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Lui & Lei

Il sogno avverato


di PuPazzo79
27.09.2024    |    4.353    |    3 9.8
"La gonna era lunga fino a poco sopra al ginocchio e le scarpe avevano un tacco limitato e comodo per camminare..."
Dario era nervoso e gocce di sudore gli imperlavano la fronte.
Guardava in continuazione l’ora, sia sull’orologio al polso che sul cellulare, dal quale cercava di farsi distrarre, senza successo.
Era nella hall dell’albergo da più di mezz’ora e l’orario dell’appuntamento era passato da circa otto minuti.
Aveva rischiato tutto per essere lì: matrimonio, famiglia e lavoro e, razionalmente, si stava dando del deficiente, ma l’attrazione era troppo forte, il desiderio era immenso e incalcolabile, per cui aveva organizzato un complesso sistema per nascondere quello che, nelle sue speranze, doveva essere l’adulterio perfetto.
Aveva aspettato il fine settimana di un convegno a Roma a cui, in passato, la sua azienda lo aveva mandato due volte e aveva prenotato una camera matrimoniale nello stesso albergo. Quell’anno, la ditta non aveva mandato nessuno e, quindi, non rischiava di incrociare colleghi. Logicamente, alla moglie aveva detto che, invece, avevano mandato ancora lui.
Aveva fatto un paio di foto davanti al cartellone del convegno con alcuni dei partecipanti e le aveva mandate alla moglie.
Nonostante tutto, quella era stata la parte facile. Era stato più difficile convincere la donna che concretizzava ogni suo sogno erotico da alcuni anni e che aveva conosciuto via internet ad incontrarlo, a Roma. Era una trasferta per entrambi e si era offerto di pagare anche a lei il viaggio, ma lei si era rifiutata. Aveva accettato solo che lui si prendesse cura dell’albergo.
Tra i due c’era simpatia, sintonia e un reciproco apprezzamento delle rispettive doti fisiche, ma non aveva creduto possibile si potesse passare a qualcosa di concreto. Eppure, aveva provato a convincerla ad incontrarsi e, dopo vari “non funziona così” e sgattaiolamenti, alla fine, con costanza e determinazione, ce l’aveva fatta. O, almeno, sperava che così fosse.
Perché, in realtà, di lei non aveva nemmeno il numero di telefono. Si sentivano sempre via Instagram e tutto era stato organizzato attraverso il social.
I dubbi, però, lo stavano divorando: aveva paura, anzi il terrore, che lei non si presentasse. Tratteneva a stento il desiderio di chiamarla e si era dato mezz’ora come limite entro al quale non lo avrebbe fatto.
Quel limite si era avvicinato ancora, ma lei era in ritardo ancora di soli quindici minuti.
Si guardò in giro, come per vederla sbucare da qualche altra parte, ma non la vide.
In lui lottavano la delusione e il desiderio: non aveva mai desiderato nessun’altra come lei. Era bella, intelligente, simpatica, porca e con un fisico perfetto, secondo i suoi canoni: lunghe gambe, bel culo, ben proporzionata, labbra carnose, passera invitante e depilata e soprattutto due tette giganti meravigliose. Quante volte aveva sognato di poterle toccare, baciare, leccare, strizzare e vedere avvolte attorno al suo grosso membro!
Ma rischiava che tutto rimanesse un sogno: lei non si era ancora presentata.
Dario sbuffò, sempre più nervoso e deluso, poi guardò un’altra volta la porta di ingresso e, finalmente, la vide. Eva fece il suo ingresso con indosso degli occhiali da sole, i lunghi capelli scuri che le cadevano sulle spalle e un tailleur dal colore un po’ vivace, ma che le metteva in risalto il corpo con eleganza. Il seno prosperoso era contenuto a stento in una camicetta bianca il cui unico bottone non allacciato lasciava solo intuire il profondo solco tra i due seni meravigliosi. La gonna era lunga fino a poco sopra al ginocchio e le scarpe avevano un tacco limitato e comodo per camminare. Trascinava un piccolo trolley. Si tolse con un gesto ricco di fascino gli occhiali da sole e i loro sguardi si incrociarono per la prima volta dal vivo. Era meravigliosa e a Dario, dopo che il fiato gli era mancato per un attimo, iniziò a manifestarsi subito un principio di erezione.
Lui le andò incontro e lei lo attese con un sorriso raggiante.
“Scusa il ritardo: tra treno e traffico non sono riuscita ad arrivare prima.”
Si baciarono sulle guance. Lei dovette abbassarsi un po’: era più alta di lui di parecchi centimetri.
Lui rispose che non doveva preoccuparsi. Con voce più bassa lei gli chiese:
“Come stai, porco?”
Lei lo aveva chiamato spesso “amore”, ma a lui non piaceva: si piacevano, lui era follemente attratto da lei, ma non si amavano: “porco” gli sembrava più adatto e addirittura più intimo, oltre che più sincero.
“Decisamente in forma e non vedo l’ora di dimostrartelo!” rispose lui e lo sguardo di Eva andò all’inguine dove l’erezione iniziava ad essere evidente. Il lampo di libidine che le passò negli occhi, unito a quel sorriso immensamente malizioso, provocarono il completamente dell’erezione: il membro di Dario era completamente eretto e duro come il marmo.
“Facciamo in fretta… ho voglia di giocare con il tuo cazzo!” Gli disse lei sussurrando.
Andarono al bancone della reception e registrarono Eva sulla camera di Dario, quindi entrarono nell’ascensore. Appena lui ebbe premuto il pulsante del quarto piano e le porte si furono chiuse, lei allungò la mano e gli tastò il pacco.
“Porco, ma quanto ce l’hai duro e grosso!”
“Tutto per te!” Rispose lui compiaciuto, mentre allungava una mano e tastava il suo seno attraverso troppi strati di vestiti.
Si ricomposero quando arrivarono al piano, quindi lui la guidò alla camera.
Appena entrati e chiusa la porta, lui la afferrò per la vita, la trascinò a sé e, mentre con l’altra mano correva al suo sedere, avvicinò la sua bocca alla propria e la baciò. Lei rispose con entusiasmo e le loro lingue danzarono, mentre le loro mani si esploravano a vicenda.
Eva poi sciolse il bacio e lo spinse sul bordo del letto; quindi, si inginocchiò e armeggiò con i suoi pantaloni. Dario aveva degli abiti abbastanza comuni, non potendo prendere cose troppo eleganti per non doversi giustificare con la moglie, ma indossava il paio di boxer attillati neri più nuovo che aveva.
Eva ci infilò la mano e afferrò il cazzo, portandolo fuori. Un’esclamazione di compiacimento le uscì dalla bocca, poi questa si chiuse velocemente attorno alla grossa cappella, iniziando a succhiarla con abilità ed avidità.
Un mugolio di piacere uscì dalla bocca di Dario, mentre, per un tempo limitato, ma che a lui sembrò una piacevole eternità, lei glielo succhiava e leccava.
Quindi Eva si alzò lo guardò e gli disse: “Ora vado a prepararmi in bagno: tu spogliati e tienilo bello duro, porco!”
Non c’era bisogno di quella raccomandazione: Dario era così eccitato che non poteva perdere l’erezione nemmeno se avesse voluto.
L’attesa sembrò interminabile, ma ne valse decisamente la pena: Eva riemerse dal bagno con indosso un corsetto nero che le lasciava libero il generoso e prosperoso seno, i cui spiccavano i capezzoli turgidi circondati da ampia areola, e l’inguine depilato. Il corsetto aveva incorporato il reggicalze che andava ad agganciarsi su due autoreggenti nere velate. Ai piedi aveva dei sandali con cinturino alla caviglia e tacco otto. A Dario morì il respiro in gola: l’apoteosi assoluta della perfezione. Ogni cosa che più lo eccitava era lì, compreso quello sguardo così deliziosamente porco che Eva aveva naturale.
Il suo cazzo pulsò di eccitazione ed Eva si avvicinò, lo sdraiò sul letto con una leggera spinta alle spalle e quindi gli salì sopra, mentre lui era ipnotizzato da quello spettacolo e non era ancora riuscito a riprendersi. Lei iniziò a massaggiarli il cazzo duro e lui si riebbe: le sue mani corsero ai seni strizzandoli, quindi, prese in bocca uno dei capezzoli e lo succhio, leccò e baciò, mentre l’altra mano le accarezzava una coscia prima, poi il culo e, infine, raggiuse la figa. La trovò bagnata e le sue dita si insinuarono dentro, accarezzando le pareti interne della passera di Eva che rispose con una leggera smorfia di piacere.
Andarono avanti così per un po’, scambiandosi anche un bacio voluttuoso in cui le loro lingue si intrecciarono e si cercarono nella bocca dell’uno e dell’altra, poi, di nuovo, fu lei ad interrompere la scena, mettendosi appoggiata con la schiena sui cuscini, divaricando le gambe, portando due dita ad allargare la figa fino a far vedere la parte interna rosa che tanto eccitava Dario ed invitandolo a scoparla:
“Voglio il tuo cazzone qui dentro, porco!”
Era il massimo dei massimi: lei, così vestita, in quella posizione, con quelle parole, lo fece trasalire. Accecato dal desiderio, si gettò quasi su di lei e infilò con un solo movimento tutto il suo grosso cazzo dentro di lei, fino alle palle. Quindi si fermò un attimo, guardò il suo membro che la penetrava, guardò Eva negli occhi e disse: “Questo sì che è il paradiso!” ed inizio a fotterla con immenso piacere, con il suo cazzo che si muoveva facilmente nella sua figa bagnata e i bordi della sua grossa cappella che sfregavano le pareti interne della passera di Eva, mentre bocca e mani correvano sul suo seno e su tutto il suo corpo in un amplesso di puro piacere assoluto. Lei lo incoraggiava tra un gemito e l’altro e l’estasi era tale che impiegò meno di quanto avrebbe voluto, ma comunque un tempo sufficiente perché anche lei godesse appieno, prima che le inondasse la figa di tutta la sborra che contenevano le sue palle.
Il suo cazzo rimase duro anche dopo essere venuto e quando lui si scostò da lei per riprendere fiato, Eva allungò la mano, infilò le dita nella figa e poi se le portò alla bocca e leccò il bianco liquido seminale di Dario commentando:
“È deliziosa la tua sborra, amore!”
Lui ne fu felice e, anche se lo aveva chiamato in quel modo, la baciò toccandole il seno.
Lei, poco dopo, si chinò sul suo cazzo pulsante e glielo ripulì tutto.
Quello fu solo l’inizio di una lunga notte di sesso, il migliore della vita di Dario.
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