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Giocando col fuoco (chi è Tatiana pt 2)


di massimocurioso
11.05.2025    |    1.359    |    0 9.7
"In quella posizione mi pare legata a una croce di Sant’Andrea, e m’infiammo ancora di più..."
Mi ha chiamato un paio di settimane dopo. Ormai ci avevo messo una pietra sopra, al punto che, quando ricevo il messaggio, mi ci vuole del tempo per ricordare di chi è il numero che non ho in rubrica. Un paio di frasi e fissiamo un appuntamento al centro commerciale davanti al condominio.
Quando si avvicina, quasi non la riconosco: indossa un paio di ampi occhiali da sole e un vestito lungo e casto.
«Ciao.»
Mi accorgo di non sapere il suo nome.
«Ciao. Io sono Flavio.»
«Lilly.»
Sembra intimidita. Toglie gli occhiali ma non ha il coraggio di guardarmi negli occhi. Non è abituata ad agganciare i maschi nei locali.
«Di solito li trovi su internet, vero?»
«Non capisco di cosa stai parlando.»
«I tuoi appuntamenti. Quel giorno stavi aspettando qualcuno.»
Mette la mano davanti alla bocca e ride.
«No, non coprire il sorriso, è così bello.»
I suoi occhi azzurri s’illuminano, lentamente scopre la bocca. Si è messa lo stesso rossetto di quel giorno.
«Poi ci siamo incontrati, comunque.»
«Ti è piaciuto?»
«Non mi va di parlare di queste cose, qui.»
Lo prendo come un “no”. Il fatto, poi, che mi abbia richiamato, significa che devo aver lasciato il segno.
«Ok, di cosa vuoi parlare?»
«Per esempio: perché hai parlato con mio marito?»
« Sto per cambiare lavoro e vorrei andarmene da dove vivo ora. L’appartamento che affittate è più vicino al nuovo posto.»
«Stai giocando col fuoco. Tu non lo conosci.»
«E non lo voglio fare. Diciamo che dal momento in cui sono entrato, è stato amore a prima vista.» L’allusione è fin troppo ovvia. Sfioro con un dito il dorso di una mano, lei mi lascia fare e deglutisce. «Non mi hai spiegato come fai ad avere il mio numero.»
«Conosco Tatiana.»
«Avevi detto il contrario.»
Ignora la gaffe che ha fatto.
«Lasciala perdere, non fa per te …» Mentre non ci guarda nessuno, allungo una mano e le aggiusto un ciuffo, scendendo poi giù da dietro l’orecchio, fino alla base del collo. Si ritrae, fingendo di essere infastidita. «Smettila. Qui mi conoscono tutti.»
«Potresti farmi rivedere l’appartamento, non ho visto bene lo sgabuzzino.»
Annuisce e inforca gli occhiali. Subito dopo si avvia.

Appena dentro il condominio, sento l’odore pungente del sesso di femmina. Se escludiamo la visita che ho fatto con il marito qualche giorno fa, col pretesto di vedere la casa, ogni volta ho conosciuto in senso biblico una donna di quella famiglia disfunzionale. Quell’odore pervade i miei sensi anche dentro l’appartamento, fondendosi con quello dello shampoo di Lilly.
«Quanti ne hai scopati qui dentro?»
«Non sono affari tuoi.»
Fa la dura, fingendo di assecondare controvoglia quello che, in realtà, è venuta lei a cercare.
«Se non ti va, possiamo tornare al bar.»
Taglia corto.
«Facciamo presto.»
Appoggia la borsa sulla tavola e poi si avvia verso la camera, io la afferro e la devio dentro lo sgabuzzino, poi chiudo la porta.
«Ma che cazz …»
«Sssh, zitta.» La spingo verso una parete attrezzata con scaffali di metallo, poi alzo la gonna e faccio scivolare la mano dentro lo slip. Le sussurro a un orecchio: «Come immaginavo, sei fradicia. Troia.»
È un azzardo, spero abbia capito che la mia irruenza è un gioco sessuale, non un atto di violenza. Sento che s’irrigidisce, fa un sospiro pesante, poi dalla torre di controllo arriva l’ok: «Facciamo presto, potrebbe arrivare da un momento all’altro.»
Sfilo le mutande e abbasso i pantaloni, poi affondo con impazienza dentro di lei. Ha allargato le gambe, stringe forte due colonne di metallo traforato, per assorbire la mia irruenza. In quella posizione mi pare legata a una croce di Sant’Andrea, e m’infiammo ancora di più. Al punto che, nel turbine di emozioni e libidine, dimentico di mettere il preservativo. Lei mi legge nel pensiero.
«Non venire dentro …»
«Tranquilla.»
Sento una contrazione, lanciarsi senza paracadute è una cosa senza uguali, ma bisogna essere abili. Le altre mie ex non lo avrebbero mai permesso. Le femmine dell’est sono diverse da quelle italiane, sono più remissive e passionali, più disponibili a farsi guidare e a osare.
Proprio mentre stiamo navigando spediti verso il climax, il rumore chiaro della serratura del portoncino mi gela. Spengo la luce e mi blocco, lei si sfila alla velocità della luce, poi mi intima, come se fosse necessario dirlo: «Non ti muovere.»
Esce in punta di piedi, richiudendo la porta subito dietro di se.
Eccomi, nella classica situazione da film: il marito rientra all’improvviso e l’amante, per non essere scoperto in flagrante, si deve nascondere sotto il letto o dentro l’armadio, sperando di non essere trovato. Un gioco a nascondino per adulti.
Rivedo le sue mani, enormi e forti, la stretta sicura quando ci siamo dati la mano. Il suo sguardo affabile nasconde di certo una gelosia incommensurabile nei confronti della sua bellissima moglie. È ovvio che la trascura, altrimenti lei non sarebbe così appassionata di ornitologia, ma non è una scusa che posso portare a discolpa, se mi trova dentro lo sgabuzzino della sua casa con i pantaloni a mezz’asta, con in mano le mutande di sua moglie. Risolvo almeno uno dei problemi: riabbottono i pantaloni. Delle mutande della mia amante, invece, non c’è traccia, fa troppo buio e, inoltre, sento che le voci dei padroni si fanno sempre più vicine. Mi pare di capire che Lilly sta cercando di dissuadere il marito ad aprire la porta, lamentando il disordine del disbrigo. Alle loro si incrociano altre voci: è una coppia di stronzi, che insiste per vedere il locale, anche se è in disordine. Mi vedo già fossilizzato dentro un pilastro di cemento, stile Han Solo, quando un piede calcia una scatola di cartone alta un metro e mezzo, in fondo alla stanza. La svuoto quanto basta per poterci entrare dentro, e la richiudo proprio mentre la porta si sta aprendo.
«Ecco, come vi avevo detto è un casino, ma garantisco che è spazioso.»
Lo stronzo maschio della coppia commenta.
«Secondo lei se ne potrebbe ricavare una cameretta?»
«Le dimensioni non permettono di definirla tale. Va detto che, una volta che ci venite ad abitare, potete fare quello che volete.»
Interviene Lilly. La sua voce è calma e ferma, una cosa incredibile se penso che anche lei, come me, ha appena visto la vita passarle davanti.
«Abbiamo un altro cliente interessato. Vi consiglio di decidere in fretta.»
La luce si spegne, ma la porta rimane socchiusa. Il gruppo si allontana, ma attendo di sentire Lilly che mi chiama, prima di uscire.
«Cazzo, c’è mancato un pelo.»
«Te l’avevo detto che stava arrivando.»
«Cosa gli hai raccontato?»
«Niente: eravamo già d’accordo di vederci qui.»
Questa donna è un diavolo. Forse è per questo che sento che mi sta prendendo sempre di più. Abbasso lo sguardo e vedo le sue mutande, erano finite sotto gli scaffali, difficili da vedere ma non impossibili. Per fortuna, tutti i vestiti che ho lanciato fuori dallo scatolone hanno contribuito a nascondere il corpo del reato.
«Secondo te lo prenderanno?»
«Farò in modo che non succeda. Se lo vuoi tu.»
Annuisco e ci scambiamo un sorriso d’intesa.
«Adesso spegni la luce e torna nella posizione di prima, ho un lavoro da finire.»
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