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Prime Esperienze

Il maneggio (II parte)


di Quasiperbene
10.12.2020    |    4.604    |    10 4.9
"Nonostante tutto mi era piaciuto sentirlo venire su di me, e pensai che, anche se non avevo mai sognato così la mia prima volta, in fondo ero contenta che..."
Un mese e mezzo dopo, verso la fine di agosto, ero di nuovo alle prese con le lezioni di salto di Luca e non era una giornata buona. Ero piuttosto fuori allenamento, perché eravamo stati in vacanza una quindicina di giorni, e al mio rientro, poco dopo ferragosto, il tempo si era guastato e la pioggia costante ci aveva impedito di riprendere subito le lezioni. Speedo sembrava nervoso, come se fosse offeso per la mia lunga assenza. In realtà in queste settimane lo aveva montato Enrico, ma lui si limitava a farlo correre, senza imporgli esercizi che richiedessero concentrazione e disciplina, e ora sembrava fare anche più fatica del solito a tornare in riga.
Come prevedevo, per Luca questo non era un buon motivo per sbagliare i salti. Per lui non esistevano cattivi cavalli, ma solo cattivi cavalieri, che non sapevano imporsi sull'animale. La pazienza poi non era il suo forte e, se dal punto di vista tecnico era a detta di tutti un ottimo insegnante, secondo me avrebbe dovuto lavorare sul lato umano, prima che qualche cliente stanco di insolenze lo mandasse a quel paese. Io, per esempio, quel giorno ero lì lì per mandarcelo.
Dopo averlo scoperto insieme a mia sorella il giorno della festa di mezza estate, mi ero sforzata di comportarmi con entrambi come se non sapessi nulla, provando per lui un sentimento sempre più ambivalente. Mi piaceva ancora, il suo corpo mi attraeva come una calamita, e continuavo a pensare a lui quando mi masturbavo. Ma nello stesso tempo lo detestavo, sia perché aveva scelto mia sorella al posto mio, sia per il comportamento sprezzante che gli avevo visto tenere nei suoi confronti, come se il vero motivo per cui faceva sesso con lei fosse umiliarla. Nessuno dei ragazzi con cui avevo avuto a che fare era mai stato così arrogante. A volte erano irruenti o troppo spicci, ma non mi avevano mai trattato male, così mi chiedevo se gli uomini diventavano tutti come Luca passati i trent'anni, o se era lui a essere un pervertito che doveva usare il frustino e gli insulti per eccitarsi. Mi chiedevo anche se avrebbe fatto lo stesso con me, e se alla fine il mio sogno erotico non si sarebbe rivelato una gran delusione. Ma anche questi dubbi non facevano che rinfocolare la mia curiosità nei suoi riguardi, e mi trovai a spiarlo ogni volta che lo vedevo in compagnia di una donna. Iniziai a sospettare che mia sorella non fosse affatto l'unica con cui si divertiva lì al maneggio, e ne ero sempre più gelosa.
Forse era anche per quello che facevo sempre più fatica ad accettare i suoi rimproveri durante le lezioni, e quel giorno lo trovavo tanto attraente quanto insopportabile. Aveva una polo turchese come i suoi occhi, da cui sbucavano braccia muscolose e abbronzate, gli avambracci coperti di peli biondicci, e in vacanza si era lasciato crescere i capelli, così che qualche ricciolo più chiaro sfuggiva dal cap. In compenso, sembrava anche meno paziente del solito e non faceva che criticare. Secondo lui, era sempre colpa mia, che arrivavo sotto all'ostacolo troppo veloce o troppo lenta, o non tenevo l'assetto corretto sulle staffe, o ancora che ero troppo nervosa, per cui il cavallo percepiva la mia insicurezza e si sentiva autorizzato a non seguire i miei comandi. Sì, ero nervosa, infatti, ma con lui soprattutto, che mi addossava ogni errore e sembrava escludere quella che per me era un'ipotesi ovvia: io non ero un'abile cavallerizza, ma anche Speedo non era un cavallo portato per il salto. Ma ora che sapevo come Luca trattava le donne, non mi stupivo che vedesse un cavallo come un oggetto senza personalità, da plasmare come preferiva.
“Insomma, Alice, te l'ho già detto: è il cavallo che si deve adattare al cavaliere, e non viceversa. E tu devi imparare come importi, fargli sentire chi è che comanda, e che lui volente o nolente non ha altra scelta che saltare.”
Sbuffai vistosamente, già irritata da queste parole, soprattutto ora che sapevo che applicava anche alle donne la stessa logica. Lui se ne accorse, e si accigliò subito. “Davvero, Alice, non so nemmeno cosa dire a tua madre, se non che con te al maneggio spreca i suoi soldi. Non riesco a capire come faccia tua sorella a essere così brava e tu così maldestra...”
Ecco, aveva tirato in ballo la persona sbagliata nel momento sbagliato. “E certo, mia sorella fa tutto quel che le dici, vero? Lo so bene, e non solo quando è a cavallo!” Forse era troppo tempo che mi trattenevo, e nella collera la tentazione di smascherarlo spazzò via ogni scrupolo.
Lui per un attimo si bloccò con le labbra socchiuse e le sopracciglia aggrottate. “Cosa vuoi dire adesso, Alice? Tua sorella è senz'altro più disciplinata di te, ma...”
Lo interruppi. “Lo sai benissimo quello che voglio dire, Luca, mi hai preso per scema?”
Lui sbarrò gli occhi, e sembrò boccheggiare. ”Aspetta, Alice, io credo che tu non abbia capito...”
Ma ora ero io che non volevo più continuare quella conversazione scottante, né ammettere tutto quel che sapevo, così spronai Speedo e corsi via al galoppo, lasciandolo lì a interrogarsi su cosa avessi voluto dire.
Ben presto, però, mi resi conto che non avevo più il controllo e che Speedo mi stava portando dove voleva. Spaventata, provai a buttare un'occhiata alle mie spalle e mi sentii rincuorata nel vedere che Luca era saltato in sella al suo baio e mi stava seguendo. Per quanto provassi a frenarlo e riportarlo a un trotto tranquillo, Speedo non ne voleva sapere, e di galoppo ci mise un attimo ad arrivare ai confini della proprietà, delimitati da un'alta siepe di bosso. Invece di rallentare, il cavallo mantenne la sua andatura, e mi resi conto in un attimo di panico che avrebbe dovuto saltare. Mi sforzai freneticamente di ricordare tutte le indicazioni di Luca sull'assetto ottimale per il salto, preparandomi ad affrontare un ostacolo più alto di quanti avessi mai provato a saltare, ma fu tutto inutile. Speedo non si smentì neanche quella volta e, arrivato a ridosso, frenò bruscamente, scartò di lato, sgroppò con violenza e quando tirai le briglie si impennò, disarcionandomi. Caddi malamente in una pozzanghera fangosa. Presi la botta sul fianco sinistro, facendomi male all'anca e alla spalla, ma quella pozza fu la mia fortuna, perché lo spesso strato di fango cedevole sul fondo attutì il colpo, e me la cavai solo con dei grossi ematomi su tutto il lato sinistro del corpo.
Sul momento, però, non apprezzai molto il fatto di ritrovarmi a mollo in una spanna d'acqua sporca, i capelli e i vestiti fradici, e una maschera di fango in faccia. Tantomeno l'idea che Luca mi vedesse in quelle condizioni, e, come se non bastassero il dolore e l'umiliazione della caduta, iniziasse a rimproverarmi perché non ero stata capace di portare il cavallo all'ostacolo come avrei dovuto. Così, d'istinto, quando lo vidi arrivare di gran carriera, mi ributtai giù nell'acqua nerastra in una posa scomposta, gli occhi chiusi e una smorfia di dolore in faccia.
“Alice! Alice, ti sei fatta male?” gridò mentre scendeva precipitosamente da cavallo e correva verso di me. Rimasi muta e immobile, finché non lo sentii inginocchiarsi di fianco a me nella pozzanghera e toccarmi delicatamente una spalla. Allora socchiusi gli occhi e mandai un gemito.
“Alice, cosa ti sei fatta? Dove ti fa male?”
“Mi fa male tutto il lato sinistro, dove ho preso la botta...” risposi aggrappandomi un po' a lui e tirandolo verso di me. Lui affondò le braccia nella pozzanghera e mi cinse le spalle per aiutarmi a sollevare la testa dal fango. “Ora chiamo l'ambulanza, sta tranquilla Alice.”
“No no, non c'è bisogno, davvero. Sono tutta ammaccata ma non ho niente di rotto.” Feci l'atto di provare a rialzarmi per dimostrarglielo, e gli misi le braccia al collo. Lui chiuse le sue intorno alle mie spalle per tenermi, e ci trovammo allacciati, la mia guancia bagnata contro la sua mascella ben rasata, il mio naso a inspirare il profumo del suo dopobarba, e le mie piccole tette coperte da una polo fradicia premute contro il suo torace. Schiacciai i capezzoli già inturgiditi dall'acqua fredda contro il suo petto, sperando che li potesse sentire sotto la polo e il reggiseno di microfibra leggera che indossavo. Quel contatto forzato mi eccitava, e sentii che non potevo sprecare un'occasione così di provare a sedurlo.
Feci scivolare le labbra socchiuse sulla sua guancia e le posai sulle sue. In un attimo, come se non aspettasse altro che un mio segnale di disponibilità, Luca mi strinse più forte e mi baciò con foga. Io mi abbandonai fra le sue braccia con un mugolio di piacere e di incoraggiamento, la mia lingua che accoglieva la sua, gli occhi chiusi, e un delizioso calore che partendo dall'inguine mi pervadeva fino a scacciare il freddo dell'acqua di cui ero zuppa dalla testa ai piedi. Finché durò quel bacio che sognavo da mesi, mi dimenticai del dolore del fianco e della spalla contusi, del fango in cui avevo affondato il sedere, dei vestiti e dei capelli completamente intrisi di acqua sporca e terrosa. Nemmeno a Luca sembrava dar molto fastidio il nostro giaciglio improvvisato: mi fece riadagiare nella pozza, mettendomi una mano dietro alla testa per tenermi il viso fuori dall'acqua, e riprese a baciarmi con passione, brancicandomi tutta con l'altra mano. Intanto sentivo il bozzo nei suoi calzoni spingermi addosso e strofinarsi ritmicamente su di me, suscitandomi il desiderio di slacciargli la patta e prenderlo in mano. Armeggiai frettolosamente con cintura e cerniera, infilai la mano ad abbassare l'elastico degli slip ed estrassi la sua erezione liscia e pulsante con un mugolio di soddisfazione.
“Che puttanella che sei, Alice ” mormorò lui sulle mie labbra, mentre a sua volta liberava le mie tettine smaniose di attenzioni sollevandomi la polo e il reggiseno. Io presi ad accarezzarlo e masturbarlo come potevo, sempre più eccitata, e lui ricambiò prendendomi in bocca un capezzolo e poi l'altro, e titillandolo con la lingua.
“Togliti tutto, voglio toccarti anch'io” ansimò poco dopo, e si staccò da me restando in ginocchio nella pozzanghera per aiutarmi a sfilare prima stivali e calzini, e poi i pantaloni attillati che mettevo a cavalcare. Puntai i piedi nudi nel fango viscido, e sollevai il bacino verso di lui, che tuffò la testa fra le mie gambe, e premette la bocca sulla stoffa delle mie mutande fradice d'acqua e di umori, facendomi sussultare di piacere. Poi me le abbassò, e mi leccò fino quasi a farmi venire, poi mi fece riabbassare il sedere e sollevare le gambe per levarmele del tutto. Si sdraiò di nuovo su di me, premendomi il cazzo duro sul ventre e infilandomi una mano fra le cosce, frugando con decisione alla ricerca di una fessura che ancora non c'era. Quando se ne accorse, il suo tocco si fece più delicato e ancora più piacevole, e si concentrò sul clitoride gonfio e pulsante. Nello stesso tempo, mi riprese a cincischiare i seni con l'altra mano, aggiungendo nuovi brividi al piacere che ormai mi dilagava dentro. Mi baciò ancora, poi scese con la bocca lungo la pelle sensibile del collo e delle spalle, e giù fino alle tette, tornando a insistere deliziosamente sui miei capezzoli irti di desiderio. Mi fece venire così, sfregandomi sulle sue dita, e mi abbandonai senza fiato nella pozza, aggrappandomi al suo collo per unire le nostre bocche in un languido bacio.
Ma Luca sembrò cambiare subito atteggiamento. “Ora tocca a me” disse allargandomi le cosce, e schiacciandomi giù nel fango.
“Luca, no, quello no, aspetta...” gli risposi subito con l'ansia nella voce. “Sono vergine...te lo succhio se vuoi, ma non voglio che la mia prima volta sia così.”
“Taci, Alice, e sta ferma. Adesso farai come dico io, una volta tanto.”
Spaventata, serrai le gambe e cercai di divincolarmi con tutte le mie forze. Gli sgusciai sotto scivolando nel fango e cercai di rialzarmi, ma lui me lo impedì afferrandomi i polpacci. Mi abbrancò, facendomi affondare di nuovo nella pozzanghera a faccia in giù. Lottai per liberarmi, continuando a pregarlo di lasciarmi andare, ma non c'era paragone fra la mia forza e la sua, e lui non ne voleva sapere di rinunciare. Mi ritrovai in breve schiacciata nel fango dal suo peso, sforzandomi di tenere la testa fuori dall'acqua per respirare.
“Smettila di scalciare, Alice, e sta zitta. Sei stata tu a cominciare poi, e adesso che sei venuta tu ti tiri indietro? Lo sapevo che eri una troia come tua sorella, e non aspettavi che l'occasione buona. “
Speravo che la zuffa nell'acqua fredda lo avesse ammosciato, ma ora che ero immobilizzata sotto di lui sentivo perfettamente il suo cazzo duro spingermi sul culo, insistendo per entrarmi dentro.
“Basta Luca, smettila. Smettila per favore. Ti faccio tutto quello che vuoi, ma non quello” ripetevo con la voce incrinata dal pianto, ma non servì a niente. Luca mi afferrò per i capelli ancora legati in una coda ormai sfatta, facendomi inarcare il collo all'indietro con un gemito di dolore, poi mi passò l'altro braccio intorno alla vita e mi sollevò i fianchi, dicendomi di mettermi a quattro zampe. Mi sollevai sui gomiti e le ginocchia, cercando di strisciare via dalla sua presa, ma lui mi prese le anche fra le mani, e puntò il cazzo durissimo contro la mia fessura.
“Non ti farò male, Alice, vedrai che ti piacerà...” mormorò in tono rassicurante, e per una frazione di secondo gli credetti, prima di sentire l'imene lacerarsi sotto il suo colpo secco. Mi sfuggì un gemito di dolore, poi affondai i denti nel labbro e lo lasciai fare in silenzio. Non piansi, e non perché non volessi dargli quella soddisfazione, visto che non avrebbe neanche distinto le lacrime dai rivoli d'acqua sporca che mi colavano in faccia dai capelli zuppi, ma perché mi sforzai di restare lucida e non farmi sopraffare dal risentimento.
In fondo, era vero che avevo voluto sedurlo, e che avevo immaginato decine di volte di scopare con lui. Certo non così, non in una pozzanghera fangosa mentre io lo pregavo di non farlo, ma non si poteva scegliere tutto nella vita, e almeno adesso sentivo dentro di me il cazzo dell'uomo che più desideravo fra tutti quelli che conoscevo. Allontanai i pensieri e mi concentrai sulla sensazione di pienezza che mi cresceva in mezzo alle gambe, dicendomi che tanto valeva godermela come se la godeva lui. Provai a inseguire un piacere che sembrava affacciarsi timido in mezzo al bruciore, e che forse sarebbe esploso se Luca avesse avuto il riguardo e la pazienza di coltivarlo. Ma Luca non aveva più voglia di occuparsi di me, ora che era il suo turno di godere, e si spingeva in me con impazienza, ansimando, e bloccandomi il bacino nella posizione che preferiva. Non durò molto, e dopo due o tre minuti di quel vigoroso andirivieni sentii che si toglieva con un rantolo, e un secondo dopo mi innaffiava il culo già bagnato degli schizzi caldi del suo orgasmo. Esalai un sospiro di sollievo, mentre lui crollava su di me spingendomi di nuovo il bacino nella pozza. Mi scostò i capelli dalla nuca e mi baciò, provocandomi un piacevole brivido. Nonostante tutto mi era piaciuto sentirlo venire su di me, e pensai che, anche se non avevo mai sognato così la mia prima volta, in fondo ero contenta che fosse stato lui.
“Ti ho fatto male?” mi sussurrò in un orecchio, e io non so perché ma preferii mentire.
“No, quasi niente. Pensavo peggio” risposi.
“E ti è piaciuto?”
“Sì, non è stato male. Ma non sono riuscita a venire” dissi timidamente, come per scusarmi. “E adesso ne avrei voglia...”
Lui si sollevò da me, restando accovacciato nella pozza, i vestiti fradici e infangati, e io mi rialzai in ginocchio e lo guardai. Mi sembrò ancora più bello ora che era stato mio, e mi sentii stranamente tranquilla, ma non del tutto soddisfatta. “Fammi godere come prima, con la bocca” gli dissi con un sorriso malizioso.
Lui ricambiò il sorriso, e ripete le parole di poco prima: “Che puttanella che sei, Alice...” Si rimise giù supino nel fango, e mi invitò ad andargli sopra carponi.
“Spero che poi mi ricambi il favore” mi disse mentre si sistemava comodo con la testa fra le mie gambe e mi allargava le labbra con le dita, come se volesse controllare se adesso era diversa da prima. Io gli chinai la faccia sull'inguine a lambire con la lingua il suo cazzo, che reagì con un piccolo fremito, e accennò a inturgidirsi di nuovo.
“Sei proprio come tua sorella, Alice: una troietta che aspetta solo di esser domata” disse in tono compiaciuto.
“Ti sbagli Luca, dovresti saperlo che io non sono brava come mia sorella ” risposi con la bocca ancora sul suo sesso, mentre lui allungava la lingua sul mio.
Dimostrarglielo fu più difficile di quel che pensavo. Forse per l'eccitazione che ancora mi faceva sentire tesa fra le gambe, o per un pudore acquisito senza volere. Dovetti concentrarmi per liberare la mente e immaginare di essere sola nel campo, senza nessuno che potesse vedermi oltre a Speedo. Ma ci riuscii, e finalmente sentii il getto caldo della mia vescica spruzzare fuori dalla piccola fessura dove lui stava per mettere la bocca, e inondare il suo viso abbronzato, ora bloccato fra le mie cosce forti da amazzone, bruciare i suoi occhi azzurri e inzuppare i suoi riccioli da cherubino.
“Te l'avevo detto, Luca, che io non ero come lei...”
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