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Giacomo, Matteo e il prof.


di italian_buddy
26.04.2019    |    18.706    |    11 8.9
"“Forse ora è arrivato il momento che prenda io il comando, ragazzi..."
Ero all'ultimo anno delle superiori, un istituto professionale principalmente a frequentazione femminile. Nella mia classe c'erano solo 6 maschi e, alla fine delle lezioni di educazione fisica, che odiavo, ero uno di quelli soliti a dare una mano a sistemare gli attrezzi usati in palestra nell'apposito locale, poco illuminato, polveroso, separato dalla palestra solo da una porta con un vetro a oblò. I materiali erano messi alla rinfusa e vi si respirava un forte odore di plastica.
Anche quel venerdì mattina, l'ultima ora era trascorsa più lenta di quanto avrebbe dovuto. Avevamo corso alla fine dell'ora e io, non dimostrando poi tanto entusiasmo nel farlo, mi ero preso anche 5 minuti di corsa extra, mentre i più atletici, con poca difficoltà, avevano concluso i loro esercizi quasi in anticipo e potevano andare negli spogliatoi a cambiarsi in tutta tranquillità.
Il docente era un quarantacinquenne autoritario e propenso ai rimproveri, comunque rispettoso nei confronti degli studenti, ma consapevole del suo ruolo e del suo potere. Lontano dall'avere un fisico perfetto, si teneva abbastanza bene e aveva un'aria molto prestante e maschile: viso squadrato, barba curata, sguardo molto penetrante, capelli a spazzola molto corti, dimensione delle braccia superiori alla media, torso ben formato e definito. Non era particolarmente muscoloso, eccezion fatta per le gambe, alquanto possenti e con uno strato di peluria né troppo folta, né troppo scarsa. Era un bel manzetto, insomma, con un fisico massiccio, ma ben definito. Deve essere stato il classico bell'imbusto quando aveva 25/30 anni, e col passare degli anni era riuscito a mantenere una impostazione fisica che catturava comunque l'attenzione. La cosa che però lo rendeva così arrapante era il viso: uno sguardo penetrante e deciso, un sorriso da porco e una bocca molto sexy.
“Giacomo, comincia a riportare le corde a posto”, mi disse quando ormai già alcuni studenti stavano lasciando la palestra, pronti per cominciare il weekend.
Lo sentii parlare poi con Matteo, il ragazzo più bello della scuola che, avendo perso un paio di anni, era finito nella mia classe ed era il più grande, aveva già compiuto 21 anni. Io, da qualche settimana. Alto, carnagione chiarissima, caschetto biondo, occhi di un azzurro chiaro che disorienta, un largo sorriso che scopre dei denti perfetti e bianchissimi, spalle larghe, fisico asciutto con tartaruga e pettorali. Insomma, il ragazzo che tutte le ragazze volevano farsi. Lui, un po' schivo, si era concesso a qualcuna della scuola, anche se il personaggio che si era cucito addosso prevedeva il fatto che dovesse farsi un po' desiderare e preferire ragazze più grandi di noi, che frequentava nei weekend. Noi maschi potevamo vederlo negli spogliatoi, e ogni volta era uno spettacolo quando si cambiava.
Io invece avevo compiuto 19 anni da un paio di mesi, ed ero molto diverso da Matteo. Un fisico più esile di quello di Matteo e un aspetto più normale, e non avevo avuto successo con le ragazze. Non avevo nulla di particolare per cui poter essere ritenuto fisicamente attraente. Quel venerdì, Matteo aveva alzato la voce con un nostro compagno. Morale: per punizione, sarebbe rimasto fino alla fine dell'ora a correre dei minuti extra.
“Il materasso del quadro svedese deve essere messo via, dai una mano a Giacomo e quando avete finito, potete andare”, gli intimò, mentre compilava il registro di classe seduto alla sua scrivania vicina agli spalti. Tornai in palestra e Matteo, con malavoglia, stava già prendendo il materasso da un lato. “Muoviti, dai, che dobbiamo uscire di qua”, mi disse il mio compagno di classe. Lo guardai e gli accennai un mezzo sorriso in risposta, come per dimostrare che ero d'accordo con quanto avesse detto. Lui, per tutto il tragitto, continuò a guardarmi, ma non riuscii a decifrarne il motivo. Il mio mezzo sorriso rimase un po' bloccato, non sapendo, lì per lì, come reagire a quel suo sguardo fisso; poi cercai di cancellare dal mio volto qualsiasi espressione e distolsi lo sguardo dai suoi occhi, per poi arrivare nel locale ripostiglio e posare il materasso al muro.
“Ehi, che hai?”, mi domanda.
“Ehm, nulla, sono solo un po' stanco”.
“Sicuro? E il mezzo sorrisino di prima, che voleva dire?”
“Mezzo sorrisino? Non era un... era solo... ehm, era per dire che anche io non vedo l'ora di andare via da qua”.
“Ah sì, e perché vorresti andar via?”, mi chiese, cambiando la tonalità della voce e abbozzando un mezzo sorriso.
Non so che rispondere e non ho nemmeno quasi il coraggio di guardarlo in faccia.
“Pensi che non abbia notato come ci guardi? Siamo pochi in questa scuola, si vede che quando ci guardi hai voglia”.
“Ehm, ma... ma che stai dicendo?”.
“Dico che ci guardi con quello sguardo. Hai voglia di farti sistemare da un maschio?”.
Io sono basito e non so cosa dire. Lo guardo e non riesco a far uscire nessuna parola dalla bocca. Passano un paio di secondi che sembrano un secolo, e il silenzio viene poi interrotto nuovamente da Matteo e dal suo modo sboccato.
“Te lo faccio vedere io come ci si diverte tra maschi”.
Non riuscivo a credere alle parole che sento.
Comincia a toccarsi i pantaloni della tuta all'altezza del pube, mentre si avvicina e mi spinge contro il materasso appoggiato alla parete.
“Inginocchiati e fammi sentire quanto ti piace il cazzo!”.
Mi prende per le spalle e mi spinge con forza verso il basso. Mi prende alla sprovvista e mi ritrovo davanti ai pantaloni della sua tuta, umida di sudore proprio nella zona del pube.
“Prima leccami per bene lì davanti, fammelo venire duro, troia!”.
Obbedisco e comincio a toccare i pantaloni sudati con la punta della lingua.
“Smettila di fare la fighetta, lecca con tutta la lingua il mio sudore. Sentilo il sapore di maschio e impara come usare quella lingua, che ne avrai bisogno!”
Mi preme la faccia contro il suo pube e mi costringe a dare leccate belle piene, mentre sento il suo cazzo che da sotto la stoffa comincia a diventare duro e crescere.
“Lo senti come lo hai svegliato? Adesso son cazzi tuoi. Ti piace il mio odore, eh?”
“Sì, mi piace”, rispondo io.
“Adesso sfilami questi pantaloni”.
Glieli tolgo e lo lascio coi boxer, questi ancora più umidi dei pantaloni. L'area è pervasa dall'odore del suo sudore. Si toglie la maglietta e da sotto il suo fisico è ancora più scolpito.
“Scemo, cazzo mi togli i pantaloni se ho ancora le scarpe? Devo insegnarti proprio tutto, coglione”.
Mi strattona e mi spinge un po' indietro.
“Prima devi togliermi le scarpe. Muoviti.”
Eseguo e gli slaccio le stringhe, poi gli sfilo le scarpe da ginnastica calde e scopro due piedoni che non avevo mai notato. Calze bianche di spugna, anch'esse calde e sudate. Non faccio in tempo a capire cosa vuole che faccia e Matteo afferra da terra una scarpa dalla parte della suola e me la spinge sulla faccia, costringendomi a odorarne l'interno.
“Senti troia che buono, ti piace il mio odore, eh?”.
Io mi eccito ancora di più.
“Guardami mentre odori le mie scarpe sudate e fammi sentire che ti piace il mio sudore”.
“Mhh”. Comincio a mugolare, in parte la cosa mi intriga, in parte mi fa un po' schifo. L'odore è davvero forte, ma vedere Matteo che si eccita obbligandomi a obbedirgli, mi fa salire la voglia di continuare.
“Passami l'altra, coglione”.
Gli passo l'altra scarpa e Matteo la apre bene e comincia a odorarla anche lui. La presa sulla mia faccia non diminuisce, e mi ritrovo con Matteo che mi guarda mentre io, per compiacerlo, comincio a toccarmi i pantaloni della tuta.
“Piantala di toccarti, troia, non ti ho detto di toccarti il cazzo. Devi far godere me, a te toccherà dopo se farai il bravo”.
Mi spinge le mani via dai miei pantaloni e afferra una corda dietro di lui.
“Dammi i polsi”.
Me li prende e me li porta dietro la schiena. Con fare deciso, li avvicina e li lega.
“Così la pianti di toccarti il pisello senza che ti abbia dato il permesso. Forse non hai capito che devi fare quello che ti dico io. Ti sei meritato una bella punizione, troia disubbidiente che non sei altro.”
Mi spinge per terra e con le mani bloccate, perdo facilmente l'equilibrio. Finisco su un fianco e vedo Matteo che muove un piede verso la mia faccia. Senza dirmi nulla, mi infila un dito del piede in bocca e facendo forza, ne fa entrare altri due. Li muove e sento la stoffa delle sue calze che mi strofina, dentro la bocca come anche fuori, sulla faccia.
“Succhia troia, senti che bel profumo. Ho sudato per un'ora, quando ti capita più che un maschio ti faccia sentire una cosa così? Dovresti ringraziarmi, fallo”.
Io sono stordito sia dai modi forti e dai movimenti di Matteo, sia dalle sue parole, che mai mi sarei immaginato potessero essere rivolte ad un ragazzo.
“Muoviti puttana, ringrazia il tuo amico che ti sta facendo godere”.
“Grazie Matteo”.
“Bravo, ti voglio sottomesso, mi fa eccitare ancora di più avere un maschietto che, senza discutere, soddisfa le mie porcate”.
Come se fosse una dimostrazione della sua gratitudine, si avvicina alla mia faccia e mi stampa uno sputo sulla faccia. Sento la saliva calda colarmi sul viso per un secondo, per poi sentire la pianta del suo piede, ancora avvolta nella calza umida, strofinarmi la saliva sulle guance, sulle narici e sulla fronte. Noto ora che la parte inferiore delle calze non è bianca come il resto del calzino. Arriva un altro sputo e mi riserva lo stesso trattamento di prima. Io continuo a respirare affannosamente e a leccare i suoi piedi ricoperti dalle calze che, ormai, sono inzuppate di sudore e saliva.
Comincio a non capire più nulla e l'eccitazione è alle stelle. Sento il cazzo che è gonfio nei pantaloni e alzandomi con uno scatto ritorno in ginocchio, mi avvicino alla caviglia di Matteo e provo a strascinarvi il pube contro. Faccio giusto in tempo a dare un paio di colpi e Matteo se ne accorge.
“Hai voglia di usare quel cazzo, eh? Devi avere pazienza. Non hai finito con quei piedi”.
Si abbassa un po', mi fissa per qualche secondo, mi molla un piccolo schiaffo e poi sorride. Mi spinge nuovamente a terra e mi fa un cenno verso i piedi.
“Toglimi quelle calze luride con i denti”.
Prendo coi denti la parte superiore del calzino del piede sinistro e comincio a tirare verso il basso. Un paio di volte perdo la presa e devo ricominciare. Anche Matteo rende le cose difficili, muove i piedi mettendomi in difficoltà.
“Forza, cosa ci vuole a togliere due calzini lerci? Coglione, impara a usare quella bocca, ne avrai bisogno”.
Riesco nell'impresa con un piede e passo al destro.
Matteo raccoglie il primo calzino e se lo porta al naso. Mentre io riesco a sfilargli anche il secondo, Matteo, lentamente, si appresta a sniffare i suoi stessi odori e mugugna di piacere mentre si passa quel pezzo di stoffa umido vicino alle narici.
“Mhhh, questo sì che è profumo di maschio”.
E con la mano che gli rimane libera, cerca spazio nelle mutante e senza toglierle, comincia a segarsi.
I piedi nudi di Matteo solo molto sexy. Un numero 43, insolitamente grandi per un ragazzo di 21 anni, larghi, dita ben fatte, molto maschili.
“Questi piedi hanno bisogno di un bel bagno. Mi accontenterò della tua bocca e della tua lingua. Cerca di fare un bel lavoro se no ti faccio male”.
La pelle dei piedi è scivolosa e morbida. La mia lingua passa dal tallone, alla pianta, per poi finire sui polpastrelli delle singole dita, che vengono succhiate e leccate completamente. Sento la mia lingua anche sulle unghie, lecco dappertutto, e seguo le raccomandazioni di Matteo, che vuole che lecchi anche in mezzo alle dita. Lui mi guarda continuando a farsi una sega, mentre io mi do da fare a terra. “Guardami negli occhi mentre mi pulisci quei piedi.”
Capisco che Matteo si eccita ancora di più se mi dimostro completamente sottomesso a lui e lo guardo mentre eseguo quello che mi dice di fare.
“Brava troia, continua così. Non avrei mai pensato che saresti stato così bravo a leccare i piedi, sembra quasi che ti piaccia pulirli”.
“Hanno un sapore strano, forte. Mi piace far godere chi mi comanda”. Voglio compiacerlo al massimo, voglio vedere fino a dove può arrivare la sua perversione.
Alle mie parole, Matteo sembra essersi eccitato ancora di più e mi sorride.
“Non me ne frega un cazzo se ti piacciono oppure no. Devi leccarli e basta perché vederti ai miei piedi sottomesso come una troia mi fa indurire il cazzo."
Passo ancora qualche minuto a leccare per bene quei piedi, che faccio in modo di tenere sempre ben umidi, anche grazie a qualche sputo, iniziativa che Matteo sembra gradire molto.
"Basta con quei piedi. Ti meriti una ricompensa”.
Mi prende per un braccio e come una bambola mi trascina riportandomi in ginocchio.
Si toglie i boxer e me li infila sulla faccia, facendo in modo che la parte più sudata sia proprio sul mio naso. Mi lascia lì così, con i suoi odori in faccia, mentre riprende la sua sega energica a pochi centimetri da me. Mi fissa sempre, eccitandosi semplicemente a vedermi così, a sua completa disposizione, con i suoi boxer usati che in parte mi impediscono di vedere, e in parte mi permettono di intravederlo, in tutta la sua bellezza, mentre scappella quel cazzo chiaro e dritto davanti alla mia faccia. Non capisco se il profumo di cazzo venga dalle mutande o dal suo membro che mi viene agitato di fronte.
Proprio grazie a un lembo di boxer che si discosta dal mio occhio, il mio sguardo si sposta per un secondo verso il resto della stanza, dopo che la mia attenzione e i miei sforzi sono stati catalizzati completamente da Matteo, dal suo corpo e dai suoi ordini.
Guardo il vetro a oblò della porta che divide il locale dalla palestra, e raggelo vedendo il volto del prof. Non so da quanto ci stia guardando, ma sicuramente quello che sta vedendo ora non lascia spazio a molti dubbi.
Come se il prof avesse capito la mia intenzione di avvisare Matteo, che ormai continua a menarsi energeticamente il cazzo fissandomi, in uno stato di semi-catalessi per l'eccitazione, entra nel locale ripostiglio come se nulla fosse, prima che io riesca ad avvisare il mio compagno di giochi.
Matteo è talmente preso dalla sua eccitazione che non si accorge nemmeno del prof che, senza fare troppo rumore, è entrato nel locale e si è avvicinato a noi.
“Chi l'avrebbe mai detto. Ma guarda un po' che stanno combinando Giacomo e Matteo”.
Io non riesco a proferire parola. Matteo sussulta e dalla posizione rilassata che aveva assunto per masturbarsi in tutta comodità, si irrigidisce, arrossisce e lascia la presa dal suo grosso cazzo.
“Prof,., mi ha spaventato”, Matteo rompe il silenzio, non vuole farsi cogliere impreparato, sebbene la scena sia abbastanza chiara da comprendere e non sappia cos'altro dire.
Dopo qualche secondo di silenzio del professore, io alzo lo sguardo verso di lui e cerco di parlare, ma il prof. mi interrompe.
“Zitto tu, guarda come ti sei fatto ridurre da Matteo”.
“Ma prof...”, rispondo io basito.
“Ho visto tutto quello che è successo, mentre voi eravate troppo presi a fare i porci per accorgervi di me”.
Matteo non sa dove rivolgere lo sguardo, cerca di non incrociare quello del prof e men che meno il mio.
“Quindi ha visto tutto?” domanda Matteo.
“Certo, ho visto come lo hai trattato, quello che gli hai fatto fare. Non male da parte tua. Ci sai fare”, dice il prof con convinzione, mentre si porta la mano all'inguine e comincia a strusciarsela contro il rigonfiamento che si era formato nei suoi pantaloni.
Io e Matteo ci guardiamo, entrambi con un'aria di incredulità per le parole del prof.
“Devo ammettere che quei piedi te li leccava come se gli piacesse davvero farlo”, disse il prof con un ghigno.
“Forse ora è arrivato il momento che prenda io il comando, ragazzi. Che dite?”, sentenzia il prof, senza darci molta possibilità di decisione a tal proposito.
Il prof si rivolge principalmente a Matteo, da cui si aspetta un appoggio. Matteo è un po' titubante, non sa che dire. Da parte mia, non si aspetta nessuna risposta in particolare, dando per scontato che io non abbia voce in capitolo e sia lì totalmente disponibile ad essere usato.
“Ascolta, ragazzo, ti conviene fare quel che ti dico, altrimenti la cosa potrebbe sapersi in giro. Non ti conviene fare il duro con me, meglio che mi ascolti e obbedisci, non credi?”.
Matteo, ammutolito, annuisce alle parole del prof e mi guarda, aspettandosi forse che dica qualcosa.
Il prof si toglie la maglietta, mostrando un torso massiccio e ben formato. Si intravedono un po' di muscoli, ricoperti da una leggera quantità di peluria. Si toglie anche i pantaloni, rimanendo in boxer. “Comincia a preparargli il culo”, ordina a Matteo, riferendosi a me.
Matteo sembra già aver capito cosa intende il prof, mentre quest'ultimo si avvicina lentamente a me e mi sfila le mutande di Matteo dalla faccia, scaraventandole addosso al proprietario. Mi lascia con i polsi legati dietro la schiena. Il prof mi avvicina il pube alla faccia, prendendomi la testa da dietro e premendola contro le sue mutande. Sento un odore di sudore forte proveniente dal cazzo del professore, che sta cominciando a gonfiarsi. Intanto Matteo mi abbassa i calzoni e mi sfila le mutande, scoprendomi il culo. Dopo due sputi che piano piano mi colano in mezzo alle chiappe, sento un paio di dita toccarmi i bordi del buco, come a testarne l'elasticità. Faccio un paio di mugugni, che evidentemente eccitano ancora di più il prof, che si abbassa i boxer e mi preme sulla faccia il suo bel cazzo massiccio e maturo. Sarà sui 20cm, ma la cosa che lo rende più bello è il fatto che sia possente, bello largo, spesso. Ad occhio, non saranno meno di 5cm di diametro. Anche Matteo, curioso di vederglielo, distoglie l'attenzione dal mio buchetto e alza lo sguardo, rimanendo abbagliato alla visione di quel gran pezzo di carne. La pressione delle dita di Matteo nel mio buco del culo si fa più forte e convinta.
“Che cazzo, prof”, trovo il coraggio di dire, a mo' di complimento.
“Ti piace? Credi di riuscire a prenderlo?”, mi sfotte il prof, stringendosi quella nerchia nella sua grande mano e scappellandoselo ad una velocità sempre più crescente.
“Come va lì dietro, Matteo?”, chiede il prof.
“Finora sono entrare due dita”.
“Beh, ti conviene continuare con un terzo e magari un quarto, altrimenti questo cazzo non entra”, esclama il prof guardandomi e sorridendo.
Al tentativo di infilarmi il terzo dito, mi parte un urlo di dolore, che prontamente il prof soffoca sul nascere infilandomi di colpo, senza alcun preavviso, il suo membro in bocca. La veemenza del prof mi fa quasi perdere l'equilibrio. Ho ancora le mani legate dietro la schiena e tutto risulta molto più faticoso.
“Cazzo fai, idiota, non sei neanche in grado di non cadere?”.
Il prof mi sforza la mascella affinché riesca a farcelo stare tutto. Sento la sua carne calda e umida sulla lingua. Ha un sapore molto forte ma non spiacevole, che diventa ancora più forte e percepibile quando la mia saliva lo bagna. Lo guardo negli occhi mentre comincio a succhiarglielo lentamente, e a lui sembra piacere. Rotea le pupille in pieno godimento, per poi tornare a guardarmi. Mi guida la testa avanti e indietro. “Dai, fammi vedere come ti piace succhiare il cazzo del tuo professore, e smettila di mugugnare come una femminuccia per un dito nel culo, Matteo sembra se la cavi bene là dietro, no?”.
Matteo continua ad allargarmi il buco, ma il ritmo è diminuito e spesso si prende delle brevi pause per godersi la scena di quel cazzone che mi pompa a forza la bocca.
“Rispondi, zoccola”, mi ordina il prof, che continua a pomparmi la bocca col suo cazzo.
“Mmmm”, è tutto quello che riesco a dire.
“Cazzo stai dicendo?”, interviene Matteo. Il prof ti ha fatto una domanda, rispondi, troietta”. La pressione della mano del prof dietro la mia testa aumenta tanto da sentire il duro delle ossa del pube del prof contro i miei denti e chiaramente io non riesco a formulare nessuna risposta comprensibile.
“Ah, scusa ragazzo, col mio cazzone in gola forse non riesci a parlare?”, dice il prof prendendosi gioco di me. Dopo un paio di secondi, il prof allenta la presa e per paura che una mia mancata risposta possa far incazzare il prof, riesco a dirgli: “Sì, Matteo mi sta lavorando per bene il buchetto”. Il professore sembra ignorare totalmente quello che ho detto.
“Matteo, fallo godere un po' 'sto ragazzo. Basta con le dita per il momento, ora devi usare la lingua”.
Matteo guarda stranito il prof. “Ma prof, cosa dice?”.
Nel giro di un secondo, il prof si precipita da Matteo, gli afferra i capelli biondi alla nuca e senza che il ragazzo riesca a rendersene conto, si ritrova la faccia in mezzo alle mie chiappe sudate. “Leccagli quel buco e fallo godere”, gli ordina il prof, dopo avergli dato una sonora sculacciata che lo fa sussultare.
Matteo, pur opponendo un po' di resistenza, non ha scelta e dopo un paio di lamenti, si calma e comincia a muovere su e giù la lingua tra le mie chiappe, visibilmente schifato, per poi soffermarsi sui bordi del buco. Lo sento benissimo e comincia a prendere confidenza con la cosa, i suoi lamenti lasciano spazio a delle leccate profonde dal ritmo regolare. La folta peluria che mi circonda il buchetto, che prima era stata toccata soltanto dalle dita, ora è completamente bagnata dalla lingua di Matteo piena di saliva.
“Così, fagli sentire che ti piace stuzzicarglielo con la lingua”.
Io sono in estasi e guardo il prof sorridendogli, lui contraccambia, per poi tornare davanti a me. Con un movimento rapido, si gira e abbassa la schiena, mi afferra la testa e me la spinge contro il suo culo. “Dai, impara da Matteo e fai la stessa cosa al tuo prof. Leccami per bene tutto quel sudore”. Comincio ad avvicinare la lingua al suo buco. Sento i suoi peli sulla mia lingua e cerco di rendere tutto più facile con un paio di sputi. “Guarda un po' la troietta come impara in fretta”, fa notare il prof rivolgendosi a Matteo.
“Un vero talento naturale, prof. E non si fa problemi a fare quello che gli si dice.”, dice Matteo, sogghignando.
Mi piace che il prof mi schiacci la testa in mezzo alle sue chiappe sudate. Mi tiene il naso in mezzo a quelle sue due chiappone pelose e mi struscia la testa su e giù per fare, strofinandomi le narici contro la sua pelle umida di saliva mista a sudore. Il sapore che mi ritrovo sulla lingua mi eccita
“Ha un buon sapore, prof. E mi piace che mi sottometta come uno schiavetto”.
Le mie parole fanno eccitare il prof, al quale la mia bocca non basta più.
Si dirige verso il mio culo e sembra deciso ad occuparsene in prima persona.
“Facciamo sentire a questa troietta il sapore del suo culo adesso”.
Matteo capisce al volo le parole del prof e mettendosi davanti a me, mi bacia con la lingua, che fino a pochi secondi prima mi aveva leccato per bene il culo.
“Lo senti il sapore del tuo culo, troia?” mi chiede il prof.
“No, non lo sento”, rispondo di botto in segno di sfida.
Il prof armeggia nel cesto degli attrezzi come se avesse già le idee chiare di quello che mi meriti. Ne estrae una clavetta in legno, con un pomello bello grosso all'estremità.
“Non penso che le dita di Matteo siano bastate, e poi se mi dici che vuoi sentire il sapore del tuo culo, beh, subito accontentato”.
Il prof prende la clavetta dalla base e con un colpo bello deciso mi spinge l'estremità tonda nel culo. Io sussulto e grido, col risultato che il prof mi sferra una sculacciata potente sulle mie chiappe belle allargate.
“Tappagli la bocca, a quella troia”, ordina il prof a Matteo.
“Con piacere”, gli risponde il mio compagno.
Il prof è eccitato all'idea di poter dominare un paio di schiavetti più giovani di lui, pronti ad obbedire a ogni suo desiderio. Si vede da come ci guarda, passando lo sguardo avido e pieno di piacere da Matteo a me.
Matteo recupera da terra le mutande del prof e me le infila con forza in bocca, per poi coprirmela fermamente con la sua mano.
“Ho usato le sue mutande, prof. Sono sicuro che alla troietta piacerà avere il sapore del sudore del suo cazzo in bocca mentre gli sistema il culo”.
La clavetta mi viene spinta nel culo fino a che tutta la punta arrotondata sparisce nel buco. Io mugugno, ma il prof se ne fotte e continua a incularmi con quell'arnese di legno, infilandomelo sempre più in fondo. Il prof, per animare ancora di più la penetrazione, mi sferra una serie di sonori schiaffi sulle chiappe, accompagnate da risate e parole di approvazione da parte di Matteo.
“Prof, faccia vedere a questa troia chi comanda”, mi sfotte Matteo.
“Credo che così possa bastare”. Il prof mi sfila la clavetta dal culo e me la porta davanti al viso.
Fa un cenno a Matteo, che mi libera la bocca, ormai indolenzita.
“Adesso fai il bravo e lecchi per bene il legno che sa del tuo culo”.
Complice anche il massaggio anale, mi sento eccitatissimo e obbedisco alla richiesta del prof. Avvicino la bocca alla clavetta in mano al professore, e comincio a leccarla, partendo dalla base che è un po' più fredda, per arrivare alla sommità che è invece tiepida e umida.
Guardo dritto negli occhi prima il professore e poi Matteo, mentre avidamente continuo a far scorrere la lingua su quel legno che pochi secondi prima mi aveva allargato le viscere.
“Che troia, gli piace il sapore del suo culo”, dice Matteo che, eccitatissimo, si gode la scena segandosi.
Anche il prof, vicino a Matteo, si sta menando il cazzo. Avvicina le labbra a quelle del mio compagno e mentre si segano, si abbandonano a una serie di baci da porci, rumorosi e pieni di saliva.
Io preso dalla foga, mi infilo la punta della clavetta in bocca e mi gusto ogni singolo millimetro.
Matteo sfila la clavetta dalla mano del prof e poi me la toglie dalla bocca, sostituendola col suo cazzo.
Il professore torna invece al mio culo e comincia a forzarmelo, appoggiandoci la cappellona bella gonfia. Non ci mette molto a farla entrare e io mi faccio scappare un urlo di piacere misto a dolore. Sento le mani del prof che afferrano i miei polsi, ancora immobilizzati dietro la schiena, e facendo forza, il prof tira verso di lui, spostando il mio corpo verso di lui e facendomi scivolare lentamente il cazzo nel culo. Lo spessore del cazzo del prof è tale da darmi la sensazione che le pareti del mio culo sono in fiamme. Sento lo scroto dell'uomo sbattermi contro.
“Dai, prendilo bene nel culo. Fai godere il tuo professore”.
Matteo, intanto, mi scopa la bocca come un gran bastardo; quando i miei mugugni si fanno più forti a causa degli affondi più decisi del professore, Matteo mi infila il suo cazzo grondante di saliva ancora più in fondo, al limite della sopportazione.
Vengo sbattuto in bocca e nel culo e il mio cazzo rimane in tiro, finora ignorato.
Il godimento del professore cresce di minuto in minuto e capisco che manca poco a venire. Il prof è tutto sudato. Rivoli di sudore gli scorrono sulla fronte sul viso, dalle spalle lungo i pettorali fin giù agli addominali e al pube. Sento il suo corpo umido che sbatte contro il mio e dopo un paio di affondi decisi, sento nel culo una serie di fiotti di liquido caldo che mi riempiono lo sfintere.
“Fatti scopare da vero uomo, prendila tutta la sborra del prof, fino all'ultima goccia”, mi dice Matteo, che si gode la scena.
Appena il prof si riprende dal godimento, sfila il cazzo dal mio culo e in pochissimo tempo sento colarmi un rivolo di liquido caldo e viscido sulle palle e lungo l'interno coscia.
La posizione tenuta finora e le mani legate dietro la schiena mi hanno reso tutto indolenzito e dolorante. Ma per il prof non è ancora giunto il momento di slegarmi.
“Scaricati nella bocca di questa troia, se lo merita”, ordina il prof a Matteo.
Matteo mi toglie il cazzo di bocca e comincia a segarsi molto forte. Si sputa nelle mani per essere sicuro di essere ben lubrificato. Dopo un po', il prof si mette in piedi di fianco a Matteo e toglie di mano il cazzo a Matteo.
“Ci penso io a farti venire in bocca a questo succhiacazzi”, dice il prof.
La grande mano del prof si stringe possente intorno al cazzo del giovane e sembra stritolarglielo. Fa su e giù con violenza e i colpi sono talmente forti da far rumore. Infatti, basta meno di un minuto e un paio di mugolii di godimento precedono una copiosa e calda sborrata, che si riversa nella mia bocca, sulla mia lingua, fino a colarmi in gola.
Anche io voglio venire, muoio dalla voglia.
“Fatemi venire”, chiedo.
“Devo dire che non te la sei cavata per niente male”, dice il prof.
Mentre Matteo è ancora stordito dalla sborrata, il prof mi scioglie i polsi, intimandomi di rimanere ancora in ginocchio.
D'istinto, porto le mani alle gambe e al buco del culo, per sentire come è messo. Sento la punta delle dita piena di liquido tiepido e viscido. La sborrata del professore è stata davvero generosa e mi ha sporcato tutto.
“Hai visto cosa ti ho combinato là dietro, eh?”, mi chiede il professore, sogghignando.
“Ah dimenticavo, ho il cazzo ancora sporco di sborra, cosa devi fare, Giacomo?”.
“Glielo devo pulire, prof.”, rispondo io.
Il professore mi avvicina il cazzo mezzo moscio e umido di sborra alla bocca, mi sporgo e glielo risucchio in bocca ancor prima che il prof me lo cacci in bocca con le mani.
“Bravo, non perderti nemmeno una goccia della mia sborra, dimostrami la tua riconoscenza pulendo per bene il cazzo che ti ha fottuto come una troia”.
L'odore e il sapore della sborra del prof è fortissimo, mi invade non solo la bocca, ma anche le narici e si mischia a quello più delicato del liquido di Matteo.
“Adesso puoi farci vedere come schizza uno schiavetto, io e Matteo siamo curiosi di vederlo”.
Mi porto le mani al cazzo e comincio a toccarmi. Ho ancora le dita sporche della sborra del prof. e lui se ne accorge.
“Di sborra in bocca ne hai avuta a sufficienza. Quella che hai sulle dita mettitela sul cazzo, così ti seghi meglio”.
Seguo il consiglio, toccandomi prima tutto intorno al culo per raccoglierne ancora e poi me la spalmo sul cazzo in tiro.
Matteo e il prof si godono la scena, si guardano e ridono.
Il cazzo mi appiccica tutto, ma è ben lubrificato grazie alla sborra del prof.
Il prof si avvicina ancora di più e mi mette i suoi piedi vicino al cazzo.
“Mi raccomando, ragazzo, vedi di schizzarmi sui piedi, altrimenti sono cazzi per te”.
La cosa mi fa eccitare tantissimo. Mi ritrovo i piedi del mio prof 45enne ad altezza cazzo, vicini l'un l'altro, pronti per essere sborrati.
Il solo pensiero mi fa indurire il cazzo come il marmo e scarico la mia sborrata proprio sopra a quei due bei piedoni da maschio.
“Bravo, sporcameli bene quei cazzo di piedi”.
Era eccitante vedere quel 45enne così tanto voglioso di avere i piedi ricoperti della mia sborra. Si vedeva che godeva a guardarmi mentre mi scaricavo i coglioni sui suoi piedoni da maschio. La cosa mi eccitò a tal punto che la mia sborrata sembrava quasi non finire più.
“Fino all'ultima goccia, troia”, mi avverte Matteo.
Seguendo il consiglio, una volta finito di schizzare, strofino la cappella sui piedi del prof per fare in modo che anche il minimo residuo di sborra rimastami sul cazzo possa finire sui piedi.
“Ma guarda che bel casino che hai combinato! Ancora una volta, toccherà a te pulire, lo sai vero?”, mi dice il prof. “Però questa volta il buon Matteo ti darà una mano, non sarai solo”.
Matteo sembra confuso, ma la forte mano del prof cancella ogni suo dubbio. Il prof lo strattona e lo fa finire in ginocchio, proprio di fianco a me.
“Forza Matteo, aiuta Giacomo a ripulire il casino che ha combinato. Quei piedi non si puliranno da soli. Giacomo, fagli vedere come si fa”.
“Certo prof.” rispondo io, abbassando la testa verso i suoi piedi. Cominciando dal piede sinistro, inizio a leccargli i punti dove si è accumulato più liquido bianco. Con un paio di leccate, ho già raccolto un bel po' della mia sborra e ne sento il sapore sulla lingua. Era da giorni che non venivo e ne avevo accumulata un bel po'. Era di consistenza bella solida e aveva un gusto molto salato. Guardo in faccia il prof mostrandogli la mia lingua biancastra, che poi ritraggo in bocca e deglutisco. Il prof mi sorride in segno di approvazione, è soddisfatto nel vedere la sua troietta occuparsi dei suoi piedi imbrattati di seme così bene e ingoiare sperma con una tale naturalezza.
“Ti piace bere il succo del tuo cazzo, eh?”.
“Sì prof, mi piace accontentarla e vedere che la cosa le reca piacere”.
“Visto cosa ti ha fatto vedere quella gran troia di Giacomo? E' così che si pulisce un paio di piedi sborrati”.
Matteo, non avendo molta scelta, avvicina la bocca al piede sinistro del prof e, con molta riluttanza, comincia a dare delle piccole leccate alla superficie superiore del piede.
“Ti piace la mia sborra?”, chiedo a Matteo, in segno di sfottò, guardando poi il prof per percepire la sua reazione.
Il prof ride, e bloccando la testa di Matteo tenendola per i capelli, gli strofina per bene il piede ancora mezzo pieno di sborra sulla faccia, spalmandogli il mio liquido ancora un po' tiepido su tutto il volto. Matteo cerca di discostarsi, ma prontamente anche io gli afferro la testa per i capelli e gliela tengo ben ferma, facilitando il compito del prof che, approfittando della situazione, sbatte leggermente le piante dei piedi sul viso di Matteo a mo' di piccoli schiaffi. Matteo mugugna e capisce che l'unico modo per far smettere il prof è quello di assecondare i suoi desideri. Comincia quindi a leccare e a succhiare le dita del piede del prof, una per una, andando a recuperare anche la più piccola traccia di liquido viscido e bianco che possa essergli sfuggita finora.
Il professore ci guarda entrambi e pare soddisfatto.
“Bene ragazzi, è ora di andarsene, si è fatto tardi. E datevi una ripulita, fate schifo”.
Recupera i suoi vestiti, se li infila e lascia la stanza.
Io e Matteo rimaniamo ancora per qualche minuto fermi, in quella stanza che ormai è piena dei nostri odori. Ci guardiamo, stanchi fisicamente, ma molto appagati per tutto quel sesso.
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