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Gay & Bisex

Recupero goccia


di Attico
04.04.2012    |    15.651    |    7 9.5
"Lorenzo si limitò a richiudere la porta alle sue spalle, avvicinandosi e guardandomi negli occhi, mentre con la mano destra si toccava il cazzo, già turgido..."
RECUPERO GOCCIA

È questo il nome che i miei compagni di classe mi diedero alle superiori. E anche se è passato del tempo e la mia bocca ha conosciuto parecchi cazzi, lo ricordo sempre con piacere, assieme al sapore di quei momenti trascorsi assieme. Momenti che mi hanno riempito il cuore di felicità e la bocca e il culo di godimento.
Il primo a farmi scoprire il piacere del sesso tra maschi fu il mio compagno di classe Lorenzo, in un assolato pomeriggio di uno degli ultimi giorni di maggio. La scuola stava per terminare e non avevamo di meglio da fare che trascorrere le giornate in spiaggia, in una piccola baia tra gli scogli, dove ci distendevamo per prendere il sole, molto spesso nudi, sparandoci qualche sega, lui pensando alle fiche calde che avrebbe scopato nell’estate, io fantasticando sul suo cazzo, sulla sborra che avrei voluto letteralmente bere alla canna. Per essere un quindicenne, Lorenzo aveva un cazzo di tutto rispetto. Venti centimetri in erezione costante, un bel cazzo nodoso, con le nervature evidenti, che parevano pronte a scoppiare da un momento all’altro, liberando decine di odoroso liquido spermatico. Lo guardavo e lo immaginavo dentro di me, sguazzare libidinoso nella mia bocca, affogarmi nel suo succo, o meglio ancora avrei voluto che Lorenzo mi prendesse, mi aprisse le gambe e mi scopasse con forza, con la stessa carica erotica con cui avrebbe scopato la biondina di turno quella stessa sera. Farmi inseminare da lui, questo è ciò che avrei voluto, e probabilmente anch’egli se ne avvide, incapace com’ero di trattenere la mia voglia.

“Ehi Fedè, com’è che mi guardi sempre il cazzo? Me lo vuoi abboccare?” – Mi disse un pomeriggio, sdraiato al sole accanto a me, intento a menarsi con gioia la lunga asta nervosa.
Io non risposi, imbarazzato, limitandomi ad afferrarglielo con una mano e a stringerglielo, per percepirne l’effettiva potenza, l’effettiva grossezza. Lorenzo rise, incitandomi a segarglielo. Lo feci per qualche minuto, prima di chinarmi su di lui e prenderlo in bocca. Perlomeno quanto riuscii a farci entrare, essendo davvero lungo, in quel mio primo pompino.

“Aaah, ti piace eh?! Allora ti insegno io come devi succhiarlo!” –Mi disse Lorenzo, posizionandosi comodo e iniziando ad illustrarmi i modi migliori per fare un pompino ottimale. E nessuno, meglio di un ragazzo, avrebbe potuto insegnarmi, ben sapendo lui stesso quali erano le tecniche che lo facevano godere al meglio. Giocare, stimolare, far crescere, questi i capisaldi delle sue lezioni. Le ricordo ancora oggi, a distanza di quindici anni e di trecentosette cazzi succhiati. Sentire il cazzo parte di te, sentirlo vivo, pulsante e, soprattutto, riuscire a controllare il flusso di sborra in uscita, per gustarselo fino all’ultima goccia.
Lorenzo fu un gran maestro ma, va detto, sono stato davvero un ottimo allievo. Lui stesso lo riconobbe e continuò a farselo succhiare da me per più di un anno. A scuola, nei bagni o nell’ora di ginnastica, a casa sua, quando mi invitava a passare un pomeriggio di gioco, o a casa mia, quando con la scusa di farmi ripetizioni di inglese si piazzava sul mio letto, cazzo in tiro, attendendo di vedermi usare la lingua. Gli piaceva, indubbiamente lo faceva godere il modo in cui glielo succhiavo, il modo in cui assaporavo la sua cappella, rossa e grossa, come un fungo porcino, spremendola fino all’ultima goccia. Da lì coniò il simpatico soprannome con cui mi chiamava, Recupero Goccia, carezzandomi i capelli dietro la nuca quando ingoiavo i suoi schizzi, nutrendomi di quel delizioso succo di cazzo. E anche se adorava scoparsi le fighette calde delle nostre compagne, sapeva che quel che gli avrei offerto, con la mia bocca calda, era un’esperienza così intima che con nessun’altro avrebbe potuto condividerla.

Le cose cambiarono in terza superiore, dopo un anno e mezzo di pompini privati e parecchi litri di sperma di cui mi ero nutrito. Arrivarono ben tre nuovi ragazzi in classe nostra, tutti ripetenti. Ragazzi più grandi, spesso in disaccordo con i nostri vecchi compagni, ragazzi che non si facevano problemi a toccare il sedere o le tette delle nostre compagne, marcando una chiara ipoteca sui loro diritti. Ragazzi che, non tanto tempo tardò, scoprirono che mi piaceva il cazzo.

Fu Andrea il primo a capirlo e ad iniziare a farmi dei gesti nelle ore di scuola. Nascosto dietro una colonna, vicino al muro, si toccava il cazzo, spesso mostrandomelo, muovendo la mano per mimare un pompino.
“Ignoralo!” – mi diceva spesso Lorenzo, seduto accanto a me. Ma la mia eccitazione cresceva di giorno in giorno, sopraffacendo anche l’orgoglio e il dispiacere della derisione, finché, una mattina, reagii all’ennesima provocazione di Andrea.

Mi leccai le labbra, umettandole con la saliva, e roteai la lingua in modo da mandargli un chiaro messaggio. Andrea, qualche banco alla mia destra, capì subito, strizzandomi l’occhio e facendomi un chiaro segno di uscire. Mi recai in bagno, dove mi raggiunse poco dopo, chiudendomi in una toilette e facendomi sedere sul cesso, mentre con l’altra mano già si calava i pantaloni della tuta, sfoderando un uccello stretto e lungo, sui diciotto centimetri, dalla cappella ancora coperta.

“Aprila tu con quella bella lingua da troietta!” – mi incitò. Non me lo feci ripetere due volte, chinandomi su quel nuovo pisello e iniziando a lavorarlo con la bocca e con la lingua, come Lorenzo mi aveva insegnato. Non avevo mai sperimentato le sue tecniche su un altro ragazzo e fu per me un banco di prova, per capire se fossi abile davvero a succhiare cazzi o meno.

A giudicare dal mugolare sommesso di Andrea, dal modo in cui mi teneva la testa, incitandomi a continuare, da come mi fotteva la bocca, spingendo il suo uccello sempre più nella sua gola, dove mi scaricò dopo pochi minuti un ricco fiotto di sborra calda, compresi che avevo imparato la lezione ed ero effettivamente un gran pompinaro.

Quando rientrai in classe, Lorenzo mi guardò con uno sguardo irato, da cui compresi che aveva capito quel che era successo. La sua bocca privata, l’amico che per anni si era sfamato con il suo grosso pezzo di carne succosa, aveva trovato qualcun altro da far godere.

Non mi parlò per parecchi giorni, senza rispondere alle mie chiamate, senza passare a trovarmi, senza più studiare insieme. E ogni volta in cui provavo a parlarci, in classe o nei corridoi, mi sussurrava di andarmene dal mio nuovo amichetto e se avessi tentato di parlargli di nuovo mi avrebbe sputtanato con tutta la classe.
Così, mortificato e un po’ deluso, continuai a succhiare il cazzo di Andrea, che, sebbene fosse meno largo di quello di Lorenzo, a forma di matita quasi, era comunque lungo e delizioso da assaporare. Il genere di cazzo da cui avrei voluto farmi scopare la prima volta.

Andrea parve intuire i miei pensieri e una mattina, nei cessi della scuola, mi fece girare, tirandomi giù i jeans e iniziando a toccarmi il buco del culo.
“Leccale!” –Mi disse, infilandomi due dita in bocca, mentre mi chinavo, inarcando il culetto proprio di fronte a lui. Io le ciucciai come fossero piccoli cazzi, inumidendole bene, prima che Andrea le ritirasse, strusciandomele sul sedere e piantandomele poi nel buco del culo. All’inizio sentii dolore, poi le mani esperte di Andrea si fecero largo, aprendomi pian piano e preparandomi a ciò che volevo da tempo.

“Ora ti monto troia!” – esclamò, sputandomi sul buco del culo, prima di avvicinare il suo cazzo eretto e piantarmelo dentro, infilandolo tutto, fino alle palle. Dentro e fuori, dentro e fuori, Andrea mi chiavò per una buona mezz’ora, approfittando dell’ora di supplenza in cui nessuno ci avrebbe cercato, finché non sentii il suo cazzo pulsare. Una sensazione ben nota che, sapevo, anticipava lo schizzo di sborra. Andrea non tolse l’uccello, sborrandomi nel culo e continuando a pompare, finché non cedette, crollando sulla mia schiena.
Fu allora che arrivò Lorenzo, spalancando la porta del bagno e facendoci prendere un bello spavento. “Che cazzo fate, finocchi?!” – ci disse.

Andrea sbiancò in faccia, non sapendo della relazione tra me e Lorenzo, e cercò qualcosa da dire, consapevole che niente avrebbe potuto giustificare quella situazione compromettente. Lui nudo, con il cazzo semieretto grondante sborra, e io a pecorina, con il culo sfondato e riempito di sperma e sangue.
Lorenzo si limitò a richiudere la porta alle sue spalle, avvicinandosi e guardandomi negli occhi, mentre con la mano destra si toccava il cazzo, già turgido sotto i vestiti, tirandolo fuori dopo poco. A quella visione sentii il cuore riempirsi di gioia, mi scansai da Andrea e mi fiondai letteralmente ai piedi di Lorenzo, per succhiare quel pezzo di carne di cui ero in astinenza da quasi due mesi. Lo presi in gola avidamente, succhiandolo, leccandolo dalle palle (gonfie da tre giorni) fino alla cappella, con un ardore che non avevo mai mostrato al cazzo di Andrea.

Lui, dal canto suo, si sedette sulla tavoletta del cesso, a guardare interessato ed eccitato la scena, capendo che non era la nostra prima volta, e iniziò a segarsi l’uccello, che in pochi minuti riprese vigore, riassumendo la sua consueta forma ad asta eretta. Allora mi fece un cenno, tirandomi a sé, posizionando il mio culo proprio sopra il suo cazzo, mentre ancora ero intento a succhiare Lorenzo, e facendomici sedere poi sopra. Fu una penetrazione ottimale, con il culo dilatato dalla scopata precedente, ancora bagnato dai miei umori e dal suo seme, e con la mia bocca intenta a spompinare il cazzo di cui ero innamorato. Dopo una decina di minuti, sia Lorenzo che Andrea vennero, riempiendomi rispettivamente la bocca e il culo del loro caldo liquido che tanto adoravo. Pulii bene la cappella di Lorenzo, avendo cura di non trascurare l’asta e i ciuffi di pelo biondo imbrattati di sborra, prima di sollevarmi e girarmi, trovandomi di fronte il cazzo di Andrea, ancora in posizione eretta, sia pur affaticato dallo sforzo. Mi chinai, prendendolo in bocca per pulirlo, e nel far questo offrii il mio culo a Lorenzo, che espresse un commento di approvazione per il modo in cui Andrea me lo aveva dilatato.

“Sebbene” – disse –“Si può fare di meglio!” –Aggiunse con un sorriso. E, nonostante l’orgasmo appena raggiunto, mi sbatté dentro il suo beneamato uccellone, penetrandomi a fondo ma soprattutto aprendomi il buchetto, slargandolo con le sue dimensioni notevoli.

Ansimai, mentre lo succhiavo ad Andrea, eccitato per quell’intrigante situazione, sollevando lo sguardo verso di lui, che mi tirò a sé e mi slinguò, sorprendendo persino Lorenzo. Mi fece allora cenno di sedermi sul suo cazzo, in modo da prenderli entrambi dentro. Sorrisi, eccitato all’idea, e feci come mi disse, sedendomi sul cazzo di Andrea, mentre Lorenzo si posizionava a sua volta per penetrarmi contemporaneamente. Non fu affatto facile, sia per la scomodità del luogo, sia perché l’apertura del mio orifizio non era quella di adesso, ma fu divertente e soprattutto la soddisfazione del risultato ripagò ampiamente i nostri sforzi congiunti.

I cazzi di Andrea e di Lorenzo mi scoparono a fondo, bene, aprendomi l’ano e riempiendolo di sborra, ma soprattutto, per la prima volta, entrambi mi baciarono, mi leccarono il collo, mi morsero le labbra, mi scoparono la gola con le loro lingue, mescolandoci in un unico intenso bacio, il cui culmine fu lo schizzo congiunto che mi riempì il culo. Il primo di una serie ininterrotta di scopate che hanno accompagnato il mio triennio alle superiori.
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