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Prime Esperienze

Nascita d'una zoccola (dedicato a Siamoin3)


di efermi
12.04.2017    |    9.771    |    1 5.3
"Un leggero rossetto accentuava la forma e il colore delle sue labbra..."
Tutto in ordine. Piegare i vestiti uno ad uno e riporli sugli scaffali. Controllare il prezzo e l'etichetta dello sconto. Tornare alla cassa e battere senza distrazioni tutti i capi scelti dal cliente, piegarli di nuovo e impilarli nel sacchetto, prendere i soldi, non sbagliare il resto e salutare gentilmente, col sorriso. Col sorriso e vestita ordinata e pulita. Come piace a te. Essere gentile e gioiosa è sempre stato il tuo forte. La tua natura. Sempre col sorriso, anche a chi il sorriso lo negheresti, perciò ti hanno assunto, perché sei carina, curata, educata e sorridente, quindi sorridi; anche se lui è tutt'altro che una persona rassicurante, anche se proprio non ti piace, ma ci prova continuamente anche se tu il fidanzato già ce l’hai. Pazienza, tanto, a sera, quando torni a casa, ceni con la tua metà, ti metti sul divano e ti addormenti abbracciata a lui, e la tua vita si sveglierà nel suo meraviglioso ordine l'indomani. Anche troppo in ordine. Lui è sempre così gentile, disponibile, condiscendente. Troppo. A volte anche tu avresti bisogno che qualcuno scombini le tessere ordinate della tua esistenza e poi le rimetta al loro posto. Qualcosa di diverso da un missionario; almeno una pecorina con lo schiaffo, ogni tanto. Un pizzico di pepe. Evadere dalla routine, niente di più. Di certo la soluzione non è quel tipo lì, dove lavori, che insiste. Che sta spesso nei dintorni del negozio. A volte entra. Ti guarda. Ti scruta. A volte ti segue. Anche quando vai in bagno. Qualche volta si avvicina. E ci prova. E tu sei sempre gentile e sorridente (il sorriso prima di tutto. Il cliente ha sempre ragione. Il capo non sei tu e il tuo contratto scade tra 2 mesi). Non è mai stato violento o scortese, lui, ma perché deve insistere? Ne hai parlato con una tua amica dicendole che questo tipo ti preoccupa un po’ e lei ti ha detto che in giro si dice che spacci, pure. Sara, la tua amica, la conosci da 15 anni, le hai detto che ha un fascino strano, “del delinquente”, ma col tuo ragazzo, Francesco, non hai avuto il coraggio di parlarne, ti imbarazza troppo, e potrebbe disordinare la tua vita. E anche la sua, abituato com’è a quei 5 minuti di missionario la domenica mattina. “Sai, c'è un tipo, di colore, che mi tampina sul lavoro. Un armadio nero con dei muscoli da paura che pare spacci…” no, non è il caso di parlarne a lui. Hai preferito tenerlo per te, questo piccolo segreto innocuo, Alessia.

Senegal, Dakar. Lì è nato Baruk. In una casa di lamiera col tetto mezzo aperto. Due “stanze”, mamma, papà e 5 fratelli. Lui l'ultimo. È scappato via da lì. In Italia spacciare rende parecchio. Devi saperti muovere, è un mondo pericoloso - ma essere un negro alto 190 cm per 90 kili di muscoli con una cicatrice lungo la guancia destra aiuta parecchio - e una volta costruita una reputazione solida puoi goderti i privilegi sociali dei bassifondi. Col fatto che spacci, deliziandole con qualche dose gratis ogni tanto, scopi anche delle ragazze piuttosto troie, ma pur sempre fatte e sciupate da quella vita piena di siringhe e pompini a ogni spacciatore che conoscono. Invece Alessia è la classica fidanzatina con la freschezza dei 25 anni. Si, è vero, convive con un ragazzo di 30 anni, ma è un tipo tranquillo, niente che Baruk non possa gestire in tutta serenità. L’ha notata un giorno, mentre comprava una camicia. Stava facendo i complimenti ad una signora per come le stava il vestito. I suoi capelli neri, lunghi fin sotto le spalle erano legati in una lunga coda che oscillava coi movimenti della testa. Un leggero rossetto accentuava la forma e il colore delle sue labbra. Un corpo esile, con le forme nei punti giusti. Leggins e maglina corta. Da quel giorno non se l'era più tolta dalla testa e, Baruk, decise che sarebbe stata sua.

Il primo approccio un incrocio di sguardi: casuale quello di lei, insistito quello di lui. Farsi vedere tutti i giorni in negozio. Anche solo farsi vedere. Abituarla alla sua immagine. Alla sua presenza, silenziosa, ma costante. Ricoprirla di sguardi d'ammirazione, e che importa se lei si imbarazza o si infastidisce, così è anche più attraente. Vulnerabile. Chiederle un consiglio per un acquisto. Che male c'è. L'imbarazzo nella sua voce melodica, acuta, lo incantava. Una volta l'aveva anche sentita canticchiare spensierata e quando si era accorta della sua presenza si era subito zittita ed era arrossita come una bambina. Quella voce, a Baruk, era entrata nella testa. Era sempre più curioso di scoprire come geme una ragazza italiana, giovane, bella e sistemata. Ogni volta trovava una scusa per importunarla e si vedeva che, a lei, lui, proprio non piaceva. Si, ma tutte le volte le cadevano gli occhi sul suo pacco. Sempre.

Quel pomeriggio la vide baciarsi col suo ragazzo. Erano abbracciati. Lui l'aveva salutata dicendole che l'avrebbe aspettata a casa per cena. Lei si faceva toccare, baciare, stringere. I suoi occhi erano tutti per lui. Solo per lui. Nell’andare via Francesco le aveva dato un buffetto sul culo coperto dai leggins neri e Alessia si era guardata intorno incrociando lo sguardo di Baruk. Si erano fissati a lungo. Quel culo lo sognava la notte, lui. Fu dopo quelle occhiate, in quel pomeriggio, che capì che non avrebbe più resistito.

All’uscita dal negozio Alessia salì sul motorino e tornò a casa. Baruk la seguì. Abitava in una villetta immersa nei campi. Nel silenzio e nel tepore di un sole calante, Alessia parcheggiò davanti al cancello di casa. Teneva la testa bassa cercando le chiavi nella borsetta quando, da dietro, una mano scura, le turò la bocca, e un corpo molto più grosso del suo le si appoggiò alla schiena. “Sh! Sta brava…” le voltò il capo per farle vedere chi fosse. E quando lei lo vide capì che non avrebbe avuto scampo. “Lo so. Lo vuoi anche tu. Lasciami fare” Alessia si dimenava dentro la stretta di Baruk mentre in lui cresceva sempre di più la voglia di quel corpo curato. Le premette un coltello sulla guancia dicendole di non gridare. Tolse la mano dalle bocca ed appoggiò la patta sui glutei di Alessia, che stava zitta e ferma.

Aveva paura, tanta paura. Aveva un coltello e sicuramente non avrebbe avuto scrupoli ad usarlo. Forse era meglio così, stare zitti, in silenzio, sperare nel meglio ed aspettare che avesse finito. Che in quelle campagne isolate e buie non c'è chi può aiutarti. Così Francesco preferì starsene nascosto dietro le tende a guardare cosa aveva in serbo per lui e per Alessia il destino.

Vide Baruk metterle le mani sui fianchi e girarla con forza, afferrarle il viso e violare con la lingua le labbra che aveva baciato lui poche ore prima. Con foga. Stava per piangere. Non aveva il coraggio di scendere a difenderla. Era un codardo. Pensò che neanche la meritasse una ragazza come lei. Si cagava sotto. Più di stare alla finestra a controllare che non andasse troppo oltre non riusciva. Poi Baruk le dette due schiaffi, la fece inginocchiare e tirò fuori una mazza fuori dalla norma. Già pronta. Scostando di più la tenda, c'era Alessia che, in ginocchio, apriva la bocca e Baruk glielo infilava dentro. Lei lo prendeva. Il suo cazzetto bianco ebbe un sussulto e non capì perché. Da dietro quel vetro sembrava quasi che lo facesse volentieri, lei. Alessia aveva la bocca spalancata e quel pezzo nero gonfio spariva dentro…senza che Baruk la costringesse. Se Francesco non avesse assistito alla scena precedente, se non avesse visto il coltello o gli schiaffi, a vederli così, sembrerebbero una puttana col suo cliente. E non capiva perché il suo cazzetto diventasse sempre più duro. Sicuramente lo fa per paura, certo. Lo asseconda per non rischiare la vita. La mia fidanzata sta cercando di soddisfare oralmente quel negro solo per aver salva la vita. È ovvio.

Quando Baruk l'aveva schiaffeggiata e spinta a terra di fronte a lui il primo pensiero di Alessia fu: adesso scoprirò cosa c'è lì in mezzo. Proprio dove le cadeva sempre l’occhio. Mai visto un coso del genere. Lo succhiò, sporcandolo tutto di rossetto.

Baruk la fece sollevare, le abbassò i leggins fino alle ginocchia, le strappo le mutandine e le tirò a terra. Prese Alessia per la sua lunga coda di capelli, la costrinse a girarsi e a piegare la schiena. Sputò sul suo cazzo e infilò tre dita nella vagina di Alessia. Le ginocchia di lei sbattevano. Le gambe erano molli. Il suo volto era terreo, la mascella indolenzita dal pompino, le braccia tese dietro la schiena tenute salde dalle mani di Baruk. Il culo al vento e la fregna fradicia. Le dita che infilò Baruk entrarono nelle sue membra con facilità e più le muoveva dentro di lei più si sentiva di svenire. Il cuore le rimbombava nel petto. I capezzoli si inturgidivano sempre di più mentre si mordeva le labbra curiosa di capire cosa avrebbe sentito nel momento in cui sarebbe entrato. Aveva cercato di sbavarlo il più possibile mentre lo teneva in bocca. Persino provato a farlo venire. Impossibile. Fu lì che sentì inumidirsi tra le cosce. Mentre il palo nero entrava e usciva dalla sua gola, la fica si eccitava, facendo colare fuori i suoi umori. Come succedeva con Francesco quando amoreggiavano e le diceva “amore, è pronta adesso la tua caramellina? Si è preparata per farsi mangiare da me? È abbastanza eccitata? “ . Era pronta, si. Era ben lubrificata per Baruk. Sperava solo che non le avrebbe fatto troppo male.
Francesco continuava a fissare la scena, immobile. L'unica parte del corpo che desse segni vitali era il suo pisello, che adesso scoppiava nei pantaloni. La sua Alessia tra le mani di quel bruto, alle merce delle sue voglie. La sua dolce e mite Alessia…sotto quel cazzo nero…lo eccitava. Non poteva farci niente.

Quel corpicino esile, giovane, la pelle liscia a chiara, dopo tanto tempo, era al suo cospetto. Piegata e costretta a 90 gradi dalla sua presa. Quella ragazzina pulita e ordinata dalla pelle bianca ora sarebbe stata sua. Prima di afferrarsi l'uccello e puntarlo sulla rosellina candida la mirò per qualche istante. Esposta al suo cazzo era come la voleva lui. Forse avrebbe preferito che facesse più storie. Si era immaginato di dover faticare di più per convincerla. In realtà non aveva avuto bisogno nemmeno di spingerle la testa sul cazzo per farla pompare bene, aveva fatto tutto da sola. C'era stato anche uno scambio di sguardi tra lui e quella che ora era solo una sgualdrina per il suo cazzo.

La sgualdrina di un cazzo nero. Ecco come si era sentita. Una sgualdrina. Una poco di buono. Per un tempo infinito Baruk la tenne piegata ad aspettare la sua volontà. Fu in quegli istanti che capì che il motivo per cui la sua passera si era, d’iniziativa, messa a gocciolare, era proprio quello. Sempre a fare la brava bambina e poi scopri che in mezzo alle gambe la tua vagina ragiona per conto suo.
Non poteva vederlo, ma si immaginava quel maschio pieno di muscoli, sudato, con la brache calate, dietro, col suo cazzo largo e pieno di vene, teso duro verso di lei, pronto a violare il suo corpo. Invece Francesco poteva vederlo benissimo quel negro arrapato che teneva a mezza pecorina la sua fidanzata, pronto a stuprarla nella figa.

Fu un entrata esatta. Schietta. Ci fu un grido soppresso. Un unico colpo di reni con cui Baruk entrò dentro Alessia. Fino in fondo. Se non fosse stato per la forte presa di lui, sarebbe caduta a terra. Invece tutta l'energia di quel colpo si riversò sul collo dell'utero. Lo estrasse e lo infilò alla stessa maniera. E poi ancora. E ancora. E ancora più forte. Sempre di più. Tutto fuori e tutto dentro, finché vide il suo cazzo sporco di sangue.

Alessia tremava e godeva. Si domandava di cos'altro potesse aver paura che fosse peggiore di quello che stava già subendo. Si sentiva sventrata. Eppure godeva. Al primo colpo aveva inghiottito un grido che sarebbe arrivato fino in città. Non sapeva perché. Forse quel grido avrebbe potuto salvarla. Ma da cosa? Peggio di così… In più, c'era una stranezza dentro di lei, una specie di curiosità che la spingeva a voler capire come ci si sente. Come si sente una ragazza ad essere scopata senza volerlo da uno sconosciuto. Dopo tutti quei colpi, quando Baruk si fermò, capì che in realtà, lei non voleva. Non voleva che si fermasse. Si sentiva svuotata, dolorante e vogliosa. I capezzoli le tiravano come delle calamite verso il metallo. Aveva la testa vuota e i pensieri mischiati che andavano svanendo. Voleva solo essere scopata brutalmente.
Francesco tirò giù la zip, fece scendere gli slip e iniziò a menarlo. Lei ci stava, e lui si eccitava.

Baruk cominciò a schiaffeggiarla sul culo. Cazzo dentro e manate sulle chiappe. Con il culo rosso e gonfio Alessia sembrava un babbuino. Lui scopava forte e lei gemeva. Lei gemeva e Francesco si segava. Si segava talmente forte che, quando Baruk smise di trombarla e la costrinse, lì all'aperto, a svestirsi completamente, a rimanere nuda in mezzo ai campi, di fronte al cancello di casa sua, si sbrodò tra le mani.

Alessia non sapeva come fare per coprirsi da quella vergogna. Si sentiva gli occhi addosso. Le sembrò di essere accerchiata da una folla scalpitante, lei nuda a dar spettacolo, preda di quel toro arrapato che non pensava ad altro che fotterla. Invece non c'era nessuno credeva lei. Quasi nessuno, in realtà. C'era Francesco, dietro la tenda, che spiava. Sentiva l’aria passargli sui capezzoli e sulla schiena sudata. Ma quel che le dava più fastidio era quel senso di vuoto che quel negro aveva lasciato nella sua figa. Lo odiava e lo voleva. Lo disprezzava, ma sentiva di averne bisogno.

Francesco non si pulì. Rimase alla finestra, sporco del suo seme, disperso a terra e sulle mani, per non perdersi ciò che stava succedendo là sotto. Nonostante fosse venuto, il suo pipino continuava a tirare.
“co…co…cosa…v…vuoi...ancora…da m…m…me?” ebbe il coraggio di chiedere Alessia. Mentre, nuda, cercava di coprirsi come poteva, Baruk le disse “ voglio sborrarti nel culo”. Le disse di appoggiarsi di schiena sulla sella del motorino, quello che le aveva regalato Francesco per il loro anniversario di fidanzamento. La prese per le caviglie sollevando bene le gambe. Alessia aveva il culo arrossato, la figa distrutta, i capelli sciolti che cadevano scompigliati sul corpo sudato e il trucco intorno agli occhi colato lungo il viso.

“Sei uno spettacolo” le disse Baruk. Alessia si sentì lusingata. Sentiva arrovellarsi le budella. Un cazzo del genere non lo aveva mai provato. Tanto meno lo aveva provato nel culo un palo di quella stazza.
Baruk lo impugnò e disegnò dei cerchi con la punta della cappella attorno al suo forellino. “ahh..oohhuu…” disse Alessia. Ci girava intorno. Indugiava sul suo buco del culo. È così tenera, pensò Baruk.

È così tenera, pensò Francesco. Era davvero innamorato di lei. Non avrebbe mai rinunciato alla sua Alessia, mai. Anche se scopasse con un negro. Anzi, è ancora più eccitante, pensò. Il negro glielo sbatteva sulla figa e girava intorno al suo culetto. Era convinto che, fuori, nel silenzio, si fosse sentito chiaramente il “ciaf ciaf” di quel cazzo sulla pelle di Alessia.

“lo so che lo vuoi, lo so. Sei zoccola e ancora non lo sai” le disse Baruk cominciando a spingere col bacino. Il buchino di Alessia cedeva piano piano all'avanzata del cazzo, che non aveva perso un millimetro d’erezione. Pezzettino per pezzettino entrava. Baruk non staccava gli occhi da lei. Mano mano che il buco prendeva la forma della sua nerchia, sul viso di Alessia si alternavano smorfie e gridolini. Lo spinse fino alle palle.

Provò la sensazione che si ha quando sotto la doccia arriva un getto d'acqua fredda. Ebbe quello strano blocco del respiro quando sentì le palle del negro appoggiarsi sul suo culo.

Adesso, quel maiale, la scopava nel culo. Stava godendo nel suo culo mentre le spingeva le gambe sulla pancia, ripiegandola su se stessa. Francesco guardava Alessia rimbalzare sotto quei colpi di cazzo. Non si dava pace al pensiero che, vederla così, era più bella del solito. Non capiva perché. Lui continuava a fotterla ad una velocità inumana. Così lei non avrebbe potuto resistere a lungo. Adesso, lui, Francesco, doveva fare qualcosa, altrimenti Alessia sarebbe svenuta col cazzo di quel negro nel culo. Ma si, adesso scendo, faccio finta che sono andato a controllare qualcosa nel vialetto davanti casa e li becco, pensò. Si si, mi farò vedere incazzato nero, lui si spaventerà e scapperà via. Lo minaccerò e riavrò la mia ragazza, prima che sia troppo tardi, pensò tra sé.

“ahh…uuffff…mmmhhh…troia puttana troia…mmmhhhff…” Baruk. “ahh…aahhh...mmmhh…aahh…ah…mmmhhhmm” Alessia. Che male, pensò lei, dopo aver provato due orgasmi consecutivi mentre Baruk gli entrava nel culo. Era sfinita, cominciava a chiedersi quando avrebbe finito. Quando, finalmente, avrebbe schizzato.

Francesco si pulì alla meglio e scese giù. “fermo stronzo! Lasciala stare!”. Baruk si voltò e lo vide “ah, sei tu? Ti vuoi godere lo spettacolo? “ “pezzo di merda, chiamo subito la polizia!” “ se muovi un dito prendo il coltello e lo infilo nella pancia della tua bella” Francesco si irrigidì. “ non vorrai mica che rovini questa bella pelle morbida” e mentre lo diceva le strizzava forte i seni. Questo non lo aveva calcolato. Ingoio la saliva e rimase in silenzio a bocca aperta. “adesso gli sborro nel culo e ve ne tornate a casa tutti e due, buoni buoni”. Alessia si vergognava più per la figura di merda che stava facendo Francesco che per il fatto che lui la vedesse in quelle condizioni. Era delusa. Il suo uomo non riusciva a fare qualcosa per proteggerla. L'aveva lasciata sola tutto quel tempo e adesso arrivava a fare il coglione.

“dai che vengo troia” disse Baruk. “fagli sentire come godi mentre ti spruzzo”…silenzio. “ dai, gemi zoccola, sennò t’ammazzo!”. Alessia cercava lo sguardo di Francesco e Francesco cercava gli occhi di Alessia. Alessia cominciò a gemere, senza doversi sforzare troppo per fingere. “aahhh….uuhhh…aaahh…sssii..mmmm….oohhh”.
Sotto gli occhi di Francesco, Baruk scaricò tutto il contenuto del suo scroto nelle viscere di Alessia. 6 o 7 schizzi, spruzzati col cazzo ben piantato in fondo e gridando come un lupo alla luna piena.
Alessia sentì riempirsi la pancia sotto quelle scariche convulse.

“adesso basta! Lasciala stare! Hai avuto ciò che volevi” gli disse Francesco. Ma Baruk “ non vorrai mica mandarmi via col cazzo sporco…o vuoi pulirmelo tu, frocio?”. Tirò fuori la bestia ancora gocciolante. Alessia, nuda sul motorino, non si mosse, un liquido biancastro le usciva copioso da dietro, bagnandole le natiche, fino alla schiena. Senza dire niente fu lei, tutta indolenzita, a mettersi in ginocchio sotto il cazzo che aveva appena fatto schizzare, a leccarlo con cura. Pulendo ogni traccia di sperma e di sporco che aveva lasciato la sua cavità anale.

Soddisfatto del lavoretto, Baruk si risollevò i pantaloni rimettendo nella fodera l’arnese ancora umido. Salì sul motorino e tornò da dove era venuto.

Alessia ebbe l'istinto di cadere a terra e rannicchiarsi, tenendosi le ginocchia. Pianse. Non sapeva se sarebbe stata più quella di prima. Quella violenza aveva schiacciato le sue sicurezze e scoperchiato un lato di lei che, chissà se esisteva, o era stato solo un modo per attutire il trauma. Nel suo animo faceva capolino la troia che abitava, latitante, dentro di lei. Baruk aveva scassinato la sua ordinata e pulita vita da fidanzatina dei 5 minuti di missionario. Forse era l'unico modo davvero per uscire da quella monotonia. Per smette di essere santarellina ed accettare che la realtà è ben diversa. La sua topa tira come un cane da tartufi. Più della ragione. Più della vergogna.

Francesco non fece altro che accucciarsi a terra, su se stesso, e cercare di mettere in ordine le emozioni. Ma cosa cazzo era successo quella sera? A lui, a lei, al mondo intero? Niente sembrava più somigliare al mondo che conosceva prima. Quella strada, dove era successo tutto; quella casa e quella finestra, da dove aveva visto tutto; quella ragazza, che poche ore prima era la sua ragazza e non era stato in grado di proteggerla.

Poi le si avvicinò, senza toccarla le si sedette a fianco. La vide distrutta, dentro e fuori. Era sporca di Baruk. Puzzava di sudore, ma non del suo. Puzzava di sesso e di sperma. Aveva addosso il suo odore e in bocca il suo sapore. Odorava di quel negro. Le strinse una mano, mentre lei guardava il vuoto.

Si dissero solo quattro parole: “ ti amo” “anch'io”.
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