poi il viso: mi alza il mento e incontro le sue labbra. La sua lingua che si intreccia alla mia.
“Sei già bagnata.”
Non sono bagnata, sono un lago.
Colpa di Mario e della sua voce, colpa delle sue mani e della sua lingua.
“Iniziamo. Apri la bocca e sporgi la lingua.”
Qualcosa di freddo si fa strada. È metallo a forma di goccia, non troppo grande. Ho un sospetto e lo insalivo bene.
Poi alle mie spalle il plug si fa strada nel culo. Il rumore di uno sputo, spinta ed è dentro.
Ho bisogno di essere scopata. Vibro dalla voglia, contraggo lo sfintere alla ricerca di un minimo sollievo a questo fuoco che mi divora.
“Faresti così anche con il mio cazzo?”
Bastardo, non ti rispondo, non te lo meriti.
Allungo una mano per darmi un minimo di soddisfazione, solo qualche frammento di piacere per interrompere questa sospensione sull’abisso.
Per i capelli strattona la mia testa verso destra. Quasi perdo l’equilibrio, bloccata dal suo cazzo duro sulla guancia. La cappella preme sulla mia bocca.
“Apri” e scivola fino in gola strappandomi un conato. Si sfila lasciandomi cadere.
Atterro sul morbido.
Come una bambola vengo rivoltata, la braccia sopra la testa.
“Stai così o ti lego.”
Un brusio, che si trasforma in vibrazione sul mio clitoride, scende sulle grandi labbra e risale. Sale fino ai miei capezzoli. La disperazione per il mancato orgasmo mi impone di spingere il vibratore verso il basso, li dove il mio bisogno urla.
Sparisce tutto.
Polsi legati, bloccati in alto.
Assenza, tramestio.
Cosce spalancate, si infila in mezzo un corpo e un cazzo duro si appoggia al mio clitoride pulsante.
Muovo i fianchi, lo voglio quel cazzo, lo voglio adesso.
Le calze si attorcigliano alle caviglie mentre cerco in qualche modo di prendere quello che mi spetta, che voglio, di cui ho bisogno.
Con il corpo mi impedisce qualsiasi movimento, strappa le coppe del bustino, e riprende a vibrare sui miei capezzoli.
“Dillo!” mi ordina.
Sono stata zitta fino adesso.
La voglia di essere sbattuta mi leva il fiato, ogni cellula del mio corpo è pronta a godere, ogni atomo vuole che la mia fica venga riempita e fottuta come si deve.
“Dillo e aggiungi per favore.”
Quel basso mi dà il colpo di grazia.
“Scopami, per favore” miagolo. Non riesco nemmeno a parlare.
Sono priva di volontà, sono un brivido fradicio e mi ritrovo a carponi con le braccia ancora tese verso l’alto.
Il vibratore migra sul mio clitoride mentre lui manovra il plug.
Non ce la faccio.
Esplodo, travolta da un orgasmo fatto di piacere e di assenza della mia fica ignorata.
All’apice, senza incertezze, questo palo rovente mi entra fino a sentir sbattere i coglioni ed è un cortocircuito dei sensi.
Mi dissolvo in un atavico urlo di piacere persa negli infiniti affondi che violano la mia carne.
Ringhia come un animale padrone della sua preda, una cresta di orgasmo insegue l’altra, accolgo devastata dal piacere il suo seme.
Ho le braccia libere.
Una mano segue i contorni del bustino
“Il rosso profondo ti dona.”
Seguito da grappoli di baci su labbra, viso e collo.
“Guardami, per favore.”
Scosto la mascherina sopravvissuta a questa selvaggia tempesta.
Incontro occhi verdi, un sorriso fra il timido e l’incerto.
Ne approfitto per baciarlo sdraiata sopra di lui.
Mi interessa solo sapere “Hai tempo che mi riposi qui accanto a te?”
Un abbraccio è una risposta più che sufficiente.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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