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Prime Esperienze

L’anniversario.


di pennabianca
29.11.2023    |    1.696    |    2 8.7
"Lei si avvicinò al bancone ed il barista, un tipo grasso, pelato, dalla barba incolta, li osservò..."
Anna era quasi pronta. Si controllò nello specchio, prima di indossare l’abito nero a tubino. Si vide bella. I capelli raccolti in alto valorizzavano il suo viso, un’ovale perfetto, ben truccato, i grandi occhi scuri, labbra rosse e carnose, un sorriso dolce e irresistibile. Spalle tonde, seno pieno che traboccava dal reggiseno a balconcino di pizzo nero. Vita stretta, fianchi dalle morbide curve. Reggicalze e mutandine, anch'esse di pizzo nero, completavano, insieme alle calze appena velate, un tutto davvero intrigante. Anna si trovò davvero bella, sebbene i suoi trentacinque anni, era veramente una donna capace di far girare gli uomini al suo passaggio. Era al suo decimo anno di matrimonio e, anche in quella circostanza, indossava una combinazione come questa di oggi, solo che era bianca e, quando Mario l’aveva spogliata, la prima notte di nozze, aveva trovato le mutandine inzuppate dei suoi umori, tanto era eccitata. Era stato veramente bravo, molto dolce, determinato, l’aveva posseduta con passione e dolcezza, fino allo stremo. Al solo ricordo, Anna si stava già bagnando; indossò l’abito scuro e si osservò allo specchio, era perfetta. Quei dieci anni erano come volati: lui era diventato un bravo avvocato, aveva conquistato molta stima senza mai mettersi troppo in vista, e lei era sempre stata la donna perfetta al suo fianco, spesso lui le diceva: "sei bellissima, la più bella del mondo", Anna rideva e si schermiva.
«Sì, figurati se sono ancora bella! Sai quante ne trovi di ragazze più giovani e belle al posto mio?»
Ma lui ribadiva: la più bella donna del mondo! Entrambi amavano le situazioni particolari. Spesso lui le infilava le mani dappertutto, portandola ad una folle eccitazione. In genere finiva che lei si adoperava per fargli un pompino e lui le leccava la fica con molta passione. Amavano molto le situazioni trasgressive: le trovavano divertenti, oltre che eccitanti, ne avevano vissute tante; questa sera, però, era particolare. Anna finì di vestirsi, si dette un’ultima occhiata allo specchio: perfetta! Si girò verso la stanza, tutto era pronto per una cenetta a lume di candela. Lo champagne, le ostriche e tutto il resto erano pronti. Si versò un aperitivo, quindi si affacciò alla terrazza della suite dove alloggiavano. L’aria calda della sera le procurò un brivido di piacere: Napoli era stupenda, lungo via Partenopee, sulla sinistra, era visibile Castel dell’Ovo, le luci illuminavano la baia, mentre lei aspettava con una certa impazienza: guardò dentro, vide le dodici rose rosse che lui le aveva mandato nel pomeriggio.
‘Scusami, farò un po’ tardi.’
Così era scritto nel biglietto e lei non vedeva l’ora di riabbracciarlo. Era stato il caso a far sì che fossero finiti lì per il loro anniversario. Una conferenza, che avrebbe dovuto tenere il socio dello studio più anziano, ma, all’ultimo momento, un problema cardiaco lo aveva messo fuori gioco e, allora, era toccata a Mario. Quando glielo aveva detto, lei era rimasta un attimo a riflettere; si rendeva conto che per lui era come esser promosso sul campo, quindi decise che avrebbero festeggiato lì la loro ricorrenza: tre fantastici giorni dedicati anche a sé stessi, ma ora, proprio quella sera, lui ritardava.
«Amore, buon anniversario.»
La voce di Mario la scosse da quel momento da ' impasse '.
Lui ebbe per lei uno sguardo d’ammirazione.
«Sei splendida! Mi preparo in un secondo, poi ceniamo e, magari, vorrei prima un assaggio della serata, poi si va, sempre che non hai cambiato idea.»
Mentre parlava così, appoggiò le labbra sul collo di lei. Anna apprezzò il bacio, la dolcezza di lui era sempre una cosa piacevolissima, ma riuscì a resistere alla tentazione.
«No, preparati, poi ceniamo e poi…»
Accese le candele, lui la raggiunse poco dopo, lei prese un’ostrica e la portò alle sue labbra; il gesto era assolutamente eloquente, lui sfiorò il frutto con la punta della lingua, lei lo portò alla bocca e le loro labbra si unirono; il sapore del mare, il desiderio e la passione erano fuse insieme. Uno scialle fasciava le spalle di Anna, mentre, sicura, camminava al fianco di suo marito; erano nella parte vecchia del porto, le strade quasi buie non incoraggiavano certo un turista a percorrere quelle zone; lui si guardò intorno, forse quella sera avevano esagerato, non si fidava troppo. Un brivido passò lungo la schiena, era oltre la mezzanotte ed il rischio di far brutti incontri lo preoccupava non poco, ma era il loro anniversario; Anna si era data da fare per organizzare una sorpresa per lui, tanto più che erano a Napoli e non doveva esser stato facile. Dopo una via stretta, voltando l’angolo, si trovarono davanti ad un bar, dove lei entrò decisa. Il locale era peggio di quello che sembrava dall'esterno: c’era gentaglia e già parecchio alticcia. Mario si portò dietro di lei e, insieme raggiunsero il bancone; due tipi, dall’aria poco raccomandabile, li scrutavano. Lei si avvicinò al bancone ed il barista, un tipo grasso, pelato, dalla barba incolta, li osservò.
«Due whisky.»
Lui li servì, Anna bevve tutto d’un fiato, lui invece sorseggiava, guardandosi intorno.
«Un altro.»
Chiese lei. Da una porta laterale, entrò una donna, con dei lunghi capelli tenuti legati dietro la nuca; li vide e si avvicinò alla coppia, poi si rivolse a lei.
«Decisa?»
Anna fece un cenno d’assenso, allora lei li invitò a seguirli. Passarono oltre la porta da dove lei era venuta. Un tanfo di piscio li investì, un sudicio cesso, poi un lungo corridoio; lei accese una minuscola pila, aprì una porticina ed illuminò l’interno. Doveva esser stata una palestra di boxe: vi era ancora il ring, ma a livello calpestio, senza le corde; si avvicinarono, Anna si girò verso di lui.
«Mi ami?»
Lui la baciò con passione.
«Allora lascia che lei si occupi di te.»
Mario seguì la donna sul ring, seguito da Anna; lei gli passò la pila e lui fu fatto sedere su di uno sgabello posto in un angolo, l’unico dove c’era ancora il palo imbottito del ring.
«Dovrò sostenere un incontro di boxe?»
Chiese lui ironicamente.
«Peggio, amor mio, molto peggio! Fra poco vedrai.»
Rispose Anna. La donna gli legò, con gesti semplici e rapidi, le caviglie e le mani. Anna passò la pila alla donna, che venne fuori dal quadrato e accese un vecchio mangianastri, che diffuse una musica ovattata, una specie di nenia indiana, spense la pila e subito una luce dal soffitto illuminò il ring, mentre tutto il resto era al buio. Anna cominciò a muoversi sulle onde della musica, come stregata da quella melodia. Danzava con movenze sinuose, sembrava una diva, una cubista. Poi, seguendo la melodia, e allungate le mani in basso, prese a spogliarsi; con un semplice e ben studiato gesto, sfilò il vestito verso l’alto. La splendida lingerie indossata, risaltava sul bianco candore del suo corpo. Dal buio, emersero quattro individui dall’aria poco raccomandabile, sembravano usciti da un film dell’orrore. Uno era altissimo, flaccido e grasso, con un’aria ferale, con radi ciuffi di capelli rossi sulla testa; indossava dei pantaloni da lavoro ed una maglietta che forse era stata azzurra, ma ora era sudicia, in quanto piena di macchie. Il secondo era tutto l’opposto del primo: basso, tarchiato, con dei pantaloncini corti e sandali, che facevano risaltare le sue gambe assolutamente storte; una maglietta che tentava di fasciare un torace molto peloso e grasso, con un viso da pugile, devastato dagli infiniti colpi ricevuti nel passato, non lo rendevano certo invitante. Era sicuramente sulla sessantina, sembrava un incrocio fra un granchio ed un orango. Il terzo, aveva una faccia da killer: baffetti e capelli neri, indossava una tuta da lavoro. L’ultimo era davvero impressionante: era a torso nudo, con dei pantaloncini corti e ciabatte. Il corpo era completamente tatuato ed il viso era pieno di piercing; la sua imponente mole, fece sobbalzare Mario. I quattro entrarono nel ring e si avvicinarono alla sua donna, che continuava a danzare, incurante di loro. Lui ebbe come un gesto dettato dalla paura; avrebbe voluto alzarsi per difenderla, ma si rese subito conto che lo sgabello era inchiodato al pavimento e che le cinghie, che lo immobilizzavano, erano state perfettamente strette; guardò con furore la donna che lo aveva legato, che si mise seduta vicino a lui, aveva appoggiato la testa sulle sue ginocchia, mentre lui osservava impaurito la scena. Anna, con indosso solo lingerie, calze e scarpe, continuava a danzare in maniera sempre più sensuale, provocando quei maschi, che ora si erano avvicinati a lei. Mario, intanto, cercava di liberarsi, mentre la donna, seduta ai suoi piedi, allungava una mano e prese a toccargli il sesso, attraverso i pantaloni, con movimenti lenti ma precisi; si mise a segarlo lentamente, fino a che lui, se lo ritrovò molto consistente e duro. L’orango, intanto, con un gesto rapido e veloce strappò il reggiseno di Anna: i bianchi e sodi seni, balzarono fuori in tutta il loro splendore; poi fu la volta delle mutandine: ora lei era nuda davanti a loro, con solo il sottile reggicalze, calze e scarpe, e continuava a ballare, seguendo la melodia. Nel frattempo i quattro si erano liberati degli indumenti e cominciarono a darsi da fare con Anna. Nella luce del ring, i loro uccellacci apparvero grossi, osceni e guizzanti: quattro enormi cazzi di dimensioni spropositate, soprattutto quello del gigante tatuato, appariva incredibilmente grande e grosso da sembrar finto; ad ogni sobbalzo sembrava un’arma pronta a colpire. Il grasso e l’orango afferrarono Anna per un’ascella ed una caviglia ciascuno, sollevandola come se fosse una bambola, offrendola, a gambe divaricate, al sesso del gigante; lui, con una cappella grossa quanto una mela, si avvicinò e, dopo un attimo di esitazione, penetrò dentro la profumata e depilata fessura di lei. L’impatto le fece inarcare, per qualche istante, tutto il corpo, ma poi, lentamente, prese ad oscillare e dondolare su quel gigantesco palo di carne, che le trafiggeva. Il killer dai baffetti neri si sdraiò sotto di lei: il suo sesso era lungo e svettante, si sputò ripetutamente su di una mano e lubrificò il palo, poi attese che il grasso e l’orango, depositassero la donna, sempre ingombra del palo del gigante, su di lui. Vide le morbide chiappe di lei, esser appoggiate alla punta del piolo, che entrò in lei in maniera invereconda. Mario era stordito, emozionato ed impaurito dallo spettacolo della sua donna, presa da quelle creature dotate di sessi enormi; sentì che la donna gli aveva aperto la patta dei pantaloni e, estratto il suo cazzo duro, se lo mise in bocca. Lui cercò di assecondare il movimento, ma lei glielo impedì. Si teneva il suo cazzo in bocca, senza che lui potesse far un movimento: restava eccitato, senza poter venire. Intanto, appena Anna fu impalata sul cazzo del killer, il grasso si posizionò davanti a lei e si mise a strofinare il lungo arnese fra le guance ed i seni, mentre l’orango si impadronì velocemente della sua bocca, infilando senza riguardo il suo cazzo duro e lungo, direttamente nella gola della donna. La musica non era in grado di coprire gli strilli di piacere di quella femmina nel suo momento più esaltante. I mostri la sfondavano senza ritegno. Il primo ad eruttare fu il gigante, sfilò il suo lungo sesso da lei e la inondò di schizzi di sperma emettendo un urlo, non diverso da un grugnito. Poi, fu la volta di quello dietro, che uscì rapidamente da lei e le schizzo il suo seme direttamente in viso. Il killer, a quella vista, si posizionò velocemente sotto di lei e prese il posto lasciato libero dietro, con un movimento rapido. Senza alcun riguardo, infilò Anna che poi venne spinta distesa su di lui dall’orango, che, con un movimento fulmineo, andò ad infilarsi davanti, iniziando a fare un movimento strano, ma che gli permetteva di chiavarla, stando quasi in piedi. I due che avevano già dato, si posizionarono ai lati della donna, che ebbe il compito di succhiare i loro membri, che sembravano non aver perso la loro consistenza. Le grida di piacere di Anna si confusero con incomprensibili parole di dialetto napoletano e, con non poco furore, la scoparono ripetutamente, godendo sempre addosso a lei. L’orango schizzò molta sborra su seno e viso, mentre l’altro la fece girare e, con un grido roco, le coprì la schiena di schizzi bianchi. Poi, come tutto era cominciato, i quattro energumeni raccolsero le loro cose e tornarono nel buio; Anna si avvicinò a Mario, la donna si tolse il sesso dalla bocca ed offri a lei un panno pulito per asciugarsi, poi si voltò e li lasciò soli. Di colpo si ritrovarono soli: Anna si accoccolò seduta, sul sesso duro e voglioso di lui e lo baciò.
«Buon anniversario, amore mio.»
Lui rispose al bacio. Sentiva il calore della sua vulva che lo risucchiava e, con un sospiro liberatorio, venne in lei.
«Son trascorsi dieci anni ed io ti amo come il primo giorno.»
Disse lui, mentre lei lo liberava; poi raccolse il proprio vestito.
«Le mutandine ed il reggiseno sono irrecuperabili.» Lui sorrise.
«Non importa, te ne regalerò di nuove e più belle. Direi che quest’anno ti sei superata: spero non ti sia costato troppo.»
Lei lo guardò con occhi di adorazione.
«Ho dato dei soldi alla donna; i maschi sono suoi amici che si sono accontentati di partecipare.»
Si guardarono negli occhi; ora era lui che la guardava con ammirazione.
«Lo credo bene che si sono accontentati! Chi non vorrebbe scopare una donna bellissima come te?»
Sorrisero e tornarono sui loro passi; percossero il fetido corridoio e poi il lurido bar; c’era ancora gente seduta a bere, forse, in mezzo a loro, vi erano anche i tipi di prima, ma nessuno li degnò di uno sguardo.
La donna che aveva organizzato il tutto, ora era appoggiata al bancone, beveva un liquore e non disse nulla al loro passaggio. Anna e Mario uscirono. A loro non interessava la gente che era lì dentro. Erano come inutili comparse, che erano entrate ed uscite dalla loro vita; il loro mondo non gli apparteneva, se non per il capriccio di una notte.
Percorsero alcuni vicoli ed uscirono in via Caracciolo; la luna piena splendeva su Castel dell’Ovo; lei si strinse al braccio di lui, sentiva colare dei liquidi fra le cosce: quella sensazione era l’ennesima conferma che la serata era stata indimenticabile.
«Ti amo. Sei stata meravigliosa, come sempre!»
Anna si appoggiò con la testa alla sua spalla, la notte era tiepida.
Napoli era splendida.

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