Prime Esperienze
Carpediem!

04.06.2025 |
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"Fu Dario ad accorgersi dei fari ed indicarlo a Laura con un gesto quasi distratto; quel portone, anonimo e decisamente brutto, visto e rivisto tante volte, ..."
La pioggia cadeva fitta su Milano, disegnando arabeschi impazziti sui vetri appannati del bar all’angolo, era un martedì di primavera, di quelli in cui la città sembra sospesa tra malinconia e rinascita. Ogni giorno, alla stessa ora, il rituale si ripeteva: il suono secco delle chiavi e dello smartphone lanciati sul tavolino, uno sguardo rapido ai volti consueti dei clienti abituali nel locale proprio di fronte all’ufficio e un cappuccino poco schiumato tra le mani.
Eppure, quella mattina, qualcosa sembrava diverso: nell’aria vibrava un’energia elettrizzante, una sensazione di calore pulsante, di quelle che sfiorano la pelle come un respiro troppo vicino; come il fremito improvviso che precede un tocco desiderato.
Tra il rumore costante della pioggia e il vetro appannato, la scena sembrava attesa, come se il ritmo del battere delle gocce creasse la giusta atmosfera di suspense per un incontro inevitabile; come se lo spazio stesso stesse trattenendo il fiato, pronto a far incontrare due storie che fino a quel momento avevano camminato parallele.
Ed ecco Laura, una di quelle donne che il destino semina tra la folla e che solo chi ha occhi svegli riesce a riconoscere, mora, di media statura, vestita in modo semplice ma con un’eleganza naturale che non si può imparare.
Gli occhi, scuri e vispi, avevano quella luce ironica di chi ha imparato a conoscersi, e forse anche a perdonarsi, i capelli fitti, corposi, di quelli da afferrare tra le dita nei momenti di abbandono, a incorniciare i suoi occhi ammaliatori, sopracciglia nere ben curate, che ne esaltavano ancora di più l’intensità.
Il seno non era grande, ma pieno e sodo, di quelli che sfidano ancora la forza di gravità e i fianchi morbidi si stringevano in una gonna che aderiva perfettamente nel punto giusto, disegnando con precisione il contorno di un sedere tondo, armonioso, indimenticabile. Ogni gesto, ogni passo, rivelava una femminilità sicura di sé, mai esibita ma naturalmente provocante.
Una promessa che mordeva l’aria; visibile solo a chi ha l’audacia di andare oltre lo sguardo.
E lui, Dario, un ragazzo apparentemente ordinario, uno di quelli che si confondono nel grigiore di Milano, ma che nel fondo degli occhi porta sempre dentro di sé una rabbia lucida, un istinto da cacciatore che punta dritto alla preda.
Sognatore ostinato, con la determinazione silenziosa di chi vuole disegnare il proprio futuro, anche a costo di strappare via il presente a mani nude. Non era abituato ai colpi di scena, eppure ne aveva sempre desiderato uno.
Quella mattina di un martedì di primavera, all’ingresso del bar, le loro strade si incrociarono per la prima volta, o, forse era già accaduto mille volte, senza che i loro corpi, fino a quel momento se ne fossero mai accorti davvero; un urto lieve, i tessuti bagnati che si sfioravano, la pioggia fredda che sembrava amplificare lo shock di quel contatto.
Dario trattenne il respiro per un istante, il tempo esatto in cui i loro occhi si agganciarono: non un semplice sguardo, ma un invito sfacciato, un gioco proibito lanciato senza parole.
Un sorriso impercettibile, appena accennato, e la complicità esplose silenziosa come un lampo, entrarono nel locale senza neanche rendersi conto e si sedettero vicini, le parole che faticavano a trattenere l’istinto dei corpi. Poche frasi, qualche risata timida, e già tra loro si muoveva una corrente invisibile; la luce nei loro occhi era di quelle che accecano, alimentata da un desiderio ardente.
L'audacia e la fortuna sono solitamente compagne di avventura, e, quando il desiderio aguzza l'ingegno, ogni occasione è da cogliere vivendo appieno l'essenza del vivere l'attimo "Carpediem!"
Dall'altro lato della strada, ecco che stava per accadere qualcosa di tanto banale, quanto, se sfruttata a proprio vantaggio, potenzialmente stimolante: una macchina in uscita da un portone.
Fu Dario ad accorgersi dei fari ed indicarlo a Laura con un gesto quasi distratto; quel portone, anonimo e decisamente brutto, visto e rivisto tante volte, si era trasformato in quell’istante nell’ingresso di un tempio profano.
Pochi secondi, un sorriso malizioso e niente altro per decidere di correre fuori sotto la pioggia; il cuore che batteva più forte del tonfo delle tantissime gocce sull'asfalto lucido.
Appena varcata la soglia attraversarono il cortile in silenzio cercando con lo sguardo un angolo riparato.
Le pareti erano umide, costellate di vecchie cassette postali arrugginite e biciclette abbandonate, poi, ad un tratto, ecco un angolo un po' nascosto, dietro una colonna di pietra, sembrava offrire la complicità perfetta per ciò che stava per accadere.
Fu lei a prendere l’iniziativa, sollevò la gonna con la malizia tipica chi sa esattamente cosa vuole e come prenderselo, il suo perizoma nero aderiva sulla pelle bagnata, le curve ed i movimenti del suo corpo parlavano un linguaggio che non lasciava spazio a dubbi.
Lui non disse niente, non ce n’era bisogno, era tutto lì: nei corpi che si cercavano con passione ed ardente desiderio di sfiorarsi ed entrare in contatto, nel respiro che diventava sospiri e poi gemiti di piacere, nelle mani che non chiedevano permesso esplorando ogni millimetro.
Non c’era tempo per pensare, la voglia di toccarsi, di scoprirsi, di sudarsi addosso e di vivere come se oltre a loro due non ci fosse niente, come se il mondo si fosse fermato dietro quel portone sbattuto alle spalle.
Sapevano entrambi che quello sarebbe stato solo l’inizio, perché la vita vera non ha freni, non ha piani. Quando l'emozione e l'istinto prevalgono, quando il corpo prende il sopravvento sul senso del pudore, il desiderio ti azzanna e non ti lascia più.
Quando come Laura e Dario si ha il coraggio di varcare il portone giusto, non si torna più indietro.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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