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Domenica pomeriggio


di Angelica_e_francesco
06.03.2025    |    4.407    |    5 8.5
"Lei mi guarda nello specchio con un sorriso complice, poi lascia cadere l’asciugamano a terra..."
La stanza è illuminata da una luce calda e soffusa, e l’aria è carica di un’eccitazione sottile. Lei è davanti allo specchio, bellissima, con solo un asciugamano che le avvolge il corpo ancora umido dalla doccia. Io sono dietro di lei, le osservo il profilo, il sorriso appena accennato mentre continua a passare la piastra tra i capelli. Tra poche ore sarà con il suo stallone, il suo bull. E io sono qui per aiutarla a essere perfetta per lui.
Sul letto ho già disposto la lingerie che abbiamo scelto insieme. Un corpetto in pizzo nero, raffinato e sensuale, che esalta le sue curve e lascia intravedere la sua pelle morbida sotto il tessuto trasparente. Le autoreggenti in nylon, ricordo ancora quando gliele regalai, pronte a scivolare sulle sue gambe perfette. Il perizoma coordinato, così piccolo, un dettaglio che so renderà la sua figura ancora più irresistibile. E infine, le décolleté nere, eleganti e provocanti, l’ultimo tocco per completare il quadro di pura femminilità. Mi avvicino e le porgo il corpetto. Lei mi guarda nello specchio con un sorriso complice, poi lascia cadere l’asciugamano a terra. Il mio respiro si ferma per un istante mentre ammiro il suo corpo nudo, e mi sento onorato di poterla vestire per un altro uomo. Le aiuto a infilare il corpetto, facendo scivolare il pizzo sulla sua pelle. Mi prendo il tempo di allacciarlo sul retro pensando a quando non sarò io a toglierlo.
Poi, prendo le autoreggenti e mi inginocchio davanti a lei. Sollevo con delicatezza una gamba alla volta, facendo scivolare la calza lungo le sue cosce, aggiustando la balza in alto, accarezzando con devozione la sua pelle mentre lo faccio. Lei si guarda allo specchio, soddisfatta, divertita dalla mia attenzione ai dettagli.
Il perizoma è l’ultimo pezzo prima delle scarpe. Glielo porgo e lei lo indossa con un gesto sicuro, sistemandolo sui fianchi, girandosi leggermente per ammirarsi. Infine, mi chino di nuovo e le aiuto a infilare le décolleté nere. La osservo mentre solleva leggermente un piede, facendolo scivolare dentro la scarpa, poi l’altro. Quando si alza in piedi, il quadro è completo: è una visione di pura perfezione.Lei si gira verso di me, accarezza il mio viso con un gesto dolce. “Grazie, amore mio,” sussurra, e io sento il cuore battere forte. Tra poche ore sarà tra le braccia di un altro, e io sarò, ad aspettarla, più devoto che mai.
È una giornata soleggiata d’inverno, l’aria fresca accarezza la pelle mentre scendiamo insieme le scale. Lei cammina con sicurezza accanto a me, indossa una minigonna che esalta le sue curve, il profumo leggero che conosco bene e che, in questa situazione, sembra ancora più intenso. Apro la portiera dell’auto per lei, un gesto naturale, parte della nostra intimità, e la osservo mentre si accomoda con grazia.
Salgo al posto di guida, il cuore che batte leggermente più veloce del solito. Il silenzio iniziale è carico di tensione, un misto di eccitazione e anticipazione. Lei mi guarda con un sorriso accennato, quel sorriso che conosco bene, quello che dice tutto senza bisogno di parole.
“Stai bene?” chiede, con una voce morbida ma sicura.
Annuisco, stringendo per un attimo il volante. “Sì. Solo… lo sai, è sempre un mix di emozioni.”
Lei sorride di nuovo e accavalla le gambe, il tessuto della gonna che si solleva leggermente. “Lo so,” dice, divertita. “E mi piace che sia così.”
Ci guardiamo per un istante, e poi partiamo. Le luci della città scorrono fuori dal finestrino mentre ci avviciniamo alla sua destinazione. Il viaggio è breve, ma ogni momento sembra dilatarsi.
“Ti piace accompagnarmi?” chiede, la voce un po’ più bassa, quasi provocatoria.
Fisso la strada davanti a me, ma sento il calore salire dentro. “Sì,” ammetto. “Mi piace sapere che sei felice, che fai quello che desideri.”
Lei annuisce, soddisfatta della mia risposta. “È quello che amo di te. La tua sicurezza nel lasciarmi libera di essere me stessa.” Poi continua
“Sei il mio cornuto !” Afferma, la voce ora è diversa, il tono alto e deciso, quasi a ricalcare una qualcosa che non può essere più discusso, va accettato totalmente.
La guardo quasi con le lacrime agli occhi e affermo: “Si amore sono il tuo cornuto, grazie per il privilegio che mi concedi”.
Il resto del viaggio scorre tra sguardi e parole dette e non dette. Quando finalmente arriviamo sotto casa del suo partner, fermo l’auto e spengo il motore. Per un attimo, rimaniamo in silenzio. Lei si sistema i capelli, prende un respiro e mi guarda.
“Grazie per avermi accompagnata,” dice, con dolcezza, prima di chinarsi e posare un bacio leggero sulla mia guancia.
Osservo mentre scende dall’auto con la stessa sicurezza con cui era salita. La guardo allontanarsi, la sua figura elegante che scompare oltre il portone. Rimango lì, nel silenzio della mia auto, con il cuore pieno di emozioni contrastanti, ma con una certezza assoluta: il nostro legame è unico, costruito sulla fiducia, il rispetto e il desiderio di renderci felici l’un l’altro.
Il motore dell’auto è spento, ma l’abitacolo conserva ancora il calore del viaggio. Il silenzio pomeridiano è interrotto solo dal suono lontano della città, dal battito regolare del mio cuore e dal respiro profondo che cerco di controllare.
L’ho appena accompagnata qui, davanti a questo portone, come abbiamo concordato. Lei è scesa con quella sicurezza che ho sempre ammirato in lei, con quell’eleganza naturale che la rende irresistibile. Un ultimo sguardo, un sorriso accennato sulle labbra, e poi è sparita oltre la soglia, accolta da lui.
Ora sono solo.
Le mie dita tamburellano piano sul volante mentre fisso l’edificio davanti a me. So bene cosa sta accadendo là dentro. L’ho accettato, l’ho voluto, eppure ogni volta è un vortice di emozioni. C’è un senso di attesa che mi consuma, un misto di desiderio, curiosità e un pizzico di quella vulnerabilità che rende tutto ancora più intenso.
Mi chiedo cosa stia facendo in questo momento, come si senta, se sta pensando a me anche solo per un istante. So che quando tornerà, quando le nostre strade si incroceranno di nuovo, i suoi occhi brilleranno in un modo diverso, il suo corpo avrà un’energia che solo questi momenti le sanno dare.
“E io?”Mi interrogo tra me me.
Io sono qui, nel ruolo che ho scelto. Un ruolo che mi definisce, che mi mette alla prova e, in qualche modo, mi completa. È una dinamica difficile da spiegare a chi non la vive, a chi non sa cosa significhi desiderare qualcuno così tanto da volerlo vedere completamente libero.
Un altro respiro profondo.
Guardo l’orologio, anche se so che il tempo, in queste situazioni, scorre con un ritmo tutto suo. Mi lascio andare contro il sedile, chiudo gli occhi un istante e mi abbandono all’attesa, consapevole che quando tornerà, sarà ancora più mia di prima.
Il tempo scorre in modo indefinito mentre aspetto. Ogni tanto controllo il telefono, ma senza un vero motivo. Non c’è fretta, non c’è impazienza, solo l’attesa consapevole di qualcosa che so che mi riempirà di emozioni contrastanti, ma anche di un senso di completezza che solo lei sa darmi.
Poi, finalmente, la porta dell’edificio si apre.
La vedo uscire, avvolta nella sua eleganza naturale, con quell’aria rilassata e sicura di sé che mi colpisce ogni volta. Cammina con grazia fino all’auto, senza esitazioni, come se fosse tornata esattamente nel posto a cui appartiene. Apro la portiera senza bisogno di parole, lei si accomoda al suo posto, incrocia le gambe con un gesto naturale e si sistema una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
Per un attimo, rimaniamo in silenzio.
Poi sorride. Un sorriso autentico, soddisfatto, quasi divertito nel vedermi così attento a ogni suo movimento.
“Ti ho fatto aspettare troppo?” chiede, la voce dolce ma sicura, consapevole del suo ruolo, della sua posizione.
Scuoto la testa. “No. Ogni minuto ne valeva la pena.”
Lei inclina leggermente il capo, osservandomi, cercando nei miei occhi quella certezza che conosce bene. “Sei felice?”
Annuisco senza esitazione. “Sì. Sei raggiante, ed è tutto ciò che conta per me.”
Lei sorride di nuovo, compiaciuta, e si avvicina leggermente, le sue dita sfiorano per un attimo la mia mano sul cambio. “Sai perché ti amo?” chiede, in un sussurro.
La guardo, affascinato dalla sua presenza, dal suo carisma che mi avvolge completamente. “Dimmi.”
“Perché sai chi sei. Perché non hai paura di questo, perché capisci cosa significa lasciare che io sia me stessa senza limiti.” Si appoggia allo schienale, rilassata. “E questo ci rende più uniti di chiunque altro.”
Il motore si accende con un ronzio morbido mentre la città scorre fuori dai finestrini. Il silenzio tra noi non è vuoto, è pieno di significati, di sguardi, di emozioni che non hanno bisogno di essere spiegate.
Mentre guidiamo verso casa, la sua mano si posa sulla mia coscia per un istante, un gesto di affetto, di riconoscimento, di appartenenza. Ed è in quel momento che capisco, ancora una volta, che questo non ci allontana, non ci divide ma ci unisce più che mai.
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