La matrigna

Ero rimasta vedova da poco. Amavo mio Marito, ma un brutto male me lo aveva strappato troppo presto. Prima che si ammalasse non ci facevamo mancare davvero nulla, né tra noi né con l'aggiunta di amici.
Suo figlio aveva il suo stesso carattere. Il Suo stesso modo di ridere e soprattutto farmi ridere. Alti uguale, stesso taglio degli occhi, più in carne e muscoloso, ma l'età era sicuramente dalla sua parte.
Io avevo superato il mezzo secolo, lui appena ventenne. Mi è stato vicino quando stavo più male, quando rimanevo sola con i miei pensieri. Non sono sua madre. Quando mio Marito era in vita lo vedevo quasi come un rivale, mi "rubava" quei pochi giorni che mi rimanevano da passare con Lui.
Dopo il dolore ci aveva unito.
È una sera di dicembre, c'è un freddo particolare. Anch'io mi sento fredda. Siamo seduti nel divano, a guardare distrattamente la TV davanti alla stufa. Ho la testa poggiata sulla sua spalla. Lo facevo spesso con Lui. Mi carezza la schiena. Mi rilassa, chiudo gli occhi. Qualcosa guida le sue mani, è Lui. Questo tocco mi è familiare. Le sue giovani dita scorrono sulla mia schiena sotto il maglione. Un gesto affettuoso, nulla di carnale. Un gesto dolce. Il mio corpo non c'è più abituato. L'ultimo ad avermi toccata così era Lui.
Si china, mi bacia la spalla da dietro, sopra il maglione. È assurdo. Sento di essere tornata indietro di due anni. Quando a fare tutto questo era Lui.
Mi volto, lo guardo negli occhi. Sono i Suoi occhi. Istintivamente lo bacio con passione. Rimane impietrito. Mi scuso. Ho fatto una cazzata. Ma diamine, ha anche il Suo stesso sapore.
Sono confusa, forse il cervello mi sta facendo qualche brutto scherzo.
Non si è scostato. Lo bacio nuovamente. Stavolta accenna qualche movimento. Mi sento tremare. Lo vorrei qui, ora.
Ma non è giusto, cosa sto facendo? È solo un ragazzino!
Stavolta prende l'iniziativa lui, mi bacia il collo, sento la lingua appena sfiorare tra le labbra sotto l'orecchio. È la Sua lingua. Sento un calore incredibile al ventre. Le mutandine sono zuppe. Non mi era mai successo, non così facilmente.
Voglio sentire il suo corpo. Le mie mani lo esplorano. È un corpo giovane, forte. Meno "uomo" di Lui.
Indossa una tuta, di quelle coi bottoni sui lati, come quelle che metteva suo Padre. È eccitato, è evidente.
Non voglio andare fino in fondo.
So che sto facendo una cazzata.
Anzi l'ho già fatta.
Quel bozzo sui pantaloni mi manda su di giri. Mi inginocchio davanti a lui. Poggio il viso tra le sue gambe, è duro, pulsa.
Non so più chi sono, dove sono, chi è lui.
Gli tiro giù i pantaloni, non lo guardo neanche il faccia. È il Suo cazzo. È la fotocopia precisa. Lo bacio, con amore, con dolcezza. Come quando rivedi il tuo compagno dopo una lunga assenza. Lui era lì. Era quel cazzo.
La dolcezza lascia spazio alla passione. Lo voglio. Inizio a succhiarlo, leccare le palle solleticandole. Tengo gli occhi chiusi. Vedo Lui che se la gode. Provo a prenderlo tutto in bocca, non ci riesco, non ci sono mai riuscita in effetti. Sento le sue mani sotto le ascelle, vorrebbe tirarmi su, non voglio. Questo momento l'ho aspettato troppo a lungo. Sento la voce "dai voglio fare anch'io". Non voglio. In questo momento la mia vita ha senso solo in funzione di questo cazzo, del Suo cazzo. Lo lecco, lo succhio, mi aiuto con le mani. Voglio sentire di nuovo il sapore del Suo sperma.
È giovane, non può resistere alla mia arte a lungo, sento il corpo contorcersi, sta arrivando. Finalmente.
Viene.
Sembra un fiume, non smette più. Saranno 8 o 10 schizzi. È dolce. Molto dolce. Più di Lui. Lo ingoio. Il calore del mio ventre si calma.
Il ragazzo vorrebbe andare avanti, io no. Non oggi. Oggi va bene così. Ho già fatto troppe cazzate oggi. Ma so che non riuscirò a fermarmi.