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Gay & Bisex

Tra compagni di classe


di Zibibbo2
24.11.2014    |    42.768    |    9 9.7
"“Dai non ci credo, vuoi dirmi che sei vergine?” “Beh ecco…” “Ahaha!” Rideva fragorosamente, in modo sguaiato..."
Quand’ero alle superiori non avevo ancora capito tutto di me. Mi ero accorto dell’eccitazione che provavo nel vedere gli altri ragazzi, magari i compagni mentre si cambiavano ad educazione fisica; ma non volevo ammetterlo. Mi spaventavano molto le prese in giro che ricevevo. Quelle più terribili e cattive arrivano da due fratelli gemelli che erano nella nostra classe, Davide ed Enrico. Erano molto diversi tra loro, e nessuno poteva dire, senza conoscerli bene, che erano fratelli: Davide moro, magro, slanciato, Enrico più basso e possente, e con fitti ricci biondi. In realtà noi riuscivamo a vedere molto bene le analogie tra loro: il modo di parlare, la capacità di attirare l’attenzione (soprattutto quella delle ragazze) su di loro, la spregiudicatezza. In effetti loro erano tra quelli che con maggiore perfidia mi prendevano in giro. Io cercavo di evitarli.
Una mattina, alla fine delle lezioni, si avvicinò Davide. Mi aspettavo volesse rompere un po’ le balle. “Ehi senti” mi disse “dovrei parlarti”. “Sto ascoltando, mi pare.” “Sì. Io avrei pensato, ecco, mi piacerebbe se ci potessi trovare a studiare assieme qualche volta. Biologia, Matematica soprattutto…” Era la prima volta che Davide mi chiedeva qualcosa. “Perché mai?” “Perché hai visto come mi sono andati gli ultimi compiti…” “No dicevo, perché mai dovrei aiutarti? Fatti aiutare da Enrico.” “Che cazzo dici, lui va peggio di me. Non so, se vuoi ti pago!” “Ma per piacere!” “Beh allora facciamo così. Se mi dai una mano, io non ti rompo più le balle” Esitai. Davide era viscido come un serpente; ma sapevo riconoscere quando mentiva, e non era quella l’occasione. Non potevo perdere un’occasione simile, anche se comportava correre un rischio. “Ok, ci sto. Domani ci mettiamo d’accordo.”
Così fu. Ci accordammo per trovarci a casa mia il venerdì pomeriggio.
Davide si presentò puntualissimo. Si dimostrò desideroso di imparare, anche se non capiva moltissimo; si vedeva che s’era dedicato ad altro invece che a studiare.
“Qui devi applicare le proprietà delle potenze.”
“Ma che cazzo sono?”
“Senti Davide ma tu c’eri in classe quando la prof spiegava?”
“Sì c’ero ma avevo altro per la testa.”
“Vale a dire?”
“La figa, ovviamente!” Rise. Risi anche io, in modo sforzato; volevo tagliare subito l’argomento. Ma lui sembrava intenzionato a prendersi una pausa.
“Di’ tu quante te ne sei scopate in classe nostra?”
“No ma veramente?”
“Dai dimmi! Io ti dico, a parte Chiara, Elisa e Marianna me le sono chiavate tutte.”
“Ma figurati. Alessia è fidanzata da una vita!”
“Sì ma al sabato pomeriggio viene a farsi incaprettare da me.” Rise di nuovo. “Dai e tu?”
Esitavo. Lui colse.
“Dai non ci credo, vuoi dirmi che sei vergine?”
“Beh ecco…”
“Ahaha!” Rideva fragorosamente, in modo sguaiato.
“Non c’ un cazzo da ridere, “ sbottai, “e comunque avevi promesso che non mi avresti più preso in giro.”
“Sì sì hai ragione.” E, incredibile, la fece finita sul serio. Completammo a fatica alcuni altri esercizi, perché davvero non capiva niente, poi ci salutammo. Mi chiese se l’avrei aiutato ancora, e io un po’ dubbioso gli dissi di sì; mi chiese anche se potevo dare una mano a suo fratello. Un po’ di malincuore, accettai.
L’indomani Enrico si presentò a casa mia; anche con lui ci mettemmo subito a studiare. Ma si rivelò diverso dal fratello; sembrava aver capito bene gli argomenti, se non per qualche imprecisione di poco conto di cui mi ero accorto solo perché avevo il libro sotto mano; quando poi mi corresse, sorrisi e gli feci notare che non mi sembrava avesse bisogno di aiuto.
“No infatti”, disse lui, “lo penso anche io.”
“Ah.”
“Beh se sono qui è perché, ecco, mi chiedevo se tu sei una persona riservata. Dovrei parlarti di una cosa.”
Il mio istinto mi diceva di non fidarmi di lui; ma il problema era il mio cazzo, che cominciava a svegliarsi. Enrico aveva un buonissimo odore, e dalla maglietta potevo notare il profilo dei muscoli delle braccia che si tendevano. Una peluria bionda e sottile gli copriva le braccia e mi stava creando quei problemi con la parte bassa; in effetti non gli ero mai stato così vicino.
Deglutii. “Sì sono una persona riservata.”
“Sicuro?”
“Sì, sì sono riservato.”
“Bene”, disse lui, e distolse lo sguardo. “Il fatto è che da un po’ ho alcuni pensieri. Non sapevo a chi dirli, e forse tu sei la persona indicata. Se lo dico ai miei amici succede un casino.”
“Ma noi ci conosciamo appena. Anzi, non ci conosciamo proprio.”
“Sì ma gira voce che tu sia gay.”
Mi si gelò il sangue. “No… ma… chi te l’ha… voglio dire, io non… chi…”
Enrico distolse lo sguardo, anche se un sorrisetto cattivo si era dipinto sul suo volto. “Via, nei bagni dei maschi c’è scritto di tutto su di te.”
Ero basito. Ero caduto in trappola.
“In ogni caso, io mi chiedevo… ecco, io mi chiedevo se… se tu… cioè più che altro, se io potrei, come dire, io potrei fare un po’ di esperienza con te.”
Ora ero ancora più basito. Lui si avvicinò e molto lentamente, ma con decisione, posò le labbra sulle mie. Ero talmente agitato che non riuscivo a rispondere; non sapevo se si trattava di una trappola o cosa.
“I tuoi sono a casa?”
“No”
“Hai già baciato un ragazzo?”
“Sì”
“Hai già fatto un pompino?”
“Sì”
“L’hai già preso in culo?”
“No”
Si alzò in piedi, lo seguii. Ci avvicinammo al divano e cominciò a baciarmi, sul viso, sul collo, dietro le orecchie. Io cominciai a toccare il suo corpo: le braccia muscolose, le spalle, la schiena. Si accorse che esitavo; si staccò un attimo e si tolse la maglietta. Il suo fisico mi fece partire un’erezione intrappolata dai jeans.
“Posso toccare?”
“Tutto quello che vuoi”
Cominciai a toccarlo e baciarlo. Passai la lingua sui capezzoli che stavano diventando turgidi: era davvero eccitato. I suoi capezzoli erano piccoli e duri, davvero meravigliosi. Nel frattempo lui mi aveva girato e da dietro mi passava le mani sul petto; mi aprì la camicia e cominciò a toccarmi. Slacciò i pantaloni, l’erezione era evidente. Ci spogliammo e restammo solo in boxer; lui mi fece distendere sul divano e mi fu sopra. Sentivo il suo peso, la massa dei suoi muscoli tesi; mi toccava ovunque, e dopo un poco mi tolse i boxer. Feci lo stesso con lui. Il suo cazzo non era enorme, ma mi sembrava il paradiso. Cominciò a strusciarsi contro di me, sentivo i nostri due cazzi l’uno contro l’altro. Si alzò e me lo portò alla bocca; cominciai a succhiarlo, passando la lingua sulla punta pulsante. Gli avevo messo le mani sul culo e me lo tiravo verso la faccia, così lo palpavo a più non posso. Lui mi scopava la bocca e si vedeva che godeva, anche perché con la lingua ci sapevo fare di più. “Sì… altro che quelle troie, sì…”
Me lo tolse di bocca. “Voglio scoparti”.
“Ma io non l’ho mai fatto”
“Ti prego, neppure io, ma ho voglia del tuo culo.”
“Ma non l’hai mai fatto con una ragazza?”
“Sì certo, ce ne sono due tre che si vengono a far scopare tutte le settimane, ma io sono sempre pieno. Non mi ha mai tirato come con te…”
Era nudo davanti a me, bello come non mai. Colse la mia esitazione, si girò e prese dalla tasca dei pantaloni un preservativo. “Dai fatti chiavare”. Lo aprì e lo indossò.
Mi misi sul bordo del divano, a gambe aperte. Lui si inumidì la mano e cominciò a passarmela sul buchino, massangiandolo con un dito. Intanto il suo cazzo era sempre dritto. Poi si appoggiò, e come se lo facesse da sempre iniziò a penetrarmi il culo. Avvertii un leggero fastidio, e poi subito diventò piacere. Enrico inesorabile entrò fino a che le sue palle non toccarono il mio culo, solo allora cominciò a stantuffare. Mi guardava negli occhi, si vedeva che stava godendo in modo furioso. Si passava la lingua sulle labbra, mi toccava il petto. Io lo vedevo in tutta la sua bellezza e non potevo credere che il suo cazzo fosse dentro di me.
Lo sentivo entrare e uscire, e mi abbandonai. Ad un certo punto sentii che il ritmo della scopata aumentava, lui mi guardò e disse: "Oddio vengooo!" e sentii le scariche di sborra attraverso il preservativo. Prese ad ansimare, poi si mosse lentamente e con la mano mi fece una sega.
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